24 Giugno 2024
Tradizione Primordiale

STRADE DEL NORD. Il tema delle Origini Boreali in Herman Wirth e negli altri – Parte 21 – Michele Ruzzai

(alla fine dell’articolo, prima delle Note, è presente il link dell’articolo precedente)

 

9.2 – Continente Nero

 

E’ probabile che nella costruzione della specificità etnica camito-semitica sia entrato in gioco anche un ultimo fattore, oltre ai tre ipotizzati nel paragrafo precedente (riassumiamoli brevemente: nel sudovest europeo alcuni eventi ibridatori del Protoindoeuropeo di provenienza nordorientale con idiomi affini all’attuale Basco; il passaggio di questo tronco linguistico in Nordafrica ed il conseguente processo di deriva endogena rispetto alle parlate del nostro continente; nelle aree più costiere del Maghreb la sensibile influenza esercitata su di esso dall’arcaico mondo sudatlantico). Questo quarto elemento è forse individuabile in un altro fenomeno di carattere meticciatorio, ora però intervenuto per ultimo e con il concorso di stirpi lontane dall’areale morfologico caucasiode: è cioè probabile che siano entrati in gioco alcuni gruppi di Razza Nera, come già a suo tempo aveva genericamente ipotizzato De Gobineau, soprattutto in merito alla genesi dei Semiti (917). Più precisamente, potrebbe essersi trattato di un’ibridazione intervenuta non tanto con i tipici Negridi subsahariani simili a quelli attuali, ma piuttosto con popolazioni paleonegritiche (918) dalla fisionomia più gracile, che un tempo in Africa dovevano essere molto più diffuse di oggi, anche perché il Sahara non si era ancora trasformato in un deserto inabitabile ed era molto più facilmente percorribile rispetto ad oggi.

In linea di massima, questi Paleonegriti dovevano essere riconducibili a due distinte stirpi umane, e cioè una “capoide” (o “khoisanide”: fondamentalmente quella oggi rappresentata dai Boscimani e dagli Ottentotti sudafricani) ed una più genericamente “pigmoide” (dalla pigmentazione cutanea sensibilmente più scura ed oggi rappresentata soprattutto dai Pigmei centrafricani). E’ comunque plausibile che queste due genti possano anche esser state filogeneticamente imparentate tra loro, ipotesi basata su alcune osservazioni di carattere linguistico secondo le quali sembra che nelle antiche parlate dei Pigmei fossero presenti i caratteristici fonemi a “click” (919), oggi invece quasi unicamente utilizzati dai Khoisanidi sudafricani: da ciò la possibilità che, tra i due gruppi, siano probabilmente questi ultimi a rappresentare il ramo di formazione più antica, anche se l’aspetto a nostro avviso di particolare interesse è soprattutto legato a quella che fu la loro remota area di popolamento. E’ infatti accertato che i Capoidi, prima di rifluire nelle zone marginali del Sud che occupano oggi, erano estesi su un’area enormemente più ampia, e probabilmente molta della loro storia antica dev’essersi svolta nell’Africa centro-settentrionale (920), soprattutto nella parte orientale ed addirittura fino all’Egitto: quindi in un quadrante molto prossimo al Vicino Oriente, come rileva Cavalli Sforza (921), il quale infatti ne sottolinea anche l’interessante posizione genetica, che appare grossomodo intermedia tra le popolazioni subsahariane e quelle mediorientali, forse anche lievemente più vicina a queste ultime (922).

Ma non si può escludere qualche infiltrazione capoide spintasi anche più ad Occidente, come ad esempio potrebbe desumersi dalla morfologia del reperto di Asselar nel Mali, risalente a circa 15.000 anni or sono, che evidenzia delle interessanti affinità sia con il tipo Cro-Magnon che con quello khoisanide (923), costituendo quindi un ottimo indizio a conferma dei fenomeni meticciatori sopra ricordati. In ogni caso è ancora più chiara la traccia lasciata dalla migrazione capoide nel suo movimento verso meridione (924) a risalire il corso del Nilo (925), con altre evidenze di tale passaggio quali, ad esempio, il reperto sudanese tardo-paleolitico di Singa che presenta delle significative caratteristiche khoisanidi (926): dunque una corrente da nord verso sud che, anche qui, non sembra accordarsi molto bene con l’ipotesi “Out of Africa” e, secondo qualche autore, avrebbe addirittura impresso negli attuali Boscimani ed Ottentotti un’antichissima “impronta semitica” (927).

Ma pure per l’altra ramificazione paleonegrita, cioè quella pigmoide – anche a prescindere dal tema della sua prossimità con la linea capoide – viene contemplata l’interessante possibilità di un’origine filetica comune di tutti gruppi ad essa appartenenti ed attualmente disseminati nelle aree equatoriali del pianeta, prospettiva ovviamente opposta a quella di una mera convergenza evolutiva di popolazioni diverse che poi, ciascuna indipendentemente, si sarebbero adattate sviluppando fenotipi simili in risposta alle medesime condizioni ambientali (928); inoltre è estremamente probabile che un tempo la diffusione geografica di tale ramo umano sia stata molto più ampia rispetto quella oggi evidenziata dai pochi Pigmei centrafricani (929). Diffusione, oltretutto, che sembra anche più antica rispetto a quella di tutti gli altri Negridi subsahariani non pigmoidi, i quali – altro elemento, a nostro avviso, piuttosto dissonante con quanto postulato dalla teoria “Out of Africa” – sono senza dubbio un gruppo razziale di formazione piuttosto recente (930): e che non a caso ancora ricordano, in alcune mitologie attestate soprattutto nell’area afro-occidentale, il precedente popolamento del territorio da parte di uomini più piccoli, ora scomparsi (931). Ma, ancora di più, quest’arcaica stirpe paleonegrita potrebbe essere stata non solo un semplice substrato anteriore ai Negridi attuali, ma anche una sua parziale progenitrice (932) attraverso alcuni processi di meticciamento, verificatisi forse attorno a 15.000 anni fa, con quei caucasoidi che avevano invaso l’Africa settentrionale (933) di cui sì è detto nel paragrafo precedente.

Tuttavia, l’impatto dei caucasoidi nordafricani, sia quelli depigmentati di origine nordeuropea ma, forse soprattutto, quelli di ceppo più cromagnoide sudatlantico/occidentale, sembra trasparire pure a meridione del Sahara, evidenziando anche a livello culturale delle forti similitudini con il magdaleniano europeo (sulle cui caratteristiche “miste”, come già detto, torneremo più avanti) in quello che Julius Evola segnala come un vasto movimento “atlantico-africano” (934) il quale coinvolse diverse aree dell’Africa occidentale. Importanti tracce in tal senso sono infatti presenti nella civiltà degli Yoruba nigeriani (935), la cui lingua rituale, la simbologia cosmica ed anche alcuni elementi di carattere mitico (Herman Wirth ad esempio ricorda l’antica tradizione nella quale ogni persona era stata una pietra, mitologema presente anche nella saga ellenica di Deucalione e Pirra) paiono altamente indicativi.

In un’analisi più vasta, ma secondo linee chiaramente convergenti con quelle wirthiane, già l’etnologo Leo Frobenius aveva ipotizzato l’arrivo di un’ondata civilizzatrice proveniente dall’esterno ed approdata sulle coste atlantiche dell’Africa occidentale (936), non senza sottolineare la presenza e la notevole importanza culturale rivestita, in contesti prossimi al Golfo di Guinea, di un simbolo dai chiari rimandi solari e polari come lo Swastika (937) di cui, in generale, avevamo già parlato in uno dei primi paragrafi (precisamente il 2.4). Ma nel Continente Nero i nessi con il mondo atlantico e nordico non si limitano ai soli quadranti settentrionali e centro-occidentali, in quanto a parere di Wirth ne sussisterebbero significative tracce anche nella sua porzione più meridionale. In effetti già altri autori avevano ipotizzato per l’Africa australe un antichissimo popolamento caucasoide (938), forse collegabile sempre al ciclo sudatlantico e che potrebbe risalire a tempi ancora precedenti all’arrivo in loco delle genti capoidi; ma comunque anche tra queste ultime, secondo Wirth, sarebbero significativamente presenti alcuni aspetti figurativi di particolare interesse in chiave boreale, peraltro trovando, ancora una volta, l’accordo di Leo Frobenius il quale arriva a collegare anche in via diretta gli stessi Boscimani ad un’ondata migratoria del Paleolitico superiore dilagata addirittura da settori artici fino al confine meridionale delle terre abitate (939). Quindi proponendo anch’egli una direttrice di marcia “nord-sud” che non soltanto conferma il movimento khoisanide più sopra segnalato, cioè dalla valle del Nilo al Sudafrica (peraltro accettato anche dalla paleoantropologia convenzionale), ma arriva perfino a superarlo, aggiungendovi a monte un tratto extra-africano che avrebbe il suo remoto punto d’origine in aree ancora più settentrionali: ipotesi, in fondo, non del tutto inverosimile se pensiamo ad una caratteristica fenotipica nota da tempo, ovvero quella pigmentazione cutanea molto meno scura presente nei Capoidi rispetto ai Negridi classici (940), che sembrerebbe indicare una genesi avvenuta in un contesto ambientale non esattamente equatoriale.

In effetti vi sono anche altri elementi che potrebbero essere interpretati in tale direzione nordica, o quanto meno nell’ottica di una formazione extra-africana dei Khoisanidi. Ad esempio, in ambito glottologico, Alfredo Trombetti aveva formulato delle interessanti ipotesi su di un particolare collegamento delle lingue capoidi con quelle caucasiche (941), mentre sul piano artistico Leroi-Gourhan aveva osservato come l’arte rupestre dei Boscimani sia sensibilmente contrassegnata da aspetti grafici tipici della pittura sciamanica, denotando chiare connessioni stilistiche con quelle dei Nativi americani e, sorprendentemente, anche con certe rappresentazioni risalenti al Paleolitico europeo (942). Ma l’aspetto forse più intrigante del mondo khoisanide riteniamo possa risiedere in un curioso, quanto significativo, precetto culturale presente sia tra gli Ottentotti che tra i Boscimani, ovvero il divieto di consumare la carne dell’anatra, animale considerato messaggero della Luna (943). E’, questo, un elemento che potrebbe trovare una spiegazione estremamente interessante se, azzardando un’ipotesi, proviamo ad inquadrarlo in un contesto nordico, con animali quali l’anatra ed il papero che, tra alcuni popoli artici, rappresentano una forma di regressione “totemizzante” della primordiale figura del cigno (944): fenomeno che starebbe a testimoniare una dinamica di progressivo oscuramento del tema olimpico originario, implicante il passaggio della luce solare, da simbolo imperituro e sidereo, ad una fase in cui invece inizia ad essere condizionata dalla mutevolezza del flusso universale (945). Il sacro rispetto per l’antico significato del volatile, con il divieto di consumarne le carni, non impedisce però di scorgerne presso i Capoidi un livello di caduta forse ancora più basso, vista la sua associazione ora nemmeno più con il Sole ma con la Luna: cioè con una fonte luminosa non più diretta ma ormai solo riflessa ed, oltretutto, incatenata all’incessante divenire cosmico del quale il mondo sublunare è, tradizionamente, l’indiscusso ambito (946).

In ogni caso, per i gruppi umani che in Africa seguirono un percorso migratorio soprattutto continentale, il Capo di Buona Speranza rappresentò ovviamente il capolinea finale del viaggio.

Non così, però, fu per la stirpe dei sudatlantici, i cui movimenti invece si svilupparono essenzialmente lungo vie oceaniche: per loro, Herman Wirth ritiene infatti che il cammino da Occidente proseguì ben oltre, superando l’Africa australe ed il Madagascar – dove però, azzardiamo, lasciarono forse qualche traccia antropologica riscontrabile nella componente caucasoide degli attuali Malgassidi (947) – per costeggiare il versante continentale bagnato dall’Oceano Indiano e risalire verso Nord, fino alla regione del Corno e del Mar Rosso meridionale.

Qui probabilmente una loro nutrita frazione si stabilì definitivamente e la non trascurabile percentuale di sangue di gruppo O riscontrata tra gli Etiopici (948) forse testimonia tale approdo. Ma è un’evidenza che potrebbe anche essere spiegata in altro modo, ad esempio con l’anzidetta migrazione caucasoide sviluppatasi attraverso il Sahara e proveniente da Ovest (949), se non addirittura con un’ipotesi di derivazione diretta del gruppo etiopico, come per i Capoidi, da settori extra-africani ben più settentrionali. In effetti, va ricordato che le popolazioni di quell’area non sono strettamente inquadrabili nell’ambito della classica “Razza Nera” (950) – di stanziamento soprattutto centro-occidentale – concetto auto-percepito anche dalle dirette interessate che definiscono sè stesse come “i rosei” (951); il fenotipo generale del quadrante è infatti abbastanza prossimo a quello caucasoide (952) ed in qualche caso è stato persino avvicinato alla morfologia degli Ainu giapponesi (953). Dal punto di vista genetico, nella “seconda componente principale” africana, Cavalli Sforza rileva una certa vicinanza delle genti del Corno proprio con il gruppo khoisanide ed una posizione molecolare collocata a metà strada tra le frequenze medie di tutto il continente e quelle asiatico occidentali (954), con la prossimità ai Capoidi che potrebbe trovare anche una conferma linguistica nella probabile parentela delle parlate cuscitiche con quelle boscimano-ottentotte (955); è vero che nella “terza componente principale” africana, Etiopi e Khoisan presentano invece una netta divergenza, ma ciò starebbe ad indicare, comunque ad un livello di minor “peso” statistico, come queste due popolazioni, pur non sovrapponibili tra loro, siano in ogni caso entrambe molto distanti dall’altro nucleo africano, cioè quello costituito dai classici Negridi centro-occidentali (956).

Nel quadrante afro-orientale, infine, di particolare interesse ci sembra anche l’ipotesi segnalata da Felice Vinci sull’arrivo in loco di un’antica corrente iperborea connessa, più a Nord, al popolamento sumerico e che, meticciandosi con le genti equatoriali già ivi stanziate, avrebbe prodotto le particolari caratteristiche antropologiche oggi presenti nel Corno d’Africa: in tale fenomeno rientrerebbero anche gruppi come i Masai, i cui tratti razziali e culturali sembrano effettivamente accostabili a contesti più settentrionali (957). Sarebbe, questa, un’ipotesi collocabile nel più ampio orizzonte di tutti quegli innegabili flussi – o “riflussi”, per chi aderisce alla teoria “Out of Africa” – di origine eurasiatica che, qualche decina di millenni fa, penetrarono nel Continente Nero attraverso i suoi confini orientali o nordorientali, forse in varie scansioni e con diverse genti (958).

 

 

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Parte 20

 

 

 

NOTE

 

917.  Julius Evola – Il mito del sangue – Edizioni di Ar – 1978 – pag. 22

 

918.  Giuseppe Acerbi – L’Isola Bianca e l’Isola Verde – Simmetria Associazione Culturale – pag. 22 – http://www.simmetria.org/images/simmetria3/pdf/Rivista_41_2016_A5_booklet.pdf      

 

919.  Una mappa genetica dell’Africa – Le Scienze – 01/05/2009 – Indirizzo internet: http://www.lescienze.it/news/2009/05/01/news/una_mappa_genetica_dell_africa-575206/

 

920.  Maurizio Alessandri – L’animale simile a Dio – Luna Editore – 2000 – pag. 73; Luigi Brian – Il differenziamento e la sistematica umana in funzione del tempo – Marzorati Editore – 1972 – pag. 429

 

921.  Luigi Luca Cavalli Sforza, Paolo Menozzi, Alberto Piazza – Storia e geografia dei geni umani – Adelphi – 1997 – pag. 297

 

922.  Luigi Luca Cavalli Sforza, Paolo Menozzi, Alberto Piazza – Storia e geografia dei geni umani – Adelphi – 1997 – pag. 328

 

923.  Michel Brezillon – Dizionario di Preistoria – Società Editrice Internazionale – 1973 – pag. 43

 

924.  Silvano Lorenzoni – Il Selvaggio. Saggio sulla degenerazione umana – Edizioni Ghénos – 2005 – pag. 16

 

925.  Renato Biasutti – Razze e Popoli della terra – UTET – 1967 – vol. 3 – pag. 97; Harald Haarmann – Storia universale delle lingue. Dalle origini all’era digitale – Bollati Boringhieri – 2021 – pag. 89

 

926.  Georg Glowatzki – Le razze umane. Origine e diffusione – Editrice La Scuola – 1977 – pagg. 73, 74; Raffaello Parenti – Lezioni di antropologia fisica – Libreria Scientifica Giordano Pellegrini – 1973 – pag. 238

 

927.  Richard Henning – Dov’era il Paradiso? – Martello – 1959 – pag. 79

 

928.  I Pigmei: isolati da 60.000 anni – Le Scienze – 10/04/2009 – http://www.lescienze.it/news/2009/04/10/news/i_pigmei_isolati_da_60_000_anni-575456/; Raffaello Parenti – Lezioni di antropologia fisica – Libreria Scientifica Giordano Pellegrini – 1973 – pag. 292

 

929.  Pierre Bertaux – Africa. Dalla Preistoria agli stati attuali – in: Storia Universale Feltrinelli, Edizioni Feltrinelli, 1968, pagg. 23, 24; Franz Boas – L’uomo primitivo – Laterza – 1995 – pag. 89; Luigi Luca Cavalli Sforza, Paolo Menozzi, Alberto Piazza – Storia e geografia dei geni umani – Adelphi – 1997 – pag. 337; Steve Olson – Mappe della storia dell’uomo. Il passato che è nei nostri geni – Einaudi – 2003 – pag. 49

 

930.  Hugo A. Bernatzik – Popoli e Razze – Editrice Le Maschere – 1965 – vol. 1 – pag. 479; Pierre Bertaux – Africa. Dalla Preistoria agli stati attuali – in: Storia Universale Feltrinelli, Edizioni Feltrinelli, 1968, pagg. 23, 24; Renato Biasutti – Razze e Popoli della terra – UTET – 1967 – vol. 1 – pag. 488; Renato Biasutti – Razze e Popoli della terra – UTET – 1967 – vol. 3 – pag. 97; Luigi Brian – Il differenziamento e la sistematica umana in funzione del tempo – Marzorati Editore – 1972 – pag. 492; Mario F. Canella – Razze umane estinte e viventi – Sansoni – 1940 – pagg. 92, 93, 112; Georg Glowatzki – Le razze umane. Origine e diffusione – Editrice La Scuola – 1977 – pagg. 73, 74; Bjorn Kurten – Non dalle scimmie – Einaudi – 1972 – pag. 128; Steve Olson – Mappe della storia dell’uomo. Il passato che è nei nostri geni – Einaudi – 2003 – pagg. 49, 50

 

931.  Pierre Bertaux – Africa. Dalla Preistoria agli stati attuali – in: Storia Universale Feltrinelli, Edizioni Feltrinelli, 1968, pagg. 45, 46; Antonio Bonifacio – I Dogon: maschere e anime verso le stelle – Venexia – 2005 – pag. 38; Mircea Eliade – Arti del metallo e alchimia – Boringhieri – 1980 – pag. 92

 

932.  Carleton S. Coon – L’origine delle razze – Bompiani – 1970 – pagg. 590, 591

 

933.  Silvano Lorenzoni – Il Selvaggio. Saggio sulla degenerazione umana – Edizioni Ghénos – 2005 – pag. 10; Raffaello Parenti – Lezioni di antropologia fisica – Libreria Scientifica Giordano Pellegrini – 1973 – pag. 243

 

934.  Julius Evola – Ricerche moderne sulla tradizione nordico-atlantica – in: Julius Evola, I testi di Ordine Nuovo, Edizioni di Ar, 2001, pag. 64

 

935.  Arthur Branwen – Ultima Thule. Julius Evola e Herman Wirth – Edizioni all’insegna del Veltro – 2007 – pag. 46

 

936.  Leo Frobenius – I miti di Atlantide – Xenia Edizioni – 1993 – pag. 25

 

937.  Leo Frobenius – I miti di Atlantide – Xenia Edizioni – 1993 – pag. 9; Leo Frobenius – Storia delle civiltà africane – Bollati Boringhieri – 1991 – pag. 144

 

938.  Renato Biasutti – Razze e Popoli della terra – UTET – 1967 – vol. 1 – pag. 482; Renato Biasutti – Razze e Popoli della terra – UTET – 1967 – vol. 3 – pagg. 95, 97; Mario F. Canella – Razze umane estinte e viventi – Sansoni – 1940 – pag. 59

 

939.  Leo Frobenius – Storia delle civiltà africane – Bollati Boringhieri – 1991 – pagg. 253, 254

 

940.  Renato Biasutti – Razze e Popoli della terra – UTET – 1967 – vol. 3 – pag. 95

 

941.  Oddone Assirelli – La dottrina monogenistica di Alfredo Trombetti – F.lli Lega – 1962 – pag. 10

 

942.  Massimo Centini – Sogno e sciamani – in: Avallon, n. 43 “La sapienza velata. Sogno, visione, oracoli”, 1997, pag. 56

 

943.  Adolf Ellegard Jensen – Come un cultura primitiva ha concepito il mondo – Edizioni Scientifiche Einaudi – 1952 – pag. 216

 

944.  Claudio Mutti – Il simbolismo dell’Orso nelle culture artiche –  in: Vie della Tradizione n.  16, Ottobre/Dicembre 1974, pag. 188

 

945.  Claudio Mutti – Il simbolismo del Cigno nella tradizione Ob-Ugrica – in: Vie della Tradizione n. 14 – Aprile/Giugno 1974, pag. 101

 

946.  Mircea Eliade – Trattato di storia delle religioni – Bollati Boringhieri – 1999 – pag. 138, 156, 160; René Guénon – Il Re del mondo – Adelphi – 1997 – pag. 51; Adolf Ellegard Jensen – Come un cultura primitiva ha concepito il mondo – Edizioni Scientifiche Einaudi – 1952 – pag. 195; Silvano Lorenzoni – Cosmologia alternativa – Casa Editrice Primordia – 2010 – pag. 48

 

947.  Vittorio Marcozzi – L’Uomo nello spazio e nel tempo – Casa Editrice Ambrosiana – 1953 – pagg. 141, 143, 144

 

948.  Louis Charpentier – Il mistero Basco. Alle origini della civiltà occidentale – Edizioni L’Età dell’Acquario – 2007 – pag. 121

 

949.  Georg Glowatzki – Le razze umane. Origine e diffusione – Editrice La Scuola – 1977 – pagg. 68, 69

 

950.  René Guénon – Simboli della scienza sacra – Adelphi – 1990 – pag. 107

 

951.  Bruno d’Ausser Berrau – La Scandinavia e l’Africa – Centro Studi La Runa – 1999 – pag. 6

 

952.  Renato Biasutti – Razze e Popoli della terra – UTET – 1967 – vol. 3 – pag. 95; Raffaello Parenti – Lezioni di antropologia fisica – Libreria Scientifica Giordano Pellegrini – 1973 – pag. 231; Henry V. Vallois – Le razze umane – Garzanti – 1957 – pag. 52

 

953.  Vincenzo Giuffrida-Ruggeri – Su l’origine dell’uomo: nuove teorie e documenti – Zanichelli – 1921 – pag. 131

 

954.  Luigi Luca Cavalli Sforza, Paolo Menozzi, Alberto Piazza – Storia e geografia dei geni umani – Adelphi – 1997 – pagg. 328, 357

 

955.  Alfredo Trombetti – L’unità d’origine del linguaggio – Libreria Treves di Luigi Beltrami – 1905 – pag. 2

 

956.  Luigi Luca Cavalli Sforza, Paolo Menozzi, Alberto Piazza – Storia e geografia dei geni umani – Adelphi – 1997 – pag. 358

 

957.  Felice Vinci – I misteri della civiltà megalitica – La clessidra edizioni – 2020 – pag. 252; Felice Vinci – I segreti di Omero nel Baltico. Nuove storie della preistoria – Leg Edizioni – 2021 – pag. 414

 

958.  Luigi Luca Cavalli Sforza, Paolo Menozzi, Alberto Piazza – Storia e geografia dei geni umani – Adelphi – 1997 – pag. 361; Madison Grant – Il tramonto della grande razza – Editrice Thule Italia – 2020 – pag. 62; Harald Haarmann – Storia universale delle lingue. Dalle origini all’era digitale – Bollati Boringhieri – 2021 – pag. 89; Geraldine Magnan – Alla ricerca di Adamo – in: Scienza e Vita, n. 7, Luglio 1998, pag. 54; Steve Olson – Mappe della storia dell’uomo. Il passato che è nei nostri geni – Einaudi – 2003 – pag. 147

 

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