Io, lo sapete, ne avrete avuta la riprova su queste pagine, non ho molta passione per quello che si chiama “il teatrino della politica”, preferisco la tematica di ampio respiro a quel tipo di discorsi amati d certi commentatori politici che a ogni sondaggio discettano all’infinito su ogni mezzo punto perduto o guadagnato da questa o quella formazione politica.
È sostanzialmente una questione di carattere, io ho sempre avuto l’animo del lupo solitario, non mi è mai interessato uniformarmi al parere della maggioranza. Ho scelto quella che Schopenhauer chiamava “la verità non remunerata”, cioè, a fronte della persuasione di essere nel giusto, non avere paura di sostenere opinioni controcorrente o addirittura emarginate e demonizzate.
Non è dunque il genere di cose di cui ami perlopiù occuparmi, ma credo che le recenti evoluzioni della situazione italiana non possano essere ulteriormente lasciate senza un’analisi e un commento.
Nel momento in cui inizio a redigere queste note, siamo a fine febbraio 2024, si sono appena svolte le elezioni regionali in Sardegna. Sono di qua a poco previsti ulteriori test regionali che non si sa se confermeranno o meno il quadro della situazione emersa nell’isola. Tuttavia, penso che valga comunque la pena di esporvi alcune considerazioni a questo riguardo.
La prima cosa da rilevare è che i nostri politici – di centrodestra in questo caso, ma non credo che il centrosinistra sia differente – sembrano convinti che gli Italiani abbiano una memoria estremamente labile. Prima delle elezioni erano tutti a spiegarci l’importanza di questo test per tastare il polso agli umori dell’opinione pubblica nazionale, mentre adesso, dopo che le votazioni si sono concluse con la sconfitta – sul filo di lana, per la verità – del centrodestra, i politici, almeno di quest’ultima area, si sono affannati a spiegarci che essa è dipesa da una serie di situazioni locali non rapportabili sul piano nazionale. Contenti loro di crederlo!
La seconda considerazione è che è un vero peccato che perlopiù i dati delle votazioni vengano forniti in percentuali e non in numeri puri, perché ho la forte sensazione che un’analisi su questi ultimi dimostrerebbe che il centrosinistra non ha guadagnato nemmeno un voto rispetto alle politiche, e che la sua “vittoria” in un quadro di astensionismo crescente sia dovuta esclusivamente al fatto che ha perso meno consensi rispetto al centrodestra, perché, in poche parole, ha deluso di meno il proprio elettorato.
DELUSIONE, ecco la parola chiave per capire quello che sta realmente succedendo. Non lo vogliono capire, e questo non può che ricordarci l’antico detto che gli dei, per prima cosa, tolgono il senno a coloro che vogliono distruggere.
Cominciamo a parlare di Fratelli d’Italia, partito che è diventato l’asso piglia tutto del centrodestra e dai cui ranghi è uscita la premier Giorgia Meloni. Sostanzialmente ha vinto le elezioni politiche e trascinando alla vittoria il centrodestra facendo agli Italiani una sola solenne promessa, quella di bloccare gli sbarchi di clandestini, e questa è proprio l’unica cosa che non ha fatto. In compenso, non ha perso occasione di dimostrare un totale servilismo verso la UE, la NATO e il padrone americano, ha dimostrato un pieno appoggio – diciamo pure complicità – alla politica genocida di Israele contro il popolo palestinese, ha incentivato l’invio di armi all’Ucraina che, a parte il costo che rappresentano per noi, sono solo un modo per allontanare la pace in quella martoriata regione.
La ciliegina sulla torta è stato il caso di Ilaria Salis, dove Giorgia Meloni in persona ha interferito con la giustizia ungherese intenta a processare una terrorista rossa responsabile di reati violenti. Insomma ha fatto quanto era umanamente possibile per deludere e disgustare il proprio elettorato, facendo esattamente quello che un governo di centrosinistra avrebbe fatto e non facendo quello che un governo di centrosinistra non avrebbe fatto.
Ora è abbastanza ovvio che sempre più gente si chieda che senso abbia aver cambiato i suonatori per sentire sempre la stessa musica. Penso che dovrebbero solo ringraziare la tradizionale collosità dell’elettorato italiano, poco incline a cambiare il proprio voto, sentito perlopiù in termini di affinità di parrocchia, se la sconfitta elettorale in Sardegna non si è dimostrata un’imponente frana.
Qualche tempo prima, un noto cantautore aveva osservato che se avesse dovuto fondare un partito neofascista, l’avrebbe chiamato Fratelli d’Italia, sarebbe stato un nome perfetto. A ciò ho dato una risposta su Facebook, anche se dubito che sia giunta alle orecchie dell’interessato.
Prima di tutto, pur apprezzando la bontà dell’intenzione, tocca rammentare che la cosa è proibita dalle democratiche leggi della nostra democratica repubblica, secondo, che tale nome è ben lontano dall’essere perfetto, in quanto, oltre a fare riferimento al nostro non certo bello inno nazionale, ha un che di massonico, ma soprattutto che questa denominazione è già occupata da un partito di piccoli borghesi filo-yankee, filo-UE e filo-sionisti.
Però diciamo la verità, molti di noi sono rimasti delusi perché hanno voluto illudersi. I sintomi per capire cosa fosse realmente Fratelli d’Italia c’erano già tutti ben prima della tornata elettorale. Ricordo che due legislature or sono, quando il PD propose la legge che ha reso irrespingibili i clandestini minorenni (che si dichiarano minorenni, perché quando sbarcano da noi hanno spesso il telefonino, ma i documenti non ce li ha mai nessuno), Fratelli d’Italia, assieme a Forza Italia si astenne, lasciando sola la Lega a votare contro.
Probabilmente ricorderete che quando ci fu l’elezione della presidenza della Commissione Europea, sembrava che, per una volta, gli identitari fossero in condizione di mettere in minoranza gli europeisti (intendendo con questo termine i sostenitori della UE, che è l’Europa tanto quanto un cancro è l’uomo che ne è affetto, non è altro che la sponda europea del dominio mondialista, del NWO), ma il passaggio improvviso dei cinque stelle al fronte europeista scompigliò le carte e rese possibile l’elezione di Ursula Von Der Leyen. Fu ciò, l’inaspettato voltafaccia grillino, a mettere fine all’esperienza del governo gialloverde.
Tuttavia, in quella circostanza Fratelli d’Italia e Forza Italia erano nettamente schierate nel fronte europeista.
Non dimentichiamo poi che in occasione del 25 aprile di qualche anno fa, il co-fondatore di Fratelli d’Italia, l’ineffabile Crosetto ha manifestato il desiderio di sfilare assieme agli antifascisti.
Sarò polemico, ma chi non ha visto, è perché non ha voluto vedere, ha preferito lasciarsi ipnotizzare da quella fiammella tricolore, d’altra parte annegata in un biancoazzurro finiano.
Vediamo ora cosa accade alle spalle di Fratelli d’Italia, alle rotelline del triciclo (più il ruotino di scorta dei Moderati di Lupi).
Forza Italia e la Lega che un tempo rappresentavano tutto il centrodestra e ora sono ridotte ai minimi termini, sembrano due nobili decaduti precipitati nella miseria.
Devo essere sincero, sono rimasto sorpreso del fatto che Forza Italia si sia mostrata in risalita, sia pure lieve, comunque sufficiente a superare la Lega. Questo partito, che era il partito personale di Berlusconi, sembrava destinato a un malinconico tramonto con la senescenza del suo leader. Pare invece che abbia avuto una rinascita, ben lontana, s’intende, dai suoi tempi d’oro, alla morte di questi. Francamente, non credo che sia merito del suo erede politico e lider minimo Tajani.
Probabilmente, come dice il poeta, “Virtù viva sprezziam, lodiamo estinta”. La scomparsa di Berlusconi ha portato a una sorta di resipiscenza per il modo infame, quali fossero i suoi meriti e i suoi demeriti, con cui è stato trattato da una magistratura tutt’altro che obiettiva e infeudata a sinistra. Era già successo con Craxi.
C’è stato un momento, fra il crollo della balena bianca democristiana e la discesa in campo di Berlusconi, in cui la sinistra avanzava dappertutto, tranne dove si trovava la strada sbarrata dalla Lega. La Lega di Bossi aveva, è vero, velleità separatiste, anche se con scarsa o nulla probabilità di tradursi in concreto. Nonostante io abbia origini meridionali, come denuncia chiaramente il mio cognome, in quel momento guardai alla Lega con simpatia. Come dicono i cinesi, “non importa il colore del gatto, importa che mangi i topi”.
Aver emendato lo spirito separatista dalla Lega bossiana, è nello stesso tempo il maggior merito e il maggior demerito di Salvini, perché bisogna ammettere che finché la Lega era “Nord”, aveva comunque un’identità forte che la rendeva unica nello scenario fluido della seconda repubblica, e che la “fluidificazione” operata da Salvini non l’ha resa solo un partito come gli altri, ma ha coinciso con una perdita di consensi che negli ultimi tempi si è fatta disastrosa.
La trovata di rilanciare l’idea del ponte sullo stretto di Messina non può non lasciare perplessi. Non solo si tratterebbe di un’impresa faraonica che comporterebbe un disastro ambientale, ma proprio là dove lo si vorrebbe erigere, è una delle zone più sismiche d’Italia, ma soprattutto è palesemente una sorta di cavallo di Troia per espandere la base elettorale della Lega anche al sud. Con risultati che per ora non si sono visti.
Come vi ho detto all’inizio, ho il sospetto che il risultato ottenuto dal centrosinistra in Sardegna, e che probabilmente si ripeterà nelle elezioni in altre regioni, può non dipendere dall’aver guadagnato nemmeno un voto, ma in una situazione di crescente disaffezione e astensionismo, averne persi di meno, avere un numero minore dei propri elettori passati all’astensione, rispetto a quanto è successo al centrodestra.
E’ quasi patetico sentirli parlare oggi e fare ogni volta la giaculatoria su quello che si potrebbe fare e il governo in carica non fa. Chi, se non il centrosinistra, ha governato quasi ininterrottamente negli ultimi tre quarti di secolo? Perché non hanno mai cercato di realizzare nulla del Libro dei Sogni che ora ci sventolano sotto gli occhi?
Io credo che il PD della Schlein (bellissimo nome italico, tra l’altro) abbia poco da cantare vittoria per il risicato successo sardo. I sondaggi al riguardo parlano chiaro: oggi a votare per quello che è l’erede del PCI, non sono più gli ambienti operai, che oggi accordano la preferenza perlopiù al centrodestra, ma i ceti borghesi e pseudo-intellettuali radical-chic. Si tratta di un elettorato volubile il cui consenso può essere estremamente labile. In altre parole, il famoso “zoccolo duro” occhettiano non esiste praticamente più.
Continua per la verità a esistere una frangia di vetero-comunisti che si fa sentire non solo in occasione di manifestazioni violente, ma profanando e imbrattando le lapidi e i monumenti alle vittime delle foibe, che spende le sue energie nel tentativo di nascondere la verità che sul confine orientale, migliaia di italiani sono stati ferocemente massacrati per nessun’altra colpa se non quella di essere italiani, continuano a svelare il volto tirannico e radicalmente anti-italiano della sinistra. Se finissero per sparire del tutto, e PD tornasse a essere solo la sigla automobilistica di Padova, non avremmo alcun motivo per rimpiangerli.
I cinque stelle sono senz’altro un’anomalia italiana. Nati come movimento che voleva rivoluzionare radicalmente le cose, hanno dimostrato in poco tempo di essere tutto e il contrario di tutto. Dall’alleanza di governo con la Lega al sostegno alla Von Der Leyen al parlamento europeo, alla coalizione con il PD. Nei tempi più recenti si era visto la geografia del loro elettorato coincidere perfettamente con quella dei beneficiari di quella misura assistenziale e clientelare, pesante ostacolo all’economia reale, che ha operato distogliendo braccia soprattutto giovanili dal mondo del lavoro, che è stata il reddito di cittadinanza.
Con l’eliminazione di questo provvedimento, c’era da aspettarsi che sparissero dalla scena, cosa che almeno finora non è successa, fatto probabilmente spiegabile in base a vari fattori. Possono aver recuperato parte della base popolare persa da un PD dedito interamente a LGBT, migranti e armocromia, ma penso che un certo peso ce l’abbia la segreteria di Giuseppe Conte, figura piuttosto insolita nel nostro panorama politico. Avvocato di non grande rinomanza, fu tirato in ballo come figura terza per presiedere il governo gialloverde. Si è poi trovato alla guida dei cinque stelle dopo il ritiro dalla scena degli ineffabili Grillo e Di Maio, dando ai cinque stelle quel che era loro fin allora mancato, un leader con la faccia di persona seria.
Francamente, non so se valga la pena di parlare del cosiddetto terzo polo formato dai fuoriusciti del PD Renzi e Calenda, ciascuno dei quali si è fatto il suo partitino personale, e non sembrano nemmeno capaci di andare d’accordo fra di loro nonostante siano su posizioni molto simili. Soprattutto Renzi, dà l’impressione che rimasto vedovo di una passata posizione di segretario del PD e di premier, abbia voluto rifarsi dando vita a una conventicola privata, a un partito giocattolo.
Ma a parte questo, è chiaro che in un sistema politico che si è ridisegnato a imitazione di un bipartitismo all’americana, un terzo polo non ha alcuna possibilità.
Vi riporto una battuta che ho trovato in internet.
“Marina Occhiena torna coi Ricchi e poveri e muore Franco Gatti. Riccardo Fogli torna coi Pooh e muore Stefano D’Orazio, adesso speriamo che Renzi e Calenda tornino nel PD”.
Ultimamente, ho avuto una discussione con un un conoscente, che mi ha fatto presente che i gruppi politici che si trovano (sono costretto come al solito a usare una terminologia impropria grazie alle democratiche leggi della democrazia) alla destra di Fratelli d’Italia, oltre a essere fra loro frazionati, non si schiodano a ogni elezione da un miserabile zero virgola per cento.
Gli ho risposto che a mio parere gli zero virgola sono ben lungi dal rappresentare l’area del potenziale consenso “nostro”, sono semplicemente quelli fra noi che ancora credono si possa ottenere qualcosa dalla roulette elettorale, che è come giocare contro un baro che gioca con carte segnate.
Ma se ci guardiamo attorno, vediamo che il malumore e la disaffezione sono in crescita esponenziale. Parliamo della protesta dei trattori che fa seguito a quella dei forconi di qualche anno fa. La nostra agricoltura è in sofferenza per i diktat della UE. Sempre meno gente è disposta a rovinare la nostra economia per rifornire di armi l’Ucraina, e ancora meno approva l’appoggio dato dal nostro governo alla politica genocida di Israele contro il popolo palestinese. C’è molto malumore in giro, e prima o poi finirà per esplodere.
NOTA: Nell’illustrazione, una sintesi della situazione italiana, una marea di partiti, nessuna vera alternativa.
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