Come credo di avervi già spiegato, era mia intenzione dedicare questa parte di questa serie di articoli cui ho più volte modificato impostazioni e contenuti, ad aggiornare i testi delle conferenze da me tenute nell’arco di questi anni al festival celtico triestino Triskell sul megalitismo europeo, nella convinzione che ciò non rappresenti affatto una deviazione dalla tematica principale di questa serie, viceversa, le strutture e i monumenti megalitici che costellano il nostro continente sono in ultima analisi, la prova più persuasiva dell’antichità della civiltà europea, sviluppatasi in modo del tutto indipendente da qualsivoglia influsso mediorientale, al contrario di quanto sostiene al riguardo la storia ufficiale, quella che trovate sui libri di testo.
Stabilito ciò, la scorsa estate, i quattro articoli “di aggiornamento” che avevo previsto al riguardo, lavorando con un discreto anticipo, li ho dovuti dimezzare, sono diventati due, apparsi su “Ereticamente” come la trentesima e la trentunesima parte di questa trattazione, e il motivo è chiaro: l’atteggiamento dispregiativo tenuto dagli Inglesi nei nostri confronti in occasione della finale degli europei di calcio, mi hanno indotto a espungere qualsiasi riferimento alle Isole Britanniche.
Mi accorgo però di essere stato troppo drastico, non riguardo agli Inglesi, nei cui confronti il mio risentimento non si è affatto attenuato, ma verso Irlandesi e Scozzesi che con ciò non c’entrano nulla. Non solo si tratta di popolazioni diverse dalla innegabile impronta celtica e non anglosassone, ma a loro volta hanno spesso subito le angherie e le prepotenze degli Inglesi.
Ricordo, a titolo di confronto che anni fa la nazionale irlandese venne a Roma, seguita da un gran numero di tifosi, a giocare una partita con quella italiana. Fu una grande festa, nella quale tifosi irlandesi e italiani fraternizzarono allegramente, in uno stile che non sarebbe potuto essere più lontano dalla brutale violenza e dal vandalismo inqualificabile degli hooligans inglesi.
Vediamo allora quali novità sono emerse in questi ultimi anni riguardo alle parti celtiche delle Isole Britanniche.
Cominciamo con il menzionare una scoperta che risale al 2020: la scoperta sotto la collina di Navan Fort vicino ad Armagh, Irlanda del nord, di una struttura che potrebbe essere il più vasto tempio sotterraneo dell’Europa del nord. La scoperta è stata effettuata da ricercatori dell’università di Aberdeen (Scozia) che avrebbero mappato l’area con una tecnica di radiometria magnetica (cioè il georadar), rivelando il complesso sotterraneo senza spostare un ciottolo. Navan Fort era da tempo indicata dalle tradizioni locali come una delle cinque capitali cerimoniali dell’Irlanda preistorica.
Ma l’Irlanda ha ancora in serbo molto altro. La collina di Tara, ad esempio, non è solo un simbolo forte e profondamente sentito dell’identità irlandese e non è soltanto un complesso di tumuli funerari che attestano una presenza umana costante e un lungo uso funerario dal neolitico all’Età del Ferro, è entrambe le cose e anche di più, sulla sua sommità sorge la Lia Fàil, la Pietra del Destino, o Pietra Parlante, un menhir che si dice portato nell’isola dalla razza semidivina dei Tuatha De Dannan, ai cui piedi si è svolta l’incoronazione di tutti i re d’Irlanda, e si diceva che la pietra stessa avesse il potere di indicare il re legittimo (C’è un chiaro parallelismo con la leggenda di Excalibur, la spada infissa nella roccia che solo il re legittimo può estrarre).
Bene, è stato poco dopo aver tenuto la conferenza del 2017 che mi sono imbattuto in un articolo che segnalava una nuova scoperta archeologica a Tara, il ritrovamento delle tracce di un woodhenge, un circolo ligneo di un’ampiezza di circa 240 metri attorno al Tumulo degli Ostaggi, uno dei più vasti e più antichi fra quelli che costituiscono il complesso funerario di Tara. Naturalmente, il legno non ha la stessa possibilità di conservarsi intatto attraverso i millenni come la pietra, quelle che sono state individuate sono le buche dove erano infissi i pali. In seguito, altri woodhenge, o meglio le loro tracce, sono stati scoperti attorno ad altri tumuli, al punto che oggi si può dire che all’epoca del suo splendore Tara fosse un complesso monumentale non meno ricco di Stonehenge.
L’estate del 2018 è stata un periodo di particolare siccità nelle Isole Britanniche e in particolare in Irlanda, tuttavia proprio questo, rendendo più facile la prospezione aerea di segni nel suolo solitamente coperti dalla vegetazione, ha reso possibile una scoperta che si può definire eccezionale: nell’agosto di quell’anno, infatti, sul sito “Mythical Ireland” (www.mythicalireland.com) il ricercatore Anthony Murphy ha dato la notizia della scoperta avvenuta grazie a un drone delle tracce di un grande cerchio megalitico notevolmente più ampio di Stonehenge nella valle del Boyne, che già nota per essere forse il più interessante sito archeologico irlandese, dove si trovano Newgrange, Knowt e altri già noti tumuli a corridoio. La struttura (definita con una certa enfasi una “nuova Stonehenge”) risalirebbe a qualcosa come 4500 anni fa.
In settembre, si è dedicato allo studio di questa struttura il professor Vince Gaffney, un nome che abbiamo trovato più volte, e che è probabilmente uno dei più importanti studiosi di monumenti megalitici delle Isole Britanniche.
Un anno dopo, nell’agosto 2019 “The Independent” ha segnalato il ritrovamento sempre nella valle irlandese del Boyne, non distante dalla celebre tomba di Newgrange, di un monumento sepolto finora sconosciuto, composto da una quarantina di strutture (per ora non meglio identificate) allineate con la posizione del sole al solstizio d’inverno. Per ora non sono stati effettuati scavi, ma la scoperta ora resa pubblica, è avvenuta grazie alla prospezione satellitare, ad opera del dottor Steve Davis della UCD School of Archaeology. Come sempre, poter proseguire le ricerche passando allo scavo, sarà una questione di fondi.
Parliamo dei Pitti: di questa popolazione della Scozia, celtica o forse di origine pre-celtica sappiamo veramente poco, a parte il fatto che erano feroci guerrieri che opposero una strenua resistenza all’invasione romana, al punto che i Romani non riuscendo a sottometterli, eressero il Vallo di Adriano per impedire loro incursioni nelle terre che avevano conquistato. L’invenzione letteraria di Robert E. Howard che ne ha fatto i nemici per eccellenza del suo eroe Conan, non ha certo contribuito a fare chiarezza su di loro.
Il problema al riguardo è sempre stato la scarsità di dati archeologici. Ora sembra che questa situazione stia per cambiare. “Ancient Origins” ha segnalato il 24 agosto 2019 il ritrovamento da parte di ricercatori dell’Università di Aberdeen, di numerose pietre incise con simboli pittici (questo popolo “selvaggio” conosceva una forma di scrittura) nella zona del Firth of Forth, fra di esse una stele lunga più di due metri che riproduce oltre a diverse figure umane e animali, due triskell, uno ruotato in senso orario, l’altro in senso antiorario.
Sempre “Ancient Origins” segnala in data 27 settembre il ritrovamento vicino a Muir nella Scozia settentrionale, di una sepoltura pittica contenente i resti di quella che sembra essere stata una donna di alto rango. A causa dell’acidità del terreno, i rinvenimenti di resti umani in quest’area sono molto rari. Ora sembra che finalmente si cominci a fare luce su questo popolo per tanti versi ancora misterioso.
Il 17 giugno 2020 un articolo di Alicia McDermott su “Ancient Origins” ci porta nuove rivelazioni su di un importante monumento megalitico, la tomba di Newgrange in Irlanda. I genetisti del Trinity College di Dublino hanno sottoposto ad analisi il DNA dei resti umani contenuti nella tomba ed hanno fatto una scoperta sorprendente i cui esiti sono stati comunicati ad “Ancient Origins” dal professor Daniel Bradley responsabile dello studio.
Gli esseri umani sono diploidi, cioè ogni carattere è l’espressione di una coppia di geni, o di gruppi di geni che agiscono in coppia, metà dei quali sono ereditati dalla parte paterna e metà dalla parte materna. I geni che lavorano in coppia si definiscono alleli.
L’analisi del DNA ha dimostrato che le persone che sono state inumate a Newgrange avevano alleli estremamente simili, i loro genitori erano perlopiù parenti di primo grado, cioè fratello e sorella oppure padre e figlia, madre e figlio.
Teniamo conto del fatto che sepolture imponenti come quelle della valle del Meath di cui Newgrange è semplicemente la più famosa e meglio conservata, ma neppure la più imponente, non erano certo destinate ai ceti popolari, ma riservate alle élites. Ne consegue che queste ultime praticavano l’incesto dinastico in modo simile a quello dei faraoni egizi.
Ciò, ha spiegato Daniel Bradley, può fornire indicazioni sul tipo di società che ha realizzato questi monumenti.
La pratica dell’incesto dinastico per conservare la purezza del sangue reale o comunque nobile, unita alla costruzione di tombe monumentali riservate alle élites. Immagino che a tutti voi sarà subito venuto in mente l’accostamento con l’Egitto faraonico.
Naturalmente non sono mancati i soliti strabici mediorientali con il pallino della “Luce da Oriente” che hanno subito immaginato che la cultura irlandese della valle del Boyne sia stata una colonia egizia.
E se la verità fosse esattamente opposta, se fosse stato l’Egitto faraonico a essere nato come una colonia irlandese? Per quanto ciò possa suonare strano alle orecchie dei patiti dell’Oriente e, in generale alla concezione “ufficiale” della storia antica, seconda solo all’Out of Africa per infondatezza, che vede la civiltà come un lento passaggio dall’Oriente all’Europa, è questa seconda ipotesi, non la prima, a trovare elementi a suo sostegno.
Ricordiamo innanzi tutto Platone, che riporta quanto suo nonno Solone ebbe a sapere dalla viva voce dei sacerdoti egizi: che l’Egitto faraonico era nato come colonia di Atlantide. Atlantide sarebbe potuta essere l’Irlanda? Bene, anche qui gli elementi a sostegno non mancano (lasciamo magari stare il fatto che questa ipotesi è stata recentemente prospettata anche da Roberto Giacobbo nel programma televisivo “Freedom”), il 4 luglio 2021, un articolo con la firma collettiva della Keystone University, ci pone un enigma singolare, un Enigma di smeraldo. E se Atlantide fosse stata l’Irlanda?
Nominate un qualsiasi luogo – ci dicono gli autori – dall’Antartide all’Africa, dalla Svezia a Sud America, qualcuno avrà affermato che era Atlantide. Rispetto a queste teorie, l’Irlanda come sede reale dell’Atlantide platonica, presenta alcuni indubbi vantaggi: la collocazione geografica di isola dell’Atlantico, la presenza di una cultura avanzata già nell’Età della Pietra , una struttura fisica – una pianura centrale circondata da montagne che digradano verso il mare – corrispondente alla descrizione di Platone.
Gli autori della Keystone University ci informano che questa teoria non è nuovissima, e fu formulata già nel 2004 dal ricercatore svedese Ulf Erlingsson e pubblicata nel libro Atlantide dalla prospettiva di un geografo. Ulf Erlingsson sulla base di considerazioni geografiche molto semplici, fa notare che se esaminiamo le cinquanta grandi isole esistenti al mondo, scopriamo che quella che coincide meglio con la descrizione di Platone (al 98%, precisa Erlingsson), è appunto l’Irlanda.
Il giorno seguente, il 5, un nuovo articolo in tema atlantideo della Keystone University: Irlanda-Atlantide: antichi indizi egiziani e greci. Gli indizi greci sono ovviamente costituiti dal racconto di Platone che, come sappiamo, poneva il racconto di Atlantide a diecimila anni prima della sua era. All’epoca, si pensava fino a poco tempo fa, che quella che è oggi l’Irlanda fosse inabitabile, sepolta sotto una spessa cappa glaciale. Oggi sappiamo che questo non è vero, perché, contrariamente a quel che si è creduto fino a poco tempo fa, anche allora esisteva la Corrente del Golfo, e di conseguenza l’Irlanda doveva godere di un clima nettamente più mite di quanto preventivato. Ciò è stato confermato dal ritrovamento di tracce di presenza umana sull’isola durante l’età paleolitica.
Gli indizi egiziani sono diversi. Platone racconta che la storia di Atlantide fu narrata a suo nonno Solone dai sacerdoti egizi secondo i quali, stando al suo racconto, l’Egitto stesso era una colonia di Atlantide sopravvissuta allo sprofondamento della madrepatria.
Ma a tagliare veramente la testa al toro, è ancora una volta la genetica: grazie alla pratica della mummificazione, oggi possiamo conoscere bene il DNA delle élites egizie dell’epoca faraonica. Gli autori fanno notare che il cosiddetto eritrismo, i capelli rossi accompagnati agli occhi azzurri e a una carnagione molto chiara, spesso costellata di efelidi, è una caratteristica tipica dell’Irlanda che associamo spontaneamente agli abitanti dell’isola. Bene, questa è una caratteristica che ritroviamo in meno dello 0,1% della popolazione umana, tuttavia la si ritrova con frequenza nelle mummie egizie che hanno i capelli perlopiù biondi o rossicci. Gli Egizi delle classi elevate rappresentavano un tipo umano nettamente più “europeo” e “nordico” della maggioranza della popolazione e degli Egiziani di oggi. Il faraone Tutankhamon presenta un aplogruppo del cromosoma Y comune nelle Isole Britanniche ma praticamente assente nell’Egitto di oggi.
E’ innegabile che le élite egizie che hanno guidato la civiltà della Valle del Nilo dell’epoca faraonica, avessero caratteristiche fisico-antropologiche “europee” che non si riscontrano negli Egiziani di oggi. E’ un argomento che ho sviscerato a fondo non solo su “Ereticamente”, ma anche nel mio libro Alla ricerca delle origini, ed è un importante tassello della verità che è esattamente contraria a quello che ci vogliono imporre di credere le favole “democratiche” dell’Out of Africa e dell’Ex Oriente Lux, e ancora di più della visione subsahariano-centrica che oggi vogliono imporci. Non solo non dobbiamo nulla all’Africa e al Medio Oriente, ma dovunque troviamo i segni di una grande civiltà, troviamo sempre una presenza “bianca”, caucasica, “europea”.
Come sempre, i patiti dell’Oriente hanno girato il binocolo dalla parte sbagliata.
Possiamo dire che quanto più si approfondisce o si amplia la nostra conoscenza, tanto più la concezione “ufficiale” delle nostre origini in Africa e Medio Oriente va incontro a delle secche smentite, e tanto più trova inaspettate conferme la visione “nordico-atlantica” degli autori tradizionali.
NOTA: Nell’illustrazione, la tomba megalitica irlandese di Newgrange.
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