Alcune personalità poco conosciute al grande pubblico influenzano le idee e gli accadimenti storici molto più di protagonisti famosi. Nella Chiesa Giuseppe Dossetti, prima politico, poi monaco, riuscì a determinare molte delle conclusioni del Concilio Vaticano II e pose le basi, in Italia, per l’egemonia del cattocomunismo. A livello globale, poche personalità influenzano il presente quanto Leo Strauss, pensatore tedesco di origine ebraica emigrato negli Stati Uniti. Il suo pensiero è poco noto, la sua lezione è alla base del movimento neo conservatore e della politica di potenza. Possiamo affermare che gli straussiani – alcune decine di personalità di enorme potere – sono veri e propri architetti della guerra come strumento dell’impero americano.
Leo Strauss (1899-1973) nacque in una famiglia di stretta osservanza ebraica e in giovinezza fu affascinato dal pensiero di Heidegger – successivamente rinnegato – poi amico e sodale di Carl Schmitt, che lo aiutò nella carriera e di cui sempre condivise l’approccio filosofico realistico. Ammiratore di Hobbes, ebbe un rapporto controverso nei confronti di Niccolò Machiavelli, il fondatore della scienza politica. Studioso di Platone, polemico contro lo storicismo imperante, propugnò una sorta di ritorno agli antichi, latori di verità insieme profonde e segrete. Ciò che differenzia radicalmente il pensiero di Strauss da quello di tutti gli altri pensatori del suo tempo è la convinzione che i saggi – da sempre – abbiano fatto ricorso a una forma di scrittura basata sulla reticenza e l’occultamento, la doppiezza e il sotterfugio.
Di qui la necessità di leggere tra le righe, alla ricerca delle verità nascoste, dei simbolismi, dei messaggi cifrati, delle allusioni e degli ammaestramenti segreti, che, per non risultare distruttivi, devono rimanere appannaggio di ristrette cerchie intellettuali. Il rimprovero mosso a Machiavelli è di aver rivelato gli “arcana imperii” senza mantenere il suo magistero – che Strauss segretamente ammirava – all’interno di una ristretta cerchia di iniziati accuratamente selezionati. Strauss fu soprattutto il tenace costruttore di un modello di ordine politico orientato non al bene comune o al senso di giustizia, bensì alla potenza, fondato su una concezione secolarizzata della storia e una visione naturalistica dell’uomo.
Il crocevia del pensiero di Strauss fu la scoperta – o riscoperta – della cosiddetta scrittura reticente, che non svela ma cela, la prassi della filosofia perenne come insegnamento esoterico, a partire degli scritti del greco Senofonte. Per Strauss cultura e morale sono un prodotto dei filosofi/profeti. Ispirato da Platone (Repubblica), il filosofo deve trasformarsi in legislatore. Tuttavia, poiché la verità è oscura e sordida, essa è riservata a pochi illuminati. In pubblico, il filosofo deve fingere di credere alle illusioni di massa, costruite a uso delle moltitudini. La chiamò “nobile menzogna”, una doppiezza applicata da un potere che finge con grande cura di credere a principi e valori – buoni per il popolo – che disapplica e deride nelle stanze riservate della decisione.
Il sapiente deve essere in pubblico paladino della giustizia e della bontà disinteressata, mentre insegna in segreto a una scelta platea che la verità è segreta, la folla manipolabile, la giustizia favorevole all’amico e avversa al nemico. Tutti i grandi filosofi furono per Strauss scrittori esoterici con un doppio messaggio, uno di salvezza per la massa, l’altro di potere per la minoranza. Evidente il debito platonico, la preferenza per Trasimaco contro Socrate: la giustizia è l’interesse del più forte; chiunque sia al potere fa le regole a suo vantaggio e le chiama giustizia. L’impatto di Strauss sulla vita intellettuale delle élite americane è stato tra i più influenti movimenti accademici del XX secolo. Gli straussiani – una minoranza ristretta ma potentissima – sono al potere in Occidente e la menzogna è la forma normale della relazione tra popolo e oligarchia, dominanti e dominati.
Gli straussiani sono un gruppo di dottrinari, pensatori, politici, uomini d’impresa che guidano da decenni la politica americana sui temi economici e di potenza. Qualcuno li considera una setta e in effetti i primi discepoli di Strauss furono un circolo quasi segreto, costituito da giovani di origine ebraica. Ad essi era riservato l’insegnamento più criptico ed esoterico, trasmesso in forma orale, come gli antichi maestri.
Le lezioni ai prescelti avvenivano in forma di conversazione privata e di esse non esistono tracce scritte, solo riferimenti indiretti. Il filo conduttore di quell’ insegnamento segreto – esoterico in senso letterale – era la necessità di un potere forte, accentrato, e la conclusione che la democrazia liberale non può sopravvivere se non diretta da un potere superiore dotato di forza coercitiva. Strauss era convinto che le opere degli antichi contenessero concetti veritativi comprensibili a pochi, inadatti alla massa, alla quale vanno fornite conoscenze essoteriche, ossia comunicate anche ai non iniziati.
Inculcava il principio della nobile menzogna, ritenendo moralmente giusto mentire per un fine superiore – il potere – una condotta da applicare all’attività pubblica degli iniziati, a partire dall’agitazione dei suoi seguaci contro le lezioni di docenti di avverso orientamento. Il fine era una sorta di lotta continua applicata alla geopolitica. Uno Stato deciso a sopravvivere e a esercitare volontà di potenza (Nietzsche fu uno dei riferimenti di Strauss) deve essere permanentemente in guerra. Questo portava Strauss a un’etica spartana, giacché la pace porta in sé i germi della decadenza.
L’intero pensiero di Strauss è dominato dal platonismo e da una concezione di diritto naturale hobbesiana. L’architrave della società è un élite coesa dai principi distinti da quelli ufficialmente veicolati: qualcuno è destinato a dirigere, la maggioranza a essere diretta. Sono degni di esercitare il potere coloro che sanno che non esiste moralità fuori dell’oligarchia. Tuttavia, Strauss sosteneva nei suoi scritti che la morale è indispensabile per mantenere l’ordine e la coesione interna delle società. La religione è la colonna dell’ordine sociale. Se per Marx la religione era l’oppio dei popoli, per Strauss è una “santa frode”, un efficace strumento della politica, il collante che unisce le società. Utile, necessaria per le masse, non per i governanti.
Un coacervo di idee che influisce sulla politica estera americana da decenni, trascinato dall’influenza nell’economia, nella cultura, nei “pensatoi” riservati (think tank). L’intera architettura geopolitica e di guerra ibrida dispiegata dagli Usa dalla caduta del comunismo sovietico è stata impostata e spesso dominata dagli straussiani, presenti in ruoli chiave nelle amministrazioni sia democratiche che repubblicane.
Dopo la morte di Strauss, i suoi discepoli si mantennero uniti e sbarcarono in politica al seguito del senatore democratico Henry “Scoop” Jackson. Tra loro Elliott Abrams, Paul Wolfowitz, Richard Perle. Gli ultimi due avrebbero ricoperto incarichi governativi apicali. Decisivo fu l’approdo nel giro straussiano di un gruppo di intellettuali di ascendenza trotzkista (la rivoluzione permanente di Lev Trotsky, corrispettivo della lotta politica continua, metafora della guerra permanente straussiana), israeliti anch’essi. Si trattava di giovani carichi di avversione verso l’URSS, portati in politica dalla Rand Corporation, il più influente think tank dell’apparato militare industriale statunitense. Gli ex trotzkisti, da collaboratori del partito democratico, passarono ai repubblicani, diventando ideologi del cosiddetto neo conservatorismo. Wolfowitz introdusse concetti come “guerra preventiva” e “asse del male” con riferimento ai nemici degli Usa.
Fin dal 1976, Wolfowitz era giunto alla conclusione che non era sufficiente isolare l’URSS, occorreva farla finita con essa. I neocons divennero artefici di gruppi di lavoro e ONG legate al potere riservato come il National Endowment for Democracy (NED) e l’USIP, dal nome orwelliano di Istituto Statunitense per la Pace. Entrambe, con l’appoggio dell’Open Society di George Soros e delle ricche ONG dei miliardari, furono implicate nel tentativo rivoluzionario cinese di Tienanmen, in tutte le “rivoluzioni colorate “e nella deposizione e successivo arresto del presidente serbo Milosevic; nella rivoluzione delle rose georgiana che provocò la caduta del presidente ex sovietico Shevardnadze e condusse a una guerra. E ancora nella rivoluzione arancione in Ucraina del 2004, con la cacciata di Yuschenko; in quella dei tulipani in Kirghizistan nel 2005; nella rivoluzione che cercò invano di deporre il belorusso Lukashenko; nei disordini antirussi del 2009 in Moldavia. Il ruolo dei neocons e delle ONG legate alla Cia e ai “filantropi” nei fatti ucraini del 2014, l’azione di Victoria Nuland – esponente democratica, moglie del neocons straussiano Robert Kagan (diventato democratico in odio al “fascismo” di Trump) è noto a chi non legge le veline mainstream.
Wolfowitz elaborò nel 1992 un documento nel quale chiedeva una più forte egemonia mondiale americana, anche contro l’Europa. La tesi era che i governi europei non hanno una visione geopolitica globale (è la verità) e che quindi l’impero americano è autorizzato a prendere decisioni unilaterali. Robert Kagan scrisse un libro apertamente anti europeo nel 2003 e un significativo articolo sull’influente rivista Foreign Affairs in cui sosteneva “la benevola egemonia globale degli Stati Uniti”. Straussiani di fatto furono esponenti dei governi repubblicani come Dick Cheney e Donald Rumsfeld. Richard Perle fu consigliere del presidente bosniaco musulmano Izetbegovic e trafficò con la strana figura di Osama Bin Laden. Gli straussiani e i neocons hanno spesso usato l’islamismo per indebolire gli alleati della Russia, pur saldamente ancorati a un sionismo estremista, in nome del quale Perle consigliò nel 1996 l’eliminazione di Yasser Arafat, l’inizio di una guerra contro l’Iraq (avvenuta alcuni anni dopo) e la deportazione dei palestinesi in territorio iracheno. Dopo l’oscuro attentato alle Torri gemelle, fu Wolfowitz l’ispiratore dell’operazione Desert Storm (Tempesta nel Deserto) e i neocons dell’Office of Special Plans gli artefici della propaganda bellica sulle armi di distruzione di massa di Saddam Hussein. Non fecero altro che applicare la strategia della “nobile menzogna” di Strauss ed elaborarono la teoria geopolitica e geoeconomica detta dottrina Rumsfeld-Cebrowski. Questi i punti essenziali: gli Stati Uniti devono garantirsi risorse a basso costo dai paesi in via di sviluppo; le guerre coloniali convenzionali per conquistare e dominare completamente un paese sono praticamente impossibili o troppo costose. Pertanto i conflitti armati devono essere prolungati in una “guerra senza fine” che lasci sul campo Stati falliti, come la Libia dopo Gheddafi. Gli Stati Uniti devono promuovere o provocare guerre attraverso organizzazioni o governi fantoccio e prolungarle il più a lungo possibile (Afghanistan, Iraq o Siria). In assenza di uno Stato con cui negoziare, l’estrazione delle risorse (leggi il furto) è molto più facile. Gli insuccessi finali dei conflitti scatenati hanno costretto gli straussiani a cambiare strategia, ma la tattica generale è sempre quella di soffiare sul fuoco per mantenere instabile le aree geopolitiche di interesse. Da questa prospettiva, cambia il giudizio sulla guerra in Ucraina, un conflitto in fondo regionale che può portare a conseguenze drammatiche. In una visione straussiana, non stupirebbe che l’oligarchia Usa punti a un accordo sotterraneo con la Russia in funzione anti europea, con il risultato di rendere l’Europa dipendente non dal gas naturale russo (che può essere venduto altrove) ma dal gas di scisto americano, alla faccia della propaganda green e degli interessi della colonia europea. La doppiezza straussiana – agire in termini di potenza mentendo ai popoli – è una delle forme della “grande politica” ignota alla gente comune. Però la chiamano democrazia.