In questo mese di agosto (anche se voi mi leggerete molto più tardi) continua il vuoto di novità riguardo alla nostra eredità ancestrale, così mi sono deciso a fare un tipo di operazione che gli amici di “Ereticamente” di solito sconsigliano caldamente, andare a esaminare quel che hanno da dire i gruppi facebook, operazione sconsigliabile per vari motivi, a cominciare dal fatto che questi gruppi, che raccolgono perlopiù una platea scheletrica, sono spesso gestiti da persone che non si dimostrano per nulla riconoscenti della cassa di risonanza loro offerta, e, al contrario si dimostrano spesso insopportabilmente litigiose. In passato abbiamo già avuto al riguardo qualche esperienza poco simpatica.
Ma state tranquilli, ora non correremo alcun rischio del genere. Infatti, limiterò la mia analisi ai documenti postati su un solo gruppo, il più interessante, probabilmente fra quanti si occupano di eredità ancestrale, “MANvantara”, gestito dal nostro amico Michele Ruzzai, e precisamente a quelli postati da Michele, che rivelano una competenza di grande spessore riguardo agli argomenti che ci interessano.
In questo modo vorrei anche ricompensarlo della fatica che si è sobbarcato dedicando al mio libro Ma davvero veniamo dall’Africa?, non una recensione, ma un ampio saggio che è stato pubblicato suddiviso in due parti sulle pagine di “Ereticamente”.
Per non creare doppioni, qui eviterei di fare riferimento ai testi di Michele che sono già apparsi sulla nostra pubblicazione, ma il materiale rimanente non è poco.
“Manvantara”, secondo la terminologia vedica, è il ciclo cosmico. Questo significa mettere subito le carte in tavola: ci si rifà alla concezione tradizionale e alla visione del tempo ciclica, in aperto contrasto con le concezioni abramitiche e progressiste.
Michele, inoltre precisa:
“Il gruppo intende occuparsi delle Origini e delle Radici dell’Uomo e delle sue Razze; per sottolineare il focus tematico, “MAN” è volutamente in maiuscolo, quale radice indoeuropea che rimanda al concetto di Uomo”.
Comincerei con un piccolo acrostico che sintetizza la “filosofia” di MANvantara: NARSEN, esso significa: No Africa, Razze Si, Evoluzione no. In altre parole, per prima cosa si respinge l’ipotesi “scientificamente ortodossa” secondo i canoni dell’ideologia democratica, dell’origine africana della nostra specie, poi si ammette l’esistenza delle razze umane, e su questo punto bisogna notare il singolare stravolgimento subito in questi anni dal concetto di “razzismo”, esso non significa più affermare la superiorità di una razza sulle altre o addirittura volerne sterminare qualcuna, ma la semplice constatazione (e di nulla più che di una constatazione si tratta) che le razze umane esistono, questo, ovviamente nell’ottica dell’ideologia democratica che vuole creare un mondo totalmente imbastardito e meticcio.
Evoluzione no. Senza giri di parole, il punto di vista del nostro amico rientra in quello che possiamo chiamare il pensiero tradizionale, e per conseguenza respinge la “filosofia” evoluzionista e la presunzione che le trasformazioni degli esseri viventi rientrino comunque nelle “magnifiche sorti e progressive”.
Tanto per mettere in chiaro le cose, Michele ha linkato tra i file di “MANvantara” un articolo di Giuseppe Sermonti, Dopo l’uomo, la scimmia e l’intero testo del libro Dopo Darwin di Sermonti (che ricordiamo, è stato uno dei più insigni genetisti italiani) e Roberto Fondi. Non si tratta di opporre all’evoluzionismo un creazionismo da testimoni di Geova, ma di essere consapevoli che la complessità delle forme viventi, la loro origine, il loro divenire, sono appunto problemi complessi che non ammettono soluzioni semplici, e per i quali la scienza non ha risposte definitive.
Sermonti in particolare evidenzia che l’uomo, lungi dal rappresentare anatomicamente il più “evoluto” dei primati, è da questo punto di vista il più “primitivo”, infantile, basale.
Io non vorrei qui ripetere il contenuto degli articoli di Michele Ruzzai che trovate non solo su “MANvantara” ma anche su “Ereticamente”, anche perché una sintesi non renderebbe loro giustizia, ma per proseguire il nostro discorso, almeno un accenno è necessario.
Sostanzialmente, Michele non solo accoglie, ma esplora in tutte le sue implicazioni, la dottrina tradizionale che vede l’origine dell’umanità nel nord iperboreo, e conosce poi una lunga storia di cicli, civiltà, decadenza, involuzioni. Lungi dall’essere l’origine di tutti noi, le popolazioni delle aree più meridionali del globo terracqueo, rappresentano la frazione più degenere dell’umanità, ibridata con i residui di cicli precedenti l’attuale manvantara.
(E qui non si può non ricordare la “specie fantasma” le cui tracce i ricercatori dell’università di Buffalo avrebbero individuato nel genoma delle popolazioni africane, nonché l’altra “specie fantasma” la cui impronta è stata trovata dai genetisti dell’IBE di Barcellona in quello dei nativi delle isole Andamane).
Perlomeno uno degli articoli postati tra i documenti di “MANvantara” dopo essere stati pubblicati su “Ereticamente”, ha un retroscena abbastanza singolare. Si tratta di: Origini indoeuropee, breve nota sulle fonti antiche. Eravamo nel 2016 e le cose andarono in questo modo: su “MANvantara” alla domanda di una lettrice che gli chiedeva lumi circa le fonti da seguire circa le origini indoeuropee, Michele rispose con una “breve nota”, ed è interessante vedere cosa intende per “breve”, perché in effetti si trattava di uno scritto della lunghezza di un articolo, per di più munito di una dettagliata bibliografia.
In quel periodo, articoli di Michele Ruzzai sulle pagine di “Ereticamente” latitavano da diverso tempo. È proprio la sua grande meticolosità che non rende possibile che i suoi scritti siano molto frequenti. Così ebbi l’idea: copiai la “breve nota” e la inviai a “Ereticamente” come articolo di Michele, precisando ovviamente che lui nulla sapeva della mia iniziativa, e l’idea era quella di pubblicargli l’articolo a sorpresa.
Vi confesso che attesi la pubblicazione dell’articolo con una certa ansia, come avrebbe reagito Michele per la pubblicazione a sorpresa? Conosco persone capaci di risentirsi per molto meno, ma i miei timori furono presto dissipati: Michele ne fu contentissimo, è, in tutta franchezza, una delle persone dal carattere più amabile che io conosca.
Naturalmente, c’è fra Michele Ruzzai e me qualche differenza di approccio (diamine, siamo uomini e non caporali, soprattutto non “intellettuali” fatti con lo stampino come spesso si trovano a sinistra), e questo, se mi permettete una digressione, si rileva proprio dall’ampio saggio-recensione che Ruzzai ha fatto del mio testo Ma davvero veniamo dall’Africa?
Michele ha scritto:
“Con grande piacere, quindi, raccolgo nuovamente il suo gentile invito per un commento del libro, che non riuscirò di certo a riassumere in tutti gli argomenti trattati – visto che vengono toccati i più disparati temi attinenti alla weltanschauung dell’Autore, dalla politica, alla storia, alla fisica – ma del quale cercherò almeno di sottolineare i passaggi più direttamente collegati al focus principale, permettendomi anche di aggiungere qualche integrazione a margine”.
Ciò che si coglie bene da questo passaggio, è che mentre il sottoscritto ha trattato nel suo testo una serie piuttosto vasta di argomenti (forse meritevoli di maggiore approfondimento), Michele si è concentrato sul tema “africano”, e se andate a leggere la sua “recensione” (anche se mi sembra restrittivo chiamarla così), vi accorgete che le “qualche integrazione a margine” che ha aggiunto al mio lavoro, si rivelano ampie, ricche di dettagli, riprova di una competenza e di una meticolosità da lasciare sbalorditi.
Per esempio, il Materiale sulle origini nordiche, sono quattro pagine fitte di bibliografia e link. Solo a scorrerlo, c’è da restare stupiti. Davvero non sono pochi i ricercatori e gli autori che hanno dato delle nostre origini un’interpretazione del tutto opposta alla vulgata “africana” oggi prevalente, e che il predominio dell’Out of Africa che oggi ben pochi nell’ambiente “scientifico” sembrano avere il coraggio di mettere in discussione, fino a pochissimo tempo fa, era tutt’altro che netto. Peccato che Michele non abbia menzionato Ma davvero veniamo dall’Africa?, che però quando ha postato questo testo (agosto 2021), non era ancora stato pubblicato.
In compenso, però, ho visto, e devo dire con una certa sorpresa da parte mia, che Michele Ruzzai ha postato tra i file di “MANvantara” alcuni miei articoli già apparsi su “Ereticamente” o altrove. Fra questi, è forse il caso di citare L’origine degli indoeuropei, testo importante nella mia bibliografia, che è stato un po’ la base di quella ricerca delle origini a una molteplicità di livelli, che, come vedete, prosegue tuttora, e La storia perduta delle Americhe. Quest’ultimo articolo, che parla delle diverse fasi del popolamento preistorico del doppio continente americano, e delle testimonianze che indicano in esso la presenza di una popolazione bianca molto più antica di Colombo e dei Vichinghi, l’avevo pubblicato nel n. 7 – gennaio/febbraio 2012 della rivista “La runa bianca” e più tardi è diventato un capitolo del mio libro Alla ricerca delle origini.
Presentando questo articolo ai lettori di “MANvantara”, Michele Ruzzai ha scritto:
“Un altro interessantissimo contributo dell’amico Fabio Calabrese, che ringrazio vivamente, dedicato al popolamento del cosiddetto “Nuovo Mondo”; “cosiddetto” perché in quest’articolo vengono molto ben riassunti diversi elementi paleoantropologici, linguistici, archeologici, culturali, dai quali appare chiaramente come la preistoria americana sia molto più antica di quanto comunemente si ritenga, ed anche legata molto più in profondità con quella della nostra Europa”.
Queste parole mi hanno ricordato molto quelle che gli amici di “Ereticamente” hanno scritto nella presentazione del mio libro Ma davvero veniamo dall’Africa?
“Questo nuovo saggio di Fabio Calabrese è un vero e proprio strumento di risveglio, poiché affronta, contrasta e attacca, smontandola pezzo dopo pezzo, la vulgata della teoria darwiniana dell’evoluzione, anche alla luce di nuove rivoluzionarie interpretazioni del dato archeologico, e al contempo anche il “dogma” dell’Out of Africa, secondo il quale l’Homo Sapiens si sarebbe evoluto nel continente africano da un ceppo di ominidi locali, diffondendosi nel resto del pianeta solo alcune decine di migliaia di anni fa”.
Ragazzi, vi sono grato, ma ora dateci un taglio, sennò finirò davvero per pensare di essere un personaggio importante.
Detto tutto questo, rimane da esaminare il lavoro più impegnativo e con ogni probabilità più importante in cui Michele Ruzzai si è cimentato attraverso “MANvantara”, le traduzioni di testi di importanza fondamentale riguardo alla tematica delle origini dal nostro punto di vista, e che non sono mai stati presentati, quanto meno in forma integrale, al pubblico italiano.
Innanzi tutto, il monumentale Der Aufgang der Menscheit (L’alba dell’umanità) di Hermann Wirth, un’opera capitale, ma della quale finora non è stato disponibile per i lettori italiani che qualche stralcio.
A seguire Paradise Found, the Cradle of the Human Race at the North Pole (Il paradiso ritrovato, la culla della razza umana al Polo Nord) di William Fairfield Warren.
Adesso il problema principale rimane quello di trovare un editore per questi testi, la cui pubblicazione costituisce di per sé una sfida al “politicamente corretto” e al pensiero dominante africano-centrico oggi imposto come dogma “scientificamente” ortodosso dall’ideologia democratica.
Dopo che Michele ebbe inviato a “Ereticamente” il suo primo articolo, ricevetti dalla nostra redazione un messaggio piuttosto preoccupato: collaboravo già da anni con la nostra pubblicazione e le ricerche sull’eredità degli antenati erano un po’ il mio campo, da qui il timore degli amici di “Ereticamente” che gli scritti di Michele potessero entrare in concorrenza/conflitto con i miei.
Mi venne da sorridere: ero stato io a indirizzare Michele verso “Ereticamente”, inoltre lo conoscevo abbastanza bene da sapere che un pericolo simile non sussisteva, semmai il nostro approccio e i nostri metodi erano abbastanza differenti da far sì che ci completassimo a vicenda, da creare una sinergia.
E questo, a mio parere, è molto importante. Fare squadra, essere una squadra, soprattutto quando si svolge un lavoro che è una vera e propria sfida all’ortodossia dominante, e a volte si può avere il timore di essere, per dirla con il vangelo, vox clamantis in deserto.
NOTA: Nell’illustrazione, questa immagine di un’aurora boreale costituisce l’immagine di copertina del gruppo FB “MANvantara”, essa mette da subito bene in chiaro la scelta del gruppo a favore delle origini nordiche dell’umanità, in contrasto con il dogma “scientifico” africano-centrico.
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