8 Ottobre 2024
Socialismo Nazionale

Il “Modello Orban”: l’alternativa è in Europa

Articolo a cura di Nicole Ledda dell’Associazione culturale Zenit

In questi giorni è impossibile non sentir parlare della situazione greca. Mentre ferventi “opinionisti” di tutta Europa commentano questa situazione al limite della guerra civile, delle volte sciorinando improbabili ricette anti austerity, spesso facendo tifo da stadio per il leader del momento e quotidianamente demonizzando il cancelliere di ferro Merkel ed i tedeschi tutti, c’è chi da tempo ha abbandonato le parole in virtù dei fatti. No, non stiamo parlando di Matteo Renzi che nel tempo libero sostiene di salvare l’Europa, bensì di Viktor Orban. L’attuale primo ministro ungherese, convinto anticomunista fin dai tempi della leva militare, negli anni dell’università comincia ad interessarsi alla politica ed è proprio l’anno successivo alla laurea in giurisprudenza che fonda il proprio piccolo gruppo militante (off limits per gli over 35) volto a sostenere l’opposizione.

Il cammino ideologico di Orban non può dirsi sicuramente lineare ed è ricco di ombre, come ad esempio il semestre ad Oxford finanziato da Soros, oppure le iniziali, spiccate, simpatie liberali. Un uomo di potere come tanti altri fino al momento della svolta. E la svolta comincia presto, il giovane deputato presto opta per un taglio netto con il proprio passato politico, mentre i socialisti portano il paese verso il baratro finanziario. Se Orban tra fine anni novanta e duemila è un moderato filo-europeista che ha come modello l’Austria, il contesto socio-economico che lo porta di nuovo al governo nel 2010, può esser descritto con le sue stesse parole: “non abbiamo altra scelta che lottare per la nostra Indipendenza, per la nostra Terra e per la nostra Patria”.

Se oggi l’Ungheria è uno stato sovrano che combatte a testa alta il cappio invisibile della dittatura daneistocratica, che può decidere con fermezza di non piegare la schiena ad unione europea, FMI, BCE, NATO, WTO e trattati vari, scegliere i partner con cui dialogare e di guardare con diffidenza anche alla Russia di Putin, poiché il ricordo della dittatura è ancora troppo vivido, il merito è sicuramente del lavoro svolto da questo primo ministro in quindici anni. Quindici anni di anticomunismo, di politiche avverse al liberismo che in Ungheria è appannaggio della sinistra, di assenza di una visione confessionale imposta. Quindici anni che hanno portato un piccolo stato indebitato a diventare una potenza nazionalista e antitotalitaria, una belva che i poteri forti non riescono a placare. Concretamente questo è l’unico Stato in Europa in cui l’economia non sovrasta la politica, ma anzi obbedisce a precise strategie. Una società basata effettivamente sul lavoro, lavoro manuale. Più operai specializzati e meno laureati disoccupati, senza che questo sia un mero slogan elettorale. Pura elevazione dello stato sociale.

La partita tra Budapest e Bruxelles non ha buoni esiti per gli euroburocrati assetati di sovranità, difatti possiamo annotare un calo della disoccupazione fino al 7,6%, con crescita del PIL del 3,7% nel 2014. Il dio mercato deve firmare la resa. Nello specifico le misure adottate sono: tassazione dei profitti delle multinazionali in campo alimentare, delle telecomunicazioni e bancario; rinazionalizzazione dei fondi pensionistici privati, estromettendo il FMI, fino a tornare a parlare attivamente di previdenza sociale sulla falsariga venezuelana del Presidente rivoluzionario e socialista Chavez, per cui metà della somma ottenuta viene utilizzata per ridurre il debito e la restante parte, il margine di profitto, viene distribuito tra gli aventi diritto. Lo Stato dell’uomo nero dell’est Europa controlla tutti i settori strategici dell’economia. Ad esempio, le banche, indicate pacificamente da tutti gli animi ribelli che sognano la rivoluzione, come il nemico pubblico per eccellenza, in Ungheria sono svincolate dalle sopracitate BCE, FMI e Commissione Europea. La banca centrale ungherese, totalmente riformata da Orban, presenta una maggioranza del consiglio monetario, nominata dal Governo stesso, il cui più grande merito è quello di erogare finanziamenti a piccole e medie imprese, con interesse inferiore al 2%.

Fa male provare a lanciarsi in un paragone con la crisi da cui l’Italia non sembra poter uscire, in cui i nostri imprenditori sono costretti a scegliere tra la vita e le tasse, in cui le lobby ed interessi al pari e peggio di strozzini, massacrano la forza lavoro motore del nostro Paese. Stampa e politicanti sfacciati lo definiscono a più riprese populista, dittatore, fascista, antisemita e non è difficile intuire il motivo di questa carrellata di attestati di stima rivolti al Presidente Orban, che ha eretto una barricata per proteggere il popolo magiaro dalla globalizzazione. Oltre NATO e BRICS, è la nostra Europa a fornirci la soluzione per debellare questa crisi creata a tavolino. E torneremo Europa… è molto più di un ritornello, molto più di una promessa, è un imperativo a cui questa nostra generazione non può sottrarsi.

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