1 Luglio 2024
Archeostoria

L’eredità degli antenati, centocinquantaquattresima parte – Fabio Calabrese

Riprendiamo ancora una volta il nostro cammino sulle tracce degli antenati, la ricerca della nostra eredità ancestrale, partendo dal mese di maggio 2024. Seguendo una prassi ormai consolidata, andrò ancora una volta per prima cosa a verificare cosa ci offrono in questo periodo i siti stranieri, in particolare “Ancient Origins” e “Ancient Pages”, anche perché per quanto riguarda i siti italiani, negli ultimi tempi si registra un notevole calo di interesse.

Su “Ancient Origins” esordisce il 1° maggio una nuova collaboratrice, M. R. Reese, con un articolo dedicato alla dama di Elche. Si tratta, per la verità di un manufatto molto noto, e di cui anch’io vi ho parlato più volte. Questo busto, forse un tempo parte di una statua a figura intera, è stato ritrovato in Spagna, a Elche vicino a Valencia, e raffigura un personaggio femminile munito di un elaborato copricapo che ha fatto pensare che si tratti della raffigurazione di una sacerdotessa, e si ritiene risalga al IV secolo avanti Cristo. Un’ipotesi suggestiva è che essa sia una testimonianza di quel mondo mediterraneo pre-indoeuropeo cui appartenevano anche Etruschi e Minoici.

Sempre il 1° maggio, un altro nuovo collaboratore, Ken Goudsward affronta una questione che ci sta molto a cuore, quella delle origini indoeuropee, in particolare analizzando la tesi di Marija Gimbutas che le riconduce alla cultura dei Kurgan, diffusa nelle steppe dell’Asia centrale. “idea giusta, continente sbagliato”, ci dice Goudsward, nel senso che quella dei Kurgan era effettivamente un’arcaica cultura indoeuropea, ma ne rappresenta un’area periferica, mentre la vera Urheimat indoeuropea va ricercata in Europa ed è verosimilmente connessa con la cultura Jamnaya, sorta nelle regioni dell’Ucraina e della Russia meridionale attorno al Mar Nero.

Un articolo non firmato del 2 maggio ci riferisce della ricostruzione effettuata dai ricercatori dell’Università di Cambridge, del volto di Shanidar Z, una donna di Neanderthal vissuta 75.000 anni fa, e i cui resti sono stati ritrovati nella grotta di Shanidar in Irak. Ci appare un volto non troppo dissimile da quello di un essere umano moderno. Ogni nuova scoperta riduce la distanza supposta fra questi nostri predecessori e noi, e rende meno credibile l’origine africana della nostra specie.

Il giorno 3, Robbie Mitchell ci parla della storia semileggendaria dei sette re di Roma, ma ora non approfondirò una questione che noi Italiani dovremmo conoscere bene.

Il 5 maggio Aleksa Vučković ci parla di mitologia norrena, ma stavolta non in riferimento a un personaggio, bensì a un artefatto, il mitico scudo Svalinn che, interposto fra il Sole e la Terra, impedirebbe all’astro di bruciare il nostro pianeta.

Il 6 Robbie Mitchell ci parla di un testo sulla cui attendibilità gli storici discutono da moltissimo tempo, si tratta della Historia Augusta, un documento anonimo che dovrebbe essere stato redatto nel IV secolo dopo Cristo, e raccoglie le biografie degli imperatori e usurpatori romani dal 117 al 284. Purtroppo, l’autore o gli autori – non siamo nemmeno certi che esso sia dovuto a una mano unica – non sono stati molto accurati nella scelta delle fonti, e diverse narrazioni appaiono inattendibili.

Il 7 Nathan Falde ci da una notizia che non mancherà di sorprenderci. A 50 chilometri a nord-est di Napoli, gli scavi per la costruzione di una centrale elettrica hanno portato alla luce una necropoli dell’Età del Ferro risalente alla metà dell’VIII secolo avanti Cristo, sebbene sia stata utilizzata fino alla tarda antichità. Che dire, l’Italia è uno scrigno di tesori archeologici di cui siamo troppo poco consapevoli.

L’8 maggio sembra essere la giornata degli avversari di Roma. Come penso tutti quanti sappiamo, la Dacia, corrispondente grosso modo all’attuale Romania, è stata l’ultima conquista di Roma. La colonna traiana presenta lungo la sua superficie un eccezionale “fumetto” che illustra l guerre daciche conclusesi con la morte del re Decebalo, suicida per non cadere in mano ai Romani. Di essa e della monumentale testa rupestre di Decebalo che nel 1985 è stata fatta scolpire da un ricco uomo d’affari rumeno, Iosif Constantin Drăgan, ci parla l’articolo di Dhwty.

Altri irriducibili avversari di Roma, i Galli, e Robbie Mitchell ce ne presenta la storia in un ampio articolo che ne ripercorre le vicende, da Brenno che espugnò l’Urbe, fino alla conquista cesariana della Gallia.

A completare il discorso sui Galli, Martini Fisher ci parla del Gallo morente. La scultura, oggi conservata ai Musei Capitolini, pare essere una copia romana in marmo di un originale greco in bronzo che inizialmente adornava l’altare di Pergamo, una struttura fatta erigere dal re di Pergamo, Attalo, per celebrare la vittoria sui Galati, ossia i Galli che erano discesi fino all’Asia minore. Questa celeberrima scultura, che doveva celebrare il trionfo della civiltà sulla barbarie, ha finito per assumere tutt’altro significato, un grido di libertà dell’uomo che preferisce il suicidio alla schiavitù.

Il giorno 9 Nathan Falde ci porta nel nord della Grecia, nell’antica città di Aigai, che è stata identificata come la capitale del regno macedone. Qui Alessandro è stato incoronato re. Ora gli archeologi hanno identificato uno spazio che era una piscina a disposizione della corte. Qui probabilmente ha fatto il bagno anche Alessandro.

E continuiamo a parlare di opere idrauliche. Lo stesso giorno Sahir ci racconta che in Inghilterra, nell’Oxfordshire è stata scoperta una struttura in legno che proteggeva i bordi di un pozzo, impedendo agli stessi di franare. Fin qui, nulla di eccezionale, tranne il fatto che essa risale all’Età del Bronzo, tra il 1.200 e il 700 avanti Cristo e che la conservazione di reperti in legno così antichi, è estremamente rara. Ora la struttura è stata smontata con cura, per essere riassemblata ed esposta al Museo di Oxford.

Sempre parlando di Età del Bronzo in Inghilterra, Gary Manners ci racconta che dall’Ely Museum sono stati rubati un torques d’oro e un braccialetto risalenti a 3.000 anni fa.

Il giorno 10 abbiamo una notizia proveniente dal Museum of London Archaeology che ci informa del ritrovamento dei resti di un mulino a vento di età medioevale, circondati da un fossato, risalenti a fra il 1.066 e il 1.485.

Sempre il 10, Robbie Mitchell ci parla delle guerre che si svolsero tra il 1296 e il 1357 con cui gli Inglesi sottomisero la Scozia, incontrando una feroce resistenza incarnata anche da figure come William Wallace. Alla fine prevalsero sul campo, ma non sono riusciti neppure oggi a piegare il fiero spirito di autonomia scozzese.

L’11 maggio Aleksa Vučković ci porta in Ucraina, a visitare quel che rimane dell’antica fortezza di Bilhorod Kyivskyi, che era uno dei capisaldi dello stato russo di Kiev. È a Kiev che è nata la Russia. Questo dovrebbe farci riflettere su quanto sia assurdo l’attuale conflitto russo-ucraino. E’ come se ci fosse una guerra fra l’Italia e il Piemonte.

Lo stesso giorno Robbie Mitchell ci porta in Siberia. Il disgelo del permafrost siberiano ha portato alla luce strumenti in pietra risalenti a 417.000 anni fa, che si ritiene siano opera degli uomini di Denisova, una scoperta che potrebbe aprirci uno spiraglio su questa varietà umana ancora misteriosa.

Il 12 Sahir ci parla di una tomba di epoca romana, risalente al II secolo dopo Cristo, scoperta a Wels in Austria. Quando la sepoltura è stata trovata nel 2004, si sono ritrovati i resti due persone abbracciate, e si è pensato si trattasse di due amanti, ma l’analisi del DNA ha successivamente dimostrato che si tratta di due donne, madre e figlia.

Il 14 Gary Manners ci segnala la scoperta in Inghilterra, a Dartmoor nel Devon, di una camera funeraria risalente all’Età del Bronzo, 4.000 anni fa, in eccellente stato di conservazione grazie al suolo torboso.

Circa alla stessa epoca, 4.000 anni or sono, ma per la Scandinavia era ancora tardo neolitico, appartengono i resti di un uomo di circa 25 anni ritrovati nell’isola di Hitra, nella contea di Trøndelag, in Norvegia, di cui ci parla il giorno 15 un articolo di Frid Kvalpskarmo Hansen. L’uomo morì probabilmente annegato. Un pugnale e una protezione per il braccio tipica degli arcieri, fanno pensare che fosse un guerriero.

Vediamo ora cosa ci offre in questo periodo “Ancient Pages”, sempre con l’avvertenza, che vale anche per i siti italiani, che eviterò di riportare le notizie nel caso siano le stesse di “Ancient Origins”.

Il 2 maggio Conny Waters ci da una notizia che probabilmente dispiacerà a molti. La pietra di Scone, usata per l’incoronazione dei re scozzesi e inglesi, è una “pietra del destino” analoga a quella che è per l’Irlanda la Lia Fail che sorge sulla sommità della collina di Tara. Sottratta agli Scozzesi nel 1296, è rimasta a lungo nella cattedrale di Westminster. Oggi, dopo varie vicende, la pietra si trova al Museo di Perth (la città scozzese, non quella australiana). Tuttavia, le sue origini sono rimaste a lungo misteriose, per esse si sono invocate scarsamente credibili ascendenze bibliche. Una recente analisi dell’erosione della faccia superiore della pietra, erosione che appare dovuta al calpestio, ha rivelato una verità molto più banale. La pietra di Scone non era altro che un gradino.

Un articolo di A. Sutherland del 6 maggio ci parla di un argomento che dovremmo conoscere bene, e sul qual non mi diffonderei troppo, quella meraviglia ingegneristica che lascia stupiti ancora oggi, che sono gli acquedotti romani.

L’8 maggio Conny Waters ci parla del ritrovamento di tre lingotti di piombo di età romana, risalenti al I secolo dopo Cristo rinvenuti in Spagna nella zona di Cordoba, che ci dimostrano come la produzione del piombo fosse importante per l’economia della regione.

 Bricriu, di cui ci parla A. Sutherland l’11 maggio, è una figura, se non proprio della mitologia, del folclore irlandese, un leggendario imbroglione che a forza di tendere inganni finisce per gabbare sé stesso. La morale della storia è chiara, è meglio essere onesti.

Sapevate che anche l’Europa ha la sua Valle dei Re? Il 13 maggio A. Sutherland ci porta a visitarla, si tratta della valle di Kazanlak in Bulgaria, chiamata la valle dei re traci, che contiene oltre mille tombe generalmente del tipo a tholos e dalle pareti riccamente affrescate, che custodiscono le spoglie dei re e dei membri dell’antica dinastia tracia.

Il 14 apprendiamo che un’esercitazione navale di sommozzatori italo-croata ha portato alla scoperta di un relitto romano del III secolo avanti Cristo nei fondali dell’isola di Ciovo (attualmente Šćedro) in Adriatico. L’articolo è di Jan Bartek.

Lo stesso giorno, A. Sutherland ci parla di uno degli oggetti più misteriosi che il mondo romano ci abbia tramandato, il dodecaedro romano. Si tratta di un poliedro con dodici facce pentagonali, cavo e con le facce traforate da fori di diversa grandezza, realizzato in metallo e con le facce bizzarramente decorate, ne sono stati trovati più di trenta esemplari, ma se ne ignora la funzione, se pratica, ornamentale o altro.

Vediamo adesso cosa ci offrono in questo periodo la stampa e i siti italiani. “Il Messaggero” del 1 maggio riporta una notizia di cui vi ho già parlato, quella della struttura sommersa, verosimilmente un molo, risalente a 10.000 anni fa, ritrovata nel Baltico, nel golfo di Meclemburgo.

Un articolo di Maurizio Bernardelli Curuz del 2 maggio su “StileArte” ci racconta del ritrovamento fatto da alcuni escursionisti sul Monte Grappa, (Treviso) che casualmente hanno notato alcuni oggetti in bronzo. Ciò ha portato alla scoperta di un finora sconosciuto santuario di età romana.

Stranamente, è anche RAInews 24 a parlarci il 5 maggio del dodecaedro romano, e dal numero delle ipotesi che l’articolo ventila, tra cui quella molto amena che i fori servissero per dosare gli spaghetti, si capisce che della sua reale funzione, non si ha proprio idea.

E praticamente, per quanto riguarda questo periodo, sulle fonti nazionali non c’è altro.

Come sempre, prima di congedare questo articolo, vorrei fare un breve excursus sulle cose che mi sembrano più rilevanti dal nostro punto di vista. Vediamo innanzi tutto, che si tratti del rinvenimento di sepolture, di relitti navali, di documenti scritti come la Historia Augusta, o anche di un curioso oggetto come il dodecaedro romano, che è sempre Roma assolutamente centrale quando si considera la storia europea. Una volta di più, questa indicazione ci viene soprattutto da fonti straniere, il che dovrebbe dissipare ogni sospetto di sciovinismo nazionalistico, anzi, semmai, bisogna sottolineare una volta ancora il fatto che gli Italiani di oggi siano assai poco coscienti del grande passato che hanno alle spalle, dovrebbe essere oggetto di stupore e di vergogna, ma cosa volete farci, sono i frutti della democrazia.

Un altro aspetto importante, è che accanto alle risultanze propriamente storiche e archeologiche, vediamo che si da spazio alla mitologia e al folclore, dai semileggendari sette re di Roma, al norreno scudo Svalinn, alla leggenda celtica di Bcriu. Attraverso essi, possiamo sentire l’anima antica del nostro continente. E come, a questo punto non tornare a menzionare l’articolo di Ken Goudsward, che “fa le pulci” a Marija Gimbutas. Le più recenti scoperte archeologiche sono chiare, le origini indoeuropee non vanno cercate nell’Asia centrale, ma in Europa.

Io credo fermamente nell’Europa, ma l’Europa non è la UE, la BCE o il parlamento di Strasburgo, l’Europa è i suoi popoli, il suo sangue, le sue tradizioni, mentre gli affaristi della UE sono solo parassiti.

E non dimentichiamo neanche quanto ci arriva dalla preistoria più profonda. La ricostruzione del volto della donna di Shanidar e il ritrovamento di attrezzi litici risalenti agli uomini di Denisova, dimostrano una volta di più che neanderthaliani e denisoviani erano uomini simili a noi, e che per conseguenza l’Out of Africa, secondo la quale la nostra specie sarebbe uscita dal Continente Nero poche decine di migliaia di anni fa, quando invece popolava l’Eurasia già da centinaia di migliaia di anni, si rivela per quello che è, una favola assurda, una delle tante menzogne che ci elargisce il potere, non certo per il nostro bene.

 

NOTA: Nell’illustrazione, lo scudo Svalinn come è rappresentato da “Ancient Origins” nell’immagine che correda l’articolo di Aleksa Vučković del 5 maggio.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *