15 Ottobre 2024
Filosofia

Foglie – Lorenzo Merlo

Considerazioni sotto la superficie della storia.

 

Come in ogni nostra affermazione metafisica, concettuale, grafica, letteraria, verbale, d’azione, artistica, materiale, e pure quelle astensive riconosciamo noi stessi, cioè la matrice che le ha create e reificate, al pari di un signore supremo, senza il quale, quel mondo di affermazioni non si sarebbe verificato.

È questo lo sfondo identico per tutti gli uomini. Le differenze qualitative e quantitative delle nostre creazioni non contano nulla per intendere l’infinito della vita. Ogni sua misurazione lo pugnala. Dalla ferita cola il sangue della storia, un’arena gladiatoria nella quale, invece, le differenze sono le sole cose che contano.

Nonostante l’evidenza di dove conduca l’accanimento con il quale costantemente cerchiamo di far prevalere la nostra, individuale e collettiva, graduatoria di valori, cioè quella in cui ci riconosciamo, in cui crediamo, ovvero ad una perpetua lotta gladiatoria, come se il solo criterio dell’esistenza fosse mors tua vita mea, con conseguente alimentazione della sofferenza reciproca, seguitiamo a navigare senza tener conto né della Stella polare, né della Croce del sud.

Nonostante il potente magnete dell’importanza personale, solo principio del nostro fare, che raduna a sé la totalità delle energie che ci attraversano, nel corso delle epoche, qualcuno è riuscito a osservare l’inferno che esso implica. Un qualunque telegiornale ce ne può riferire l’aspetto che ne ha oggi.

Ma se possiamo accettare l’idea e l’osservazione che siamo i soli signori del nostro fare, così dovremmo poter fare per riconoscere la nostra responsabilità nella storia con cui abbiamo a che fare, nella quale siamo immersi. Ma, sempre a causa dell’importanza personale che ci attribuiamo, la contiguità tra il personale e il politico ci sfugge, come non sapessimo fare il più semplice tra i due-più-due.

Tale cieca navigazione ci raccoglie tutti su un unico barcone. Il tempo della nostra breve vita viene così consumato sotto il dominio di valori effimeri, strumentali a noi stessi, che ognuno per conto proprio considera sostanzialmente universali. Lo fanno gli individui nel loro cortiletto e le aggregazioni, grandi e piccole. Crociate, guerre sante, colonialismo, rivoluzioni, esportazioni di democrazia, istituzione degli stati canaglia, norimberghe, tribunali internazionali dell’Aja, terrorismo proto-pandemico, controllo della scienza, alimentazione dell’individualismo, formazione tecnicistica e irreggimentativa, sottrazione delle identità comunitarie, di quelle sessuali, uniformizzazione, sanzioni, guerre, terrorismo di stato, due pesi e due misure fanno parte dello specifico campionario del criceto.

La costante attenzione alla difesa del cortiletto passa da un oggetto all’altro per tutta la vita. L’epoca digitale ha esponenzializzato la frenesia già consistente nella modernità analogica. L’accorciamento dell’orizzonte che ciò ha comportato, abbassa il rischio di poter mettere fuori la testa e accorgersi da quale polpo satanico siamo avviluppati. I maghi, notorie figure capaci di indirizzare gli eventi, capaci di vedere e provocare le forze occulte che muovono le persone ben lo sanno. Come per noi tutti, il loro scopo è mantenere il potere sul prossimo, al fine di condurlo di qui e di là secondo esigenza. Il clima, l’ambiente, certi minoritari diritti civili – dai quali i ciechi e i sordi, sono stranamente esclusi – che pretendono di ribaltare il mondo, non sono che raffiche di lacrimogeni, che qualche limone non può bastare a guarire.

Inteso tutto ciò forse possiamo accedere o avvicinarci alla disobbedienza spirituale della storia sanguinante. Forse possiamo prendere in considerazione l’idea che come noi creiamo così siamo stati creati, che le forme della storia non sono che un rebus la cui soluzione è Uno, che le infinite idee a loro volta lo rappresentano, e dunque che solo riconoscendo lo slancio vitale di cui siamo espressione, come una bouganville abbiamo di che far fiorire il nostro piccolo giardino, senza più bisogno di difenderlo.

Come fossimo foglie, organiche emanazioni di una pianta, questa del bosco e la selva della natura, riconoscere di essere emanazioni del divino sarebbe il passaggio necessario per tornare all’Uno, ovvero per ricucire la ferita e cessare di mortificare l’albero e la foresta, di far sanguinare la storia.

 

di lorenzo merlo ekarrrt – 041024

1 Comment

  • Il Grillo Parlante 15 Ottobre 2024

    “Come fossimo foglie, organiche emanazioni di una pianta, questa del bosco e la selva della natura, riconoscere di essere emanazioni del divino sarebbe il passaggio necessario per tornare all’Uno, ovvero per ricucire la ferita e cessare di mortificare l’albero e la foresta, di far sanguinare la storia”

    Questa considerazione va a sbattere su una idea molto antica, quella per cui la “realtà” non sia immobile ed eterna ma che cambi di continuo, che si trasformi. Non solo, per quelli che poi conosceremo come i “Principi della Termodinamica”, si trasforma in maniera irreversibile. Per cui noi abbiamo la percezione del “movimento in avanti” del tempo. Le foglie non tornano mica all’albero e l’albero non torna al seme, il seme non torna al frutto e il frutto non torna al fiore. Quindi, ammesso e non concesso che fossimo “emanazioni” dell’Uno, possiamo a nostra volta “emanare” ma non posiamo tornare. La nostra esistenza ci obbliga a muoverci nel flusso e dalla constatazione che le cose cambiano con o senza di noi ricaviamo la conclusione che non fa differenza e l’unico scopo possibile è quello di creare un “ordine”, temporaneo, transitorio, nel caos. Per cui non solo non possiamo sanare nulla ma esistiamo proprio in funzione della “ferita”, è lo scopo del nostro esistere. Lo Uno ci doveva pensare prima di dare il via a tutta la giostra.

    A proposito della Storia, ogni tanto si cita quella domanda circa il rumore dell’albero che cade quando nessun lo può sentire. Ecco, sopra ho scritto “realtà” e non Storia perché possiamo assumere per convenzione che esistano cose fuori da noi, anche se per il “cogito cartesiano” esistono perché le immaginiamo, però la Storia esiste solo se qualcuno la scrive. Ovvero, la Storia non sono gli eventi accaduti e nemmeno la loro descrizione, la Storia è un racconto che qualcuno scrive e forse qualcuno leggerà. La Storia è un fatto interamente e solamente umano. Potremmo dire che se noi “emaniamo” dallo Uno anche le nostre opere sono sue “emanazioni” però la Storia “emana” solo attraverso di noi. L’albero nella foresta che nessuno vede e sente potrebbe appartenere alla “realtà” ma non può appartenere alla Storia. Ancora, torniamo alla “ferita” perché per scrivere la storia io devo inciderla su una pietra che ho cavato dal fianco di una montagna o su una lastra di titanio che ho scavato dalle profondità e forgiato.

    Infine, esiste la teoria che le cose si muovano in avanti ma che tutta la traiettoria sia pre-determinata. Cioè non esiste il “libero arbitrio” o il caso, lo Uno avrebbe costruito la giostra calcolando in partenza tutti i movimenti che avrebbe fatto dall’inizio alla fine. In linea teorica, conoscendo tutte le informazioni circa lo “stato” della “realtà” in un dato istante e tutte le “leggi” che regolano il “cambiamento”, potremmo prevedere tutti gli stati successivi, perché sarebbero già dati nelle premesse.

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