“L’Angelo della finestra d’occidente” ci rammenta la vita e le opere del “mago” e alchimista britannico John Dee, realmente vissuto nel Regno Unito nel XVI secolo. Il manifestarsi per mezzo di una sola entità, in differenti persone in varie epoche, sino alla chiusura del ciclo per mezzo della genesi magica, di chi è un “risorto in questo mondo e nell’altro”, questo è il filo conduttore metafisico dell’opera. “[…] Ma questo calcolo fu sbagliato. Non dedicherò molte parole a descrivere ciò che rimarrà impresso nella memoria della mia anima per tutta la vita, indelebile come un marchio a fuoco. Sarò breve e metterò solo in rilievo che il Vescovo Bonner gustò tutt’altro di quel che egli si era immaginato nella fregola della sua crudele curiosità. All’ora quinta Bartlett salì sul rogo lieto e disinvolto come se egli ad un letto nuziale; e poiché mi è venuta questa immagine sulla penna, mi ricordo, ora, delle sue parole, quando mi disse di sperare di poter possedere, in quello stesso giorno, la Grande Madre, con la quale espressione peccaminosa egli certamente alludeva ad un ritorno presso Isais, la sua Madre Nera. E dopo che egli si fu arrampicato sulla catasta, ridendo forte gridò al Vescovo: “Fate attenzione, messer Prete, alla vostra zucca pelata quando intonerò il canto del ritorno, poiché ho proprio l’intenzione di spruzzarvi il cervello con una goccia di pece e di solfo ardente, in un modo tale, che esso vi brucerà fino al momento in cui sarete maturo per il vostro viaggio all’inferno! […]” (p.107). Al fine di ottenere il completamento dell’Opera, tra successi e insuccessi, in una cassa di risonanza sociale ad alta tensione, i protagonisti prendono vita all’interno del volume ermetico teso a ricreare il Rebis (L’androgine spirituale) fino alle acque corrosive, “[…] Nel silenzio di tomba risuonò una chiara voce infantile: Mi chiamo Madini e sono una povera piccola bambina. Sono la penultima delle figlie di mia madre e a casa ho ancora un fratellino in fasce. In pari tempo vidi, sospesa in aria fuor dalla finestra, la figura di una graziosa bambina sugli otto anni; i capelli a ricci sulla fronte, le ricadevano lunghi sulle spalle; indossava un abito di seta a strascico, di un colore cangiante fra il rosso e il verde, come l’alessandrite, la gemma verde di giorno e rosso cupo di notte. Per graziosa che sembrasse a tutta prima, quella bambina faceva una impressione orribile: oscillava come una seta liscia rigida dinnanzi alla finestra; il suo profilo non aveva profondità spaziale; i tratti del viso erano come dipinti: un fantasma consistente di due sole dimensioni. E’ questa la promessa apparizione dell’Angelo? mi domandai, e mi sentii invadere da un senso di aspra e in pari tempo amara delusione, che l’inesplicabile e meravigliosa sensibilizzazione di un tale fantasma per nulla mitigava. Talbot mi si avvicinò all’orecchio e, con voce soffocata, disse: E’ la mia bambina; credo di riconoscerla. E’ morta poco dopo nata. Ma è possibile che i morti, dopo lasciata la terra, continuino a crescere? […]” (p. 236). Trovano ancora posto negli scritti in oggetto le tecniche operative del “vajroli-tantra” magia erotica, la Via di Elia, gli specchi magici dello stesso John Dee (uno di questi, autentico, è ancora oggi conservato all’interno del British Museum di Londra). Il volume conduce il lettore all’interno di due piani di “lettura”: I) la semplice dinamica narrativa letteraria, II) l’insegnamento della “Tradizione” esoterica, alchemica, magica e iniziatica. Gustav Meyrink nacque a Vienna nel 1868, faceva parte di una società segreta cabalistica di Praga. Le conoscenze iniziatiche sapientemente inserite nella sua opera narrativa, sono la fonte della sua ispirazione culturale, non si tratta solo di mere impressioni dell’io “[…] Sei solo? No, tu sei ben presso di me! … Io sono come un’ombra, la figura di Gardner svanisce. Anche tu non sei una menzogna?! grido, con voce rauca. Appena percettibile, da una remota distanza, una voce giunge fino alle mie orecchie: Chi dice che io sia menzogna? Io! Chi è Io? Io! Chi vuol costringermi a tornare? Io! Gardner si fa di nuovo visibile. Mi sorride: Ora tu hai evocato Colui che non ti lascerà più, anche se dovessi smarrirti: l’Io infinito. Medita sull’essenza che, per il tuo sguardo, non ha forma; e cerca di conoscere ciò che è, nella tua coscienza, è primordiale! […]” (p.450). Gustav Meyrink, pseudonimo di Gustav Meyer, si è spento a Starnberg il 4 dicembre 1932.
“L’angelo della finestra d’occidente”, Libri del Graal, Libreria Romana, Roma, 1992.
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