I professori di filosofia del liceo e quelli di lettere di una volta potevano essere superiori per qualità ed ampiezza di conoscenze a un docente universitario e pubblicare anche! Il mio lo fu.
Si chiamava tra l’altro mi verrebbe di dire Giovanni Battista Holzhauser. Il cognome è un programma in questo caso, come si usa dire.
Giovan Battista Holzhauser nacque a Borgo Valsugana quando Borgo Valsugana faceva parte dell’Impero Austro Ungarico. Egli nacque pertanto nel Tirolo Italiano che convisse sempre pacificamente e rispettosamente nei secoli con la pars del Dominio Veneto e che fu massacrato dalla più infame e incomprensibile delle guerre: La Prima Guerra Mondiale.
Non sopportava di insegnare la Storia della Filosofia.
Ciò era un portato dell’ Hegelismo che per lui era il massimo dell’abominio.
Quando giungeva ad Hegel e doveva pronunciare la formula: “Il reale è razionale e il razionale é reale “ s’inceppava, diventava rosso e finiva lì. Il resto della storia della filosofia ci veniva ammannita da Don Germano Pattaro o ci si arrangiava col Bignami. Era un fervente cattolico che non nascondeva quasi addirittura il trauma della Riforma.
In prima liceo studiammo di San Tommaso: “Dell’ ente e dell’essenza”. In seconda liceo non si faceva che commentare Kant, che lui sapeva a memoria perché correggeva le virgole e la traduzione. E in terza liceo fu la volta di un esistenzialista francese cattolico, tale Regis Jolivet e il suo “Saggio sulla sincerità” che nessuno, proprio nessuno conosceva come il Commissario d’esame di quella volta, l’esimio Nicolini crociano di Napoli che se lo dovette anche leggere e che investì del suo livore tutti noi bocciandoci in massa con l’espediente di chiederci dell’intorno filosofico del Jolivet che lui sapeva e che noi non sapevamo. Ritrovai quel nome in una strada di Parigi a passeggio con Stefania non molto tempo fa, unico credo secondo me in tutta Parigi a sapere chi fosse Regis Jolivet.
Seppi, peraltro, che ogni anno i commissari di esame si lamentavano di una preparazione degli alunni poco coerente col dettato ministeriale. Lui rispondeva sempre allo stesso modo … e allo stesso modo rifaceva quel che riteneva giusto, cioè l’insegnamento della filosofia prima della riforma Gentile, cioè la filosofia senza Storia della Filosofia, senza Hegel insomma.
Lui m’insegnò lo stile e il metodo che poi applicai persino nella scuola media. Il metodo degli appunti e di una continua lezione ininterrotta senza pause o artifici di limiti e circoscrizioni o cartelli. Oggi si direbbe stile fluxus. Questo per il Metodo che ho sempre adottato sia nella Scuola Media che all’ Università.
Per il Metodo gli rendo qui ora grazie di tutto.
Per la fede filosofica divergo.
Non accettai mai quel che per Lui era fondamentale e cioè la dottrina tomista dei trascendentali, cioè la fusione in Dio delle virtù e delle eccellenze come si direbbe ora, e cioè la fusione di Giustizia, Verità, Bellezza, Bene, Provvidenza ecc. in quel sommo bene che è Dio.
Il mio punto di vista è che Dio è sommo e qui finisce.
Come un avverbio si applica al soggetto senza conferimento di valore implicito, così il bene e il male non sono che avverbi per la funzione.
Il bene è il far bene e il male è il far male. Per me non esiste il Male come non esiste il Bene. Sono d’accordo con Teng Xiao Ping. Non importa che i gatti siano neri o bianchi. L’importante è che sappiano prendere i topi.
Dio invece fa quel che vuole e può far bene come far male.
Dio non ha doti perché fa quel che vuole senza dover render ragione di quel che fa.
Il prof. Holzhauser invece non faceva che insistere sul tema del “dover essere” come principio della filosofia.
Il mio personale punto di vista invece è che o si rinuncia all’idea di provvidenza per una sorta di umanesimo assoluto partecipe e politico e ci si dichiara atei al modo di Sartre, o si addiviene alla soluzione buddista che è quella di un ateismo freddo, assoluto ancorché partecipe ma mirante alla dissoluzione nirvanica, o si perviene a una teologia come quella dell’Islam di abbandono assoluto al Dio per cui si crede in un Dio non necessariamente buono ma vincitore. Per uno come me di formazione cattolico cristiana quel Dio, infatti, che non s’incarna non può essere buono a priori più di tanto. Il Dio o non c’è, o non serve che ci sia, per cui o c’ è e si mette nei nostri panni e s’incarna, o non s’incarna e non si mette nei nostri panni ma quanto meno ci avverte della sua presenza … e qui mi fermo e lascio al lettore di confortarsi o sconfortarsi in una sua propria soluzione di fede ultramondana. L’importante – mi verrebbe da dire – è di saper far bene il proprio mestiere. Io credo di averlo saputo fare bene, anche se non scelsi di farlo e anche se nessuna vocazione mi spinse a farlo. Il Professore Meraviglioso è tale anche per questo. Fin dai tempi della Genesi l’Uomo che non si è creato da sé non ha fatto che adattarsi. Questo è quel ho fatto e che ho sempre cercato di fare al meglio.
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