12 Novembre 2024
Società Spiritualità

Il Giorno dell’oblio – Livio Cadè

Heschel, filosofo ebreo, scriveva che «dopo Auschwitz la filosofia non può più essere la stessa». Forse che prima non esistevano guerre, eccidi, torture? La crudeltà pare essere per l’uomo una necessità biologica. Per molti, un dovere morale o religioso. «Beato chi afferra i tuoi bambini e li sfracella contro la roccia .. Periranno di spada, saranno sfracellati i bambini, le donne incinte sventrate» prescrive la Bibbia.

La storia ha da sempre carattere tragico e spaventoso. Oggi, semplicemente, abbiamo aggiunto alla tragedia umana un carattere di meschinità. Per il resto, nulla è cambiato. La storia non è maestra di vita. Ci insegna solo che dalla storia non impariamo nulla.

Così, il ‘Giorno della memoria’ ci ricorda che siamo condannati a reiterare sempre gli stessi errori. Perché la memoria si fa inerzia, meccanismo irresistibile, scava in noi solchi profondi nei quali la coscienza fluisce secondo una rigida legge economica – costa meno seguire percorsi già tracciati che tracciarne di nuovi, ubbidire a una trama di riflessi nervosi piuttosto che cambiare abitudini.

Ce lo ricorda con i suoi riti imbalsamati, le sue logore liturgie, il suo uniforme corteo di demagoghi. Con la retorica sempre uguale, i triti sermoni su umanità e disumanità, dittatura e democrazia. Tutto gronda di surreale ipocrisia. Si ripetono esorcismi e mantra mentre la storia procede indifferente, tra crimini e bagni di sangue, con la stessa complicità di chi sciorina discorsi edificanti.

Ci viene imposta d’autorità una visione della storia. Ma, diceva Leonardo, «chi disputa allegando l’autorità fa opera di memoria e non di ingegno». Più si conforma a qualche magistero, più l’uomo rinuncia alla propria capacità di capire. Dunque, essendo il Giorno della memoria un vertice di autoritarismi culturali, è logico sia uno tra i punti più bassi toccati dall’intelligenza.

Vorrei perciò staccarmi dalla massa grigia dei Ricordanti, con le loro macabre, ampollose celebrazioni, e librarmi nel cielo della dimenticanza. Vorrei un Giorno dell’oblio. Nessun discorso, nessuna cerimonia. Guardare le cose con  occhi non appannati dalle cateratte del passato.

Non si tratta solo di rifiutare la religione dell’Olocausto, con i suoi articoli di fede, la sua Santa Inquisizione, i suoi officianti. Dobbiamo riconoscere come un intero Sistema oggi esercita il suo potere modellando le nostre memorie. Dedicare un giorno all’oblio ha quindi significato anarchico e liberatorio.

L’oblio scioglie incrostazioni politiche e sociali, psichiche e metafisiche. I Dimenticanti alle prime armi possono limitarsi a dimenticare quei fatti – pandemie, vaccinazioni, nemici della democrazia, ebollizioni planetarie etc. – che ci vengono imposti come verità non discutibili. I Dimenticanti più avanzati possono giungere a scordarsi di sé stessi, uscendo da quella bolla di memorie che è l’io, e oltre la quale la realtà si stende senza misura.

Paradossalmente, è un ricordarsi più intimo e profondo. Perché di fatto la società moderna cerca di estinguere la nostra autonoma memoria, per sostituirla interamente con ‘memorie ufficiali’ e protesi mnemoniche. Cos’è l’avanzare dell’automatismo, dell’intelligenza artificiale, se non una guerra alla libertà dello spirito? Il culto della memoria porta all’uomo-macchina.

Nel Giorno dell’oblio giriamo le spalle a questo mondo basato sulla memoria e ai suoi custodi – scuole, biblioteche, professori, esperti, organi di informazione etc. – un mondo in cui “sapere è ricordare”, dove solo la memoria sembra dare un senso alle cose.

È Shabbàt, giorno di riposo della memoria, in cui rifiutiamo di esercitare un controllo sulle cose mediante il conosciuto, e riconsegniamo al mondo la sua verginità. Alleggeriamo lo spirito dell’eccesso di informazioni e di conoscenza che lo opprime. Gli togliamo la camicia di forza della causalità. Infatti, che ne sapremmo noi di cause, se non potessimo ricordare?

Noi ammiriamo chi molto sa, cioè chi molto ricorda. Nella memoria è già tutto dato, noto in anticipo, e questo ci rassicura. Ci permette di prevedere, scegliere, fissare giudizi e valori. Soprattutto ci dà un’identità, la certezza, o l’illusione, di essere qualcuno e non un nulla.

Ma alla memoria manca quello stupore da cui, secondo Platone, nasce la vera filosofia. È come un vecchio amore, ormai privo di incanto. Per meravigliarci, dobbiamo dimenticare. Inoltre, come l’amore, in quanti modi la memoria ci può ingannare, essere infedele?

La nostra vita è un immenso mosaico di cui vediamo solo poche tessere e di cui colmiamo i vuoti con l’immaginazione. Anche l’indagine storica non vede di solito che i rilievi montuosi del passato – le grandi figure, i grandi eventi – e anche di questi a volte solo le cime, che spuntano dalle nubi del tempo. E le sfuggono le immense vallate, la piatta superficie del tempo su cui poggiano.

Quanto più si allontana nel tempo, tanto più la memoria – e quindi la storia – si trasforma in congettura e in fantasia. E più si avvicina al presente, più viene inquinata da interessi estranei alla verità.

Vi sono i pregiudizi attraverso cui ricordiamo, v’è la tendenza a idealizzare alcuni ricordi. Non v’è solo la mistificazione intenzionale, politica, della storia. La nostra stessa memoria personale è in gran parte un falso, frutto di una mente che seleziona, rimuove, censura, secondo criteri di convenienza più che di obiettività.

La storia è un’opinione perché i processi attraverso cui ricordiamo sono opinabili. Persino l’esperienza dei sensi assume per noi un significato solo dopo esser passata attraverso il setaccio della memoria. V’è quindi una latente fallacia in ogni sapere basato sul ricordare.

Per liberarsi del passato non servono Giorni della memoria in cui battersi il petto, rigirarsi in giaculatorie penitenziali, in esecrazioni e rievocazioni, in processi alla storia interminabili quanto una psicoanalisi. Serve una memoria nuova, purificata. Chuang-Tzu, filosofo taoista, lo chiama “sedersi nell’oblio”.

Non vi sono regole da ricordare. Nel Giorno dell’oblio nessuno da un altare o da una tribuna ci catechizza, ci fa la morale. Non dobbiamo cercare un senso nelle cose, ritrovare verità dimenticate. Non chiediamo alla memoria risposte e soluzioni. Accettiamo d’essere parte di una realtà che è mistero e silenzio.

Harpo Marx entrò un giorno nel camerino di un attore debuttante e gli disse: se vuoi fare questo mestiere devi tenere a mente tre regole fondamentali. E te le direi volentieri, ma le ho dimenticate. Così, il Giorno dell’oblio ci ricorda che le cose più essenziali sono quelle che non abbiamo bisogno di ricordare perché sono parte di noi, per sempre.

8 Comments

  • Paola 28 Gennaio 2024

    Buongiorno, Professore. Lei è troppo clemente. Io ricorderò, tutto e sempre. Da quando sono venuta al mondo martellamento spaccazebedei con celebrazione coatta ed eterna delle “uniche vittime dell’unicità dell’unicum”, sicumera della cariatide immarcescibile e sciantosa che riceve l’ennesima laurea honoris (???) causa, mentre altrove massacrano senza tregua civili inermi che non sono -guai a equipararli!-“uniche vittime dell’unicità dell’unicum”…le parole persecutorie della medesima sciantosa arrogante mentre ci pestavano nelle piazze perché rifiutavamo la sacralità del fluido. Io li detesto. Mi assumo la responsabilità di ciò che dico. Detestare non è reato. Li detesto e non dimentico nê dimenticherò di detestarli. A maggior ragione nel giorno (che poi sono giorni, mesi, anni…) della “memoria”.

    • Livio Cadè 28 Gennaio 2024

      Cara Paola, faccio miei i Suoi sentimenti. Detestare questa gente significa aver conservato una mente sana. Ma io non ho detto di dimenticare. Solo lasciar riposare la memoria per un giorno. Una forma di igiene. Poi si riprende a detestare.

  • Paola 28 Gennaio 2024

    Ah, allora sì. Mi posso concedere la pausa. Una sorta di pennichella mentale atta a rinvigorire il sentimento.

  • Paola 28 Gennaio 2024

    Che poi sperare nell’anagrafe per porre fine al frantumar di gonadi è cosa vana, ahimè. Ho visto una sinistra ‘promo’ con nipoti e bisnipoti e tanta perfida determinazione a proseguire nei secoli. La cura Ludovico è cosa blanda, in confronto.

  • Enrico De Angelis 29 Gennaio 2024

    Fantastico come sempre. È un vero piacere leggere i suoi scritti. Grazie di cuore Livio Cadè.

  • Michele Franceschini 30 Gennaio 2024

    >La storia non è maestra di vita.
    >Ci insegna solo che dalla storia non impariamo nulla.
    Purtroppo è una tragica verità: le guerre mondiali hanno solo insegnato ad armarsi ancora di più.
    Le varie organizzazioni internazionali come onu nato e altre non riescono ad ottenere risultati anche perché Putin e i terroristi arabi si stanno organizzando da anni per quell’azione che ha seguito la pandemia da covit, un epidemia che aveva provato la maggior parte delle nazioni. Stiamo assistendo al tentativo di sovvertire un ordine mondiale che è stato costruito con 70 anni di storia e di impegno internazionale e che ci ha permesso di vivere uno dei più lunghi periodi di relativa pace in Europa.

  • investigator13 1 Febbraio 2024

    il giorno della memoria “che dobbiamo morire”… Oggi è una costante e celo dimostrano con tutta la crudeltà i potenti della geopolitica Ieri vittime oggi carnefici. I nuovi Faraoni.

  • Maurizio 25 Settembre 2024

    Rintraccio nelle sue riflessioni
    insegnamenti tao-buddhisti.
    Sintetizzando: la mente-non mente Chan. Maurizio xing wu ex monaco buddhista.

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