Non cambierà mai nulla sinché la popolazione non si renderà conto che il potere è suo nemico. Libertà, democrazia, partecipazione, inclusione, eccetera. Parole, solo parole per nascondere verità terribili: lorsignori ci vogliono poveri e ci vogliono morti. Al Dominio non servono più ingenti masse umane: difficili da governare, inutili in un tempo in cui la tecnologia è in grado di rimpiazzare centinaia di milioni di lavoratori.
La tramontata società industriale aveva dovuto concedere qualcosa ai popoli. Quando servivamo per la grande industria, per le guerre di cui costituivamo la carne da cannone, per un’agricoltura estensiva fatta di fatica e sudore, dovevano pur mostrare, insieme con il bastone, la carota. Diritto di voto, l’orgogliosa qualifica di cittadini, un sistema educativo che ci mettesse in condizione di svolgere i compiti assegnati, un po’ di tempo libero e qualche divertimento. Lo sapevano già i romani: panem et circenses. I Borbone di Napoli parlavano delle tre “effe”: feste, farina e, per i ribelli, forca. Ora che c’è la democrazia e cianciano di uguaglianza, devono persuadere, sedurre, verniciare di buone intenzioni le scelte peggiori, persuadere che il male che ci frana addosso è nel nostro interesse.
“Loro” conoscono il nostro bene meglio di noi. Infatti in Europa e in Occidente, ci stanno convincendo a estinguerci e, con il ricatto del debito, a vivere al di sotto delle nostre possibilità. Complottismo, paranoia? Al contrario, è un programma preciso diffuso a reti unificate dal dispositivo della comunicazione/ propaganda e dall’apparato culturale ed educativo. Non avrete nulla e sarete felici, dicono sorridenti al Forum di Davos gli iperpadroni, per voce di maggiordomi come Klaus Schwab. È tutto scritto nelle agende ufficiali: dobbiamo diventare poveri, indifesi. Precarietà lavorativa, perdita dei diritti sociali conquistati a caro prezzo, migranti nel territorio e nella vita, distruzione di ogni punto di riferimento familiare e comunitario, perfino l’espulsione, attraverso la neo dittatura green, dalle città e dalle nostre case, da riconfigurare secondo standard folli e carissimi, funzionali agli interessi dei soliti.
Noi, monadi solitarie, viandanti con trolley, oggetto di un gigantesco esproprio – proprietario anziché proletario – una lotta di classe che un pugno di straricchi sta vincendo a mani basse. Impoverirci, cacciarci da casa, tuttavia non basta: devono toglierci di mezzo. Allo scopo hanno organizzato tutto a puntino. Attraverso l’aborto diventato diritto universale (la chiamano “salute riproduttiva”) viene negato il diritto di nascere a un numero enorme di nuovi membri dell’umanità. Diritto alla non-vita. Poi, giacché come per il maiale non si butta via niente, i feti vengono utilizzati nell’industria cosmetica e farmaceutica.
Diventati grandicelli, gli umani vengono convinti che la sessualità migliore è quella sterile, invitati a diventare transessuali o omosessuali. Un gran sollievo per l’oligarchia che può sfoltire i ranghi senza troppo rumore. Adulti, veniamo convinti a emigrare per “cercare opportunità”, in realtà per sbarcare il lunario. Ciò rende difficile acquistare una casa (chi ci concederà il mutuo?) organizzare la vita attorno a punti stabili, la famiglia, i figli, i luoghi e la civiltà che ci hanno visto nascere. Impossibile animare una resistenza: manca il tempo, crollano le forze, fisiche e spirituali. Spirituali? Lo spirito non esiste, dov’è, chi lo può misurare, chi lo può scambiare in denaro? Diventiamo profughi della vita, apolidi senza saperlo; eppure, diceva Cesare Pavese per bocca del trovatello Anguilla, emigrante di ritorno, “un paese ci vuole, un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti”.
Niente e nessuno, né luoghi, né persone, né modi di vivere ci devono aspettare. Il transito è perenne: richiede flessibilità (cioè accettazione silenziosa) e resilienza (sopportazione rassegnata). Nel viaggio senza bagaglio tutto è provvisorio, lavoro, relazioni, luoghi, idee, anche noi stessi, cui è offerta la suprema libertà: possiamo cambiare sesso – anzi genere – anche una volta l’anno, come in Germania.
Il viaggio è tendenzialmente breve, ma assai faticoso. Diceva Anna Proclemer, la grande attrice, che per fare teatro occorre soprattutto la salute. Nel teatro globale postmoderno, la salute è nelle mani dell’Organizzazione Mondiale della Sanità privatizzata e di Big Pharma. Siamo sani immaginari a tempo determinato imbottiti di farmaci e psicofarmaci. Possono inocularci strani sieri una volta diffusa la paura, la più grande, quella della morte. Fine di tutto, perché ogni trascendenza è esclusa, ridicolizzata, un’anticaglia residuale.
Neppure questo basta. Devono impadronirsi di tutto ciò che è abbiamo, espropriarci del nostro essere e poi ridurre drasticamente il nostro numero. Siamo troppi, facciamo male all’ultima divinità ammessa, Gaia, il pianeta che muore per colpa di un ospite ingombrante, l’uomo. Oppressi da sensi di colpa, impauriti, sottratti alla dimensione naturale, privati della salute, poveri perché tutto – acqua, terra, mezzi di produzione, case – deve appartenere a lorsignori, che cosa ci resta? L’attimo, la corsa al piacere immediato, e, su tutto, l’orrore per la malattia, la vecchiaia, la paura di non essere efficienti, performanti, il terrore di diventare poveri.
La soluzione per l’atomo umano solitario è predisposta: sparire, chiedere di essere eliminato. Eutanasia, la “buona morte”, propagandata da necrofori della coscienza utilizzando casi limite. All’avanguardia del regresso Canada, Belgio e Olanda, dove si può essere soppressi – igienicamente, con tutti i crismi di legge – da benevoli boia di Stato, i Mastro Titta in camice del Terzo Millennio. In quei paesi – che la narrativa coloniale definisce sempre “civilissimi” (il superlativo assoluto disarma i diffidenti) le morti procurate sono ormai il dieci per cento del totale. Democrazie stragiste. Chissà che non abbiano pensato alla “soluzione finale” suicidaria (il nazismo è lì?) i camionisti canadesi in sciopero a cui sono stati bloccati dal governo “democratico” conti e carte di credito. Trasformati in reietti, mentecatti sociali con un semplice clic. È facile per i padroni di tutto. Le prove generali del controllo sono state superate con successo dal greenpass con nome orwelliano, il passi che concede i diritti che avevamo già, di cui ci hanno espropriato.
In Argentina, tra inflazione galoppante, corruzione e miseria in settori sempre più ampi della popolazione, il parlamento approva due leggi apparentemente slegate che rappresentano la sintesi del potere oligarchico che lavora all’impoverimento e insieme alla decrescita della popolazione. Il progetto di legge sulla “morte volontaria medicalmente assistita” (non mancano eleganti perifrasi per edulcorare le tragedie) è stato promosso dal partito peronista (ancora)al potere. Se approvato, consentirà ai richiedenti di ottenere la collaborazione di un medico per il suicidio assistito.
Contemporaneamente, l’opposizione liberale ha presentato un progetto di ipoteca inversa rivolto agli anziani. Consiste in un mutuo assistito dall’ipoteca sulla casa di proprietà che permetterà a persone di almeno sessantacinque anni di ricevere una somma mensile a integrazione della pensione, magra e falcidiata da un’inflazione del cento per cento annuo. Alla morte del mutuatario, gli eredi possono restituire l’intero importo prestato dalla banca – gravato da interessi e rivalutazione monetaria – o consegnare l’abitazione per cancellare l’ipoteca. Tenuto conto della crisi drammatica della nazione sudamericana, non è difficile prevedere che il patrimonio immobiliare argentino passerà rapidamente alle banche. Anche in questo caso la narrativa è ingannevole: una proposta innovativa affinché i pensionati che sono riusciti a possedere una casa possano avere un reddito aggiuntivo che integri la pensione e li aiuti a vivere meglio, dicono i proponenti. Sono gli stessi che hanno ridotto in miseria l’Argentina; la proposta non è innovativa, è già applicata in Spagna e fa parte dell’offerta creditizia.
Nei fatti, si tratta di mettere in palio la casa per ricevere una somma mensile che consenta di vivere dignitosamente dopo che il reddito è stato falcidiato da inflazione e strette previdenziali. Tra i sostenitori della misura spicca Ana Botìn, maggiore azionista del Banco di Santander, membro influente del Gruppo Bilderberg. Il sistema finanziario con una mano ci strozza, con l’altra si prende quel che abbiamo conquistato con sacrificio. Non sarà che la privatizzazione dei sistemi previdenziali ha tra i suoi scopi proprio la loro insostenibilità, risolta con l’esproprio di fatto – per intervenuta povertà – delle nostre case? Ricordiamo che la crisi finanziaria del 2007-2008 fu innescata dall’insolvenza immobiliare, che ha permesso a qualcuno di impadronirsi a basso prezzo di buona parte delle abitazioni. Negli Usa e in Spagna tre quarti di esse sono ipotecate. Tenuto conto dell’aumento dei tassi d’interesse – su cui gli Stati nazionali non hanno controllo – che cosa accadrà alle famiglie non più in grado di pagare le rate? La risposta è ovvia, e getta un’ombra sinistra sull’Agenda 2030 nella parte – pericolosissima – che riguarda l’adeguamento “ecologico” dell’intero patrimonio immobiliare. In Italia, dove tre quarti delle case sono proprietà di chi le abita, il conto, salatissimo, potrebbe costringere molti alla svendita o a ricorrere alla falsa mano tesa degli istituti di credito, con gli esiti che possiamo immaginare specie tra le famiglie anziane e quelle a reddito medio e basso. Molti cadranno nelle mani dell’usura – legale o illegale – e la disperazione di perdere la sicurezza dell’abitazione produrrà disagio psicologico, probabilmente più suicidi. Intanto le nostre case passeranno di mano, come sta accadendo negli Stati Uniti. Il candidato presidenziale democratico Robert F. Kennedy Jr., nipote di John assassinato a Dallas, ha recentemente espresso seria preoccupazione per l’influenza dei fondi di investimento sul mercato immobiliare. Questi giganti stanno rilevando porzioni sempre maggiori di case originariamente destinate alle famiglie. Kennedy ha denunciato le pratiche di colossi come BlackRock, Vanguard e State Street, che controllano una parte significativa del mercato. Aumentano i casi di famiglie, potenziali acquirenti di abitazioni, che non sono state in grado di acquistare immobili, superate all’ultimo istante da offerte in contanti dei fondi d’investimento, impossibilitate a ottenere la casa che stavano per comperare. I tre fondi citati – i maggiori del mondo – controllano un patrimonio di oltre ventimila miliardi di dollari, dieci volte il PIL dell’Italia, superiore al PIL dell’Unione Europea. Chi è più forte tra i semplici cittadini, gli stessi Stati nazionali e questi colossi? Chi vincerà la partita? Una decina di fondi di investimento possiedono partecipazioni incrociate in quasi tutte le multinazionali, le entità finanziarie e industriali del pianeta. Sono i padroni del mondo: la loro influenza si estende all’ ottantotto per cento dell’indice S&P 500, che comprende le cinquecento corporations a più elevata capitalizzazione. Controllano le nostre vite e hanno l’obiettivo – apertamente dichiarato – di impadronirsi di tutto. A noi restano briciole o miseri avanzi, come nei banchetti signorili del passato. Crediamo ancora nelle virtù del “libero” mercato? Eppure crediamo ancora che affermazioni come “non avrai nulla e sarai felice” siano boutades che riguardano un mondo lontano. No, l’obiettivo sono proprio io, tu, tutti noi. Esproprio proprietario in attesa di toglierci definitivamente dai piedi con piani e ideologie anti umane, eutanasia, ecologismo radicale, sesso sterile, individualismo edonista, elevati costi della sanità, in aggiunta a vecchi sistemi come guerre e epidemie. Non avremmo mai creduto di dover concludere, in piena coscienza: ci vogliono poveri, ci vogliono morti.
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