Riprendiamo il nostro cammino da agosto, sempre tenendo presente la sfasatura temporale fra gli eventi di cui mi occupo, il momento in cui scrivo questi articoli e quello in cui compaiono sulle pagine di “Ereticamente”.
Poiché questa serie, prima come Una Ahnenerbe casalinga, poi come L’eredità degli antenati è la più longeva, quasi un appuntamento fisso, delle serie di articoli che tengo su “Ereticamente”, una volta di più non vi dispiacerà se la uso per farvi dare un’occhiata dietro le quinte del mio lavoro (o, come è diventato di moda dire oggi, il backstage, ma per carità, le espressioni inglesi usiamole il meno possibile).
Per una serie di motivi che adesso non sto a spiegarvi per l’ennesima volta, “la forbice” tra il momento della stesura di questi articoli e quello in cui compaiono su “Ereticamente” si è allargata alla bellezza di quattro mesi, tuttavia prevedevo, a partire da questa estate, che questa tendenza si sarebbe ridotta e gradualmente invertita per una ragione molto semplice, che il diluvio di nuove informazioni e discussioni sulla nostra eredità ancestrale che abbiamo visto negli scorsi anni, sembra ora essersi ridotto a un rigagnolo (un po’ come i nostri fiumi che quest’estate stanno attraversando uno dei periodi più disastrosi di siccità della nostra storia recente), e che di conseguenza anche gli articoli di questa serie si dovrebbero rarefare.
Nell’ottantasettesima parte redatta a maggio, parlavo di una riduzione della “forbice” da quattro a tre mesi, prevedendo che l’articolo sarebbe uscito a luglio, invece è stato pubblicato l’8 agosto. Cosa è successo nel frattempo? E’ accaduto che nel mese di luglio ho avuto un bel guasto al computer che, in attesa di ricambi, mi ha bloccato per circa un mese.
Poiché io sono un tipo testardo, e soprattutto ci tenevo alla continuità del mio lavoro su “Ereticamente”, sfruttando quello di una delle mie figlie, sono riuscito a stendere a tamburo battente un po’ di nuovi articoli: I testi perduti, I testi ritrovati, le due parti di Alcune osservazioni su mitologia e spiritualità, la trentaquattresima parte di Ex Oriente lux, ma sarà poi vero?, ma i testi che avevo già pronti sono rimasti bloccati nell’hard disk, e non avevo nemmeno la sicurezza di recuperarli. Poi per fortuna le cose si sono aggiustate.
Ma adesso torniamo a vedere cosa ci offre il campo delle ricerche sulla nostra eredità ancestrale. Come vi ho detto, stiamo attraversando un periodo che da un’impressione di vuoto rispetto ai tempi che l’hanno preceduto. Andando a vedere un sito come “Ancient Origins”, ad esempio, troviamo notizie di varie scoperte in Egitto (e te pareva!), in Cina e in Asia orientale, e sulle Ande peruviane, ma l’archeologia europea sembra scomparsa dalla scena, e altrove, su altri siti, pare più o meno la stessa cosa.
Vuoto? A una seconda occhiata, questo vuoto pare voluto e costruito, come dice il proverbio inglese, the power of the press is to suppress, il potere della stampa – e dei media in genere – è quello di sopprimere le informazioni.
Se infatti andiamo a esaminare le fonti minori, quelle a cui di solito si presta poca attenzione, ci appare un panorama del tutto diverso, ad esempio, a maggio la Soprintendenza Archeologica del Friuli Venezia Giulia ha annunciato la scoperta che il colle su cui sorge il castello di Udine, è in realtà una collina artificiale, un mound risalente all’Età del Bronzo, il più vasto di questo genere in Europa. Ebbene, una notizia di questo genere pare aver avuto una scarsissima eco.
A essa, l’articolo del 17 maggio aggiunge la scoperta nel sito di Lepenski Vir nella ex Jugoslavia, dei resti di quella che dovrebbe essere la più antica città europea, di almeno un millennio precedente la mediorientale Gerico.
Ma torniamo al pezzo del 12 maggio:
“Gli archeologi hanno scoperto la civiltà più antica d’Europa, una rete di dozzine di templi, 2000 anni più antica di Stonehenge e delle Piramidi
Più di 150 giganteschi monumenti sono stati individuati grazie alle fotografie aeree effettuate in tutta l’Europa centrale, nelle città dell’odierna Germania, Austria e Slovacchia. Furono costruiti 7.000 anni fa, tra il 4800 a.C. e il 4600 a.C.
In tutto sono stati identificati più di 150 centri religiosi monumentali, ciascuno fino a 150 metri di diametro, costruiti su un’area di 400 miglia in quella che oggi è l’Austria, la Repubblica Ceca, la Slovacchia e la Germania orientale”.
Ma vogliamo scherzare? Se avessimo a che fare, anche in questo campo, con un’informazione onesta e obiettiva, notizie di questo genere dovrebbero suscitare un clamore enorme, e imporci di riscrivere completamente quel che i testi storici narrano del nostro passato più remoto, invece vox clamantis in deserto, per dirla con il vangelo, è come se ci fosse un passaparola con l’ordine di ignorare o minimizzare tutto quanto è europeo.
Ma veniamo ora alle non molte cose, o, a essere sinceri davvero sporadiche che si possono segnalare in questo periodo.
C’è una cosa da dire in premessa: mi è capitato più volte di questi tempi, di andare a esaminare cosa avessero da dirci in termini di nuove informazioni i siti che si occupano di archeologia, e trovarvi appena qualche notizia del tutto insufficiente per la stesura di un articolo, ma dai e dai, le cose si accumulano, e alla fine il materiale c’è, però non vi dovete stupire se in questo modo si finisce per coprire un arco temporale insolitamente vasto, da giugno ad agosto.
Io penso che a tutti voi sarà noto il nome di Antikythera, isola greca nei pressi della quale è stato ritrovato il relitto di un’antica nave naufragata, a bordo della quale sono stati rinvenuti i rottami di un sofisticato congegno di ruote dentate che pare essere stato un sofisticato astrolabio per rilevare la posizione degli astri, utile per orientarsi nella navigazione, se non, secondo alcuni, addirittura un primitivo tipo di computer.
Bene, un articolo di “The Archaeology News Network” del 22 giugno (fonte: Ministero della Cultura greco) ci informa che le ricerche nell’area del naufragio e sul relitto della nave, continuano.
Per ora sono stati rinvenuti: il basamento di una statua con le gambe, una grande testa di marmo raffigurante un personaggio maschile barbuto, presumibilmente un Ercole della tipologia nota come Ercole Farnese, vari agglomerati metallici, troppo ricoperti da concrezioni marine per capire di cosa si tratti senza ulteriori analisi. Cosa piuttosto singolare, cementati in uno di essi contenente minerale di rame, si vedono due denti umani. L’analisi del DNA permetterà forse di individuare l’etnia e il sesso della persona cui sono appartenuti.
Complessivamente, si resta delusi: non è stato finora trovato nient’altro di simile al famoso “meccanismo”. Tuttavia penso ricorderete che “L’arazzo del tempo” ci ha a suo tempo informati del ritrovamento in Sardegna di un “ingranaggio” incompleto, una corona circolare che dovrebbe aver fatto parte di un “meccanismo” più antico e allo stesso tempo tecnicamente più avanzato, di quello di Antikythera. Certamente, l’antichità non ha finito di riservarci sorprese anche dal punto di vista tecnico.
In un articolo del 30 giugno (fonte: Università di Stavangen), “The Archaeology News Network” ci parla di una spada vichinga rinvenuta in Norvegia nel tumulo di Jatta/Gausel vicino a Stavangen, la tomba della cosiddetta regina Gausel, una delle più sontuose sepolture femminili vichinghe che si conoscano. La spada manca della lama, quindi in realtà si tratta solo di un’elsa, ma cos’ha di speciale? La lavorazione a niello (tecnica consistente nell’inserzione di diversi metalli; inserti di decorazioni in oro e argento su ferro) è molto raffinata, la spada dovrebbe essere stata realizzata in Francia o in Inghilterra nei primi anni dell’ottocento, ed essere giunta in mani vichinghe non si sta se attraverso il commercio o come bottino di qualche scorreria, ma in ogni caso, suggerisce di retrodatare appunto a quell’epoca l’inizio dell’epopea vichinga.
Continuiamo a parlare di vichinghi, ma passiamo a “The Archaeology Magazine” e arriviamo al 9 agosto. La pubblicazione linka un articolo di Erik Pommrenke apparso su “Iceland Review”. Nella località islandese di Seyðisfjörður (nome quasi impronunciabile per noi latini), gli archeologi hanno rinvenuto i resti, sepolti da un’eruzione lavica (è noto il carattere vulcanico dell’isola) di una fattoria risalente ai primi tempi della colonizzazione vichinga (940-1100), e proprio le colate laviche hanno permesso di datarli con relativa esattezza. Sono stati ritrovati i resti di un uomo, di un cavallo, una barca, una lancia e alcuni gioielli.
Ma quello che ha sconcertato di più i ricercatori, è stato il, ritrovamento fra i gioielli di una perla blu attraversata da una striscia bianca a sua volta attraversata da una striscia rossa: sono proprio i colori della bandiera nazionale islandese (ma, se vogliamo, sono anche quelli della Sampdoria).
E la nostra Italia, in questo periodo ci offre niente di nuovo? Qualcosa indubbiamente c’è, e partiamo da Pompei dove le ricerche archeologiche non si sono mai interrotte.
“The Archaeology Magazine riferisce che: “Continuano gli scavi nella Casa del Lararium di Pompei. L’Associated Press riferisce che lo scavo della Casa del Lararium, una struttura di cinque stanze scoperta a Pompei nel 2018, ha portato alla luce una collezione di oggetti domestici, tra cui una piastra traslucida bordata blu e verde e un bruciatore di incenso a forma di culla. (…) secondo Gabriel Zuchtriegel, direttore generale del Parco Archeologico di Pompei. La cisterna nel cortile era decorata, ha aggiunto. I resti di una struttura del letto e tracce di un cuscino in tessuto; un tavolo rotondo a tre gambe; e un tronco di legno con un coperchio aperto sono stati trovati in una delle stanze. Il tronco conteneva una lampada ad olio decorata con un’immagine del dio greco Zeus che si trasformava in un’aquila. Un armadio in legno con almeno quattro porte a pannelli è stato trovato in un’altra stanza vicino alla cucina. Pentole e piatti sarebbero stati conservati sui suoi scaffali, ha detto Zuchtriegel”.
L’articolo è di lunedì 8 agosto.
Non è tutto, perché un altro articolo ci parla di “Monete romane e offerte votive recuperate dalle sorgenti termali”.
“La CNN riferisce che gli scavatori che lavorano nell’Italia centrale vicino al villaggio di San Casciano dei Bagni hanno scoperto statuette e monete che si pensa siano state lasciate dai visitatori romani in un’antica piscina etrusca alimentata da sorgenti termali. Gli oggetti potrebbero essere stati offerti agli dei che si ritiene abbiano fornito l’acqua calda in ringraziamento per il sollievo da problemi respiratori e dolori e dolori, secondo Jacopo Tabolli dell’Università per stranieri di Siena. Circa 700 delle 3.000 monete sono ancora lucide, ha aggiunto, e potrebbero essere state gettate nelle terme nel III secolo d.C. dall’imperatore romano Marco Aurelio Caro per onorare gli dei che vegliavano sulla sua salute. Le statuette includono oggetti a forma di fallo, un raro grembo in bronzo, un paio di seni, gambe e braccia. Si pensa che tali oggetti siano stati offerti in ringraziamento per la guarigione di quelle parti del corpo, mentre si pensa che le orecchie di bronzo siano state gettate nella piscina per richiamare l’attenzione degli dei sulle preghiere. Resti di fontane, statue e altari dedicati ad Apollo, il dio della profezia e della medicina; Iside, la dea della fertilità; e Fortuna Primigenia, la dea del primogenito, sono state scoperte nel sito”.
Evidentemente, l’uso che abbiamo conservato pure noi di gettare monetine nelle fontane, è antico, molto antico.
Sembra che nell’articolo si siano dimenticati di dirlo, ma, tanto per chiarezza, San Casciano dei Bagni è in provincia di Siena.
A questo punto, si impone una constatazione ovvia: se prosegue l’attuale tendenza alla rarefazione, se tre mesi si rivelano un arco temporale appena sufficiente a raccogliere il materiale occorrente per la stesura di un articolo, proseguire il ritmo che ho finora mantenuto, di una nuova Eredità degli antenati mediamente ogni due settimane, più che difficile, sarà impossibile. Certo, è sempre possibile ricorrere a qualche escamotage come ho fatto la volta scorsa, quando ho dedicato la novantunesima parte a un ripasso dei fondamentali attraverso quegli articoli apparsi su “Ereticamente” che in un modo o nell’altro hanno riguardato la nostra eredità ancestrale, ma che, per un motivo o l’altro, non ho compreso sotto il titolo de L’eredità degli antenati, ma voi capite che si tratta di una soluzione di cui non è possibile abusare, né ricorrervi troppo spesso.
Nel momento in cui scrivo questo articolo, il problema non è urgente, perché ho ancora un discreto arretrato da smaltire, ma, se prosegue la tendenza attuale, potrebbe esserlo quando voi questo articolo lo leggerete.
Il futuro è in grembo agli dei, e a nessuno di noi è dato conoscerlo (e vi raccomando sempre la massima diffidenza verso astrologi, chiromanti, indovini e ciarlatani assortiti). Quello che vi posso comunque garantire nei limiti del possibile, è il mio impegno a elucidarvi la grandezza e l’antichità della nostra eredità ancestrale europea, come parte di un impegno politico che nasce dalla consapevolezza di ciò che veramente siamo.
NOTA: Nell’illustrazione, la collina artificiale di epoca preistorica (mound) di Silbury Hill nel Wiltshire (Inghilterra). E’ probabile che il colle su cui oggi sorge il castello di Udine, esso pure di origine artificiale preistorica, avesse durante l’Età del Bronzo un aspetto molto simile a questo.
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