16 Luglio 2024
Ambiente

Questa lunga estate calda: un altro segnale preoccupante

I mutamenti climatici… Ne avevo parlato a maggio, prendendo le mosse dalla pretesa (bugiarda) dell’Expo 2015 di elaborare una strategia per “nutrire il pianeta”. Quella delle carenze alimentari, infatti, è una delle tessere del mosaico del disastro ambientale che caratterizza i nostri tempi. È una catena i cui anelli – semplificando al massimo – sono i seguenti: sovrappopolazione, inquinamento, mutamenti climatici, alterazioni dell’ecosistema, catastrofi ambientali (comprese inondazioni e siccità), malnutrizione di intere popolazioni e conseguenti spinte alle migrazioni (ma anche alle guerre per assicurarsi risorse idriche e/o alimentari).

Il disastro ambientale è reale ed innegabile, e non è certo un’invenzione di complottasti o di fondamentalisti dell’ecologia. I segnali sono tanti, e gravissimi: il “buco nell’ozono”, lo scioglimento dei ghiacciai, il surriscaldamento della crosta terrestre, innanzitutto; ma anche i fenomeni climatici estremi che, sempre più frequentemente, funestano intere regioni. La loro violenza è crescente; uragani, tifoni e tornados lasciano ogni volta sul terreno migliaia e migliaia di morti, devastano villaggi tropicali ma anche grandi metropoli: ricordate intere isole delle Filippine distrutte dall’uragano Hayan? e la più bella città degli Stati Uniti, New Orleans, rasa al suolo dal ciclone Katrina?

Ci sono poi i fenomeni “minori” (che proprio minori non sono), molti dei quali riguardano le zone temperate, quelle che – come il nostro territorio – fino a qualche anno fa praticamente sconoscevano i disastri ambientali. Mentre le api scompaiono in intere regioni (anche per colpa di insetticidi sempre più devastanti), i pesci muoiono di caldo (e non è un modo di dire) in alcuni specchi d’acqua italiani, come recentemente nella laguna di Orbetello.

Poi c’è il caldo, il caldo asfissiante, torrido di questi giorni. Non è un bel segnale; anzi, è decisamente un dato allarmante. Dal punto di vista meteorologico, un aumento della temperatura di quasi due gradi rispetto all’anno precedente (come quello registrato in questo mese di luglio) non è un’anomalia, è un’enormità. Eppure, nessuno sembra preoccuparsi eccessivamente: il Vispo Tereso scorrazza sui prati alla ricerca di 50 miliardi, e i telegiornali scodellano – quasi con compiacimento – afose immagini di turisti ansimanti e grondanti sudore.

Solo il Papa sembra aver preso la cosa sul serio, al punto da aver invitato in Vaticano 10 sindaci di 10 metropoli del mondo, per invitarli a promuovere un cambiamento negli “stili di vita” che possa propiziare un maggior rispetto ambientale. Nessuno tra i 10 invitati – fra cui il giulivo sindaco di Roma – ha però ricordato al Pontefice che causa prima dell’inquinamento ambientale è la forsennata crescita demografica della popolazione mondiale, incoraggiata da quasi tutte le Chiese e in primis da quella cattolica: nel 1950 eravamo 2 miliardi e mezzo; ed oggi – ad appena 65 anni di distanza – abbiamo già superato i 7 miliardi. Fra non molto, nel 2050 – dicono gli esperti – toccheremo i 10 miliardi.

Ma il pianeta – checché se ne dica – non è in grado di assicurare cibo, acqua e dignità ad altri 3 miliardi di individui.

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