Il problema di questa serie di articoli è sempre stato quello di non riuscire a “stare sul pezzo” in tempo reale, non solo, ma fino a poco tempo fa la “forbice” tra le notizie circa la nostra eredità ancestrale e il momento in cui ho potuto parlarne sulle pagine di “Ereticamente”, si è andata man mano allargando. Tuttavia c’è da pensare, anche se non so se rallegrarmene o meno, che il problema sia in via di superamento, infatti, come vi ho detto la volta scorsa, si avverte una progressiva rarefazione delle informazioni.
Il presente articolo avevo iniziato a stilarlo a inizio giugno, ma ho trovato materiale per concluderlo solo in coincidenza col solstizio, e per le due prime decadi del mese non c’è stato letteralmente niente da segnalare. Siamo in un momento di penuria. Cosa ci riserverà il futuro non lo sappiamo, da parte mia posso solo garantirvi il massimo e più continuo impegno possibile.
Naturalmente, non sta scritto da nessuna parte che ci dobbiamo limitare solo a ciò che offre il web, e per prima cosa vi citerei l’arrivo in libreria di un testo davvero eccezionale, edito dalle edizioni Aurora Boreale, I minoici in America di Nicola Bizzi, un ricercatore decisamente fuori dagli schemi senza nessun timore di portare avanti concezioni non consone a quel che l’ortodossia dominante ritiene di doverci imporre circa i nostri antenati, un testo accurato e voluminoso di più di 600 pagine disponibile al prezzo davvero modesto di 30 euro.
Nonostante si parli spesso di talassocrazia, cioè di impero marittimo relativo alla civiltà cretese, osserva Bizzi, i minoici sono perlopiù oggetto di una costante sottovalutazione, tutte le considerevoli tracce che hanno lasciato di un impero marittimo esteso da un capo all’altro del Mediterraneo, sono perlopiù etichettate come micenee.
Sottolineo poi un particolare che mi ha dato grande soddisfazione: nella bibliografia in appendice al libro, a pag. 204, Bizzi cita un mio articolo apparso su “Ereticamente”, Come il mondo antico è diventato cristiano.
Vediamo ora cosa ci riserva il web nel mese di giugno. Cominciamo con il menzionare un articolo apparso il 1 giugno su “Phys.org” che indica come fonte l’Università di Bath. Secondo i ricercatori di questo ateneo, la gran parte degli alberi genealogici su cui sono state collocate le varie forme viventi, potrebbe essere sbagliata. Questi ultimi sono stati costruiti soprattutto basandosi sulle somiglianze morfologiche dei vari esseri animali o vegetali, ma ora l’analisi del DNA sta raccontando una storia del tutto diversa. E’ noto da tempo il fenomeno della convergenza evolutiva, per il quale, organismi con una storia biologica del tutto diversa, adattandosi ad ambienti simili, sviluppano forme simili, ad esempio, uno squalo, un ittiosauro, un delfino, presentano notevole somiglianza, pur essendo rispettivamente un pesce, un rettile, un mammifero. Bene, ora, a quanto pare, a quanto rivela l’analisi del DNA, il fenomeno della convergenza evolutiva è molto più diffuso di quanto si è finora creduto, e quindi la tassonomia degli esseri viventi potrebbe essere tutta da rifare.
Non si tratta di un discorso che riguarda direttamente l’origine dell’uomo, ma non si può non notare che il paradigma evoluzionistico, almeno nella sua forma classica e “canonica” sta diventando sempre più traballante.
Torniamo a parlare di “Ancient Origins”. Questo sito irlandese ha l’abitudine, ogni tanto, di rimettere in prima pagina articoli datati. Di solito in questi casi non me ne occupo, anche se spesso fanno comprendere quante cose possono sfuggire nel mare magnum della rete anche a un osservatore attento quale credo di essere, ma stavolta credo proprio di dover fare un’eccezione, infatti in questo periodo (giugno 2022) “Ancient Origins” ha rimesso in prima pagina un articolo di Caleb Strom del settembre 2020 che tratta un argomento che ci interessa molto da vicino, troppo per ignorarlo: Il ritorno degli antichi dei, la rinascita del paganesimo.
Apprendiamo che i culti pagani sono in ripresa in tutta Europa, a cominciare dall’Islanda, dove il paganesimo norreno non si è mai estinto, non è mai stato del tutto soppiantato dal cristianesimo, poi il paganesimo germanico, quello celtico, quello slavo, quello ellenico oggi in forte ripresa.
La principale lacuna dell’articolo è quella di non fare alcun cenno al paganesimo romano. Al riguardo, immagino, il nostro Giuseppe Barbera e l’associazione Pietas avrebbero parecchie cose da dire.
Visto che siamo in argomento, e visto anche il periodo dell’anno in cui sto stendendo queste note (voi le leggerete, suppongo, molto più tardi, ma purtroppo si tratta di una questione di tempi tecnici della nostra pubblicazione, e non posso farci nulla), sarà il caso di esaminare una questone importante. Tutti noi conosciamo l’importanza che il solstizio estivo ha nel celtismo, in realtà piuttosto nel celtismo moderno che nella tradizione celtica, tutti noi, ad esempio, abbiamo quanto meno visto le foto dei pellegrini che affollano Stonehenge in occasione di questa ricorrenza astrale, quando all’alba del solstizio d’estate, il sole sorge in perfetto allineamento con l’asse centrale del monumento megalitico.
Quello che invece è meno noto, è che il solstizio d’estate ha un’importanza non minore anche nella tradizione romana. Su “Pagine filosofali”, il bel sito gestito dal nostro Luca Valentini, ne parla un interessante articolo di Paolo Galiano: Gli dei di Roma nel Solstizio d’Estate.
Per i nostri antenati romani, si evince, il solstizio estivo era un momento di particolare significato, in quanto chiudeva la prima parte dell’anno e apriva la seconda, e come tale era posto sotto la tutela delle divinità delle conclusioni e degli inizi, Giano, ma soprattutto Vesta. Vesta, protettrice del fuoco e del focolare domestico, quindi delle famiglie, ricordiamolo, è una delle divinità più antiche del pantheon latino, è con tutta probabilità un’incarnazione, un volto della Grande Madre neolitica.
Andiamo a vedere cosa ci offre in questo periodo “The Archaeology News Network”, e cominciamo con un articolo (purtroppo non firmato, come accade per molti pezzi che compaiono su questo sito) dell’11 giugno davvero singolare: Antichi umanoidi sotterranei: esistono davvero?
C’è da dire che umanoidi, solitamente di piccole dimensioni, che vivono in caverne o nel sottosuolo, nani, gnomi, folletti, si ritrovano nelle tradizioni e nel folclore un po’ di tutti i popoli, anche se spesso non si tratta altro che del ricordo trasfigurato di bambini costretti, a causa della loro piccola taglia, a lavorare nelle miniere (vi ricordate del verghiano Rosso Malpelo?), ma l’articolo adombra l’ipotesi che un popolo sotterraneo potrebbe essere esistito davvero, e forse esisterebbe ancora oggi, e come se non bastasse, collega la questione alle tematiche ufologiche. Un articolo, devo dire, che mi ha sorpreso per il sensazionalismo del tutto insolito in questa pubblicazione.
In un articolo (anch’esso non firmato) del 18 giugno, “The Archaeology News Network” ci dà la notizia della scoperta in Polonia di una fornace celtica risalente al III secolo avanti Cristo (non è precisata la località esatta. La scoperta è avvenuta ad opera di un team di archeologi dell’Istituto di Archeologia dell’Università di Breslavia guidato dal dottor Przemyslaw Duleba. L’articolo, inoltre, richiama la nostra attenzione su un fatto importante quanto spesso trascurato: noi conosciamo i Celti soprattutto attraverso i monumenti che hanno lasciato nelle Isole Britanniche e in Francia, tuttavia le loro origini vanno ricercate nell’Europa centrale, infatti la più antica cultura celtica nota è quella austriaca di Hallstatt.
Un articolo del 20 giugno ci parla del ritrovamento in Siberia, nel bacino del fiume Shilka nella regione della Transbaikalia orientale, di un petroglifo decorato con pitture in ocra rossa raffiguranti figure umane e simboli astratti. Il petroglifo è stato studiato da un team guidato dall’archeologo Sergey Alkin, e gli è stata attribuita un’età di 4.000 anni.
E’ strano, ma più, prendendo a pretesto la vicenda ucraina, si cerca di escludere la Russia dalla storia e dalla cultura europea, più compaiono eventi del passato che ci ricordano il legame che la nostra civiltà ha con essa, recentemente, ad esempio, abbiamo parlato dell’antichissima fucina scoperta negli Urali.
Martedì 21 giugno, proprio il giorno, o meglio la sera del solstizio estivo, “Focus” (canale 35), una delle poche reti televisive che non offrono banalità, ha presentato un servizio su Schnidi, il fantasma del neolitico. Di che si tratta?
Il passo dello Schnidejoch nelle Alpi bernesi (Svizzera) mette in comunicazione i versanti settentrionale e meridionale dell’arco alpino, e si trova quasi esattamente a metà della catena alpina, pare che fin da tempi remotissimi fosse una via commerciale molto trafficata che metteva in collegamento l’Europa centrale con quella mediterranea.
L’imponente scioglimento glaciale verificatosi nella torrida estate del 2003 ha portato alla luce circa 400 reperti di vario genere, che coprono un periodo che va dal neolitico all’età romana. Fra questi, i più interessanti si sono rivelati un arco, la sua faretra, una gamba dei calzoni o un gambale di cuoio risalenti a 6.000 anni fa, mille anni prima di Oetzi. Si è ipotizzato che essi facessero parte dell’attrezzatura di un cacciatore neolitico, come Oetzi smarritosi e probabilmente morto ad alta quota, che è stato preventivamente battezzato “Schnidi” per analogia con Oetzi, il cui nomignolo viene dal monte Oetzal, al confine fra Italia e Austria dove la sua mummia è stata ritrovata. Il documentario di “Focus” ci parla appunto da parte di un team di studiosi svizzeri,della ricerca, per ora infruttuosa, dei resti di Schnidi che rimane tuttora “un fantasma”.
Tuttavia, abbiamo almeno una certezza, che gli uomini neolitici si spostassero lungo il crinale alpino, anche a quote ragguardevoli (il passo dello Schnidejoch si trova a 2.756 metri sul livello del mare), assai prima di quanto si fosse finora pensato.
Una tesi che ho sostenuto più volte su queste pagine, è quella di un antico popolamento “bianco” delle Americhe, di gran lunga precedente l’arrivo nel Nuovo Mondo di Colombo e anche dei Vichinghi, con il corollario che esso sia alla base delle civiltà precolombiane, che dunque non sarebbero affatto un’eccezione alla regola che dove troviamo civiltà, troviamo sempre l’uomo europide.
Bene, ora abbiamo notizia di una “nuova” popolazione bianca dell’America precolombiana. Ce ne parla Helena Vetrova in un articolo apparso il 21 giugno su “Telegram”, “gli uomini dagli occhi di luna”, pare si trattasse di una popolazione caratterizzata da pelle pallida, capelli biondi, occhi azzurri, anche se di bassa statura, che viveva nella regione degli Appalachi meridionali, che poi furono soppiantati e in parte assimilati dai Cherokee. Testimonianze su di loro furono raccolte dal colonnello Leonard Marbury e dal governatore della Georgia John Sevier.
Il risentimento non è come il lutto, per il quale è previsto un periodo fisso di durata. Io vi confermo una volta di più la decisione, su queste pagine, di non occuparmi più per nulla di tutto quanto sia inglese, dopo l’immotivato disprezzo che gli Inglesi hanno dimostrato nei nostri confronti dopo la nostra vittoria ai campionati europei di calcio, soprattutto perché, bisogna che ce ne rendiamo conto, disprezzo e odio verso gli Italiani che non si sa cosa possiamo aver fatto mai per provocare, sono una costante dell’animus britannico, forse è l’occupazione romana dell’Isola inglese che non ci hanno ancora perdonato. Nel 1913, i camerieri inglesi a bordo del Titanic, al momento del naufragio, rinchiusero il personale italiano in una cabina, in modo che gli Italiani non avessero alcuna possibilità di salvarsi. Trieste, dopo la seconda guerra mondiale fu sottoposta ad amministrazione militare angloamericana, e qui, nel 1953, una manifestazione per l’italianità della città fu dispersa dagli Inglesi facendo fuoco ad altezza d’uomo, per miracolo ci furono “solo” sei morti. Pochi anni fa, una troupe della BBC fu sorpresa a spargere immondizia per i vicoli di Napoli, allo scopo di filmarla, diffondere il cliché dell’Italia come “Paese sporco”, e scoraggiare il turismo da noi. Sono tutte cose che vanno ricordate, bisogna sapere che il disprezzo ostentato nei nostri confronti in occasione degli Europei di calcio, non è purtroppo una novità.
Tuttavia, occorre prendere atto del fatto che l’arcipelago delle Isole Britanniche non è abitato solo da Inglesi. Irlandesi, Scozzesi, Gallesi non sono solo popoli diversi dagli Inglesi, celtici e non anglosassoni, ma che nel corso dei secoli hanno subito da parte degli Inglesi una serie quasi infinita di oppressione, angherie, prevaricazioni.
In questa ottica, mi sembra pienamente adeguato riportarvi una notizia riguardante l’Irlanda. Martedì 21 giugno “The Archaeology Magazine” riferisce che in Irlanda, nella contea del Galway è stata identificata una fortezza dell’Età del Bronzo, risalente a un periodo tra l’800 e il 1.200 avanti Cristo.
“L’archeologo Michael Gibbons ha datato i resti di un’antica fortezza in un parco rurale nella regione delle Burren Lowlands dell’Irlanda occidentale all’età del bronzo (…). La fortezza sarebbe stata abbastanza grande da ospitare centinaia di persone alla volta, ha spiegato Gibbons. I laghi stagionali avrebbero fatto parte delle sue difese, ha aggiunto. Un’indagine aerea lidar del sito ora boscoso potrebbe rivelare tracce di case rotonde all’interno dei bastioni”.
E’ una cosa davvero singolare, ma maggio e le prime due decadi di giugno sono stati alquanto avari di notizie riguardo alla nostra eredità ancestrale, poi, attorno al solstizio, abbiamo avuto l’esplosione delle informazioni che costituiscono il presente articolo.
Mi è successo altre volte, in vari momenti, quando mi è sembrato che questa serie di articoli non potesse più continuare, è sempre successo qualcosa che mi ha spinto ad andare avanti, è come se qualcuno volesse che io continui questo mio lavoro. Che Giano e Vesta, divinità del solstizio, siano venuti in mio aiuto?
NOTA: Nell’illustrazione, divinità germaniche (dall’articolo di Caleb Strom su “Ancient Origins”).
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