17 Luglio 2024
Cultura & Società

C’era una volta … – Rita Remagnino

Nella regione di Oleshkovsky, Ucraina, un patriotico sciame di api fugge dal proprio alveare e attacca un gruppo di soldati russi, tre morti e venticinque feriti. Il volo di due eroiche oche selvatiche fa precipitare un aereo dell’esercito di Putin, si ignora il bilancio delle vittime. Una malvagia nonnina ucraina estrae il mercurio dal termometro di casa e lo mette in una torta che offre ai nemici affamati; otto militari morti e diversi intossicati. Grazie alla guerra russo-ucraino/statunitense l’informazione del XXI secolo ha fatto outing, rivelando la sua natura fiabesca.

Ma quando la cronaca diventa fiaba, che fine fanno le vere fiabe?

 

La mentalità globalista del «tutto è permesso» sta cercando di togliersele dai piedi coadiuvata da una pletora di sedicenti esperti che valuta negativamente gran parte dei classici racconti per bambini. Sarebbero troppi, secondo questi soloni, gli stereotipi legati a personaggi femminili «non indipendenti». Le mamme sono quasi sempre in cucina, le nonne fanno la calza e le bambine giocano con le bambole, mentre il maschio continua ad essere la figura famigliare di riferimento.

In realtà la tentazione di «intervenire» sulle fiabe non è nuova. Nell’ordine ci avevano già provato la cultura cattolica, censurandone ed epurandone un buon numero, e l’Illuminismo, che le declassò a racconti per l’infanzia. Alla fine della Seconda guerra mondiale il pedagogista francese Brauner, in rappresentanza di un gruppo di pedagogisti progressisti dell’epoca, arrivò a proporre l’esclusione della letteratura per l’infanzia dai libri di scuola per gli intrinseci motivi di sadismo riscontrati in certi aspetti feroci e lividi presenti nei testi. L’ala tedesca della nuova corrente si spinse addirittura ad ipotizzare perverse connessioni fra la stufa a legna della strega di Hänsel e Gretel e i forni crematori …

 

Successivamente la mannaia moralista è calata su Pinocchio, che una teutonica scrittrice sessantottina pretendeva di «ripulire» della perfidia di cui Collodi aveva intriso il testo. Peccato che quella signora tanto perbene non avesse considerato che il bambino, salvo patologie particolari, non è uno stupido. Non si spaventa se il burattino resta impiccato a un albero perché in cuor suo sa che poi dall’albero lo tireranno giù. Il bambino ha fiducia nella giustizia e nel bene, capisce intimamente il valore inestimabile di quella «prova iniziatica» (figlia spirituale delle nove notti di Odino appeso a Yggdrasill) e avverte la sensazione, anche se non ne ha esperienza, che crudeltà e paura siano componenti essenziali dell’umano, categoria biologica a cui anche lui/lei appartiene.

 

A conti fatti sono meno subdole le fiabe classiche che «facevano paura» di quelle moderne che «fanno cronaca» e come qualsiasi altra forma di comunicazione vengono manovrate a piacimento. Prendiamo ad esempio Barbablù, spacciato per femminicida perché considerarlo un uomo qualunque equivarrebbe ad ammettere che certi istinti esistono nel cuore di tutti gli esseri umani. Ma perché nascondere al bambino l’esistenza del Male insieme al Bene, facendolo crescere incapace di distinguerli? Se esistono gli Orchi, esiste anche il luminoso reame degli Elfi. Proprio nella personificazione favolosa del negativo il piccolo ha la possibilità di «prendere le misure» della vita, vede che altri bambini si spaventano davanti alla stessa cosa e capisce di non essere il solo ad avere fantasie ansiose e distruttive.

 

Chiaramente attenzioni e premure non sono riconducibili alla bontà e all’altruismo delle istituzioni bensì all’intento manipolatorio dell’ideologia globalista, che appropriandosi di uno strumento altamente educativo come la fiaba spera di formare i futuri adulti. Altrimenti non si capisce come possano conciliarsi il divieto di parlare del Lupo Cattivo e il permesso di navigare liberamente in internet dove i lupi, quelli veri, sono davvero a caccia di bambini. O come si possano tollerare «svaghi» quali la visita al museo di Berlino dedicato a Barbie (copia fedele di quello americano) in cui la casetta tutta rosa a grandezza umana ha i connotati di un bordello thailandese mentre il povero Ken, messo lì dentro come un soprammobile, interpreta la parte del maschio deficiente.

 

L’ordine naturale delle cose non piace al totalitarismo, che mal sopporta anche il «moderno intelligente». Fanno prurito al naso questioni come quella sollevata da Il Piccolo Principe che chiede a un mercante di pillole destinate a dissetare perché venda quella roba. La risposta è in perfetto stile mercantilista: si tratta di un’oculata gestione del tempo, non dovendo più bere chi cammina può risparmiare fino a cinquantatré minuti la settimana. Ribatte l’arguto principino: “Io, se avessi cinquantatré minuti da spendere, camminerei adagio adagio verso una fontana.
Grazie a queste semplici parole di buon senso il piccolo sovrano è stato accusato di antimodernismo. Sua maestà è uno snob passatista, ignora che i tempi moderni obbligano a correre a perdifiato e capita spesso di passare accanto a una fontana senza neppure riconoscerla. E poi, che bisogno c’è dell’acqua quando ci sono le pillole?

 

Le grandi purghe riguardano anche i cartoni animati «storici», quasi tutti in fase di rifacimento perché la Cupola di potere desidera mettere le cose in chiaro fin dalla prima infanzia. Bocciato il Re Leone «fascista» che introdurrebbe il bambino in una società dove i deboli imparano a venerare i più forti. La Sirenetta è diventata afroamericana. Sempre con la scusa del remake in live-action stanno per essere rettificati: “Lilli e il vagabondo” (i cuochi italiani sono stereotipi culturali), “La spada nella roccia” (inneggia alla predestinazione, invece siamo tutti uguali), “Peter Pan” (pericolosa sopravvalutazione della fantasia), “Il gobbo di Notre Dame” (sottolinea l’handicap del campanaro).

Interpretando il dimesso gruppo di corvi canterini come una parodia dei neri d’America è finito all’indice persino Dumbo, il dolce elefantino volante creato nel 1941 dalla Disney, la cui proposta commerciale attualmente è orientata alla costruzione di un baby-mondo distopico costellato di paletti morali e di protagonisti Lgbtq+.
Un mondo sgradito alle culture più tradizionali, come ad esempio quella russa, che disapprovando le «novità per bambini» comprese nell’indottrinamento gender ha eleminato in fase di doppiaggio ogni riferimento alla fidanzata lesbica dell’agente Specter, protagonista del film Onward, oltre la magia, parlando invece di un generico «partner». L’Europa, zitta e muta.

Inutile dire che non c’è incantamento né poesia nelle odierne pellicole rivedute e corrette. Sarebbe stato meglio lasciare i vecchi cartoon come stavano invece di stravolgerli con la scusa di trasferirli in versione digitale; tanto più che la maestria di caratteristi, coloristi e disegnatori di allora era nettamente superiore all’ordinarietà di oggi. Una volta dietro la scrivania c’erano gli artisti, adesso ci sono gli informatici, i cui padroni sono i Signori della Silicon Valley che hanno una raccapricciante idea di futuro e sognano una rivoluzione digitale dove non c’è posto per i bambini fantasiosi che potrebbero diventare adulti in grado di usare il pensiero analogico.

Non sia mai che i piccoli (ma neanche i grandi) s’interroghino su temi fondamentali quali ad esempio l’infedeltà della comunicazione, come suggeriva il geniale Lewis Carroll in Alice nel paese delle meraviglie (1865) attraverso il pungente dialogo tra la protagonista e Humpty Dumpty, un goffo personaggio a forma di uovo. Alice non capisce cosa intenda quella strana creatura dicendo: “Quando io mi servo di una parola, quella parola significa quello che piace a me, né più né meno.”
Attraverso una lezione di potere come solo la leggerezza della fiaba può rendere digeribile, la bambina apprende una delle regole basilari del cosiddetto «vivere civile»: le parole sono al servizio di chi le usa e possono avere tanti significati quanti noi siamo capaci di darne. “Quando faccio fare a una parola un simile lavoro (…), la pago sempre di più”, dice Humpty Dumpty, preannunciando il destino del giornalettismo odierno.

 

In un crescendo di aggressività senza precedenti l’informazione armata del XXI secolo dimostra tuttavia di non conoscere l’animo umano, la cui indole «disobbediente» era già nota ai tempi del Paradiso Terrestre. Per averla vinta non basta screditare il pensiero disallineato con accuse di negazionismo, complottismo, no-vaxismo, terrapiattismo, filoputinismo e via dicendo. La «prepotenza narrativa» con cui il mondo mediatico cerca di sostituirsi al mondo reale non potrà mai vincere il «vigore narrativo» di un racconto contestualizzato, il cui vissuto può diventare la pietra angolare di una determinata visione, forgiare l’orizzonte di riferimento della platea a cui è diretto, mutare la prospettiva collettiva fondando l’immagine corrente di ogni cosa.

 

Vittima dell’idea ottocentesca che pensava di riassumere il sapere in un’enciclopedia e di riassorbire ogni alterità e ogni pluralismo in un’unica cultura, la nostra, la narrazione occidentale sottovaluta la ricchezza che sta nella capacità di decentrarsi, contemplando punti di vista differenti. Per questo motivo le «fiabe» che inventa suscitano ilarità anziché azioni rispettabili come il pensare, il sentire, il volere. Come diceva Abramo Lincoln: “Si possono ingannare poche persone per molto tempo, o molte persone per poco tempo. Ma non si possono ingannare molte persone per troppo tempo.” Dopo di che, fu assassinato.

 

Recentemente il direttore della CIA, Bill Burns, ha dichiarato trionfante davanti al Senato degli Stati Uniti che “la Russia sta perdendo la guerra dell’informazione sull’Ucraina”. Ingenuamente la cosiddetta «civiltà dell’immagine» pensa di poterla avere vinta proponendo la solita serie di nature morte che all’anima, come al corpo, offrono solo cibo riciclato. Spinge verso il mono-discorso di matrice liberal e invece finisce nei meme satirici degli umoristi, com’è puntualmente accaduto per le api patriote e la torta al mercurio della nonnina ucraina. Ciò significa che nelle belle democrazie occidentali chiunque è «libero» di esprimersi come vuole? Se anche fosse vero, per dire cosa? Quali argomenti degni di nota possono nascere in uno stato avanzato di putrefazione culturale? Quante novità possono uscire dal fondo di un abisso spirituale?

 

Le creazioni umane capaci di proiettarsi nell’avvenire sono quelle dotate di radici profonde e ramificate saldamente piantate nel terreno delle proprie tradizioni, e francamente non si comprende su quale vissuto possano contare la Sirenetta afroamericana, il Re Leone antifascista, il Dumbo antirazzista, la vecchietta sterminatrice di forze armate e il perfido «drago russo», il quale, oltre ad avere l’alito puzzolente come gran parte dei draghi delle fiabe classiche, a differenza di essi risulta essere un perfetto idiota che bombarda le stazioni ferroviarie del nemico con missili recanti la scritta “per i bambini” al fine di aggiudicarsi la palma di Mostro dell’Anno.

 

Quando la cultura industriale basata sulla crescita esponenziale esploderà per eccessivo aumento di peso, poiché nessun organismo può crescere indefinitamente, delle «palle» del Barone di Münchhausen non si vedrà neppure l’ombra. E allora i veri narratori potranno rientrare in scena, catturando di nuovo l’attenzione del pubblico con le loro capacità istrioniche, come hanno sempre fatto. Le tele narrative della propaganda sono appiccicose, insistenti, noiose, ma durano poco come i «giochini» elettronici usa e getta, o le serie televisive di successo che si dimenticano l’anno successivo per fare posto a qualcos’altro. Lo smercio e la commercializzazione di ogni realtà hanno svuotato di significato qualsiasi racconto livellato a misura della società unidimensionale e il gioco allo sbando da essi proposto non è eterno. Basta avere pazienza.

 

Ricercatrice indipendente, scrittrice e saggista, Rita Remagnino proviene da una formazione di indirizzo politico-internazionale e si dedica da tempo agli studi storici e tradizionali. Ha scritto per cataloghi d’arte contemporanea e curato la pubblicazione di varie antologie poetiche tra cui “Velari” (ed. Con-Tatto), “Rane”, “Meridiana”, “L’uomo il pesce e l’elefante” (ed. Quaderni di Correnti). E’ stata fondatrice e redattrice della rivista “Correnti”. Ha pubblicato la raccolta di fiabe e leggende “Avventure impossibili di spiriti e spiritelli della natura” e il testo multimediale “Circolazione” (ed. Quaderni di Correnti), la graphic novel “Visionaria” (eBook version), il saggio “Cronache della Peste Nera” (ed. Caffè Filosofico Crema), lo studio “Un laboratorio per la città” (ed. CremAscolta), la raccolta di haiku “Il taccuino del viandante” (tiratura numerata indipendente), il romanzo “Il viaggio di Emma” (ed. Sefer Books). Ha vinto il Premio Divoc 2023 con il saggio “Il suicidio dell’Europa” (ed. Audax Editrice). Attualmente è impegnata in ricerche di antropogeografia della preistoria e scienza della civiltà.

7 Comments

  • Primula nera 16 Aprile 2022

    Nei cartoni animati o nei film per bambini, da almeno un decennio a questa parte , sono presenti alcune caratteristiche fondamentali ; ad esempio l’inserimento di personaggi neri(tra i protagonisti, ma anche, parecchio numerosi, tra le comparse) in contesti fiabeschi richiamanti il medioevo europeo (a base di cavalieri in armatura e castelli), dando l’idea di società multiculturali perenni ; la presenza di genitori che non sono semplicemente imperfetti (cosa di per sé non contestabile), ma presentati come malvagi (ad esempio in”Frozen 2″ o, soprattutto, “Maleficent”, vera e propria sintesi dell’ideologia liberal fatta fantasy), tendenza espressa in maniera ancora più aggressiva in altro cinema di genere (specialmente l’horror), ovviamente esprimendo(in modo più o meno subliminale) con ciò una critica radicale all’istituto familiare ; la presenza di altre fisime politicamente corrette come il femminismo radicale (così Biancaneve diventa guerriera in “Biancaneve e il cacciatore”, mentre in “Maleficent” è la strega stessa a svegliare la bella addormentata con un bacio a dispetto del principe che fallisce), oppure il genderismo (la Disney ha proclamato che metà dei propri prodotti avrà personaggi lgbtq,mentre un recente film su Cenerentola presenta una fata madrina nera e transgender…due piccioni con una fava!).
    Se lo stato di salute di una civiltà si misura (come credo) anche dalla cura dei prodotti per l’infanzia (sì i film, ma in letteratura non è che la situazione cambi troppo…), allora siamo messi veramente molto male.

  • Rita Remagnino 16 Aprile 2022

    Concordo Primula Nera, siamo messi male.

    Per una serie di motivi arcinoti che non è il caso di elencare i genitori di oggi trovano più “comodo” piazzare il bambino davanti a un cartone animato anziché raccontargli una storia. La Cupola di controllo, naturalmente, non chiede di meglio.

    A tutti i livelli si è perso il piacere di raccontare, ovvero di stare insieme, e questo è davvero un grosso guaio. La cosa non riguarda le poche isole felici come Ereticamente, dove lo scambio di storie continua imperterrito, ma avanti di questo passo la nostra società rischia di accelerare la corsa verso il trans-umanesimo. Avrai solo la tecnologia e sarai felice (sic!).

    Teniamo duro, dunque. Facciamoci due risate sulle “fiabe” create appositamente per piallare l’opinione pubblica e non smettiamo di raccontare con il nostro stile quelle che appartengono alla tradizione. In questo modo Shehrazàd si è salvata la vita, chissà che non capiti anche a noi.

    Alla prossima, grazie del commento.

  • Michele Simola 16 Aprile 2022

    Oggigiorno la censura mondialista propone motivazioni morali, pedagogiche o sociali, in verità il tutto serve a nascondere l’ideologia che un’infima elite mondiale vuole imporre. Si cerca di tenere sottochiave tutto ciò che può condurre alla realtà, almeno quella che fino ad oggi abbiamo conosciuto come tale.
    La fantasia viene ritenuta inutile e pericolosa, potendo condurre il giovane lettore ad interpretazioni sgradite al potere mondiale. In pratica si cerca di cancellare il giudizio critico, si instilla un fideismo dogmatico e nulla deve essere messo in discussione. In ciò il potere della carta stampata e dei media mainstream prezzolati è conditio sine qua non per rendere reale l’irreale.
    Tale ossessione “politicamente corretta” ha fatto si che idioti di vario tipo inventassero termini assurdi e orribili dal punto di vista linguistico.
    Nelle fiabe si assiste alla stessa demenza che vediamo imperare sul piccolo e grande schermo: in ogni film e telefilm non può più mancare un negro, un omosessuale, un asiatico e via dicendo, se la pellicola è ambientata nel medio evo o fra i vichinghi, avremo il vichingo nero, così anche al tempo dell’impero romano o in un cartone animato( Asterix ) avremo celti o senatori romani neri.
    Al giorno d’oggi vengono stigmatizzate idee come razza, sessualità, moralità anche nella letteratura per ragazzi, per non arrivare, nel tempo continuando così si arriverà, alla damnatio memoriae che toccherà ogni autore che si discosta dai canoni voluti dai mondialisti.
    Anche se tutto questo è già stato fatto con Ezra Pound e Knut Hamsun sempre per motivi ideologici.
    Si giunge al ridicolo perché per molti idioti dire non sono d’accordo, è un attacco all’individuo. Questa ipocrisia farisaica vorrebbe un mondo di idioti acritici che accetta qualsiasi oscenità culturale e qualsiasi perversione vengano presentate come innovazioni.
    Non tanto tempo addietro qualche politico con il cervello spappolato, voleva cancellare padre Dante dalla scuola perchè antisemita!
    L’ideologia del politicamente corretto ritrova fra i suoi teorici e sostenitori radical chic marxisti col rolex, che non ammettono diversità di pensiero: chi dissente è sottoposto al linciaggio mediatico.
    Se continuiamo ad accettare ogni aberrazione voluta da un sistema malato e marcio rischiamo di assistere ad una nuova caccia alle streghe, non importa se le streghe non esistono.

  • Rita Remagnino 17 Aprile 2022

    Hai ragione Michele, adesso stanno mettendo le mani anche sui classici. Sono diventati neri persino il biondissimo Achille e il sovrano dell’olimpo europeo Zeus. Tuttavia la Cupola di controllo non ha fantasia, non potendola comprare come tutto il resto, perciò le “fiabe” che inventa finiscono puntualmente nel ridicolo. Il che, confesso, mi rincuora.

    Dubito che il Metaverso riesca a “tappare” un simile buco, mancando totalmente di un impianto storico e archetipale che lo sostenga. Il problema, semmai, riguarda la “cancellazione” perché una volta rimossa l’eredità tradizionale dalla memoria dei più piccoli difficilmente questa tornerà indietro. Ciò detto osservo con una certa apprensione la guerra che si sta combattendo, il cui esito non sarà tanto militare quanto più culturale. Sulla pelle di tanta povera gente si farà la «civiltà» di domani. Incrociamo le dita.

    Un caro saluto e Buona Pasqua.

  • Kami 17 Aprile 2022

    La mia “zia” adottiva (in realtà un’amica di mia nonna) di chiare simpatie sovietiche (addirittura auto definitasi maoista) mi regalò quando ero piccola un libricino di fiabe tradizionali russe; ricordo con un pizzico di malinconia la paura che avevo della Baba Yaga e della sua casa con le zampe di gallina. Non riuscii a dormire per un po’, eppure la tentazione di leggere il libro era troppo forte e dovevo continuare; ricordo il tutto quasi come un rito di passaggio che mi insegnò per la prima volta a non aver paura della paura. I bambini,nella loro innocenza, non autocensurano le emozioni come fanno gli adulti, ed il mondo sadico e violento che si ritrova in molte fiabe tradizionali, non è alieno alla psiche del bambino (e a quella dell’adulto), come dici anche tu giustamente; la differenza è che da adulti costruiamo una “diga” morale che non solo blocca questi istinti e queste pulsioni, ma addirittura li nega, (fino a quando la diga si rompe e accadono fatti di cronaca nera o si ha un logorio psicopatologico vita natural durante), mentre da bambini questa diga non c’è. In un certo senso rendere le fiabe soft non permette ai bimbi di vivere e comprendere le loro emozioni più estreme ed istintive, di integrarle e sublimarle; forse, addirittura, con la melassa perbenista politicamente corretta, le nuove fiabe arriveranno anche al punto di far vergognare i bambini, facendo loro pensare di essere dei selvaggi e dei pervertiti per provare certi istinti assolutamente normali. Poveri bimbi. La speranza è, come hai detto anche tu in precedenza, che la forza vitale e l’istinto di sopravvivenza abbiano la meglio su questa pretesa di addomesticamento delle menti e dei cuori. O che ci si stia sbagliando noi! 🙂

  • Rita Remagnino 17 Aprile 2022

    Cara Kami, l’esempio è azzeccato: Baba Yaga non è sempre cattiva né buona: talvolta rapisce i bambini per mangiarli, talaltra elargisce preziosi consigli. La vecchina ucraina che cucina torte letali invece è un’avvelenatrice seriale. Punto. Questo perché deve essere oltremodo chiaro che il Bene sta tutto da una parte mentre il Male è tutto dall’altra. Ma il bianco/nero non è il variegato mondo della fantasia, né quello dell’educazione/iniziazione alla vita, solo propaganda.

    A dare fastidio è soprattutto il martellamento degli argomenti “corretti” che vengono ripetuti come mantra affinché il lavaggio del cervello ognuno si convinca della “verità” del pensiero a senso unico. E qui non ci sono differenze tra il mondo dei bambini e quello degli adulti, sottoposto h24 al bombardamento dei professionisti dell’informazione che propongono le loro storie raccontate male.

    Che dire, insistiamo con la nostalgia dell’avvenire.
    Chi la dura a volte la vince.
    Un abbraccio.

  • Maria Cristina crispiatico 25 Aprile 2022

    I bambini oggi, difficilmente aprono un libriccino come facevamo noi. Io avevo una bella libreria di favole x ragazze.. Mi ricordo le belle copertine colorate di cartone lucido, che lasciavano spazio a pagine infarcite di illustrazioni… La regina dei ghiacci, la mia preferita aveva vestiti sontuosi e un ghigno perfido affascinante sul volto….
    Oggi i bambini, scorrono tic tock e si perdono in personaggi idioti che diventano i loro compagni di merende. Improbabili influencer che mangiano come porci la qualunque (scusate cari animali il parallelismo non vorrebbe essere offensivo… Detto poi da una convinta vegetariana…) e fanno di questo il loro seguito…. Altri che si misurano nelle assurdità più improbabili e demenziali….
    Povere nuove generazioni..
    Il lavaggio del cervello è a buon punto. Come dici tu Rita il lavoro dei professionisti del pensiero unico è talmente perfetto che non lascia spazio ad altro.
    Confidiamo nei messaggi dei cervelli liberi e pensanti. Affinché volino liberi e atterrino su qualche cellulare….. In modo che x sbaglio.. Qualcuno in modi inconsapevole, haimé, ne prenda visione

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