7 Ottobre 2024
Politica

Blocchi continentali contro egemonismo oceanico. La dialettica geopolitica – Youssef Hindi

La geopolitica è la materia – tra storia, geografia, antropologia culturale e scienza politica – che cerca di spiegare gli eventi storici, e prevederne gli esiti, mettendo a frutto conoscenze interdisciplinari e indagine storica. I suoi protagonisti, generalmente uomini politici con una profonda visione storica, hanno spesso lavorato nell’interesse strategico delle potenze di cui erano cittadini o dirigenti. Fu lo svedese Rudolph Kjellen (1864-1922) ad impiegare per primo il termine “geopolitica”, concetto sviluppato nella sua opera fondamentale, Lo Stato come organismo vivente (1916). Caratteristica della geopolitica è l’approccio fortemente realistico, basato sull’analisi delle concrete condizioni economiche, finanziarie, militari, storiche, geografiche e sulle caratteristiche antropologiche degli scenari che studiano.

Per questa sua straordinaria importanza, generalmente riservata a ristrette cerchie di specialisti, la geopolitica è forse la scienza capace di fornire le risposte più veritiere ai grandi accadimenti storici, bellici e alle più importanti scelte economiche, decise dietro le quinte, all’insaputa del pubblico e di gran parte degli stessi ambienti di potere. Potremmo concludere che la geopolitica studia e rivela gli arcani imperii, i segreti del potere. Per questo abbiamo deciso di offrire ai lettori un interessante saggio sulle questioni geopolitiche del presente, con uno sguardo particolare al conflitto tra Russia e Occidente, la guerra per procura (proxy war) che si svolge in Ucraina. Ne è autore un giovane studioso marocchino di lingua francese, Youssef Hindi, che trae molte delle sue convinzioni dallo studio delle opere del grande geopolitico tedesco Karl Haushofer, in particolare dal monumentale Sulla geopolitica, da cui sono tratte le citazioni virgolettate del testo. La traduzione, l’editing e le note sono a cura di Roberto Pecchioli. La fonte è www.strategika.fr.

La geopolitica è “la coscienza geografica dello Stato” (K. Haushofer). Lo Stato è una comunità di uomini in uno spazio definito, anzi una civiltà dai confini netti; in questo caso si può parlare di uno “Stato-civiltà” – per usare il concetto di Weiwei Zhang, come la Cina, e la Russia. (1) Per il geopolitologo tedesco Karl Haushofer (1869-1946), la geopolitica non è né di destra né di sinistra, ma mira a servire tutta l’umanità promuovendo la comprensione tra i popoli. Oggetto di studio di Haushofer sono le “grandi connessioni vitali dell’uomo di oggi nello spazio di oggi” e il suo scopo è “l’inserimento dell’individuo nel suo ambiente naturale e il coordinamento dei fenomeni che collegano lo Stato allo spazio”.

Questa disciplina mira anche e soprattutto a fornire ai decisori politici gli strumenti intellettuali necessari per un efficace processo decisionale e di azione. Tuttavia, ciò che constatiamo oggi è che esiste una geopolitica cinese, una geopolitica russa e una geopolitica americana, ma non esiste una geopolitica europea, poiché il Vecchio Continente è integrato nello spalto americano. E anche se gli Stati Uniti si ritirassero dall’Europa, non ci sarebbe una geopolitica europea, ma una geopolitica francese, tedesca, italiana, eccetera.

Gli stati europei sono stati privati da parte di Washington della loro sovranità e del loro diritto di designare i propri amici e nemici. “Finché un popolo esiste nella sfera politica, deve fare lui stesso la distinzione tra amici e nemici, riservandola però a circostanze estreme delle quali sarà unico giudice. Questa è l’essenza della sua esistenza politica. Nel momento in cui gli manca la capacità o la volontà di fare questa distinzione, cessa di esistere politicamente. Se accetta che uno straniero gli imponga la scelta del suo nemico e gli dica contro chi ha il diritto o meno di combattere, cessa di essere un popolo politicamente libero e viene incorporato o subordinato a un altro sistema politico”.

Quest’altro sistema politico è l’Unione Europea più la NATO, guidati dagli Stati Uniti. Se la politica è l’ambito della distinzione tra amico e nemico (2), allora l’ambito della geopolitica è quella dell’alleanza e del confronto tra Stati. La geopolitica applicata è, prima di tutto, gestione, da parte dell’autorità politica, del suo spazio, dello spazio del suo popolo. Rendere sicuri i propri confini e mantenere al di fuori di essi, il più lontano possibile, qualunque minaccia possa esercitare qualsiasi Stato, qualsiasi esercito, qualsiasi organizzazione ostile. Per Haushofer il concetto di geopolitica è “uno degli strumenti politici più utilizzabili e raffinati per registrare e misurare la distribuzione del potere nello spazio, sulla superficie della terra: una chiave per il gioco delle forze, che tanto influenza il nostro presente e il nostro futuro; utilizzando questa chiave possiamo mettere in gioco e sovrapporre quasi senza lacune i fattori descrittivi spaziali della geografia politica e i fattori descrittivi temporali della storia quotidiana nei loro risultati per la forza dinamica trasformatrice del giorno e del momento. “Nemici strutturali: terra/mare, impero/egemone. Nell’Antichità si forgiarono Stati e grandi modelli di potenze geopolitiche, che si evolvettero sul piano tecnico ma di cui rimase lo spirito. L’opposizione tra impero terrestre ed egemone marittimo è un elemento permanente fino ad oggi, e struttura la geopolitica mondiale. Le guerre tra Sparta e Atene, e tra Roma e Cartagine, troveranno echi nel Medioevo e in epoca moderna nelle guerre tra Inghilterra e Francia, Inghilterra e Russia, Inghilterra e Germania e oggi in quella tra Stati Uniti e Russia. Le costanti geopolitiche abbracciano un periodo storico molto lungo. Sul piano geopolitico e giuridico viviamo, a partire dal XVI secolo, in un mondo in cui due ordini spaziali si oppongono: quello del mare aperto e quello della terraferma. “È così che l’ordine mondiale eurocentrico emerso nel XVI secolo fu diviso in due ordini globali distinti, terra e mare. Per la prima volta nella storia dell’umanità, l’opposizione tra terra e mare diventa il fondamento universale dei diritti umani globali. D’ora in poi non si tratterà più di mari interni come il Mediterraneo, l’Adriatico o il Baltico, ma dell’intero globo terrestre, misurato geograficamente, e degli oceani…

Due ordini universali e globali si fronteggiano dunque senza potersi rapportare al rapporto tra diritti universali e diritti particolari. Ognuno di essi è universale. Ognuno ha la propria idea di nemico, guerra e saccheggio, ma anche di libertà. La grande decisione globale del diritto delle genti nei secoli XVI e XVII culminò dunque nell’equilibrio tra terra e mare, nel faccia a faccia di due ordini che non fecero altro che determinare il nuovo nomos della terra (3) nelle tensioni della loro convivenza. Da quel momento e fino alla fine del XX secolo, gli equilibri di potere si spostarono a vantaggio delle potenze marittime, in particolare dell’Impero britannico e poi del suo erede americano. La caduta del potere continentale seguita alla riforma protestante che indebolì sia la Chiesa Romana che il Sacro Romano Impero, permise nel lungo termine l’espansione egemonica delle talassocrazie (4) anglo-americane e la riduzione a vassallo Usa dell’Europa continentale. L’uscita dalla scena della storia dell’Europa, così come la nascita del mondo multipolare, fu percepita da alcune menti visionarie già a partire dagli anni Trenta/Quaranta del secolo XX secolo. Nella sua corrispondenza con Nicolaus Sombart, tra il 1933 e il 1943, Carl Schmitt scrisse: “I veri concorrenti oggigiorno sono Russia e Stati Uniti. L’Europa è fuori gioco. Tocqueville (5) lo ha capito cento anni fa. Ma anche l’idea stessa di dominio del mondo è finita. Ciò che sta arrivando è un nuovo Nomos della Terra, un nuovo ordine geografico. Dobbiamo pensare in termini planetari, nelle dimensioni di una rivoluzione geografica planetaria. Ciò che sta emergendo ora è un ordine di “ampio spazio aperto”.  L’attuale guerra tra Russia e NATO in Ucraina è il risultato di questa tensione tra potenze terrestri e marittime. La guerra che la Russia sta conducendo oggi è classica, nel senso che la combatte dove sono presenti popolazioni di lingua russa nei territori dell’ex impero russo e sovietico. Combatte nella sua zona d’influenza naturale e non dall’altra parte del mondo. Si tratta di una guerra ottocentesca, tipica delle potenze terrestri, paragonabile a quella della Prussia che lottò per riunire (parzialmente) le popolazioni germaniche sparse in varie parti d’Europa. La Russia sta anche conducendo una guerra per proteggere la sua zona di influenza geopolitica che l’America sta invadendo attraverso la NATO. Possiamo risalire all’antichità per trovare questo tipo di guerra limitata al fine di preservare o espandere la propria zona di influenza. Una zona di influenza che coincide con la zona di sicurezza, per tracciare un limite geografico oltre il quale è minacciata la vita stessa dello Stato.

Nella prima metà del III secolo a.C., quando Roma unificò l’Italia, era minacciata a est, sulla costa tirrenica, da Cartagine. Intorno al 280 a.C., Cartagine occupò Lipara (oggi Lipari) nelle Isole Eolie, un importante posto di osservazione all’imbocco dello Stretto di Messina. Nel 270 a.C. Roma riconquista Reggio, di fronte alla Sicilia, e da quel momento controlla lo Stretto di Messina, una delle due maggiori vie di comunicazione tra il bacino orientale e quello occidentale del Mediterraneo. Cartagine, che tentò senza successo di impedire l’unificazione della penisola italiana da parte di Roma, volle allora almeno chiudere l’accesso di Roma alla Sicilia, chiave dell’egemonia coloniale cartaginese. Possiamo tracciare un parallelo con la sequenza storica che inizia con l’avvento al potere di Vladimir Putin all’inizio degli anni 2000. Mentre la Russia si è ricostituita e ha consolidato il suo Stato, si è trovata minacciata dagli Stati Uniti, la Cartagine dei tempi moderni nei suoi confini (la guerra cecena) e all’esterno dalla progressione della NATO verso la sua zona di influenza, la sua zona di sicurezza. Per affermarsi come potenza regionale, Roma è costretta a lasciare la penisola italiana e affrontare Cartagine, proprio come la Russia ha lasciato i suoi confini per affrontare la NATO in Ucraina. In entrambi i casi la guerra era inevitabile. Poiché delle due l’una: o la potenza terrestre rimane entro i suoi confini e permette alla potenza marittima di venire ad attaccarla sul suo territorio, col rischio di essere messa alle strette o addirittura di scomparire, oppure progetta di proteggere militarmente una zona di influenza più ampia che costituisca una protezione duratura. Gli interessi di Cartagine, che risiedevano nel controllo militare, politico e commerciale del Mediterraneo, erano direttamente opposti agli interessi vitali di Roma, che doveva garantire una zona di influenza e protezione. Cartagine stava bloccando Roma, proprio come gli americani stanno facendo con la Russia. I Cartaginesi volevano fare della Sicilia un ponte verso l’Italia, proprio come gli americani usavano l’Ucraina come testa di ponte verso la Russia.

La Russia, come Roma in passato, è in modalità difensiva, ma sta rispondendo all’attacco di un nemico, l’America, che è fuori dalla portata del suo esercito. Roma distrusse Cartagine per ridurre a nulla la minaccia. La Russia può distruggere l’America solo a costo di uno scambio nucleare catastrofico per l’umanità. Mentre gli Stati Uniti minacciano la Russia vicino al suo confine utilizzando agenti ucraini ed europei. Gli americani stanno conducendo una guerra internazionale contro la Russia senza doversi coinvolgere ufficialmente. L’asimmetria militare a svantaggio della Russia è straordinariamente significativa. Ma l’asimmetria in questo conflitto non è esclusivamente militare. La Russia sta conducendo una guerra tradizionale, convenzionale, di natura limitata. Diremo addirittura che l’offensiva russa è limitata dalla natura stessa della Russia. Gli Stati Uniti conducono una guerra oltre ogni limite, vale a dire una guerra il cui spazio d’azione non è più solo militare, ma anche civile, economico, giuridico, sociale. La guerra off-limits è una guerra totale. Ed è proprio questo attacco totale che la Russia si trova ad affrontare da molti anni.  La costituzione di blocchi geopolitici in reazione all’egemonismo della talassocrazia: Cina/Russia contro l’egemone anglo-americano è arrivato l’ordine dei grandi spazi. Questo è quello che chiamiamo mondo multipolare fatto di grandi potenze che aggregano attorno a sé nazioni che formano blocchi geopolitici. La sequenza unipolare fu solo un breve momento durante il quale le potenze russa e cinese dovevano essere ricostituite. Un malinteso storico, alla fine. Questo breve periodo, di circa vent’anni, fu interpretato da alcuni americani come la fine della Storia, a significare la loro egemonia sul pianeta. Questo inizio del XXI secolo non è solo quello della multipolarità, ma anche quello dello spostamento del baricentro verso Est, verso il cuore continentale del mondo, a scapito delle talassocrazie periferiche. Si tratta di un’inversione fenomenale dell’equilibrio di potere su scala storica e planetaria. Le maggiori risorse energetiche (petrolio, gas, senza dimenticare le materie prime) e le maggiori potenze economiche e militari sono detenute dagli Stati continentali che controllano grandi spazi e si alleano con numerosi Stati dell’immensità continentale africana.

Gli Stati Uniti e il resto del mondo occidentale rappresentano il venticinque per cento della popolazione mondiale, a cui fa fronte il restante settantacinque per cento che si aggrega attorno alle due potenze continentali Russia e Cina. È la fine dell’era talassocratica. Anche Halford John Mackinder (1861-1947) (6) più di un secolo fa mise in guardia l’Impero britannico dal pericolo rappresentato dalla potenza terrestre russa, in quanto la potenza continentale aveva maggiori possibilità di trionfare contro la potenza marittima di fronte alla diplomazia, per quanto ingegnosa, di quest’ultimo. Coloro che sono sorpresi nel vedere il riavvicinamento sino-russo stanno semplicemente ignorando le costanti e i fondamenti della geopolitica. Il patto Molotov-Ribbentrop, concluso alla vigilia della Seconda guerra mondiale, era giustificato dalla necessità che le due potenze terrestri, tedesca e russa, si unissero e formassero un “blocco” contro le potenze marittime anglo-americane, e questo nonostante le loro differenze ideologiche. L’errore fatale di Adolf Hitler fu quello di rompere questo patto, con grande vantaggio degli inglesi e degli americani che si liberarono così, a costi minimi, di un ingombrante Stato dominante nel cuore dell’Europa. “Fu solo dopo aver esposto ai principali capi militari i suoi piani di conquista dell’Est che Hitler incontrò la resistenza degli ambienti tradizionali di cui il generale Beck era un tipico rappresentante”. Questi circoli tradizionali cercavano di restaurare una Germania forte e la sua egemonia secondo il modello classico. I leader cinese e russo, che hanno una forte coscienza storica, non commetteranno l’errore di separarsi. Soprattutto perché la duplice politica di contenimento americana nei confronti di Russia e Cina sta costringendo questi due paesi a unirsi. Essendo il globo un campo di battaglia in cui “gli stati competono per il dominio del mondo”, la guerra in Ucraina può essere interpretata come la continuazione della politica eurasiatica della Russia per proteggere il continente. Questa è quella che tradizionalmente viene chiamata “pacificazione”, alla romana (pax romana).

Comprendiamo quindi naturalmente il sostegno fornito da Pechino a Mosca; il Regno di Mezzo ne ha bisogno, per perpetuare le sue nuove Vie della Seta (7), affinché l’Europa e l’Asia siano pacificate. La Russia sta quindi svolgendo un lavoro necessario agli occhi della Cina. Ciò che colpisce oggi è che il realismo geopolitico tedesco sia stato adottato da russi e cinesi. Così scriveva Haushofer nel 1940: “senza dubbio il cambiamento più grande e più importante nella politica mondiale del nostro tempo è la formazione di un potente blocco continentale che comprende l’Europa, l’Asia settentrionale e orientale. Ma non tutte le grandi formazioni e configurazioni di questo ordine nascono già pronte nella testa di un uomo di stato, per quanto grande possa essere, come la famosa dea greca della guerra nel suo aspetto trasfigurato. Le persone informate sanno come viene preparata tale formazione da molto tempo.” La politica euro-asiatica, infatti, non è un progetto originariamente e puntualmente elaborato da pochi leader, ma il frutto della necessità, della forza delle circostanze storiche. L’alleanza euroasiatica segue un principio che ci arriva dall’Antichità, al momento della nascita dello Stato romano: “Fas est ab hoste doceri”. Lasciarsi ammaestrare dal nemico è un dovere sacro. “Alla nascita di gruppi politici importanti, spesso l’avversario ha molto presto un acuto istinto di ciò che lo minaccia, un sentimento premonitore che uno straordinario sociologo giapponese, G. E. Vychara (8), attribuisce a tutto il suo popolo, e che permette di intravvedere da lontano i pericoli in arrivo. Questa caratteristica nazionale è molto preziosa. Tutti saranno sorpresi di apprendere che coloro che per primi videro all’orizzonte la possibilità di un simile blocco continentale, carico di minacce al dominio mondiale degli anglosassoni, furono i leader inglesi e americani, in un momento in cui per noi nel Secondo Reich [1871-1918] non si era ancora delineato un quadro delle possibilità che sarebbero potute derivare da un collegamento tra l’Europa centrale e la potenza dominante dell’Asia orientale. [il riferimento è al Giappone] attraverso l’immensa Eurasia”, scriveva Haushofer nel 1940.

Lord Palmerston (1784-1865), politico britannico, due volte primo ministro, disse, durante una crisi ministeriale nel 1851: per quanto spiacevoli possano essere oggi i nostri rapporti con la Francia, dobbiamo mantenerli perché alle spalle minaccia una Russia che possa collegare l’Europa e nell’Asia orientale e, da soli, non possiamo far fronte a una situazione del genere. Homer Lea (1876-1912), avventuriero e scrittore americano, scrive un libro sul crepuscolo degli anglosassoni al culmine dell’Impero mondiale britannico. Secondo lui la fine della dominazione inglese sarebbe arrivata il giorno in cui Germania, Russia e Giappone avessero unito le forze. Capiamo allora che non sono state le menti di Vladimir Putin e Xi Jinping a sviluppare la politica di riavvicinamento sino-russo. Si tratta di una reazione alla geopolitica degli anglo-americani che chiamavano “politica dell’anaconda”. Accerchiamento, soffocamento e schiacciamento delle nazioni. È un rapporto dialettico, una minaccia che costringe gli stati continentali a formare spazi potenti e ampi per ostacolare la politica dell’anaconda. Inoltre, l’obiettivo strategico anglo-americano di separare Germania e Russia non è nuovo. Oggi Washington distrugge i gasdotti che collegavano questi due paesi, e ieri, nel 1919, quando la Germania era in ginocchio e disarmata, gli anglo-americani temevano la collaborazione tedesco-russa e proponevano “che al prezzo di un grandioso trasferimento degli abitanti della Prussia orientale verso ovest, la Germania ha ora accesso solo alla sponda occidentale della Vistola, solo così Germania e Russia non possono più incontrarsi direttamente”. Il Trattato di Rapallo firmato il 16 aprile 1922 dalla Germania e dalla Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa fu una grande delusione per l’inglese Mackinder e la sua scuola.

La nuova Via della Seta cinese, che collega la Cina orientale all’Europa occidentale attraverso una rotta essenzialmente continentale, ha fatto rivivere una vecchia paura anglo-americana. Recentemente, la cameriera italiana di Washington, Giorgia Meloni, ha portato l’Italia fuori dalla Nuova Via della Seta cinese. Lo storico e geopolitologo americano Brook Adams (1848-1927) vide nella possibilità di una vasta politica ferroviaria transcontinentale con i capolinea di Port Arthur (ora Lu Shunku ) e Tsing-Tao (due porti della Cina orientale), un’unità tedesco-russa dell’Asia orientale che ogni tentativo al blocco inglese o americano, anche combinati, non avrebbero potuto rompere.  Lo vediamo oggi. La politica delle sanzioni americane contro la Russia, appoggiata dalla Cina e da altre vaste aree del mondo multipolare (BRICS) (9), è vana. Anche senza l’Europa, che Washington è riuscita a separare dalla Russia, l’alleanza continentale eurasiatica sta già mettendo sotto controllo gli anglo-americani sul piano politico, militare ed economico. La rottura russo-europea provocata dagli americani spinge la Russia ancora di più verso un altro continente, l’Africa, dove i cinesi sono già ben radicati. Possiamo chiamarli i vasi comunicanti della geopolitica. Gli Stati Uniti vivono dei guadagni geopolitici della fine della Seconda Guerra Mondiale. In particolare, il controllo dell’Europa e del Giappone. La politica per contrastare l’egemonia anglo-americana deve essere condotta senza queste due regioni del mondo, ma con un numero significativo di potenze grandi e medie, tra cui India, Iran, Indonesia, Sud Africa e Brasile. A cui si aggiunge un’Africa che si inclina verso Est a scapito dell’Ovest.

Verso quale epilogo? Ma la forza di attrazione della massa economica continentale potrebbe strappare il Giappone e l’Europa dal seno giudeo-protestante anglo-americano, se non si verifica prima una guerra mondiale (vale a dire uno scontro diretto tra le grandi potenze). Perché se ieri l’America era una potenza economica attraente, oggi offre ai suoi vassalli la recessione, la povertà, il saccheggio delle industrie, la guerra, l’umiliazione continua. I leader europei sono quindi presi in una morsa tra i loro padroni dell’oligarchia occidentale che stanno trascinando i loro paesi nell’abisso, e i loro popoli in rivolta che si oppongono a questa politica mortifera. Da parte sua, la Russia attende di trarre vantaggio dalla guerra di logoramento contro l’Occidente finché la pazienza dei popoli europei non raggiungerà i suoi limiti. La pressione russa sui governi europei non è visibile ma reale. La capacità di resistenza e le risorse dei russi sono di gran lunga superiori a quelle dell’Occidente. Mosca non può quindi far altro che prolungare le ostilità e l’esaurimento industriale europeo finché la popolazione non potrà più sopportarne gli effetti economici. Per quanto riguarda il Giappone, ha mostrato il pragmatismo specifico della sua cultura. Tokyo ha rifiutato di sacrificare la propria economia per le esigenze strategiche degli Stati Uniti. “Gli Stati Uniti hanno mobilitato i loro alleati europei per limitare gli acquisti di petrolio greggio russo a sessanta dollari al barile, ma uno dei più stretti alleati di Washington in Asia sta ora acquistando petrolio a prezzi superiori a tale tetto. Il Giappone ha convinto gli Stati Uniti ad accettare questa eccezione, affermando che ne aveva bisogno per garantire l’accesso all’energia russa. La concessione mostra la dipendenza del Giappone dalla Russia per i combustibili fossili, che secondo gli analisti ha contribuito all’esitazione di Tokyo a sostenere ulteriormente l’Ucraina nella sua guerra contro la Russia. (10) Gli americani si trovano ad affrontare una situazione difficile. Chiedono cieca obbedienza agli Stati vassalli contro i loro interessi vitali. Tirare troppo forte la corda della sottomissione finirà per romperla. La posizione geografica del Giappone, che è vicino ai due colossi geopolitici Cina e Russia, potrebbe in definitiva spingerlo verso un riavvicinamento con Pechino e Mosca per trovare un modus vivendi. Poiché è vitale per il Giappone il bisogno di idrocarburi della sua potente industria, Tokio non può fare harakiri per una guerra che non la riguarda. La realtà dell’equilibrio di potere è evidente tra una minoranza demografica su scala globale che conduce una politica economica e militare mortale, e le grandi potenze terrestri che sperimentano un boom economico e stanno lavorando per stabilizzare il grande continente.

NOTE

  1. Stato-civiltà è anche l’espressione usata dalla scuola degli “euroasiatisti” per definire la condizione storica della Russia. Il caposcuola fu Lev Gumilev (1912-1992) dissidente sovietico, figlio della poetessa Anna Achmatova.  Eurasiatista è Aleksandr Dugin, il più noto intellettuale contemporaneo russo, enunciatore della Quarta teoria Politica.
  2. Sulla distinzione amico nemico è fondamentale l’influenza di Carl Schmitt, giurista, pensatore e politologo tedesco (1888-1982), sviluppata in opere come Teoria del partigiano e Le categorie del politico.
  3. Carl Schmitt, Le categorie del politico. Ed. IL Mulino. Op.cit.
  4. Talassocrazia è il sinonimo di potenze legate al mare.
  5. de Tocqueville (1805-1859) uomo politico e scrittore francese. Fu il primo analista della società di massa nel celebre saggio La democrazia in America.
  6. Halford Mackinder fu il massimo geopolitico inglese sin dall’era vittoriana. Teorizzò la necessità di controllare l’heartland, il cuore del mondo, ossia l’Asia Centrale, per esercitare una duratura egemonia imperiale.
  7. Via della Seta è il nome attribuito nel secolo XIX a un ampio reticolo di vie terrestri, fluviali e marittime lungo le quali si svolgeva sin dall’antichità il commercio tra la Cina e l’Impero Romano. La Nuova Via della Seta è un gigantesco progetto di infrastrutture per convogliare il commercio da e per l’Oriente sino all’’Oceano Atlantico ideato dalla Cina. La Russia vi sta aggiungendo la rotta marittima artica.
  8. In realtà Vychara è un concetto della filosofia orientale che significa deliberazione; È la facoltà di discernimento che distingue il Reale dall’irreale.
  9. BRICS ( Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica ) è l’acronimo che comprende alcune potenze emergenti e la loro alleanza economica e finanziaria. Attualmente aderiscono al sistema BRICS numerosi altri Stati di varie aree del mondo.
  10. Il Giappone rompe con gli alleati degli Stati Uniti e acquista petrolio russo a prezzi superiori. The Wall Street Journal, 04/02/2023. https://www.wsj.com/articles/japan-breaks-with-u-s-allies-buys-russian-oil-at-prices-above-cap-1395accb

 

 

 

 

1 Comment

  • Le_marquis 2 Luglio 2024

    Devo aver male interpretato la Storia.
    Avevo letto, da qualche parte, che da Atene a Roma, e poi attraverso Carlo Magno e Federico, l’Europa avesse costituito un nucleo di civiltà costituito intorno ad alcuni valori fondanti condivisi, in gran parte sostituiti da quelli del cristianesimo (paolino), ma pur sempre trasversali alle sue genti.
    Questa civiltà, con tutti i suoi frazionamenti, campanilismi, le continue divisioni tra guelfi e ghibellini, ha dapprima bruciato i suoi ideali sull’altare della Dea Ragione, con le grandi rivoluzioni figlie del Secolo dei Lumi, che hanno derivato progressivamente fino a portare agli assolutismi della prima metà del XX Secolo, poi – in una resipiscenza aiutata dal supporto USA (certo non fine a se stesso, non per generosità, ma neppure la guerra di Troia fu combattuta per vendicare l’onore di un marito tradito) – riconquistò la sua identità, combatté un’aspra guerra per riaffermare la libertà degli individui e dei popoli, fece strame di ogni totalitarismo.
    Anche il bolscevismo sovietico è, infine, caduto, una manciata di anni prima che la nuova Europa, burocratizzata ogni limite, vincolata da patti anche segreti con gli USA, rinunciasse al riconoscimento delle proprie radici, e perdesse l’occasione di dotarsi di una Costituzione comune.
    Credevo, nella mia ingenuità, che il sangue dei nostri Padri avesse, comunque, un suo perdurante valore.
    Invece scopro che l’Ucraina può essere lasciata al suo destino, che quella frizione tra invasore e invaso inizia a scocciare, e che anzi le ragioni sono dell’invasore.
    E mi perplimo….

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