di Mario M. Merlino
Non nutro particolare interesse per lo svolgimento e gli esiti elettorali, anche se tendo a recarmi soprattutto se c’è qualche ‘vecchio’ camerata che me ne fornisce il destro e che preserva integra la stima che ho per lui. Cosa non facile, lo so, ma me ne assumo la responsabilità in quanto sono per natura particolarmente selettivo e schifettoso… E così non mi approprierò di quella espressione non mia, felice e condivisibile, ‘la democrazia è una infezione dello spirito’, perché chi l’ha coniata è finito anch’egli sugli scranni del Parlamento e, mi sembra, con risultati non fra i più degni. E ciò vale per quell’altra espressione intorno ai ‘ludi cartacei’ che sentivo ripetere ogni volta che s’avvicinava la scadenza elettorale, mentre si finiva per attaccare manifesti e bastonarci con gli avversari d’altri partiti, noi giovinetti convinti e sprovveduti che, con un aumento in percentuale dello zero-ottantacinque per cento, eravamo prossimi alla conquista del potere.
Come in quest’ultima per il rinnovo del sindaco di Roma. Con gioiosa e consapevole contraddizione ho pranzato con alcuni ex autonomi ed anarchici, evitando di cadere in nostalgica rimpatriata tra reduci anni ’70, rinnovando quanto avrebbe potuto e dovuto essere momento unitario (e la memoria mia va a Valle Giulia inizio d’un percorso possibile e interrotto da logiche ben più forti vincolanti e tragiche) contro il medesimo nemico e che, invece, finì a chiavi inglesi e a spranghe e bastoni in un crescendo di P38 e sangue versato sull’asfalto. Poi, prima di cena, ho rovistato nel cassetto, ho messo in tasca la scheda elettorale e mi sono recato alla scuola media statale, a due passi da casa.
Non so quale sarà l’esito finale fra quindici giorni – anche qui l’interesse è nullo o quasi – del ballottaggio. Siccome, però, mio figlio ritiene che solo al massimo volume debba essere accesa la televisione, sono stato costretto a cogliere alcuni passaggi ed anzi a guardare alcune sequenze. Intanto ha trovato conferma il mio disgusto il vedere come cercasse di mettersi in mostra alle spalle di uno sconosciuto dirigente PD, intervistato dallo speciale del Tg Tre, l’ex assessore alla cultura di Roma poi passato con il marito della Tulliani ed ora maggiordomo nella casa a Montecarlo (da non equivocare con il cotechino e lo zampone, che sono parti sì inferiori ma appetitose del maiale, in quanto, semmai, del maiale è la parte superiore). Ora, tutto gigione e arrogante, fra i sostenitori di Ignazio Marino, motivando la scelta fra l’altro perché entrambi hanno mandato a studiare i figli negli USA (ovviamente sensibili alle decine e decine di migliaia di giovani connazionali che conoscono, anche per colpa loro, il rigirarsi i pollici nell’ozio dorato e piacevole della disoccupazione).
Corruzione inefficienza volgarità opportunismo rinnegamento… Ora mi viene l’obbligo di scrivere evitando ironia e battute, troppo facile trarne barzellette o farne spallucce come se appartenessero ad un mondo alieno e distante. No, gli altri ci guardano e ci giudicano vostro tramite e noi, che non possediamo strumenti mediatici alternativi, possiamo offrire soltanto la nostra dignità offesa, certo per noi prioritaria, ma che non modifica le carte in tavola… Più di una volta mi sono sentito dire affettuosamente dal mio avvocato, socialista e partigiano, negli anni dei processi infiniti di piazza Fontana, che ero ‘un fascista sbagliato’e mi veniva detto quasi fosse un complimento. E, no, caro avvocato Armentano, a cui volgo la memoria con rispetto stima e affetto, mi stavi offendendo così come mi offendono tutti costoro che mi hanno in questi giorni riempito di sms con perentori inviti a votarli in nome di un preteso comune (?) ideale(!)…perché, senza se e senza ma, gli sbagliati sono loro, io forse sono solo ‘inadeguato’(cosa di cui mi faccio vanto!)…
Franco, il maresciallo della caserma d’artiglieria Giulio Cesare a Rimini, aveva incollato sul manubrio della bicicletta una striscia con su scritto: ‘i fascisti non rubano’ e, se la morte non avesse sottratto un camerata fedele sincero umile, egli intendeva dedicarsi, una volta in pensione, a mantenere in ordine la tomba del Duce a Predappio. E l’attore Walter Chiari, che era stato nel campo di prigionia a Coltano, ricordava come, a piazzale Loreto, dalle tasche di Mussolini non era caduta una monetina…Devo continuare? La vis polemica mi stanca la tazza di tè sta raffreddandosi la sveglia indica che sono le cinque e mezza del mattino. Forse riesco a riprendere sonno per un paio d’ore. E, poi, dai, pensare che la Curia di Roma la Sinagoga e i palazzinari hanno raccattato solo un miserabile trenta per cento sarà magra soddisfazione ma, contraddicendomi, sono di gusti semplici…