4 Dicembre 2024
Archeostoria

L’eredità degli antenati, centosessantatreesima parte – Fabio Calabrese

Ero intenzionato a chiudere definitivamente questa serie di articoli, ma, data l’insistenza di alcuni amici, fra cui il nostro Michele Ruzzai, ho pensato di riprenderla, però in una forma ridotta, e gli scritti di questa serie appariranno su “Ereticamente” con una cadenza più sporadica.

Intanto, anche il pezzo che segue sarà affatto particolare.

Anche questo articolo sarà alquanto differente da quelli della stessa serie che l’hanno preceduto. Potremmo dire che la centosessantaduesima parte è stata la chiusa conclusiva della serie, mentre questo è dedicato alle note a margine e a piè di pagina.

Il fatto è che nel corso della mia lunga ricerca sulle fonti riguardanti la nostra eredità ancestrale, ricerca condotta soprattutto on line, mi è accaduto di trovare siti che poi ho dovuto tralasciare perché le notizie che ci interessavano si facevano sempre più sporadiche, oppure il sito stesso smetteva di essere aggiornato, o ancora diventava inaccessibile o accessibile solo a pagamento. Negli ultimi tempi della nostra lunga cavalcata sulla tematica delle origini mi sono concentrato soprattutto su due siti, “Ancient Origins” e “Ancient Pages”, ma come ricorderete, nel prosieguo abbiamo incontrato molto altro.

Prima di chiudere il discorso, sarà meglio controllare cosa troviamo di interessante e non detto nei siti di cui abbiamo fatto una esplorazione sporadica, e se dovesse capitare che certe notizie importanti non sono molto aggiornate, pazienza.

Devo cominciare con un errata corrige. Nessuno di noi è immune dall’errore, e Fabio Calabrese meno che mai. Il 28 ottobre è apparso su “Ereticamente” un mio articolo intitolato Ex Oriente lux, ma sarà poi vero?, trentaseiesima parte, ma per la verità sarebbe dovuto essere la trentasettesima, infatti avevo già pubblicato un articolo dallo stesso titolo e numero in data 18 marzo. Me ne scuso, nessuno è perfetto, tanto meno io.

Detto questo, a questo punto si impone una riflessione. Dopo gli articoli dedicati alla ricerca della nostra eredità ancestrale, e ricordo che L’eredità degli antenati è la prosecuzione di una serie che avevo iniziato con il titolo di Una Ahnenerbe casalinga, che poi ho deciso di cambiare per motivi prudenziali che non occorre che vi spieghi, le due serie di articoli più longeve e continuative che vi ho presentato su “Ereticamente” sono Narrativa fantastica, una rilettura politica, con al momento trentotto pezzi, ed Ex Oriente lux, ma sarà poi vero?, con trentasette, non trentasei, e fra le due, come l’ispirazione mi ha dettato, c’è un singolare parallelismo, almeno riguardo alla cadenza.

Ora, qualcuno potrebbe domandarsi. In Narrativa fantastica mi sono occupato molto di fantascienza, cioè di una letteratura che cerca in qualche modo di divinare il futuro. Questo non è in contrasto con l’interesse per il passato di cui danno testimonianza. L’eredità degli antenati ed Ex Oriente lux?

A mio parere, non è così. Ci sono persone che si accontentano del qui e ora in cui ci capita di vivere, e altre che cercano di avere uno sguardo lungo sia sul passato, sia sulle possibili evoluzioni future del nostro mondo.

Un altro, non so se considerarlo un errore, ma è certamente un’imprecisione, riguarda il mio articolo Considerazioni di carattere generale, sesta parte, pubblicato da “Ereticamente” nella rubrica “Storia dei Templari”, ma stavolta l’errore, se di errore si può parlare, non è mio.

Nella quinta e nella sesta parte di queste Considerazioni, facevo il punto sui miei lavori di storia con un obiettivo piuttosto ambizioso, quello di costituire un raccordo fra i due revisionismi, quello sulla tematica delle origini e quello sulla storia contemporanea. In particolare, avevo dedicato la sesta parte, staccandola dalla precedente, al medioevo, perché sulla calunniata Età di Mezzo esistono tanti tali fraintendimenti da rendere impossibile trattare la questione in poche righe.

Nell’articolo, è vero, parlo certamente dei Templari e della tragica fine dell’ordine dei Cavalieri del Tempio, ma anche di molte altre cose, e in particolare ho dedicato molto spazio a quella che a mio parere è una figura assolutamente centrale dell’età medioevale, il grande Federico II di Svevia, Stupor Mundi.

Facevo poi notare, alla faccia di tutti i detrattori dell’Età di Mezzo, che il rinascimento, cui pose fine nel 1494 l’invasione dei Francesi di Carlo VIII, rientra quasi per intero nel medioevo, ne rappresenta la fase terminale, salvo gli ultimi due anni, poiché si fa convenzionalmente iniziare l’età moderna con il 1492, con la scoperta dell’America da parte di Colombo.

Fatte queste opportune precisazioni, passiamo ad esaminare le notizie vere e proprie, anche se, come vi ho detto, sarà difficile parlare di novità.

Una cosa di cui sono venuto a conoscenza soltanto recentemente, ma si tratta di una notizia risalente a oltre un anno fa, tuttavia, data l’importanza del tema trattato mi sembra opportuno parlarne comunque, è una conferenza tenuta da Felice Vinci a Bologna il 18 giugno dell’anno scorso, Razza schiava: come ci manipolano attraverso il cambiamento climatico.

Come ha chiarito Vinci, cambiamenti climatici nel corso della storia del nostro pianeta, ce ne sono sempre stati. Durante il medioevo, il periodo dell’optimum climatico medioevale, le temperature erano più alte di oggi, i Vichinghi colonizzarono la Groenlandia e in Inghilterra cresceva la vite. Il terrorismo climatico che fanno oggi i media è in realtà una forma di controllo della popolazione.

Felice Vinci è forse un esempio palmare di ricercatore “fuori dagli schemi” che, non legato in alcun modo all’establisment culturale e alle idee sedimentate al punto di diventare fossili, non cessa riguardo alle tematiche storiche, di proporci interpretazioni nuove e interessanti, non soltanto la probabile collocazione originale nel Baltico delle vicende omeriche poi ri-ambientate nel Mediterraneo, ma anche la vera identità dell’Ulisse dell’Odissea, che non è probabilmente lo stesso che compare nell’Iliade, bensì un “sostituto” che compare provvidenzialmente giusto in tempo per sgombrare a Telemaco il trono di Itaca, che altrimenti, date le usanze matrilineari della grecità più antica, sarebbe andato a un eventuale nuovo marito della madre. Poi ancora, un antico e appassionante mistero come il nome segreto di Roma, il perché la Città Eterna è stata edificata su sette colli la cui disposizione richiama quella della costellazione delle Pleiadi, almeno delle sette di esse che è possibile vedere a occhio nudo.

E non parliamo poi della più recente ipotesi presentata in I misteri della civiltà megalitica, secondo la quale le grandi strutture megalitiche che si ritrovano praticamente in ogni parte del mondo, sarebbero le tracce di un’antica civiltà globale esistita più o meno all’epoca in cui Platone colloca lo sprofondamento di Atlantide. In fin dei conti, se anche la nostra civiltà scomparisse domani, quello che ne rimarrebbe fra diecimila anni sarebbero le grandi strutture in pietra, come i giganteschi volti dei presidenti americani scolpiti sul fianco del monte Rushmore, mentre tutto il resto sarebbe stato inevitabilmente inghiottito dal trascorrere del tempo.

Tra i libri di Felice Vinci, uno a cui avrei dovuto dedicare maggiore spazio, è probabilmente. Il meteorite iperboreo scritto in collaborazione con Susy Blady e Karl Kello.  Sappiamo che un momento cruciale del passaggio degli uomini alla civiltà è stato la scoperta dei metalli, e in questo ambito, il passaggio dalla centralità del bronzo a quella del ferro. Oggi i ricercatori generalmente concordano sul fatto che il primo ferro utilizzato dall’uomo sia stato quello meteorico, mentre le miniere terrestri sarebbero state scoperte e utilizzate solo in un secondo momento. Bene, questo libro individua come punto di partenza della rivoluzione del ferro il meteorite caduto a Saarema in Estonia, coerentemente con la teoria dell’origine nordica della civiltà.

Questa estate sono stato a Roma e ho avuto un’interessante conversazione con Felice Vinci che mi onora della sua amicizia. Riguardo al cambiamento climatico, Vinci mi ha confermato la sua opinione che, a questo riguardo si sta facendo un vero terrorismo mediatico esagerandone gli effetti negativi, ad esempio, se l’innalzamento degli oceani conseguente allo scioglimento delle calotte glaciali potrà sommergere alcuni territori, le regioni liberate dal ghiaccio e disponibili all’insediamento umano avranno un’estensione ben maggiore, senza considerare che potremmo trovare nell’area artica le tracce della più antica presenza umana, e forse è proprio questa l’eventualità che l’establishment per cui l’origine africana ha assunto il valore di un dogma sacro, teme di più.

Non ho poi resistito alla tentazione di porgli una domanda. Come penso sia generalmente noto, recentemente Mauro Biglino e Cinzia Mele hanno “trasferito” nel Baltico non solo le vicende omeriche, ma anche la narrazione biblica e, in tutta sincerità, questa mi è sembrata un’operazione per sfruttare “la scia” del successo editoriale di Omero nel Baltico. Ho quindi chiesto a Vinci cosa ne pensasse.

Lui mi ha risposto che non considera l’ipotesi infondata, e in particolare mi ha confermato la stima per Cinzia Mele, che considera una ricercatrice intelligente e seria. Un po’ meno per Biglino che si è precedentemente compromesso con una fantasiosa interpretazione extraterrestre della bibbia sulle orme di Zecharia Sitchin.

E veniamo finalmente ad esaminare i siti che ho, diciamo abbandonato durante il percorso delle mie ricerche, principalmente per la rarità degli aggiornamenti, e cominciamo proprio da “L’arazzo del tempo” che si avvale dell’autorevole collaborazione di Felice Vinci.

Giusto la scorsa volta vi ho ricordato che proprio su questo sito si trovano delle cose davvero notevoli, un articolo su di una vasta serie di monumenti neolitici nell’Europa centrale, e altri due su due insediamenti balcanici, Lepenski Vir e Yunasite, entrambi più antichi e più estesi rispetto alla mediorientale Gerico cui l’archeologia ufficiale ha attribuito il titolo di “più antica città del mondo”. Tutte prove inequivocabili, e censurate dall’archeologia ufficiale, che ci dimostrano che l’origine della civiltà non va cercata in Medio Oriente, ma nel cuore della nostra Europa.

Tuttavia, il sito non viene aggiornato dal 2023, anche se gli articoli che vi compaiono sono non poco interessanti. Gli ultimi sono un pezzo di Johnni Langer e Lorenzo Sterza del 20 agosto 2023 sugli strumenti di navigazione vichinghi, fra cui la famosa pietra solare, un cristallo di rocca che, polarizzando la luce consentiva di individuare il sole anche quando il cielo era coperto, e un articolo di Marco Goti del 31 ottobre dedicato al mito platonico di Atlantide.

Devo dire che trovo molto bello il motto del sito: “La condivisione della conoscenza è la più grande di tutte le vocazioni. Non c’è nulla di simile sulla Terra”, però purtroppo l’esperienza ci ha insegnato che la menzogna, soprattutto se propagandata e sorretta dal potere, può essere una forza altrettanto e ancor più potente.

“Scienze notizie” è un sito che, come dice il nome, si occupa di notizie scientifiche, fra cui compaiono, non sempre, alcune di argomento archeologico, però non sempre accurate. Avevo ripreso ad esempio da qui la notizia relativa all’eccezionale dolmen iberico di Menga che ha una lastra di copertura di 150 tonnellate. Purtroppo, però si trova in Spagna e non in Portogallo, come cita l’articolo e che io ho ripreso senza controllare.

Sporadicamente, notizie di carattere archeologico compaiono anche su un sito “di curiosità” come “Vanilla Magazine”, è da lì che avevo tratto, ad esempio le notizie relative al misterioso ritrovamento ipogeo noto come “l’Atlantide della Val di Susa” (anche se, per la verità, con l’Atlantide platonica c’entra ben poco).

Venendo ai siti propriamente archeologici, ce ne sono diversi che ho smesso di consultare, o perché raramente aggiornati, o perché diventati difficilmente accessibili, o semplicemente perché a un certo punto la mia attenzione è stata quasi interamente catturata da “Ancient Origins” e “Ancient Pages”.

Fra di essi, citerei prima di tutto “Survive the Jive” del nostro Thomas Rowsell, dico nostro perché l’autore inglese non si preoccupa affatto di dissimulare una visione del mondo alquanto simile alla nostra e non cessa di ribattere alle menzogne “politicamente corrette” che oggi democrazia, Woke e sinistrume vario cercano di imporre.

Un esempio palmare in questo senso è lo smascheramento che Rowsell ha fatto della bufala costruita attorno al fossile dell’uomo di Cheddar. A questo antico uomo, le cui ossa sono i più antichi resti umani ritrovati in Gran Bretagna, come “Survive the Jive” ha documentato, si sono volute falsamente e per motivi ideologici attribuire caratteristiche negroidi del tutto inesistenti.

Accanto a “Survive the Jive”, citerei “Atlantean Gardens” di Robert Sepher a cui vanno accreditati almeno due grossi meriti, quello di aver svelato al pubblico occidentale le ricerche degli scienziati russi che escludono chiaramente la presunta derivazione africana dei genomi caucasici, e quello di averci rivelato come stiano realmente le cose riguardo a Gobeckli Tepe, questo sito antichissimo, risalente a qualcosa come 12.000 anni fa rinvenuto in Turchia, raccontandoci del ritrovamento di statuette dai lineamenti caucasici e con pietruzze azzurre inserite nelle orbite oculari che verosimilmente ne raffigurano gli abitanti.

Robert Sepher è anche l’autore del libro, purtroppo non tradotto in italiano Species with Amnesia, e non si può non convenire con lui, la nostra è una specie che soffre di amnesia e ha dimenticato gran parte del proprio passato.

Parliamo infine dei siti più marcatamente professionistici.

“Antikythera” si ispira nel nome a uno dei più sconcertanti ritrovamenti dell’antichità, di quelli che mettono in crisi l’idea stessa di progresso, un antico, complesso astrolabio i cui resti sono stati ritrovati in nel relitto di un’antica nave naufragata al largo dell’isola greca di Anticitera, e da alcuni definito “un computer dell’antichità”.

Tuttavia il sito ha poi subito una singolare metamorfosi, gli articoli sono spariti e il sito stesso è diventato una sorta di catalogo di rimandi ad altri siti.

Sarà poi il caso di menzionare i siti di riviste come “The Archaeology Magazine” e l’italiana “Archeo”, poi ancora “The Archaeology News Network” e l’italiana “ArcheoMedia”. “The Archaeology Magazine” e “The Archaeology News Network” hanno anche dato vita a dei gruppi facebook.

Per concludere, io vorrei rassicurare tutti voi. Come vedete, o con L’eredità degli antenati o seguendo altre formule, la mia indagine sul nostro passato continua.

 

NOTA: nell’illustrazione, a sinistra Il meteorite iperboreo di Susy Blady, Karl Kello e Felice Vinci, al centro Gli dei baltici della bibbia di Mauro Biglino e Cinzia Mele, a destra Species with Amnesia di Robert Sepher.

 

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