Nel momento in cui riprendo la stesura di queste note, luglio 2022, sembra che all’orizzonte non ci siano novità di rilievo per quanto riguarda la nostra eredità ancestrale. Allora è forse il momento di fare un riepilogo e un ripasso dei fondamentali che avevo in animo da diverso tempo.
Voi vi domanderete se un lavoro di questo genere non rischia di essere in ogni senso un doppione, tanto più che annualmente, alla conclusione di ogni anno, vi ho presentato una sintesi di quanto l’annualità spirata ci ha presentato in questo campo.
Vero, ma ora vorrei provare a fare un lavoro di tipo diverso. In effetti, nell’arco di questi anni, che oramai non sono tanto pochi, la tematica delle origini è quella che ho maggiormente sviluppato sulle pagine di “Ereticamente”, e non tutto quanto ho scritto a tale proposito rientra nella serie di articoli che ho denominato prima Una Ahnenerbe casalinga, poi L’eredità degli antenati, vorrei perciò provare ora a fare una sintesi degli articoli che, per un verso o per l’altro, sono rimasti fuori.
Comincio subito con il precisare che quando ho scritto il primo articolo della serie Una Ahnenerbe casalinga, poi pubblicato su “Ereticamente” il 5 marzo 2014, non avevo minimamente in progetto di dare inizio a una lunga serie di testi che, come vedete, si è protratta fino a ora, lo scopo di questo pezzo che pensavo sarebbe rimasto isolato, era quello di portarvi dietro le quinte, a vedere come funziona il backstage della mia Ahnenerbe personale, one man’s band, e scusandomi se il paragone con la Ahnenerbe del Terzo Reich sembrava (ed era) eccessivo, tuttavia era precisamente in questo filone, radicalmente in contrasto con la cultura democratica oggi dominante, che intendevo inserirmi.
Poi, un ovvio ripensamento: non era molto pratico, avrebbe reso la vita troppo difficile a me e a voi, continuare con una mezza dozzina di titoli disparati su tutto ciò che riguardasse il nostro passato remoto e la nostra eredità ancestrale che ho deciso di raccogliere sotto un’unica denominazione, e quel primo articolo è diventato una serie, diciamo pure una rubrica che è apparsa nel corso degli anni su “Ereticamente” a scadenza più o meno fissa.
A questo riguardo, avrei una piccola confessione da farvi: come avete avuto ampiamente modo di vedere, le questioni principali di cui mi sono occupato, sono essenzialmente due: l’origine della civiltà, da situare a mio parere in Europa piuttosto che in Medio Oriente, e l’origine della nostra specie, che un gran numero di indizi che l’archeologia e la paleoantropologia ufficiali trascurano, inducono a situare a nord piuttosto che nelle savane africane.
Al riguardo, vi devo confessare che a motivare il mio interesse è stata in primo luogo la prima di queste due tematiche. Vi ho raccontato l’episodio tutto nacque da una discussione che ebbi in sala insegnanti della scuola dove allora lavoravo, nell’ormai lontano 1992 (da allora sono passati trent’anni, quasi non me ne capacito) con una collega patita di orientalismo che sosteneva che gli Europei non avessero mai creato nulla, ma copiato tutto dall’Oriente, discorso che riuscì a pungermi nel vivo del mio patriottismo europeo (patriottismo, sia chiaro, riguardo ai popoli europei come etnie, perché di istituzioni come la UE che a mio avviso non li rappresentano minimamente, ma sono la sponda da questa parte dell’Atlantico, del NWO, non posso nutrire altro che disprezzo, e meno che mai la NATO, espressione del dominio yankee su di noi, malamente travestita da alleanza).
La seconda tematica, ossia l’origine dell’umanità come specie, è venuta fuori, per così dire, in corso d’opera. Se andate a rileggere i miei scritti più vecchi a tale proposito, vedrete che avevo messo come conclusione provvisoria il concetto che, dovunque andasse cercata la nostra origine più remota, è l’Europa e non certo l’Africa la nostra vera madre, basta pensare a quanto le variazioni climatiche stagionali hanno influito sulla vita dei nostri predecessori. L’alternarsi di periodi di abbondanza e di penuria di risorse li ha senz’altro spinti a sviluppare le doti di preveggenza, una vita sociale organizzata motivata dalla necessità di garantire la sicurezza delle scorte. Ugualmente, i pericoli di un ambiente ostile li hanno senz’altro spinti nella direzione della cura e della protezione della prole. In ultima analisi, è l’Europa che ha plasmato noi stessi così come siamo.
E, ad esempio, gli africani che non hanno mai ricevuto un simile input ambientale? Beh, qui c’è da fare i conti con un fatto “spiacevole” che la democrazia, anche ricorrendo alle mistificazioni più ridicole, tende a tutti i costi a negare: l’umanità è divisa in razze.
Devo dire che molto utile a chiarire la questione dell’Out of Africa è stato per me un articolo di Robert Sepher pubblicato il 3 maggio 2014 su “Atlantean Gardens”, in cui questo ricercatore, tra le altre cose, riporta un commento dello storico australiano Greg Jefferys che spiega che l’Out of Africa non è una teoria scientifica, ma una costruzione ideologica inventata allo scopo di “battere il razzismo”, anche se poi è stata supportata con i fossili che si potevano utilizzare allo scopo, ammantando gli altri in una cortina di silenzio e di omertà.
Bisogna notare anche lo slittamento concettuale che in questa democratica farneticazione ha subito la parola “razzismo”. “Razzista” oggi non è più chi sostiene la superiorità di una razza sulle altre, ma chi si accorge, o non fa finta di non accorgersi che le razze umane esistono.
L’articolo, va detto, contiene molto altro, in particolare si fa riferimento alle ricerche dei genetisti russi Anatole A. Klyosov e Igor L. Rozhanski che li hanno portati a escludere che i genomi europei derivino da DNA africani.
Oggi si assiste a una nuova guerra fredda a parti invertite. Là dove i ricercatori della Russia non più sovietica sono liberi di attenersi ai fatti, gli americani e i loro reggicoda da questa parte dell’Atlantico sono ingabbiati nel dogmatismo democratico del “politicamente corretto” che li obbliga all’ “antirazzismo” e quant’altro.
Questo, io penso, non è privo di connessioni con la politica attuale. La Russia, rimessasi in piedi “troppo presto” dal crollo dell’Unione Sovietica e difficilmente controllabile da parte del NWO, rischia di svelare a ogni momento quanto sia falsa e ipocrita la democrazia “made in USA”, e per questo si è fatto in modo di attirarla nella trappola ucraina.
Naturalmente, la decisione di concentrare in un’unica serie di articoli tutte le tematiche storico-archeologiche ha comportato una ristrutturazione del lavoro fin allora fatto.
Ex Oriente lux, ma sarà poi vero?, è la serie di articoli, inizialmente concepita come di argomento prevalentemente archeologico, che avevo ideato precisamente per contestare la leggenda dell’origine orientale della nostra civiltà. I fatti che contraddicono questa leggenda sono numerosi quanto ignorati dal grosso pubblico cui si continuano ad ammannire, sia attraverso il sistema “educativo” sia quello mediatico, le favole dell’est e dell’Egitto (e riguardo a quest’ultimo abbiamo visto spiccare in tempi recenti quel guitto dell’archeologia mediatica che è Zachi Hawass).
Essi vanno dai circoli megalitici presenti in ogni angolo del nostro continente, considerevolmente più antichi delle piramidi egizie e delle ziggurat mesopotamiche, alla priorità nell’utilizzo di arnesi di metallo (ascia dell’uomo del Similaun), alla priorità nell’invenzione della scrittura (tavolette di Tartaria, scrittura del Danubio), alla misurazione del tempo (“calendario” formato dagli allineamenti di Warren Fields in Scozia), all’allevamento bovino, del che abbiamo testimonianza dal fatto che la tolleranza al lattosio in età adulta, adattamento darwiniano alla risorsa alimentare che esso ha reso disponibile, è presente in Europa e nelle popolazioni di origine europea, mentre è praticamente assente in Asia e in Africa.
A questo punto, Ex Oriente lux, ma sarà poi vero?, avrebbe dovuto “passare il testimone” a Una Ahnenerbe casalinga/L’eredità degli antenati, ma non è andata così, “consegnate” a quest’ultima serie le tematiche propriamente storico-archeologiche, rimaneva quanto meno il confronto con i guru moderni che hanno invaso l’Europa e il mondo occidentale a partire dagli anni ’70 del XX secolo, talvolta vendendoci (e accumulando sostanziose fortune) “teorie” di un’estrema banalità che non sarebbero potute attecchire se l’Europa di oggi non fosse dimentica della sua immensa tradizione filosofica.
C’è stata poi una garbata polemica con Silvano Lorenzoni. Lorenzoni, sia chiaro, è una persona con cui non sono soltanto in rapporti personali di amicizia, ma lo considero una delle teste pensanti migliori del nostro ambiente umano, tuttavia su questo punto l’ho dovuto correggere.
Lorenzoni identifica l’ex Oriente lux semplicemente con il cristianesimo. Da un lato, non gli si può dare torto. Una delle ragioni, forse la ragione principale per cui la nostra visione del passato è così strabica verso oriente, è proprio il fatto che questa religione orientale che ha invaso l’Europa e verso la quale condivido la sua stessa mancanza di simpatia, ha fornito la base della visione storica che ci è stata imposta. Enormemente raffinata, complicata e articolata dalla ricerca storica e archeologica moderna, tuttavia la storia ufficiale rimane di base biblica.
Per un altro verso, però, questa identificazione è restrittiva, infatti il fascino (perverso) dell’oriente, storicamente precede il cristianesimo e gli ha spianato la strada. Basta ricordare che nel tardo impero romano già prima di esso si erano diffusi culti orientali come quelli di Iside e di Mitra, e che già prima di allora i Romani avevano creduto di nobilitarsi inventandosi un antenato orientale nel troiano, mai esistito, Enea.
Io vorrei qui sottolineare il fatto che il polo opposto all’oriente non è “l’Occidente”, ma l’Europa. “Occidentalismo” significa l’egemonia yankee sul nostro continente, che non è soltanto un dominio politico, ma da cui, attraverso il sistema mediatico hollywoodiano, stilla un veleno corrosivo che distrugge gradualmente la cultura europea.
Sono considerazioni estremamente importanti, soprattutto oggi che la NATO, finta alleanza e in realtà strumento del dominio americano sull’Europa, ha attirato la Russia nella trappola del conflitto ucraino. Ricordiamo che la Russia è geograficamente, etnicamente e culturalmente Europa, mentre gli Stati Uniti non lo sono, sono una realtà del tutto estranea, non solo, ma che diventa più estranea ogni giorno che passa, man mano che la popolazione di origine europea diventa sempre più minoranza, e bene lo evidenzia il “cancel culture”, parallelo ideologico del “Black lives matter”. Certo, noi potremmo anche disinteressarci del fatto che gli USA impongano alla loro popolazione meticcia una “cultura” deformata, una narrazione distorta per solleticare il suo ego subsahariano, ma il guaio è che queste favole africanizzanti vogliono imporle anche a noi.
Non ce ne dobbiamo tuttavia stupire. Come ha ampiamente spiegato Gozzoli, la “cultura” USA è basata sugli scarti di quella europea, dove primeggia l’ossessione biblica. Anni fa, l’intellettuale cattolico Maurizio Blondet aveva confessato di essere disturbato dal contenuto violento di certe parti dell’Antico Testamento, dove si narra che gli antichi Ebrei avrebbero distrutto allegramente e senza nessuna pietà, altre popolazioni dell’area mediorientale, le aveva definite “un residuo dell’Età del Ferro”.
Ora, a mio parere, è proprio questo residuo dell’Età del Ferro ad attirare gli yankee, la glorificazione e santificazione della violenza.
Prima di Una Ahnenerbe casalinga, avevo dedicato alcuni articoli a L’origine degli Indoeuropei. Quello che mi premeva in questi articoli, era di esaminare e contestare la cosiddetta teoria del nostratico, secondo la quale le lingue indoeuropee sarebbero state diffuse nel nostro continente da agricoltori di origine mediorientale, strettamente imparentati con semiti e camiti. Questa “teoria” è stata puntualmente smentita dalla genetica, perché se fosse vera, la percentuale di geni di origine mediorientale nel genoma europeo sarebbe molto più alta di quella che effettivamente si riscontra, è poi troppo sospettamente simile alla favola biblica dei tre figli di Noè, Sem, Cam e Jafet, e soprattutto, mi sembra che si sia voluto togliere di mano ai nostri remoti antenati l’ascia da combattimento sostituendola con la zappa del contadino, per disarmare psicologicamente noi.
Non è ancora tutto. In questi anni nel corso del festival celtico triestino Triskell ho tenuto varie conferenze di argomento storico-archeologico i cui testi vi ho riportato sistematicamente su “Ereticamente”, in particolare, un ampio ciclo di conferenze sui megaliti, che si è sviluppato tra il 2016 e il 2021, toccando tutti gli aspetti di questo vasto fenomeno preistorico che interessa tutto il continente europeo, Italia compresa, anche se il megalitismo italiano è assai poco conosciuto dai nostri connazionali.
Non è ancora tutto, perché dal 2016 al 2021 di acqua sotto i ponti nell’arco di sei anni, di acqua ne è passata parecchia, e c’erano diversi aggiornamenti da fare, che ho collocato su “Ereticamente”, utilizzando nuovamente il titolo di Ex Oriente lux, ma sarà poi vero?, poiché, appunto, gli antichissimi circoli megalitici che costellano da un capo all’altro il nostro continente, sono la prova più evidente dell’antichità della civiltà europea, e della sua priorità rispetto a tutto quanto è stato fatto in Mesopotamia o in Egitto.
Parte di queste tematiche le ho anche raccolte nel libro Alla ricerca delle origini (Edizioni Ritter), e parte nel mio nuovo testo, Ma davvero veniamo dall’Africa? (Edizioni Aurora Boreale).
NOTA: Nell’illustrazione, a sinistra e al centro, due immagini tratte dall’articolo su “Atlantean Gardens”, una ragazza dai lineamenti indiscutibilmente europidi, e una ricostruzione dell’uomo di Cro Magnon che, come è visibile, non porta certo a ipotizzare origini africane. A destra la copertina del mio libro Alla ricerca delle origini.
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