di Gianluca Padovan
Che cosa si ricorda il 25 aprile? Cosa si ricorda del 25 aprile? Ditemelo un po’ voi, che scendete in campo con le bandiere dell’uno, dell’altro o di chissà quale colore. Io prendo in mano, ancora una volta, un libro a me caro: «I Leoni Morti». Se avete voglia e tempo, con me ricordate.
Il 25 aprile, alle porte di Berlino, ad ovest del bosco di Gruenewald, i resti della XXXIII SS Waffen Gren Division “Charlemagne” si preparano. Questi Francesi ricevono l’ordine di rimanere uniti ai resti della XI SS Frw Pz Gren Division “Nordland”, comandata dal generale Friedenberg. L’XI Divisione è composta da Volontari Danesi, Norvegesi e Svedesi, ma oramai conta solo poco più di millecinquecento uomini. Ma di valore. Sono, anche loro, Volontari, come tutti gli appartenenti alle Waffen SS (Schütz Staffel). Il compito della Charlemagne e della Nordland è di difendere il settore di Berlino prossimo alla Cancelleria del Reich. E saranno poi tra gli ultimi a deporre le armi. Si dice che sotto la Porta di Brandeburgo un Volontario italiano esaurì le munizioni prima di ritirarsi.
Il Capitano Gauvin passa in rassegna gli uomini schierati, pronti per la partenza alla volta della capitale tedesca, circondata dalle truppe comuniste sovietiche: «Sotto l’elmetto d’acciaio avevano lo sguardo vuoto delle statue. Se Gauvin rivolgeva la parola ad uno di loro in tenuta di combattimento, riusciva a stento a cogliere un guizzo in quegli occhi che subito tornavano a fissare il nulla a sei passi davanti a loro. L’immobilità di questi soldati aveva qualcosa d’affascinante. Le mascelle contratte esprimevano una risolutezza feroce. Il sussulto improvviso d’un muscolo dei mascellari era l’unico segno di vita che si potesse cogliere sul loro volto. Indossavano la tuta leopardo o erano avvolti in teli da tenda impermeabili chiazzati di rossastro, di marrone e di giallo, che davano loro l’aspetto di grandi felini con gli scarponi. Condottieri d’una rivoluzione europea (…)» (Saint-Paulien, I Leoni Morti. La battaglia di Berlino, Ritter, Milano 1999, p. 41).
Così il Capitano delle SS Gauvin arringa i Volontari: «Riconosco in mezzo a voi i vecchi combattenti che, alle porte di Mosca, hanno rasentato la vittoria ed hanno visto, sul cielo grigio e nero, stagliarsi le torri del Cremlino. Adesso sono qui. Non i Russi li hanno vinti. È stato il freddo. Proprio il giorno di quell’offensiva che avrebbe dovuto abbattere per sempre la Mecca rossa, il termometro è sceso da meno venti a meno quaranta gradi. Ve lo ricordate, amici? È a voi che mi rivolgo ora. Poco ci importerebbe di difendere la capitale tedesca, ma non è Berlino con le sue rovine che difendiamo, è il cuore di questa Europa, senza la quale il mondo non è nulla. La battaglia di Berlino non è l’estremo combattimento di questa guerra, ma il primo di quella lotta decisiva che si concluderà un giorno, ne sono fermamente convinto, con lo sfacelo del Bolscevismo» (ibidem, p. 46).
Perché il Bolscevismo, ricordiamolo, è: «La dottrina e il movimento bolscevico in Russia; nell’uso corrente è sinonimo di comunismo» (Istituto della Enciclopedia Italiana, Vocabolario della lingua Italiana, Vol. I, Roma 1986, p. 492). Dove bolscevico è l’«appartenente alla frazione di maggioranza del partito socialdemocratico russo costituitosi durante il secondo congresso (Londra, 1903), che rappresentava, sotto la guida di Lenin, la corrente più rivoluzionaria e intransigente» (ivi). Nikolaj Lenin, ricordiamo anche questo, è il nome del rivoluzionario ebraico Vladimir Il’ic Uljanov, uno dei fautori della rivoluzione comunista russa dei primi del Novecento e della trasformazione dell’impero russo in Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS).
E ancora: «Nel frastuono delle armi erano giunte alle loro orecchie solo parole d’ordine strane e contraddittorie: socialismo biologico, difesa della cristianità, lotta contro l’internazionale rossa del Bolscevismo, l’internazionale gialla del giudaismo, la potenza dell’oro ed il capitalismo internazionale, ed infine contro l’internazionale nera dei Gesuiti! (Nero, giallo e rosso, i colori della bandiera della repubblica di Weimar!) Lotta, anche, alla Frammassoneria…» (Saint-Paulien, op. cit., p. 42).
Oggi abbiamo un presidente della repubblica che non ha fatto gli interessi dello stato e per il quale i Cittadini Italiani hanno pagato. Ho scritto in minuscolo il tutto perché questa non è una repubblica, ma quello che resta di una Nazione, quella Italiana, atterrata dalle banche e dai banchieri promotori e servi dell’«usura», anche di bolscevica memoria. Noi abbiamo il diritto e il dovere di ricordare e di commemorare coloro i quali sono poi stati demonizzati da un vincitore apolide, coatto e servo delle banche. Abbiamo il dovere di ricordare coloro i quali, da Volontari, si sono battuti fino alla fine, senza chinare il capo. Abbiamo il dovere di ricordare questi Volontari Vittoriosi, in questo 25 aprile di auspicabile Vittoria.
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