Ho riflettuto e, diciamolo pure, esitato molto prima di decidermi a scrivere qualcosa circa quello che sembra essere l’evento politico clou a livello internazionale dell’inizio di questo 2015, ossia l’attentato islamico contro la rivista satirica francese “Charlie Hebdo” e tutto quello che ne è seguito, a livello europeo, planetario e anche i riflessi sul nostro piano interno, perché questo evento mi ha suscitato sentimenti contrastanti fra i quali ho dovuto per primo cercare di mettere ordine, ma dato che esso ha provocato confusione e reazioni di segno opposto nei nostri stessi ambienti, è forse ora di cercare di dire qualche parola di chiarezza.
Sentimenti contrastanti, dicevo, perché se da un lato questo tragico episodio di cui vi risparmierò di evocare i particolari dello svolgimento, ampiamente, e fino alla nausea, illustrati ripetutamente da tutto il sistema mediatico, dimostra inequivocabilmente per l’ennesima volta se ce ne fosse stato bisogno, il carattere violento della religione islamica e il fallimento delle pretese di integrazione degli immigrati extraeuropei (ricordiamo che tutti e tre gli assassini erano immigrati di seconda generazione nati su suolo francese e quindi “francesi” sulla carta), sul piatto opposto della bilancia va posto il fatto che il bersaglio di questo attentato è forse quanto di più lontano possiamo concepire dalle nostre posizioni e convinzioni; certo, “Charlie Hebdo” non ci offre alcuna possibilità di immedesimazione, e lo slogan che è stato prontamente creato, “Je suis Charlie” non ci può riuscire altro che fastidioso e irritante.
Cominciamo a dire fuori dai denti la prima delle verità scomode: io non credo che il cosiddetto diritto di satira abbia molto a che fare con la libertà di pensiero e meno che mai con la libertà di informazione. Qui occorre fare subito il paragone con vicende e fatti di casa nostra, dove è evidente che la cosiddetta satira, soprattutto se fatta da sinistra (e almeno da noi è fatta da sinistra in schiacciante prevalenza), cela la sua vera natura sotto un nome usurpato, perché il modo in cui la si dovrebbe veramente chiamare è PROPAGANDA DI REGIME, e l’umorismo di cui si ammanta non è che una scusa, un alibi per prescindere dalla realtà delle cose, da un minimo di correttezza nell’informazione.
Basta pensare al linciaggio a cui sono stati sottoposti da noi da parte di questa satira bugiarda, gli uomini che bene o male hanno cercato di trarre l’Italia fuori dalla palude dell’imperante regime cattocomunista che la soffoca da un settantennio e le forze politiche cui questi uomini hanno fatto riferimento: prima Bettino Craxi, poi Silvio Berlusconi, e rispettivamente prima il PSI, poi Forza Italia.
Il metodo è sempre quello: calunnie, insinuazioni, esagerazioni iperboliche di chi vede il fuscello nell’occhio del vicino e non la trave nel proprio (al punto che ancora oggi ci sono degli imbecilli che – contro ogni evidenza – pensano che con il sistema di corruzione della politica italiana, un tempo il PCI e oggi il PD, niente abbiano avuto/abbiano a che fare); tutto ciò, che nessuno si è mai preoccupato di confutare, presentandosi sotto la pelle d’agnello dell’umorismo, è finito per diventare sentire comune continuamente riecheggiato dal chiacchiericcio popolare, ovvietà, e ha pesato nelle (disastrose) scelte politiche dei nostri connazionali molto più dell’informazione effettiva (anch’essa prevalentemente manovrata e taroccata).
A mio modesto parere, la VERA colpa di Silvio Berlusconi è stata ed è tuttora il suo dilettantismo politico, il non aver capito e il non capire nemmeno oggi che cosa ha realmente di fronte. Durante il cosiddetto “ventennio berlusconiano” in realtà il centrodestra ha avuto talvolta (per meno di metà di questo ventennio, a conti fatti) la maggioranza parlamentare e il governo, ma il centrosinistra ha sempre avuto e continua ad avere IL REGIME: il controllo dell’informazione, della scuola, degli enti pubblici, della magistratura e via dicendo.
In Italia, molta parte della presunta satira e della cosiddetta informazione è fatta dalla RAI, soprattutto da RAI 3 attraverso il denaro pubblico, cioè estorto con il canone dalle tasche dei cittadini, compresi quelli che non vorrebbero certo finanziare la propaganda di sinistra. Pensate a un programma come “Che tempo che fa” e a due personaggi che sono i più strapagati fra i pagatissimi parassiti della RAI, come Fabio Fazio e Luciana Litizzetto. Io non voglio dire che dovrebbero finire come i redattori di “Charlie Hebdo”, ma certo ci farebbero un gran favore a togliersi di torno.
La pubblicazione francese certo non si sarà avvalsa di denaro pubblico rubato dalle tasche dei cittadini, ma la volgarità e la violenza verbale delle vignette non solo rende impossibile l’immedesimazione ma fa pensare che dopotutto quel che gli è capitato se lo siano andati a cercare, anche perché – non dimentichiamolo – i “sinistri” sono da sempre favorevoli all’immigrazione, e sarebbe delirante pensare che essa ci porti in casa solo persone per bene.
Nello stesso tempo, però, non è possibile non rilevare tutta l’ipocrisia della sinistra immigrazionista che, contro ogni evidenza sostiene spudoratamente che negli attentati e nelle violenze “l’islam non c’entra”. L’islam è una religione violenta e intollerante che invita alla guerra contro gli “infedeli”, cioè tutti coloro, quei cinque miliardi e passa di persone che non sono mussulmani, e non stiamo parlando delle parole deliranti di qualche imam, ma di ciò che è contenuto nelle sure del corano, la “bibbia” islamica. Un mio conoscente che tra l’altro è francese, anche se vive da molti anni in Italia, mi ha fatto notare che espressioni simili si trovano anche nella bibbia. Ciò è ben lontano dallo stupirmi, perché il fanatismo e l’intolleranza sono il marchio tipico delle religioni abramitiche, ma il cristianesimo, per avventura, si è diffuso principalmente nel mondo “occidentale” ed europeo dove certe cose trovano un salutare contrappeso nello spirito laico e in una certa indifferenza rispetto alla religione, che per alcuni versi è negativa, per altri però previene dagli eccessi.
Che la religione più rozza, ignorante, retrograda, violenta, sia anche la più diffusa al mondo, perché oggi, complici sia le conversioni ottenute il più delle volte non certo con mezzi pacifici, sia la fecondità delle donne islamiche, l’islam ha superato in termini numerici il cristianesimo, non depone certo a favore dell’umanità.
Naturalmente, su un miliardo e passa di mussulmani ci sono anche molte persone che desiderano vivere in pace, ma rimane il fatto che l’islam è una religione che incoraggia la violenza.
Da un altro punto di vista, bisogna però dire che non è la religione di per sé ad avere importanza, ma il fatto che l’islam è diventato la bandiera ideologica di uno spirito anti-europeo di questi invasori presunti immigrati che è prima di tutto e sostanzialmente una contrapposizione etnica. E’ questa la verità fondamentale che la sinistra cerca a ogni modo di nasconderci. Ciò che conta davvero è il fattore etnico-biologico, non quello religioso. Se l’Europa fosse invasa solo da neri subsahariani e/o da altre comunità tutte rigorosamente cristiane (o buddiste, confuciane o induiste, non fa differenza) che ci porterebbero/porteranno comunque all’estinzione tramite il meticciato, il nostro mondo in ogni caso scomparirebbe, anche se le chiese non si trasformassero in moschee come sta avvenendo sempre più spesso.
Non basta essere islamofobi, occorre essere consapevoli che il conflitto è prima di tutto ETNICO, che ha per posta la sopravvivenza o la scomparsa del nostro mondo e dell’ “homo europeus”, che chi sta a sinistra è un traditore passato al nemico, che la sinistra ex marxista è oggi la peggior complice del capitalismo finanziario internazionale nell’attuazione del piano Kalergi, nello sterminio “soft” dei popoli europei.
La cosa tragica è che mentre l’islam è diventato la bandiera ideologica dei nemici dell’Europa in quella che è una contrapposizione etnica, le Chiese cristiane, a cominciare da quella cattolica sono diventate e stanno diventando sempre più immigrazioniste, non credo per spirito caritatevole, ma perché alla ricerca di un gregge alternativo mentre in Europa si sta sempre più diffondendo una mentalità laica e secolarizzata. Una ragione in più, io penso, per voltare le spalle alla non-europea, mediorientale dottrina del “discorso della montagna”.
Ciò che l’attentato a “Charlie Hebdo” dimostra con evidenza tragica, è l’utopia fallimentare dell’integrazione degli immigrati. Gli attentatori, come del resto quelli della metropolitana di Londra del 2006, erano figli di immigrati, di seconda generazione, nati su suolo europeo e con passaporto della nazione ospitante.
La realtà dei fatti è la più bruciante smentita di tutte le menzogne e tutte le fallacie che l’ideologia di sinistra ha incessantemente propagandato e non smette di propalare: la cultura e l’ambiente sono impotenti e insignificanti contro l’eredità genetica-biologica, la cittadinanza non è la nazionalità e, quando non vi corrisponde, è una pura finzione burocratica. Etnia, nazione, razza sono realtà che non possono essere negate. Tutta l’ideologia di sinistra, tutta la “political correctnes” democratica, si dimostrano buone solo per essere scaricate nelle latrine.
Proprio per evitare che la gente apra finalmente gli occhi, la grande marcia organizzata a Parigi dai socialisti di monsieur Hollande che, con un unanimismo da “socialismo reale” dei defunti regimi dei Paesi dell’est di domenica 11, con la partecipazione del gotha della politica europea e mondiale fra cui in prima fila il “nostro” Matteuccio Renzi, che doveva mobilitare un milione di persone e si è preteso che ne abbia coinvolti quasi tre, da marcia contro il terrorismo, si è trasformata in marcia contro l’islamofobia e il presunto razzismo di chi non vorrebbe arrendersi senza combattere all’africanizzazione del nostro continente, una marcia per la riaffermazione della “political correctness” di sinistra e, tenendo conto della specifica situazione francese, contro il Front Nationale e Marine Le Pen, e questi ultimi sono stati prontamente edotti del non gradimento della loro partecipazione a una manifestazione aperta a tutte le altre forze politiche. LA MARCIA DEGLI IPOCRITI, sostanzialmente diretta verso chi ha avuto il torto di interpretare correttamente il pericolo islamico.
In Italia i corifei di sinistra hanno dato luogo a manifestazioni analoghe naturalmente su scala molto più modesta anch’esse teoricamente diretti contro il terrorismo, ma il cui vero bersaglio era l’islamofobia, cioè nel caso concreto l’ “estrema destra” e la Lega. Agli ipocriti transalpini e cisalpini, rispondiamo in tutta chiarezza: “Je ne suis pas Charlie!”
Nello stesso tempo, la grana giudiziaria in cui è incorso il comico Dieudonné, ci chiarisce bene un concetto che in ogni caso avevamo già ben presente, ma che forse ancora qualcuno non coglie in tutta evidenza: il concetto di libertà proprio dei democratici, ossia sei libero di esprimerti se la pensi esattamente come loro, altrimenti aspettati che ti tappino la bocca e ti taglino le gambe.
Particolarmente inappropriata, inopportuna e irritante, ho trovato la partecipazione alla manifestazione parigina di Benjamin Nethanyau, il leader israeliano, perché Israele con il suo comportamento disumano e genocida nei confronti del popolo palestinese, ha una responsabilità determinante e non sopravvalutabile nel rinfocolare il fondamentalismo islamico e nel dirigere la sua ostilità verso “l’occidente”. Quei diciassette morti sono una responsabilità anche di Israele, e vanno ad aggiungersi a una lista che è già lunghissima.
Prima di concludere, vorrei spostare l’attenzione su un argomento collaterale che però è strettamente intrecciato alle tematiche di cui stiamo parlando. Avuta notizia dell’attentato a “Charlie Hebdo”, come reazione a caldo, avevo postato su facebook un commento che diceva: “Viva la laicità dello stato, viva la libertà di pensiero, viva la parità fra uomo e donna. In poche parole, morte all’islam”. Infatti, laicità dello stato, libertà di pensiero, parità fra uomo e donna sono le tre cose che gli islamici odiano maggiormente.
Un mio conoscente che non appartiene alla nostra “area” mi ha bacchettato nel senso che gli è sembrato incoerente che “un fascista” propugni la libertà di pensiero. Ne siamo sicuri? Siamo sicuri che io sia incoerente? Non direi, a meno di non cadere nell’errore di identificare libertà con democrazia, ma questo – peraltro estremamente diffuso luogo comune – è semplicemente un falso. Guardiamo i fatti, i nudi, crudi, semplici fatti. Poiché abbiamo iniziato parlando di satira, ricordiamo che il fascismo sopportò con pazienza gli sberleffi di Petrolini, mentre il democratico De Gasperi mandò Giovannino Guareschi in galera per una vignetta, e in tempi molto più vicini a noi Massimo D’Alema ha cercato di fare la stessa cosa con Forattini.
Ma a parte ciò, pensate alle mille e mille cose nelle quali in democrazia è tassativamente proibito pensarla in maniera diversa dall’ortodossia imposta dal potere dominante: dall’obiettività e imparzialità del processo di Norimberga con cui i vincitori della seconda guerra mondiale hanno stabilito e sancito per l’eternità la colpa dei vinti, all’inesistenza delle razze, che deve essere affermata e sbandierata contro ogni evidenza.
Non parliamo poi di quell’altro luogo comune della democrazia che è la cosiddetta sovranità popolare. In realtà, in democrazia i popoli non sono per nulla sovrani, non sono liberi di decidere nulla che riguardi il loro futuro, nemmeno di continuare a esistere in quanto tali, infatti la globalizzazione internazionale, orchestrata a puntino sullo spartito del piano Kalergi sta imponendo la sparizione degli stessi in un “melting pot”, in un coacervo multirazziale tramite l’immigrazione e il meticciato.
Diciamolo, la democrazia non è altro che un cumulo di menzogne. E allora viva la libertà, compresa (e soprattutto) quella di essere “fascisti”!
Fabio Calabrese
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