di Mario M. Merlino
Nella notte del 15 marzo ‘i soliti ignoti’ (si sospettano del furto una banda di romeni) sono penetrati all’interno de Il Campo della Memoria, in Nettuno, scavalcando facilmente il cancello o aprendosi un passaggio nella rete di protezione, e hanno asportato le cento targhe d’ottone con su incisi i nomi dei caduti del btg. Barbarigo della X Mas sul fronte di Anzio. Fra i primi ad indossare l’uniforme grigio-verde e riprendere le armi ‘per l’Onore d’Italia!’. Dicono che l’ottone è ben pagato sul mercato nero e, poi, in tempi di crisi tutto diviene monetizzazione. Cosa può fregare a degli zingari del valore simbolico del carico di emozioni e ricordi di quel luogo di quei nomi? Cento giovani e giovanissimi, sei di loro ignoti, che avevano trovato sepoltura nella tomba di famiglia di Raffaella Duelli al cimitero Il Verano di Roma. Era stata proprio lei, già ausiliaria del medesimo battaglione, a raccoglierne i resti, sparsi nell’Agro pontino, nell’immediato dopoguerra. Morti di nessun interesse, morti a cui non si riconosceva dignità e valore, morti che si preferiva ignorarne perfino l’esistenza. Così, mentre gli alleati si adoperavano a edificare un cimitero monumentale e i tedeschi, pur fra le rovine del loro paese devastato, con meticolosa cura si apprestavano ad erigere il loro in località Pomezia, l’Italia accattona e miserabile trasformava una sconfitta in festa con il 25 aprile, ignorava il 10 febbraio del 1947 (data della firma del Trattato di pace dove il governo italiano, già cobelligerante e resistente, veniva omologato alla Germania e al Giappone), stabiliva che una parte di italiani doveva essere cancellata scelta ragioni valore. Insomma, per far citazione letteraria, un Winston Smith in grande, cioè il protagonista di 1984 di George Orwell che si adopera a modificare di volta in volta la storia secondo le indicazioni del Grande Fratello.
Il Campo della Memoria, nome suggerito da Mario Tedeschi (btg. Barbarigo sul fronte di Anzio e successivamente in Piemonte direttore de Il Borghese senatore del MSI prima e poi artefice della scissione di Democrazia Nazionale); disegnato dall’architetto Alessandro Tognoloni (già s.ten. di vascello, dato per disperso in combattimento nei pressi di Cisterna nel tentativo di arrestare con il suo plotone l’avanzata degli Sherman USA, insignito di medaglia d’oro e salvato dagli americani, che lo raccolsero dopo due giorni con il fianco squarciato, in possesso della penicillina); con il contributo dei reduci dell’Associazione Decima Mas-RSI. Per anni luogo ‘privato’ finchè, dopo una lunga battaglia con l’Onorcaduti, divenuto sacrario di guerra. (Nei prossimi giorni, sul mio profilo di fb e su Ereticamente verranno indicate le modalità con cui contribuire, tramite l’Ass. Campo della Memoria, per ricomprare e rifondere nuove targhe).
Nel 1996 vi portai gli alunni della VB, che dovevano sostenere gli esami di maturità, al termine di un breve ciclo di incontri sulla guerra civile in Italia. Credo di averne già scritto su Ereticamente in altra occasione. Non credo, però, di aver riportato il testo della lettera che Alessandro Tognoloni volle inviarmi e che, incorniciata, si trova a fianco della libreria: ‘Caro professore, con ritardo vengo a ringraziarla per l’atto commovente compiuto dalla sua classe al Campo della Memoria, che ha inteso onorare i Caduti di una guerra ingenerosamente ignorata, ma che fu guerra di giovani che non si sottrassero fino all’ultimo ad ammainare una bandiera alla quale avevano sotteso i propri ideali. Noi, involontari sopravvissuti, intendiamo ringraziare i suoi studenti, sia quelli di uguale fede che gli altri legittimamente distratti da quei valori, perché ben sappiamo quanto sia difficile interpretare le realtà passate e presenti. La loro presenza ci conforta perché in questa Italia dove tutto diventa cronaca il Campo della Memoria possa diventare Storia, storia della Repubblica Sociale Italiana ma, soprattutto, perché si possa sperare l’indissolubile unità di questo meraviglioso paese’.
Più volte sono stato suo ospite nei pressi di Porta San Pancrazio, nel suo studiolo circondato da libri su Roma quadri e gufi d’ogni forma materiale provenienza. In una di queste occasioni mi confida, mostrandomi una medaglia d’oro incorniciata e accanto la poesia di Walt Whitman ‘Gloria ai vinti…’: ‘Alla Piccola Caprera, davanti a tutti noi reduci, il comandante Nino Buttazzoni dei N.P. (nuotatori-paracadutisti) mi ha appuntato l’unica medaglia che per me conta’. Poi, abbassando il tono di voce: ‘ Se lo stato italiano mi avesse riconosciuto quella assegnatami dalla Repubblica Sociale, mi troverei ad essere accomunato alla Carla Capponi, agli assassini di via Rasella’. Mi risuona in mente l’esortazione Etiam si omnes, ego non. Sempre a sfida della mutevolezza del tempo e contro l’arroganza dei vincitori. Sempre e comunque tolemaici. E, in altra occasione, avendogli espresso l’inquietudine la ribellione ‘l’assalto al cielo’ che mi animano, mi ha guardato severo: ‘Profe
ssore, lei ed io non abbiamo le stesse idee…’. E’ vero: per troppo amore essi hanno sacrificato la loro vita, hanno visto infangare la dignità e offendere l’onore della propria esistenza, amore perla Patria tradita dalla fuga del Re, dall’8 settembre. Io, non so se per amore o meno, non riesco ad amare questo mio paese…
ssore, lei ed io non abbiamo le stesse idee…’. E’ vero: per troppo amore essi hanno sacrificato la loro vita, hanno visto infangare la dignità e offendere l’onore della propria esistenza, amore per