Metti che ti capiti di ascoltare un vibrante elogio della verginità e un duro attacco alla pornografia. Metti che il discorso sia pronunciato da Cicciolina. Come minimo rimani perplesso, non credi una parola, o pensi che parole giuste siano uscite dalla bocca sbagliata. Così è capitato a noi leggendo del successo riscosso alla festa di Fratelli d’Italia dal presidente argentino Javier Milei, campione dell’ultraliberismo, anarco-capitalista confesso. L’entusiasmo della platea non sorprende: gratti il conservatore, immancabilmente trovi il liberale, amante soprattutto del portafogli.
Alla larga da quella destra, che genera ripulsa quando si getta nelle braccia di soggetti come Milei, fresco di cittadinanza italiana, conferita dalla presidente Meloni in virtù di lontane origini calabresi. Milei ha conquistato il partito della spenta Fiamma (un simbolo per cui tanti hanno lottato non certo in nome del libero mercato) enunciando un decalogo di azioni legati alla battaglia culturale contro la sinistra da cui in teoria è difficile dissentire. Ne parleremo, ma prima dobbiamo spiegare da che pulpito viene la predica. Javier è un liberista forsennato: dichiara di voler farla finita con lo Stato, per cui la motosega con cui spesso si presenta finirà per abbattere l’albero su cui egli stesso è seduto.
Da quando è presidente ha ottenuto un indubbio successo nella lotta contro una drammatica inflazione. Vanta un aumento dell’occupazione, che riguarda soprattutto impieghi precari; dichiara di voler abolire la banca centrale, ma non per controllare la moneta. Infatti avanza la dollarizzazione dell’economia argentina, ossia il contrario della sovranità (capito, meloniani sovranisti immaginari?) , che mette all’ angolo la valuta nazionale e consegna alla dipendenza dagli Usa. Ha svenduto lo sfruttamento del litio – risorsa fondamentale – alle multinazionali nordamericane e, benché anti abortista, sembra non eccepire nulla alla sterilizzazione giovanile promossa dalla sanità argentina. Viva la libertad, carajo! viva la libertà, cavolo, come urla al termine di ogni discorso.
Certo, sta colpendo duramente la burocrazia folle che produceva leggi e regolamenti a raffica (ne abolisce centinaia ogni mese) per esercitare meglio il controllo su una popolazione stremata, che il vecchio potere dominava con una corruzione che lascia senza fiato chi visita l’ Argentina. Le provvidenze per i poveri finivano per il cinquanta per cento nelle mani delle mafie politiche e amministrative. Il punto è che ora sono state pressoché eliminate. In particolare è stata abolita l’agenzia che erogava microcrediti. Non funzionava, ma la motosega di Milei abbatte la foresta intera, senza riguardo per nulla e nessuno.
L’anarco capitalista è un sionista scatenato – adepto di un gruppo ebraico estremista – e scambia il libero mercato con la libertà tout court. Dichiara che nel 2025 eliminerà il novanta per cento delle imposte, mandando in solluchero chi sta comprando a prezzi di saldo l’Argentina, paese potenzialmente ricchissimo. E’ la libertà, carajo! L’Argentina è un paese pericolosissimo in cui le bande criminali – spesso giovanissimi delle “villas miserias”, le baraccopoli che circondano le città – terrorizzano i cittadini. Un mestiere diffuso, in mano a mafie senza scrupoli, è il “cartonero”, il raccoglitore di carta e rifiuti nell’immondizia. Dopo un anno di cura Milei, le statistiche, al netto dell’indubbio successo sull’inflazione, sono sconsolanti. Provengono da INDEC (Instituto Nacional de Estadística y Censos ) sopravvissuto alla motosega presidenziale che non ha risparmiato decine di migliaia di pubblici dipendenti licenziati. “La percentuale di abitazioni al di sotto della soglia di povertà ha raggiunto il 42,5%; vi risiede il 52,9% della popolazione. Il 13,6% delle famiglie è al di sotto della soglia di indigenza, che comprende il 18,1% delle persone. Al di sotto della soglia di povertà si trovano 4.319.760 famiglie, che comprendono 15.685.603 persone; all’interno di quel gruppo, 1.378.142 famiglie sono al di sotto del livello di indigenza, che rappresenta 5.379.588 persone. Rispetto alla seconda metà del 2023, l’incidenza della povertà ha registrato un aumento, sia per le famiglie che per gli individui, rispettivamente di 10,7 e 11,2 punti percentuali. Nel caso dell’indigenza si registra un aumento di 4,9 punti percentuali nelle famiglie e 6,2 nelle persone.”
Davvero un ottimo esempio per chi ha applaudito freneticamente Milei a Roma in odio alla sinistra. Nulla di diverso dall’antifascismo isterico della parte avversa. Viene in mente quel chirurgo che, al termine di un’operazione, vantò la riuscita dell’intervento; peccato che il paziente fosse morto. Non è difficile domare l’inflazione tagliando tutto: se la gente si impoverisce, la domanda scende, circola meno denaro, i prezzi crollano. Successi macroeconomici contro gli interessi delle classi medie – polverizzate – e di quelle basse a cui appartiene la metà degli argentini.
Malgoverno di decenni, burocrazia, corruzione, imperizia antiche. Ma il rimedio, almeno finora, è peggiore del male; in più getta la nazione, in cui vivono milioni di discendenti di italiani, nelle mani rapaci della finanza e dei fondi di investimento stranieri. Insomma, Milei predica bene, ma razzola malissimo. Che ne dice del calo del PIL del 3,5 per cento, il dato peggiore del Sudamerica? Però dà buoni consigli a Giorgia per attaccare “l’agenda della sinistra criminale”. Ha molte ragioni, squalificate dal fanatico approccio liberista e liberale. Il primo punto del decalogo è indiscutibile: “è meglio una scomoda verità che una comoda bugia. Ogni piano governativo deve basarsi sulla verità. Non cerchiamo di adattare la realtà a un modello imposto. Prima o poi le persone scoprono l’inganno. Se la bevanda è amara è meglio berla subito. “ Bere, ma non affogare, carajo.
Secondo: «Non ce ne frega niente dell’opinione dei politici. Se i cambiamenti o le riforme vengono richiesti dalla classe politica, dovremmo essere sospettosi. Se sospetti e diffidi, hai ragione.” Ancor più se le riforme fanno gli interessi stranieri e svendono la nazione. Terzo: “non bisogna mai negoziare idee per attirare voti perché questo lascia senza convinzioni e senza voti”. Assolutamente vero, ma occorre che le convinzioni abbiano l’obiettivo del bene comune, non la gabbia ideologica liberista. Quarto: “a differenza dell’economia, la politica è un gioco a somma zero e non bisogna smettere di esercitare il potere né smettere di occupare spazi”. Giusto: per smantellare il potere mediatico e culturale progressista, occorre costruire una contro egemonia culturale. Se però è basata sul liberismo e l’egoismo sociale è destinata alla sconfitta, tanto più che la destra generalmente detesta il pensiero, è infastidita dai suoi stessi intellettuali di riferimento, trattati, nel migliore dei casi, come disturbatori. Ignora che il liberalismo è progressista, nemico delle identità e dei limiti, dunque vicino all’ideario della sinistra.
Quinto: “l’unico modo per combattere il male organizzato è con il bene organizzato. Poiché crediamo di non essere pecore, non ci organizziamo e non siamo disciplinati. Dobbiamo essere come una legione romana in cui nessuno rompe la formazione. Chi non agisce secondo gli schieramenti del partito deve essere espulso.” Libertà, carajo, ma sino a un certo punto: fuori chi dubita, all’indice chi non è d’accordo. Qual è la differenza con i tuoi nemici, caro Javier? Se poi il liberismo selvaggio è il Bene, si comprende il successo del Male. Il nuovo italiano, modello della destra italiana, continua a distillare saggezza degna di cause migliori della sua. Sesto: “quando l’avversario è forte, l’unico modo per batterlo è essere una forza maggiore. Si aggrappano al potere fine a se stesso, non hanno scrupoli. Non vogliamo dialoghi che non ci portano da nessuna parte. Non si può essere tolleranti verso gli intolleranti.” Le stesse parole di Karl Popper, vate della sedicente società aperta, ispiratore di George Soros. Chi decide sull’intolleranza? La destra e la sinistra sono sorelle, le due facce della medesima moneta falsificata.
Settimo: “non c’è difesa migliore di un buon attacco, non c’è niente di peggio che vivere sulla difensiva dando spiegazioni a chi non se lo merita, non dobbiamo dare spiegazioni a chi ha distrutto il Paese. “ Attaccare, certo, badando però ad avere idee migliori dell’avversario, alternative, non visioni diverse della stessa ideologia. Ottavo: “ combattere la battaglia culturale non è solo un dovere, è un obbligo. Le idee devono essere ben comunicate. Abbiamo idee che funzionano e sono corrette e abbiamo molto da guadagnare se le comunichiamo bene. “ Magnifico se la battaglia culturale è a favore del popolo, se nega gli spropositi del gender e contrasta l’attacco ai fondamenti della vita del globalismo. Se lo scopo è condurre una guerra interna al sistema dominante, è ovvio il disinteresse degli antagonisti e della gente comune. Soprattutto, non regge alla prova dei fatti alcun costrutto ideale o culturale che produce povertà, disfacimento sociale, perdita di identità, abbandono della moneta e della sovranità.
Nono: “ l’unico modo per combattere la sinistra criminale è da destra, il centro diventa solo complice. Non ci interessa il consenso perché il suo unico scopo è mantenere i privilegi della casta politica. Non esiste consenso tra il bene e il male, il bene deve prevalere.” Applausi: detestiamo anche noi i moderati di ogni risma, estremisti del tornaconto, del cinismo, del compromesso. Non ci può essere mediazione tra il bene e il male. A patto di definire l’uno e l’altro e non confondere gli interessi con i principi. La destra è maestra di magniloquenza nell’enunciare con la mano sul cuore valori irrinunciabili che invariabilmente tradisce in nome del tornaconto di ceti e gruppi sociali che sfruttano la pulizia morale di molti – specie dei ceti popolari – per mantenere ed estendere la propria ricchezza. Destra dei valori sempre perdente dinanzi alla destra del portafogli.
Il merito di Milei è la sincerità. Non porta la maschera, e il suo volto non ci piace per nulla, così simile, nei fatti, a quello dei liberal progressisti. Dove casca fragorosamente l’asino, pardon l’anarco-capitalista, è sul decimo punto. “ Difendiamo una causa giusta e nobile: la grande impresa di civiltà che è l’Occidente. Dobbiamo essere pronti a dare la vita per essa. “ Gran civiltà, ma sacrificarci per l’Occidente oggi significa combattere le guerre di dominio di Stati Uniti, Gran Bretagna, Israele; accettare l’impoverimento, il controllo sociale, per il bene dei fondi d’investimento, della privatizzazione del mondo, di Fintech e Big Pharma, accogliere con scroscianti applausi della curva ultrà l’agenda disumana e transumana dei padroni del mondo. Se questa è la nuova destra, dagli amici ci guardi Iddio.