16 Luglio 2024
Punte di Freccia

Poeti e mercanti – Mario Michele Merlino

Era il 2001, se non erro. Lo scrittore di tanti libri di guerra, soprattutto sulle Waffen-SS, Jean Mabire aveva assicurato la sua presenza a Trieste al convegno Atmosfere in nero, di cui avevo proposto il progetto all’ass. culturale Novecento, su gli intellettuali francesi fra le due guerre – Céline e Drieu la Rochelle e Brasillach. Un lutto improvviso gli impedì di essere fra i relatori (la sua carriera di scrittore era iniziata nel 1963 proprio con Drieu parmi nous). Nel ’58 quale ufficiale dei fucilieri delle Alpi aveva partecipato alla guerra d’Algeria, al comando di un reparto d’assalto di cui la gran parte era composta da mussulmani, decorato più volte. Possiedo, inediti in Italia (appartenevano ad Albert S. e me ne fece omaggio Emilia), La Division Carlemagne – les combats des SS français en Poméranie – (1976); Mourir à Berlin – les SS français derniers défenseurs du bunker d’Hitler – (1977) e Les jeunes fauves du Fuehrer (1978).

Come affermava ‘i poeti sono i peggiori nemici dei mercanti’. Sarà questa la ragione per cui i primi, quando diventano celebri, finiscono nelle antologie scolastiche, a maggior noia di studenti annoiati e distratti, poi svendute o in pubblicazioni per cenacoli di iniziati, tra ragnatele merletti voci tremule tazzine sbeccate di tè al limone; i secondi, sovente amanti dell’anonimato e sconosciuti, dominano il mondo assoggettano gli stati tirano le fila di governi provocano conflitti creano banche e sorseggiano, anch’essi, del tè ma in fini tazzine di porcellana. (in tutte le generalizzazioni il vero si confonde con una certa dose di retorica, soprattutto se i poeti non trovano editori compiacenti e i loro versi sono di modesta caratura e i mercanti, poverini!, vanno a picco senza speranza di riemergere).

Giacomo Puccini con l’opera La Bohème – ‘Che gelida manina/ Se la lasci riscaldar…’, Mimì ricamatrice di fiori e Rodolfo il poeta nella misera soffitta, tra colpi di tosse annuncianti la tisi di lei – strappa lacrime agli spettatori paganti biglietto e rinnova stereotipi romantici e decadenti. Edmond Rostand rende il guascone sì un abile spadaccino, il mio eroe dal grande naso, ma povero per conservare dignità e libero verso (forma e sostanze gli sono avverse!). E si potrebbe continuare con i riferimenti le lacrime la miseria… mentre, altri autori, forse rosi dall’invidia e dalla bile, inveiscono contro la ricchezza descrivendo tipi umani odiosi brutti, generalmente grassi e sudati e calvi, decisamente malvagi. Francesco de Gregori, il cantante, in una vecchia canzone, riferendosi a Mussolini scrittore di versi (confesso la mia ignoranza: mai saputo), definisce i poeti una ‘brutta razza’. Eppure le sue canzoni sono testi poetici, ermetici e qualche volta stucchevoli…

Scrive Mishima Yukio: ‘C’è un solo libro che mi sia rimasto. E questo è appunto lo Hagakure di Yamamoto Jòchò’ e aggiunge: ‘…nell’oscurità dell’epoca, mi lasciò vedere la sua vera luce’. Lo Hagakure, letteralmente ‘all’ombra delle foglie’ venne composto agli inizi del XVIII secolo, quando l’autore, dopo aver servito in armi il proprio daimyò, caduto in battaglia, si era ritirato a vita monastica. Trascritto dal giovane samurai Tashiro Tsuramoto e reso pubblico, nonostante avesse ricevuto l’invito a bruciarne il testo, è considerato uno dei libri più rappresentativi del Bushi-do, la via del guerriero. Fra le tante riflessioni insegnamenti memorie ed esempi, egli narra come fosse consuetudine fra i nobili in battaglia di duellare e, al contempo, improvvisare dei componimenti in versi, gli haiku. E racconta come, in una di queste occasioni, un bushi si sentisse offeso e disonorato (tanto da compiere seppuku) perché il suo avversario, pur battuto nel combattimento, avesse composto versi più belli… La spada e l’azione; le parole e la poesia qui s’intrecciano e mostrano la segreta armonia e il gioco fra loro per la supremazia – la lacerazione della carne, l’eterno fluire del verso. Teodoro Koerner, giovane poeta tedesco, conclude l’opera sua, uscita postuma con il titolo Lira e Spada, mentre, durante una scaramuccia presso Gadebusch (1813), viene ferito a morte dai soldati di Napoleone. Annotava amaramente Drieu la Rochelle come un tempo le parole fossero simili a fendenti, ora però gli uomini non possiedono più la spada…).

In data 14 luglio 1944 (poche settimane prima del tentativo fallito di suicidio), sul Diario, Pierre Drieu la Rochelle annota: ‘Ecco il pittore che illuminerà per me l’ultima visione dell’irreale’. Il pittore è Vincent van Gogh e quello, che egli considerava il migliore dei suoi romanzi, è Le memorie di Dirk Raspe. Incompiuto e non soltanto per la morte dello scrittore avvenuta il 15 marzo del 1945, tramite una dose letale di gardenal e aprendo il beccuccio del gas. Anche il pittore olandese si era suicidato con un colpo di pistola al petto in un campo il 29 luglio del 1889. Amo Van Gogh – l’arte soggiace ai parametri del mio interiore vissuto, come del resto ho in sospetto ogni pretesa di obiettività -; lo amo perché un outsider (come il Meursault di Albert Camus ne Lo Straniero, ad esempio). Ne ho fatto riferimento in Strade d’Europa quando, lasciando la città di Aquisgrana, mi lasciai trasportare da un camion lungo distese di grano papaveri mulini a vento. Sebbene non sia un poeta (colui che lascia il segno del suo fare per vincere l’oblio e la morte, pensavano gli antichi greci) nell’accezione manuale delle giovani marmotte, le sue lettere al fratello minore, mercante d’arte, Théo, che gli fu costantemente vicino e sostegno finanziario e affettivo, ci rivelano quella ‘tristezza (che) non finisce mai’, le ultime sue parole. Non, dunque, un pittore soltanto – o, se si preferisce, la pittura è uno degli strumenti, a lui quello più congeniale -, ‘ma uno Straniero,’ – come scrive Colin Wilson – per cui la vita è una domanda acuta e dolorosa che richiede una soluzione prima che cominci a vivere’ .

E i mercanti? Lo spirito calvinista che li animò e determinò l’analisi critica di Max Weber, che identificò la nascita del capitalismo con l’etica protestante, non può certo essere sottaciuto che, del resto, aveva spinto l’uomo fin dagli esordi a dare valore alla merce posta a scambio con altra merce con la moneta a compiere il ruolo di mediazione e trarne profitto. E percorsi via terra, sempre avanti ed oltre, e a fronte del mare ove le acque si aprono sull’ignoto promettendo isole felici e continenti da conquistare. La

Merlino 2Compagnia delle Indie orientali gettò le basi perché fosse l’Inghilterra a trasformare in dominio l’intero territorio. Così fecero gli olandesi e i francesi, dopo che portoghesi e spagnoli avevano indicato la rotta. ‘Il gabbiano volerà…’, poeta e romanziere, R. Kipling si farà il cantore del ‘fardello dell’uomo bianco’, il doveroso e arduo compito della nazione inglese d’essere portatrice di civiltà (e il gabbiano nobilita i rostri dell’avvoltoio e dello sparviero così come il fardello si fa carico dei frutti della rapina e dello sfruttamento).

Dunque i poeti e i mercanti si tengono compagnia, gli uni puntellando gli altri – quali deliziose armonie si ascoltano tra la musicalità del verso e il tintinnare delle monete. L’astrazione e il realismo, la metrica e il calcolo – ognuno del suo, l’alloro e il conto in banca. E tutti e due, il poeta e il mercante, a sbugiardare la affermazione di Jean Mabire. O no? Nel grande calderone delle vicende umane a ciascuno il suo; a ognuno di noi il privilegio della scelta – che, poi, nel complesso gioco delle parti i contrari si assommano. Con triste e rancorosa conseguenza: la poesia muore e il denaro si nobilita…

Eppure… Decima Flottiglia MAS, autore il Comandante Junio Valerio Borghese, si conclude con l’armistizio dell’8 settembre. Accesa occasionalmente la radio, pur essendo un corpo speciale e, nonostante ciò, tenuto all’oscuro, Borghese e i suoi apprendono del comunicato di Badoglio. ‘Mi sembrò strano’, commenta e così si conclude la vicenda dei mezzi d’assalto, i violatori di Alessandria e Malta e Suda e Gibilterra. Poi il seguito nella Repubblica Sociale, il tricolore svettante sulla caserma di San Bartolomeo con al centro lo strappo per eliminare il simbolo del tradimento; la formazione di battaglioni di fanteria di marina, il Barbarigo al fronte di Anzio, il Lupo sul Senio, il Fulmine a Tarnova della Selva… Ebbene, Ezra Pound, che se n’intendeva, scrive come quel ‘mi sembrò strano’ rende tutto il libro autentica poesia.

Racconta l’allora giovane studente di fisica Carl-Friedrich von Weizsaecker di aver voluto assistere ad una lezione di Martin Heidegger, di quel professore di filosofia che sapeva incantare i suoi allievi e di cui tanto si parlava nei corridoi dell’università di Friburgo. Fu l’unica volta e, al termine, ebbe a commentare: ‘ non ho capito nulla. Questa è poesia!’. Il mistero della parola, il linguaggio resosi arcano, ciò che non si comprende acquista magiche valenze, richiama oscure melodie. Può dirsi lo stesso davanti a un registro di entrate ed uscite, cifre riporti più meno utili e dividendi, alchimia del numero per soli iniziati? Bisognerebbe porre la domanda, ottenere la risposta da quel Immanuel Kant che, nella lontana Koenigsberg (oggi sotto il tallone russo), seppe dare un apporto significativo alla trasformazione della filosofia. Noi pensiamo di no…

Allora volgiamoci ad altro. Nella raccolta dal titolo La moneta di ferro, l’argentino Jorge Luis Borges chiude la poesia Non sei gli altri con questi versi: ‘La tua materia è il tempo, l’incessante/ Tempo. Sei ogni solitario istante’ (egli evita bene di scrivere ‘in ogni istante’, consapevole che non sarebbe stata più poesia). Misura del tempo lo specchio ove riflettere la propria immagine interiore, questo conosce il poeta, essere altro e comunque. Essere contro, essere in rivolta rispetto al tempo ove calcolare e collocare l’utilizzo del tempo stesso. E quest’ultimo è il metro dei mercanti…

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