8 Ottobre 2024
Appunti di Storia

Armando Cancellada, cavaliere della morte – Pietro Cappellari

Uno squadrista veneziano dimenticato…

 

[…] Il 6 Giugno seguente, verso le 15:00, sei Cavalieri della Morte si ritrovarono presso l’osteria delle Botteselle di Maria Silvestri, in Via Garibaldi, a Venezia, per dissetarsi con una birra[1]. Presa una fisarmonica, gli squadristi presero a cantare La Canzone del Piave e Tripoli bel suon d’amore. Uno di loro, tale Armando Cancellada, di 19 anni, scaricatore portuale avventizio, riformato dalla Regia Marina per epilessia, padre di una bimba in tenera età, accompagnò il canto con una danza. Mentre tutto ciò accadeva, attirando la curiosità dei passanti, arrivò una pattuglia dell’11a Compagnia Guardie Regie comandata da Ruggero Sfregola di 20 anni, originario di Napoli; e composta da Pietro Pochettino, Domenico Roma e Andrea Santoro. Raggiunto il Cancellada, lo invitarono a smettere la danza, ma questi rispose loro: «Noi siamo rivoluzionari!», per poi invitarli a bere, fino a quando non riconobbe lo Sfregola come una di quelle Guardie Regie che aveva sparato contro la folla in Campo SS. Apostoli, durante lo sciopero generale dell’anno precedente, al quale aveva partecipato anche il Cancellada, all’epoca militante nei partiti sovversivi. In quell’occasione Sfregola era stato circondato dai dimostranti, disarmato del moschetto e bastonato. Probabilmente, si riferiva agli incidenti scoppiati durante lo sciopero generale del 9 Aprile 1921, del quale abbiamo fatto cenno, durante i quali l’intervento armato delle Guardie Regie provocò il ferimento di diversi manifestanti e un morto.

Le Guardie Regie, sentitesi offese dal comportamento e dalle accuse dello squadrista, lo fermarono e lo perquisirono, senza trovare armi, per poi intimargli di seguirli in caserma in quanto doveva considerarsi in stato di arresto. Cancellada prese una “bacchetta” e la agitò contro le Guardie, facendo intervenire anche i suoi camerati. Ne nacque una colluttazione, durante la quale Sfregola prese la pistola. Nonostante che un collega avesse cercato di impedire di sparare tenendogli il braccio che impugnava l’arma e gridando «Che fai?», Sfregola riuscì a premere tre volte il grilletto. Un colpo prese in pieno Cancellada, all’altezza del petto dalla parte sinistra, uscendo dalla schiena e finendo per ferire al ginocchio un passante, tale Umberto Ballarin.

I due feriti – gravemente il Cancellada che era rimasto a terra e gemeva – furono presi e portanti di corsa all’Ospedale di Marina “S. Anna”. Fu il Cavaliere della Morte Eusebio Miani a caricare Cancellada rantolante da terra, ma prima di giungere al nosocomio, si accorse che il camerata era morto.

Quando la notizia si diffuse, un centinaio di fascisti e Cavalieri di Morte si presentarono in Via Garibaldi, trovando la strada sbarrata da un Plotone di Guardie Regie al comando del Magg. Vitelli, contro le quali inscenarono una manifestazione ostile. La situazione parve precipitare, neanche l’intervento del Commissario Coco e dei Vicecommissari Marchi e De Franchi riuscì a calmare gli animi degli squadristi. Fu deciso di ritirare immediatamente il Plotone di Guardie Regie.

I fascisti, quindi, percorsero tutta Via Garibaldi obbligando gli esercenti a chiudere i negozi e i cittadini ad esporre dalle finestre tricolori abbrunati in segno di lutto per la morte di Cancellada. Poi, si sparsero per la città, facendo chiudere gli esercizi ed esporre la bandiera nazionale a mezz’asta. Venne sospeso il concerto della banda cittadina nel Parco dell’Esposizione e tutti gli spettacoli pubblici.

La città parve fermarsi, stretta nel gelido del lutto che fece dimenticare l’imminente arrivo dell’Estate.

Vennero affissi due manifesti di condanna per l’assassinio, uno a firma del PNF, l’altro a nome dei Cavalieri della Morte in cui si raccomandava “alla pietà cittadina la piccola orfana dell’ucciso”.

Alle 19:00, di quel 6 Giugno, un gruppo di camicie nere saliva il campanile di S. Marco e suonava il campanone a morto.

Una direttiva urgente del Questore ritirava da tutti i servizi in pubblico le Guardie Regie, sostituite prontamente dai Carabinieri e dalla Guardia di Finanza, in modo che si evitassero “provocazioni” e scontri.

I Cavalieri della Morte chiesero alle Autorità di trasportare la salma del caduto presso la propria sede, ricevendo parere negativo, in quanto la salma era oggetto di indagini giudiziarie. Per evitare incidenti, la Polizia inviò all’Ospedale di Marina “S. Anna” cinquanta marinai con due Ufficiali.

A mezzanotte, improvvisamente, si radunarono trecento fascisti e Cavalieri della Morte in Via Garibaldi ed insieme marciarono sul nosocomio. Nonostante la sentinella di guardia, alla vista degli squadristi, avesse sparato un colpo intimidatorio in aria, le camicie nere non desistettero dai loro intenti, sfondarono il cancello ed anche il portone del nosocomio, straripando nelle corsie e sorprendendo i marinai di guardia che non poterono opporsi alla marea umana che aveva invaso l’ospedale.

Presa la salma del Cancellada, la avvolsero nel tricolore, l’adagiarono su una barella e, poi, si composero in corteo attraversando Riva degli Schiavoni, Piazza S. Marco, Mercerie, “seguiti da una folla di popolo, fino alla sede dei Cavalieri della Morte, sita in Calle dei Botteri a Rialto, dove era allestita una camera ardente”.

Alla vista del corteo che si avvicinava, alcuni Cavalieri della Morte penetravano nel campanile di San Cassiano suonando le campane a stormo come omaggio al camerata caduto.

[…] La salma del caduto venne vegliata tutta la notte da squadre di fascisti e Cavalieri della Morte, ricevendo poi l’omaggio di numerosi cittadini.

Nella mattinata del 7 Giugno, verso le 8:30, in Campo S. Bartolomeo, quattro-cinque Cavalieri della Morte aggredirono la Guardia Regia Augusto Baratto che si difese estraendo la sciabola baionetta in dotazione e ferendo alla coscia il Cavaliere Gregorio Vetturetti. Riuscito a svincolarsi dagli aggressori, Baratto riparava di corsa in caserma[2].

Nel pomeriggio del 7 Giugno fu organizzato il solenne funerale di Armando Cancellada.

 

Alle 3 e mezzo il corteo funebre mosse dalla sede dei Cavalieri della Morte. Precedevano i Cavalieri della Morte in divisa col gagliardetto e tre bandiere nazionali, poi le corone, tutte di fiori freschi, offerte una dai bambini del Comandante Covre, la seconda dai Cavalieri della Morte, la terza dai fascisti e la quarta dagli zii del morto[3].

Transitando per Via Garibaldi, il corteo funebre sostò per un discorso d’addio del Cap. Covre. Poi, il rumore di una serranda, scambiato per la deflagrazione di una bomba, fece sbandare i cittadini che seguivano il feretro, facendoli fuggire colti dal panico. Chiarita la situazione, il corteo riprese il suo cammino, accompagnato da campane suonate a stormo, fino alla Chiesa di S. Pietro di Castello, dove Mons. Cottin impartì alla salma l’assoluzione.

Cesco Bonaldi “a nome del Fascio porge l’estremo addio alla settima vittima veneziana”[4]. Poi, i Cavalieri della Morte si schierarono e al grido «Fratello Cancellada!», stendendo il braccio sinistro risposero tutti: «Presente!».

La salma fu condotta al Cimitero S. Michele, ma non fu inumata, in quanto ancora a disposizione dell’Autorità giudiziaria.

L’Associazione Nazionale Combattenti di Venezia rifiutò di partecipare al funerale, considerando la manifestazione come politica[5]. Lo stesso PNF veneziano dovette emanare un comunicato in cui distingueva tra fascisti e Cavalieri della Morte, incaricando il Comandante delle squadre d’azione di partecipare al rito e di ritirare immediatamente i propri uomini, senza commettere atti irreparabili: tale partecipazione non doveva assolutamente apparire come un “incitamento ad inconsulte ostilità contro i Corpi della Forza Pubblica”[6].

[…] La salma dell’unico caduto dei Cavalieri della Morte e settimo Martire del Fascio veneziano, come abbiamo detto, venne inumata l’8 Giugno 1922 nel Cimitero di S. Michele a Venezia, nel Campo B, fila 13, fossa 36. Molti anni dopo, i suoi resti vennero esumati e deposti nell’ossario comune in forma indistinta, cancellando così anche l’ultimo ricordo di un passato da dimenticare per molti. Per ironia della sorte, i suoi resti si congiunsero nell’estremo oblio con quelli del carismatico fondatore del fascismo veneto: Pietro Marsich. Nonostante il suo riavvicinamento a Mussolini dopo la Marcia su Roma, si ritirò a vita privata. Debole di fibra, decedette il 21 Dicembre 1928, alle ore 06:15. Venne sepolto presso il Cimitero di S. Michele, a Venezia, in recinto 3°, fossa 91. Trascorsi gli anni di rito, fu esumato e probabilmente non trovando riferimenti famigliari, i suoi resti ossei vennero tumulati in ossario comune.

 

Pietro Cappellari

(Da Vittorio Veneto alla Marcia su Roma. 1922, Passaggio al Bosco, Firenze 2023, vol. IV)

 

Note

[1] Cfr. Un Cavaliere della Morte ucciso da una Guardia Regia, “Gazzetta di Venezia”, a. CLXXX, n. 134, 7 Giugno 1922.

[2] Una Guardia Regia aggredita, “Gazzetta di Venezia”, a. CLXXX, n. 134, 7 Giugno 1922.

[3] I funerali dell’ucciso, “Gazzetta di Venezia”, a. CLXXX, n. 134, 7 Giugno 1922.

[4] R.A. Vicentini, Il movimento fascista, cit., pag. 224.

[5] Cfr. Una lettera dell’Associazione Combattenti in merito agli avvenimenti cittadini, “Gazzetta di Venezia”, a. CLXXX, n. 134, 7 Giugno 1922.

[6] Un ordine del giorno fascista, “Gazzetta di Venezia”, a. CLXXX, n. 134, 7 Giugno 1922.

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