Manca un mese alle cruciali elezioni presidenziali americane e il dibattito, ovviamente, verte su chi le vincerà, Trump o Kamala Harris, che ha sostituito in corsa lo spompato Joe Biden. Dall’esito del voto dipenderanno moltissime cose per il mondo intero, tuttavia l’unica certezza è che vi saranno brogli. Dopo la contestata vittoria di Biden del 2020 vi furono documentate contestazioni in vari stati e i procedimenti giudiziari che ne sono scaturiti hanno rivelato frodi e irregolarità di vario genere. Nel 2000 la vittoria del repubblicano George Bush nei confronti del democratico Al Gore fu proclamata dopo un lungo braccio di ferro alla Corte Suprema sull’esito del voto in Florida. Venne alla luce una serie impressionante di falle del sistema: modalità di espressione del voto le più varie, dalle schede cartacee alle macchine elettroniche, da vecchi macchinari a schede perforate, sino al voto postale, a quello elettronico, e soprattutto l’inesistente aggiornamento degli aventi diritto al voto, l’inaffidabilità o inesistenza dei relativi elenchi .
Su tutto, l’incredibile mancanza di una legge federale che imponga l’identificazione di chi si reca alle urne. Impressionante: la terra che si gloria della democrazia e pretende di esportarne in armi principi e modalità non è capace di svolgere il processo elettorale – il cuore stesso della democrazia rappresentativa – con garanzia di regolarità. La conclusione è che se qualcosa di evidente, conclamato, risolvibile per via tecnica e legislativa non riceve soluzione – anzi il problema si aggrava nel tempo – è segno che “vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole”. Insomma, la democrazia concreta e il suo esercizio nella fase elettorale, quella che decide il futuro in base al principio di maggioranza, è in America una falsa narrazione. Non solo per la prevalenza del potere del denaro, che rende difficilissimo non solo vincere , ma addirittura partecipare alle elezioni per chi ha scarsi mezzi e non gode dell’appoggio dei potenti. I brogli sono parte del sistema e l’apparato è volutamente disfunzionale.
L’ultimo caso è quello della California, il cui governatore democratico ha promulgato una legge che vieta di esigere l’ identificazione certa di chi si presenta ai seggi di votazione. La motivazione è debolissima, una excusatio non petita che diventa una manifesta auto accusa di lavorare a frodi elettorali, nonché un attacco ai fondamenti della procedura, l’individuazione degli aventi diritto al voto. In questo contesto, il rifiuto di richiedere l’identificazione è un attacco alle basi democratiche. “Per tutto dobbiamo avere una tessera, ma non per votare: questo è semplicemente assurdo”, ha commentato Trump. La nuova legislazione si allinea con un ampio movimento teso a eliminare i requisiti di identificazione degli elettori, in nome dell’ accessibilità e equità nel processo elettorale. Senza parole: senza controlli di identità, residenza, unicità del voto e perfino cittadinanza (!!!) si favorirebbe l’accessibilità e l’equità. Orwell al potere: l’inversione perfetta dei significati. “ Ora è illegale richiedere la carta d’identità elettorale in California! Hanno semplicemente reso illegale per legge la prevenzione delle frodi elettorali”, secondo Elon Musk.
Non che i responsabili siano solo i democratici: le falle del sistema sono note a tutti da novant’anni e nessuno le ha mai affrontate. Già nel 1934 Joseph P. Harris, politologo e funzionario di commissione elettorale, incaricato di studiare il funzionamento del sistema di voto americano, pubblicò un rapporto inequivocabile: “Probabilmente non c’è nulla , nella pubblica amministrazione degli Stati Uniti, tanto mal gestito quanto lo svolgimento delle elezioni. Ogni elezione porta alla luce irregolarità, errori ed equivoci da parte degli operatori elettorali, mancato rispetto delle leggi e dei regolamenti elettorali, pratiche pasticciate e vere e proprie frodi”.
Poco è cambiato da allora. Alla vigilia delle elezioni presidenziali del 2004 , l’ex presidente Jimmy Carter (democratico) , la cui fondazione ha studiato la sicurezza elettorale in tutto il mondo, richiesto scherzosamente se fosse disposto a controllare la qualità delle elezioni americane, rispose che se gli Stati Uniti fossero un paese straniero che gli chiedesse di supervisionare le proprie votazioni, sarebbe costretto a rifiutare , perché il sistema elettorale americano non è all’altezza degli standard internazionali. Nello stesso anno Carter e l’ex segretario di Stato James A. Baker (repubblicano) crearono una commissione il cui obiettivo era rendere più sicure le elezioni. La conclusione fu che “il sistema elettorale non può ispirare la fiducia del pubblico perché non esistono garanzie per scoraggiare o individuare le frodi”. Nel 2004, la presidente della Commissione elettorale del Sud Africa, durante una visita d’ispezione ai seggi in Florida, espresse il suo stupore: “Qui assolutamente tutto qui è una violazione “. Nel 2006, l’ex presidente della US Election Assistance Commission, organismo indipendente il cui ruolo include la certificazione delle macchine per il voto elettronico, denunciò il pericoloso dilettantismo che governa le elezioni americane. A causa del suo contenuto esplosivo, il rapporto fu vietato e solo successivamente pubblicato su Internet.
Nel 2012 analogo verdetto fu emesso da studiosi dell’ Università della California. “Non crediamo che esista una democrazia matura con un sistema elettorale pessimo come il nostro. “ La legge del 2002 (Help America Vote Act ) richiede la presenza di una macchina per il voto elettronico in tutti i seggi elettorali. Ma non esiste nessun prototipo, nessuno standard o ricerca per costruire una macchina elettronica utilizzabile in sicurezza. Un micidiale commento fu : “sarebbe uno scandalo se ogni casa dovesse disporre di un forno a microonde senza che siano state sviluppate norme di sicurezza. Ma oggi sappiamo di più su come costruire una macchina per scattare foto delle rocce su Marte che su come costruire un’affidabile macchina per il voto elettronico. Se fossimo un paese straniero analizzato dagli Stati Uniti, concluderemmo che il paese è maturo per furti e frodi elettorali.”
Nel 2017, l’ Electoral Integrity Project, specializzato nello studio comparativo internazionale delle elezioni, ha classificato ventotto Stati democratici in base all’affidabilità dei rispettivi sistemi elettorali, utilizzando i dati delle votazioni tenute tra il 2000 e il 2012. Il risultato è stato indiscutibile: gli Stati Uniti occupavano l’ultimo posto. La frode elettorale è diffusa in tutti gli Stati. Hans von Spakovsky, ex membro della Commissione elettorale federale, si batte per migliorare la sicurezza delle elezioni statunitensi. Nel 2012, giunse a una triste conclusione: “Le frodi elettorali, siano esse la registrazione fraudolenta degli elettori, i voti illegali per corrispondenza, l’acquisto di voti, i conteggi discutibili o brogli elettorali vecchio stile come schede già compilate, possono essere osservati ovunque negli Stati Uniti”. Le misure di contrasto suggerite sono ovvie: mantenere liste elettorali accurate; richiedere un documento d’identità con foto per votare di persona e per posta; consentire agli osservatori qualificati l’ accesso illimitato allo spoglio; vietare il conteggio dei voti anticipati prima del giorno delle elezioni; vietare che le macchine per il voto elettronico si connettano a Internet e siano dotate di modem; impedire la modifica delle leggi elettorali nell’imminenza del voto; proibire ai funzionari elettorali di ricevere fondi privati per finanziare l’organizzazione dei servizi.
L’OCSE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) attraverso il proprio Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani (ODIDH), invia regolarmente osservatori per monitorare le elezioni. Nel rapporto sul voto legislativo del 2022, individuò ben trentuno carenze nel sistema elettorale statunitense, tredici delle quali gravi. Tra questi: mancata delimitazione delle circoscrizioni, finanziamento delle campagne elettorali, amministrazione elettorale, identificazione degli elettori, liste degli aventi diritto incomplete o non aggiornate, applicazioni e richieste di voto elettronico incontrollate e trasmesse solo via Internet, assenza di osservatori elettorali, dubbia pubblicazione dei risultati, mancata verifica degli stessi tramite audit, nessuna certificazione delle macchine per il voto elettronico, falle nel voto per corrispondenza e nelle leggi elettorali. La frode elettorale è dunque un fenomeno reale, non una narrazione interessata, come vogliono far credere i principali media statunitensi. Il sistema americano è il peggiore tra tutti gli stati democratici. Ma dopo le contestate elezioni presidenziali del 2020, le agenzie federali, i funzionari elettorali e i media mainstream hanno negato l’evidenza e ripetuto che le votazioni erano state “le più sicure della storia”.
Nel frattempo il sistema giudiziario porta avanti il suo lavoro, e arrivano le prime condanne per brogli. Crediamo ancora nel sistema ? La scelta di chi decide le sorti del mondo non è nelle mani del popolo americano, ma di un radicato sistema di prevaricazione, orientamento fraudolento e finanche capovolgimento dell’esito elettorale. Nessuno stupore, per chi osserva la realtà senza occhiali rosa. Prima lavorano per rendere difficile partecipare al processo elettorale, escludendo i poveri e i dissenzienti, poi inquinano la volontà popolare con il denaro e la propaganda (una campagna presidenziale costa miliardi) infine riducono il rischio di scelte non gradite al sistema con procedure di votazione opache e conteggio di voti falsificabile. Cambiare è possibile solo attraverso un imponente moto di popolo. Stabilità , ovvero riproduzione eterna del sistema, è la parola chiave. Perché rischiare che le elezioni siano vinte da chi non piace alla gente che conta? Chi ha in mano tutte le carte è il baro perfetto. Democrazia, democrazia, è cosa vostra e non è mia. Purtroppo.
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