OLTRE I “COSTI DELLA POLITICA”:
FISSARE UN TETTO AI GUADAGNI DI TUTTE LE “CASTE”
di Michele Rallo
Gli italiani seguono molto le mode, anche in politica. Prendete la polemica sulla casta parlamentare e sui finanziamenti ai partiti. Non che si tratti di una polemica infondata. tutt’altro: i parlamentari, oltre ad una consona “indennità di carica”, percepiscono rimborsi e benefit che spesso nascondono una indegna moltiplicazione della retribuzione complessiva. Ed i partiti, in aggiunta ai finanziamenti previsti dalla legge, incassano altri “aiutini”. ivi compresi quei contributi ai gruppì parlamentari nazionali e regionali che – come hanno dimostrato le recenti inchieste sulle regioni Lazio e Lombardia – consentono ai Fiorito di turno di farsi finanziare spese non proprio istituzionali.
Ciò premesso, va detto che il problema italiano non é che mille fra deputati e senatori percepiscano retribuzioni troppo alte, ma che centomila altri soggetti percepiscano retribuzioni altrettanto o più alte di quelle dei parlamentari. E non mi riferisco tanto ai redditi miliardari di quanti sfruttano unicamente le proprie qualità fisiche, intellettuali o artistiche (divi., calciatori, imprenditori e professionisti di grido), quanto piuttosto alle retribuzioni contrattuali – stipendi e trattamenti di quiescenza – di manager e dirigenti dello Stato, deI parastato, di società finanziate dallo Stato o, anche, di società private ma quotate in borsa.
Sapete quanto guadagna un alto dirigente dell’ENI o dell’ENEL, o – perché no? – di quella FIAT che negli anni ha ingoiato fiumi di denaro pubblico? Sapete quanto guadagna il Direttore di un Ministero o il Segretario generale di un ramo del Parlamento? O. più modestamente, un Ambasciatore, un Prefetto, un magistrato di Cassazione? E sapete quanto guadagna il direttore di un quotidiano, magari di un quotidiano che attinge ai finanziamenti magari di un quotidiano che si è distinto nella campagna contro i privilegi della casta parlamentare?
Senza contare, naturalmente, i casi moralmente inaccettabili. Ne ho citato uno su queste stesse colonne qualche mese fa: 3.600.000 euro (pari ad oltre 7 miliardi delle vecchie /ire) attribuiti a tale Peluso Piergiorgio come liquidazione per soli 14 mesi di attività quale direttore generale della Fondiaria Assicurazioni. A questo punto, è chiaro che dimezzare lo stipendio e il numero dei parlament
ari non risolverebbe un bel nulla. Quel che serve è una legge che fissi criteri univoci e spartani per tutte le retribuzioni. Si stabilisca una retribuzione minima per il lavoro meno impegnativo. E poi una retribuzione massima per la più alta carica dello Stato, il Presidente della Repubblica (20 volte, 30 volte, 40 volte il minimo?).
ari non risolverebbe un bel nulla. Quel che serve è una legge che fissi criteri univoci e spartani per tutte le retribuzioni. Si stabilisca una retribuzione minima per il lavoro meno impegnativo. E poi una retribuzione massima per la più alta carica dello Stato, il Presidente della Repubblica (20 volte, 30 volte, 40 volte il minimo?).
Tutte le altre retribuzioni – scalettate a seconda delle funzioni di ciascuna categoria – dovrebbero essere comprese nella forbice fra quel massimo e quel minimo. Ivi comprese, naturalmente, quelle di deputati e dirigenti di società finanziarie.
Utopia? Non credo, se è vero com’è vero che, poche settimane fa, in Svizzera è stato approvato a larga maggioranza un referendum che fissa un tetto alle retribuzioni degli alti dirigenti di banche e aziende.
Nota di Ereticamente
Ringraziamo l’Autore e il periodico Social (Settimanale indipendente di Trapani) per la gentile concessione