Apprendo con grande dispiacere la notizia della scomparsa di Ernesto Roli. Temo che il suo nome non dirà molto a molti, compresi coloro che appartengono al nostro ambiente umano, era infatti una persona che non amava mettersi in mostra, e tuttavia, oltre a essere un amico che ha sempre sostenuto e incoraggiato “Ereticamente”, è stato uno dei nostri intellettuali più interessanti.
Nato nel 1943, Roli era anche per collocazione anagrafica, uno degli uomini della generazione che ha fatto da ponte fra l’Italia prebellica e la non certo esaltante situazione attuale, uno di quelli che ci hanno “passato il testimone” nella speranza di arrivare prima o dopo a un mondo diverso e migliore.
Ernesto Roli è stato amico e collaboratore di Adriano Romualdi, e dopo la prematura scomparsa di quest’ultimo, ne ha continuato l’opera che, come quella di Romualdi, si è esercitata soprattutto sul terreno dell’indoeuropeistica.
Probabilmente, il lavoro più importante di Romualdi e Roli rimane la traduzione in italiano di Religiosità indoeuropea di Hanns F. K. Gunther, unita a una corposa (e preziosa) introduzione volta a spiegare al lettore italiano, poco avvezzo a simili tematiche, tutta la questione indoeuropea, le origini nordiche, il profondo legame atavico che connette i popoli del nostro continente. È mia opinione che questo testo rimane ancora oggi basilare per la comprensione della nostra visione del mondo, in totale contrasto, questo sarebbe perfino superfluo dirlo, con il “politicamente corretto” oggi dominante, ossia il volto tirannico che si cela sotto la maschera buonista della democrazia.
Un lavoro che non significa erudizione, ma studiare il passato per riconnettersi alla tradizione, a questo riguardo, Roli ha scritto:
“La letteratura classica, lungi dall’essere impostata in maniera estetica, o semplicemente come una serie di racconti tanto per raccogliere consensi e compiacimento, era concepita, in realtà, come un canovaccio da seguire per percorrere e seguire la strada degli dei”.
E uguale è stato il percorso di Romualdi e Roli, seguire la strada degli dei, anche se dei due, solo a Romualdi gli dei hanno concesso la grazia di morire giovane in un incidente automobilistico nel settembre 1973.
Il testo principale che Roli ha pubblicato con la sua firma, è stato La caduta dell’impero ittita e la Guerra di Troia. Omero nell’Egeo, edito da Palombi nel 2005.
Come Romualdi, così Roli aveva una particolare predilezione per gli Ittiti, questo popolo indoeuropeo stanziato in Asia minore, che rappresentava l’antemurale indoeuropeo in faccia al mondo mediorientale e semitico.
Ricordiamo che gli Ittiti fermarono l’espansione dell’impero egizio in Siria infliggendo agli Egizi la sconfitta di Kadesh. Al riguardo c’è voluto molto tempo per comprendere la reale dinamica dei fatti, perché il faraone Ramses II ha fatto raccontare nei testi e raffigurare sulle pitture murali la sconfitta di Kadesh come se fosse stata una vittoria. E’ stata forse la prima volta, ma non certo l’ultima, che la propaganda ha del tutto deformato la realtà.
L’ipotesi formulata da Roli nel suo libro riguardo alla guerra di Troia, è che i Troiani fossero in realtà gli Ittiti, questo perché l’insediamento piuttosto ristretto che Schliemann ha rinvenuto sulla collina di Hissarlik non corrisponde affatto alla descrizione della Troia omerica, grande, opulenta e potentemente fortificata, di cui gli Achei impiegarono dieci anni ad avere ragione. “Ilio” corrisponderebbe invece all’ittita Wilusa.
Va da sé che questa interpretazione, come è evidenziato anche dalla seconda parte del titolo, Omero nell’Egeo, entra subito in conflitto con quella di Felice Vinci che invece ha cercato Omero nel Baltico, anche se entrambe sono accomunate dalla volontà di andare più a fondo nella questione omerica, sbarazzandoci dei paraocchi ereditati per consuetudine, capire in ultima analisi cosa c’è all’origine della nostra civiltà.
Devo dire che nel 2014 io ebbi il piacere di intervistare Ernesto Roli, in un’intervista che fu pubblicata su “Ereticamente” il 24 maggio di quell’anno, e non potevo non chiedergli il suo punto di vista riguardo alla questione omerica.
Quello che mi colpì, fu il tono pacato di Roli, egli vedeva in Vinci, non tanto un antagonista, quanto un amico che sbaglia. A sua volta, mi sembra che Felice Vinci non abbia mai manifestato nei confronti di Roli alcuna asprezza polemica. Questo mi ha ricordato il detto che “i gentiluomini sono tutti fratelli”, ed Ernesto Roli un gentiluomo di sicuro lo è stato, così come Felice Vinci, col quale posso vantare del pari una conoscenza personale, certamente lo è.
Nell’articolo tenni una linea quanto più possibile equilibrata, invitando i lettori a non giurare né sulla tesi di Roli, né su quella di Vinci, ma di considerare entrambe degne della massima attenzione, e soprattutto di fare propria la volontà dell’uno e dell’altro di scavare sempre più a fondo nel nostro passato, alla ricerca di una comprensione sempre migliore della nostra identità e, cosa di cui vado fiero, l’articolo ricevette le lodi di entrambi.
Adesso, caro Ernesto Roli, la parte terrena della tua via degli dei è giunta al termine, riabbraccerai Adriano Romualdi, salutalo anche per noi, e gli dei di cui ti sei tanto generosamente occupato, saranno lì ad accoglierti.
NOTA: Nell’illustrazione, a sinistra Religiosità indoeuropea di Hanns F. K. Gunther, al centro Ernesto Roli, a destra il libro di Roli La caduta dell’impero ittita e la Guerra di Troia. Omero nell’Egeo.
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