1 Settembre 2024
Appunti di Storia

3 settembre 1939: la guerra è mondiale (parte prima) – Gianluca Padovan

I fatti del settembre 1939

Cominciamo con il giorno 3 settembre di quel millenovecentotrentanove per vedere che molte nazioni attendevano un qualsiasi pretesto per dare inizio ad una nuova guerra mondiale.

Accidenti, a ben vedere pare proprio di parlare di quanto sta avvenendo oggi.

Comunque, non divaghiamo.

La giornata del 3 settembre non principia solo con caffelatte e cornetto, oppure con porridge e bacon, bensì con Francia, Gran Bretagna, Australia, India e Nuova Zelanda che dichiarano guerra alla Germania. La guerra può tranquillamente dirsi “mondiale”.

E poi, che succede?

Un paio di giorni dopo gli Stati Uniti d’America dichiarano la loro neutralità: come al solito, a parole, raccontano di non aver nulla a che spartire con questa nuova follia “tutta europea”. Pilato si lava le mani, ma nell’asciugamani tiene veleno e pugnale.

Il giorno 6 si desta il Sud Africa, dichiarando anch’egli guerra alla Germania.

E l’Italia che fa?

Già, dimenticavo: il giorno 2 settembre il Regno d’Italia dichiara la propria neutralità, ovvero la “non belligeranza”, disattendendo quanto ha firmato con la Germania il 22 maggio 1939 nell’accordo denominato “Patto d’Acciaio”, che riporto in APPENDICE.

 

 

 

7 settembre: le truppe francesi attaccano

Eravamo rimasti al 6 settembre con l’entrata in guerra del Sud Africa, ma quale novità ci porta il giorno successivo?

Il giorno 7 settembre le truppe francesi, già pronte da settimane, attaccano la Germania e per la precisione scattano come un pugno di ferro sulla Saarland, regione sud occidentale della Germania. Lo “sfondamento” del confine è condotto da numerose divisioni francesi guidate dal generale Maurice Gustave Gamelin. Sarà vero? Non sarà vero? Qualche libro “storico” scrive che «Truppe di ricognizioni francesi varcano il confine tedesco nella Saar» (Riccardo Posani, Storia illustrata della Seconda Guerra Mondiale. 1939/40 le “guerre lampo”, Vol. 1, Sansoni Editore, Firenze 1970, p. 42).

Ricognizione?

Sul “web-nasodipinocchio” si conferma più o meno l’accaduto, nel senso che l’attacco è fatto passare quasi come “azione dimostrativa”. Ma di che?

In buona sostanza la Battaglia della Saar è generalmente “passata sotto silenzio” e si scrive inoltre che già il 21 settembre le truppe francesi ripiegano sulla Linea Maginot dopo avere incontrato poca resistenza da parte tedesca e a metà ottobre tutti i soldati francesi hanno lasciato il territorio alemanno.

Da quando in qua un esercito fa una scampagnata in territorio avversario e poi si ritira perché ha terminato i tramezzini e il succo di mela?

La realtà dei fatti è che le divisioni francesi sono arrestate e decimate da truppe territoriali e reparti regolari dell’esercito. In pratica poche truppe tedesche tengono bene il fronte, le suonano ai baldanzosi francesi e questo fino all’intervento, avvenuto alla metà di ottobre del 1939 (ovviamente), di nuove truppe tedesche comandate dal generale Job-Wilhelm Georg von Witzleben.

I Francesi, disastrosamente battuti sul campo, sono costretti a ripiegare.

 

 

 

Si conclude anche il mese di settembre

E veniamo all’8 settembre: vi è l’attentato contro il Cancelliere di Germania Adolf Hitler a Monaco di Baviera.

Anche l’Unione Sovietica non attende che di poter menare le mani: il giorno 17 settembre attacca la Polonia orientale senza emettere la Dichiarazione di Guerra. A questo punto l’Inghilterra non dichiara guerra all’Unione Sovietica, disattendendo così il trattato del 25 agosto firmato con la Polonia per un “reciproco aiuto militare”. Al solito sorge la lecita domanda: quanto “valgono” i trattati?

Dimenticavo…

Per non appesantire la lettura pensavo, inizialmente, di raccontare solo del giorno 3 settembre 1939 e di qualche altro momento seguente. Ma visto che la conoscenza della Storia è divenuta appannaggio di quei soli pochi che desiderano annoiarsi a morte, è forse bene ricordare qualche data antecedente prima di concludere questa “prima parte”.

15 giugno: la Germania vara la legge sulla Reichsbank: lo Stato tedesco ha finalmente moneta propria, senza signoraggio bancario.

Vedo già facce stupite. Non ve lo aspettavate, vero? Difatti, che cosa ci calza la storia del signoraggio con la guerra mondiale? Da quel 1698, con la creazione della Banca d’Inghilterra (privata), direi tutto!

A questo proposito è assai utile la lettura delle considerazioni scritte da Maurizio Barozzi, Il sangue contro l’oro: «Oggi, anche alla luce di quanto è avvenuto nel dopoguerra, con gli assetti e gli Istituti mondialisti, conformi ad un dominio dell’Alta finanza sugli Stati, che sono stati imposti a quasi tutte le nazioni del mondo, si può individuare il momento di “rottura” dei sottili equilibri mondiali, che determinò definitivamente la decisione di scatenare una guerra contro gli stati fascisti europei. Questo avvenne, più o meno, attorno al 1937 quando la Germania, priva di oro e di moneta, cercò di impostare gli scambi internazionali anche sulle basi del “baratto”, ovvero prendere le materie prime dai paesi produttori e pagarle con prodotti finiti di alta tecnologia. In pratica si cercava, in prospettiva, di sostituire l’oro e la moneta con la “forza e tecnologia del lavoro”, eliminando oltretutto i profitti delle intermediazioni bancarie. A questo tipo di traffici commerciali che si iniziarono con alcune nazioni, anche del sud America ed a cui altre nazioni sembravano volerne seguire l’esempio, si aggiunse in Germania, nel giugno del 1939, una Legge che sottopose la Reichsbank tedesca sotto l’egida dello Stato (avrebbe risposto direttamente al Führer) e lo Stato si riappropriava anche del controllo monetario. Era l’inizio della fine del cosiddetto “signoraggio” ovvero della commissione data dai singoli Stati alle Banche centrali, in mani private, di emettere moneta praticandoci sopra un interesse. Un sistema che si era ulteriormente perfezionato quando, nel 1913, negli Stati Uniti, venne varato il Federal Reserve System ponendo l’immenso e ricchissimo stato americano sotto dittatura bancaria. Ecco allora venir fuori uno dei motivi veri di quella guerra: una nazione che rifiuta di indebitarsi, che cerca di tagliare fuori le intermediazioni bancarie negli scambi internazionali, che oltretutto interrompe il signoraggio delle cosiddette Banche Centrali, è una minaccia mortale per i banksters. Lo stesso Winston Churchill nel 1960 ebbe a dichiarare:

Il delitto imperdonabile della Germania prima della Seconda Guerra Mondiale fu il suo tentativo di sganciare la sua economia dal sistema di commercio mondiale, e di costruire un sistema di cambi indipendente di cui la finanza mondiale non poteva più trarre profitto.

Ma anche il generale J. P. C. Fuller, storico di quella guerra intuì che:

“Quel che ci spinse in guerra contro Hitler non fu la sua dottrina politica; la causa stavolta fu il suo tentativo coronato da successo di dare vita a una nuova economia. La prosperità della finanza internazionale dipende dall’emissione di prestiti a interesse a nazioni in difficoltà economica. L’economia di Hitler significava la sua rovina. Se gli fosse stato permesso di completarla con successo, altre nazioni avrebbero certo seguito il suo esempio, e sarebbe venuto il momento in cui tutti gli stati senza riserve auree si sarebbero scambiati beni contro beni; così non solo la richiesta di prestiti sarebbe cessata e l’oro avrebbe perso valore, ma i prestatori finanziari avrebbero dovuto chiudere bottega. Questa pistola finanziaria era puntata in modo particolare alla tempia degli Stati Uniti”.

Considerazioni alle quali fece eco, nel 1992, James Baker, segretario agli esteri statunitense che dichiarò: “[La seconda guerra mondiale] era solo una misura economica preventiva”. Furono probabilmente proprio questi nuovi indirizzi politico finanziari che si stavano attuando in Europa, la vera goccia che fece traboccare il vaso ed accelerarono gli avvenimenti verso la guerra. Queste intrusioni dello Stato, nei domini dell’Alta finanza, infatti, non potevano essere assolutamente tollerati perché avrebbero letteralmente smantellato e “rovinato” il potere mondiale della International Banking Fraternity, che tanto aveva faticato negli ultimi tre secoli per raggiungere le posizioni di potere e signoraggio a cui era giunta. Oramai la parola doveva passare al cannone! In definitiva, girando e rigirando, i particolari e i veri presupposti storici che determinarono la Prima e la Seconda guerra mondiale troviamo, senza ombra di dubbio, due motivi fondamentali, mai espressi esplicitamente, ma che sono facilmente riconoscibili ad una attenta disamina e osservazione storica:

  1. il possesso o il controllo delle risorse energetiche, in particolare il petrolio.
  2. il potere, oramai da configurarsi in ambito planetario che consentiva le speculazioni della finanza mondiale. Una ingerenza questa, rispetto agli Stati sovrani e alle Nazioni e dinastie appositamente indebitate, da difendere e ampliare con ogni mezzo, specialmente dopo il varo del Federal Reserve Sistem (1913) che aveva garantito un diabolico meccanismo speculativo, di controllo e potere bancario trans e over nazionale, messo nelle mani delle grandi banche private.

Queste due specifiche condizioni geopolitiche, tradotte in termini concreti e in nomi, possono configurarsi in tre nominativi: i Rothschild innanzi tutto, quindi i Rockefeller e i Morgan, che sono le grandi dinastie finanziarie che controllavano la finanza mondiale e la proprietà dei grandi giacimenti di petrolio. Attorno ad essi ruotano un pugno di altre grosse famiglie che avevano il controllo di grandi banche e istituti di credito. Furono questi “poteri” che progettarono e determinarono la Prima e la Seconda guerra mondiale, quale un unico atto da realizzarsi in due tempi, e che avrebbe dovuto portare tutto il pianeta nella condizione di realizzare i presupposti ideologici mondialisti, che oggi vediamo attuarsi dappertutto» (Maurizio Barozzi, La guerra del sangue contro l’oro, Edizioni della Lanterna, 2005, pp. 16-20).

 

 

 

Concludendo…

Quasi quasi dimenticavo di dirvi che il giorno uno settembre la Germania ha attaccato la Polonia. Ma questo è (o dovrebbe essere) arcinoto. I Tedeschi, birbantelli, non vedevano l’ora di mangiare in un sol boccone i poveri Polacchi.

Ma sarà proprio proprio andata così oppure c’è dell’altro?

Lo vedremo alla prossima puntata.

 

 

 

APPENDICE: il “Patto d’Acciaio”

Recita così il testo del patto d’alleanza tra i governi tedesco e italiano del 22 maggio 1939, denominato per la stampa “Patto d’Acciaio”:

«Art. 1. Le Parti Contraenti si manterranno permanentemente in contatto con lo scopo di intendersi su tutte le questioni relative ai loro interessi comuni o alla situazione generale europea.

Art. 2. Nel caso in cui gli interessi delle Parti Contraenti siano minacciati da avvenimenti internazionali di qualsiasi natura, Esse inizieranno immediatamente consultazioni sulle misure da adottare per la tutela di questi loro interessi. Qualora la sicurezza o altri interessi vitali di una delle Parti Contraenti dovessero essere minacciati dall’esterno, l’altra Parte Contraente darà alla Parte minacciata il suo pieno appoggio politico e diplomatico allo scopo di eliminare questa minaccia.

Art. 3. Se, malgrado i desideri e le speranze delle Parti Contraenti, dovesse accadere che una di Esse venisse trascinata in complicazioni belliche con un’altra o con altre Potenze, l’altra Parte Contraente si porrà immediatamente come Alleato al suo fianco e la sosterrà con tutte le sue forze militari per terra, per mare e nell’aria.

Art. 4. Allo scopo di assicurare, per il caso previsto, la rapida applicazione degli obblighi di alleanza assunti con l’art. 3, i Governi delle due Parti Contraenti approfondiranno maggiormente la loro collaborazione nel campo militare e nel campo dell’economia di guerra. Analogamente i due Governi si terranno costantemente in contatto per l’adozione delle misure necessarie all’applicazione pratica delle disposizioni del presente Patto. I due governi costituiranno, agli scopi indicati nei summenzionati paragrafi 1 e 2, Commissioni Permanenti, che saranno poste sotto la direzione dei due Ministri degli Affari Esteri.

Art. 5. Le Parti Contraenti si obbligano fin da adesso, nel caso di una guerra condotta insieme, a non concludere armistizio e pace se non in pieno accordo fra loro.

Art. 6. Le due Parti Contraenti, consapevoli dell’importanza delle loro relazioni comuni con le Potenze loro amiche, sono decise a mantenere e a sviluppare di comune accordo, anche in avvenire, queste relazioni, in armonia con gli interessi concordanti che le legano a queste Potenze.

Art. 7. Questo Patto entra in vigore immediatamente al momento della firma. Le due Parti contraenti sono d’accordo nello stabilire a dieci anni il primo periodo della sua validità. Esse prenderanno accordi in tempo opportuno, prima della scadenza di questo termine, circa il prolungamento della validità del Patto».

 

 

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