Nel 2015 scrissi e pubblicai su “Ereticamente” un articolo, Il passaggio del testimone, che parlava della quasi contemporanea scomparsa di due notevoli intellettuali “nostri”, Sergio Gozzoli e il grande, grandissimo Gianantonio Valli.
Passaggio del testimone nel senso che il venire meno di queste figure di pensatori ci affidava il compito non facile di cercare di raccogliere la loro eredità, portando avanti l’idea cui hanno dedicato il loro impegno e la loro esistenza nella grande staffetta della vita, e ben sapendo di muoverci in un territorio ostile.
Come ha scritto proprio Gianantonio Valli:
“Oggi ci troviamo in un deserto. Siamo ai bordi di un deserto che va attraversato. Non ha senso negare il deserto, credersi in terra grata, fantasticare di poterlo aggirare o sperare che il tempo lo muti in eden. È un deserto. Sappiamo però che il deserto, del quale non vediamo oggi i confini, prima o poi finirà. E se non sarà finito, avremo almeno dato senso alla vita. Sappiamo che, non ora, ci saranno tempo e modo per ricostruire una città, rifondare una civiltà. Non ora. Nel deserto non si costruisce. Mancano le condizioni elementari. Mancano i materiali, l’acqua, i rifornimenti. Il vento ti sferza la faccia, la sabbia ti acceca, i miraggi t’ingannano, imperversano predoni, operano assassini, i tuoi compagni, e tu stesso, sono soggetti ad umani cedimenti. Nel deserto si può solo andare avanti, senza sperare di costruire. Si può solo cercare un riparo quale che sia, perché cala la notte e nell’incerto mattino riprende la marcia. Sempre vigili, in guardia, ringraziando gli Dei per quelle poche oasi, per quella poca acqua. E magari anche il Sistema, che nella sua infinita bontà non ti ha ancora tolto l’aria per respirare.
Nello zaino c’è quanto hai potuto salvare. C’è quello in cui credi, la tua vita. Che va portata al di là del deserto. Altri uomini, generazioni, individui sconosciuti, gente che mai vedrai, neppure i tuoi figli, verranno. La storia lo insegna, anime simili alla tua, segmenti su una stessa retta, fedeli agli stessi Dei. Ne nasceranno ancora. Ne sono sempre nati. Ciò che è certo, è che l’Estremo Conflitto fu disfatta totale. Totale per la generazione che lo ha combattuto, per i milioni di morti, i milioni di sopravvissuti e avviliti, per la nostra generazione, per quella dopo di noi. Catastrofi seguiranno fra qualche decennio, anarchia e rovine per altri decenni, crollo di ogni istituto civile. Ma qualcuno ci sarà. A raccogliere, ad aprire lo zaino…”.
Fra gli scritti di Sergio Gozzoli, ricorderei in particolare il bellissimo L’incolmabile fossato. Se pensate che esista una cosa chiamata “civiltà occidentale”, che la stessa civiltà si trovi sulle due sponde dell’Atlantico, toglietevelo dalla testa. Quella americana è una cultura fondata sugli scarti della civiltà europea, non solo degenere, ma ostile e nemica, formata da tutto ciò che l’Europa rifiutava, e che oggi, dopo essersi imposta su di noi con la violenza più brutale nella Seconda guerra mondiale, sta inquinando e distruggendo la cultura dell’Europa.
Un altro scritto di Gozzoli che io riterrei di importanza quasi pari a L’incolmabile fossato è La rivincita della scienza, in esso l’autore rileva che la ricerca scientifica smentisce le ubbie e le utopie democratiche, cristiane e marxiste.
Essa mette per prima cosa precisi limiti alla plasmabilità e alla costruibilità dell’uomo attraverso l’ambiente e i condizionamenti educativi, rivendicando il ruolo dell’eredità genetica nel fare di ciascuno di noi quello che è, e soprattutto i tanto mal compresi concetti di evoluzione e selezione naturale ci dimostrano che la vita si costruisce attraverso la differenziazione, e che la tendenza di democrazia e marxismo verso l’amorfo e l’indifferenziato, è in ultima analisi la tendenza verso la morte.
Dell’immenso lavoro di Gianantonio Valli, quasi non ci sarebbe bisogno di dire nulla. Basta ricordare che il suo testo più impegnativo, Holocaustica religio, fu pubblicato dall’editore in forma sintetica con allegato un CD contenente la versione estesa, che stampata in cartaceo avrebbe dato al testo una dimensione di poco inferiore a quella di un’enciclopedia.
In esso Valli ha attentamente documentato le falsificazioni in base alle quali è stato creato il mito fondante della finta civiltà occidentale, il mito olocaustico, costruito a partire da un processo che ebbe tutta l’obiettività del malanimo dei vincitori contro i vinti e delle leggi retroattive, e al preciso scopo di generare nella parte vinta un perenne senso di colpa che ne avrebbe garantito la sottomissione.
Valli e Gozzoli erano due figure collegate, entrambi collaboratori della rivista “L’uomo libero”, invece i due scoparsi di cui tocca occuparci adesso, venuti meno alla fine di novembre 2024, e di cui pure dobbiamo raccogliere il testimone, erano due personaggi molto distanti che hanno operato in ambiti del tutto diversi, fornendo però entrambi tasselli importanti alla nostra visione del mondo, sto parlando di Colin Renfrew e di Gian Paolo Pucciarelli.
Dire che Colin Renfrew è stato un archeologo è quasi riduttivo. Diciamo pure che, a giudizio pressoché unanime è stato considerato uno dei più insigni, forse il più illustre archeologo della nostra epoca, al punto da essere insignito per i suoi meriti scientifici, non dell’ormai abusato titolo di baronetto, attribuito anche ai Beatles e a Mary Quant per l’invenzione della minigonna, ma barone, barone di Khaimstorm per la precisione.
Al riguardo, bisogna essere molto chiari. Non è che qualcuno diventa “dei nostri” semplicemente perché è un archeologo, ma diciamo che le sue ricerche ci hanno fornito materiale prezioso per la nostra visione del mondo. Un aspetto particolarmente prezioso e importante degli esiti di queste ricerche, e che ancora oggi l’establishment scientifico legato da mille meccanismi e soprattutto dai finanziamenti al potere, si ostina a negare, è il riconoscimento, prove alla mano, dell’antichità della civiltà europea, e della sua priorità rispetto a quel Medio Oriente di cui la si vorrebbe tributaria. Si veda questo bel brano di Renfrew, un pezzo da leggere e meditare con attenzione.
“Molti di noi erano convinti che le piramidi d’Egitto fossero i più antichi monumenti del mondo costruiti in pietra, e che i primi templi fossero stati innalzati dall’uomo nel Vicino Oriente, nella fertile regione mesopotamica. Si riteneva anche che là, nella culla delle più antiche civiltà, fosse stata inventata la metallurgia e che, successivamente, le tecnologie per la lavorazione del rame e del bronzo, dell’architettura monumentale e di altre ancora, fossero state acquisite dalle popolazioni più arretrate delle aree circostanti, per poi diffondersi a gran parte dell’Europa e del resto del mondo antico (…).
Fu quindi un’enorme sorpresa quando ci si rese conto che tutta questa costruzione era errata. Le tombe a camera megalitiche dell’Europa occidentale sono ora considerate più antiche delle piramidi e sono questi, in effetti, i più antichi monumenti in pietra del mondo, sì che una loro origine nella regione mediterranea orientale è ormai improponibile (…) Sembra, inoltre, che in Inghilterra Stonehenge fosse completata e la ricca età del Bronzo locale fosse ben attestata, prima che in Grecia avesse inizio la civiltà micenea (…) Le nuove datazioni ci rivelano quanto abbiamo sottovalutato questi creativi “barbari” dell’Europa preistorica, i quali in realtà innalzavano monumenti in pietra, fondevano il rame, creavano osservatori solari, e facevano altre cose ingegnose senza alcun aiuto dal Mediterraneo orientale (…) Si verifica tutta una serie di rovesciamenti allarmanti nelle relazioni cronologiche. Le tombe megalitiche dell’Europa occidentale diventano ora più antiche delle piramidi (…) e, in Inghilterra, la struttura definitiva di Stonehenge, che si riteneva fosse stata ispirata da maestranze micenee, fu completata molto prima dell’inizio della civiltà micenea (…) Quell’intero edificio costruito con cura, comincia a crollare, e le linee di base dei principali manuali di storia devono essere cambiate”.
Bisogna però purtroppo rilevare che questo brano compare in un saggio del 1973, da allora è passato oltre mezzo secolo, e della rivoluzione che Renfrew riteneva imminente e necessaria, che il radiocarbonio e la dendrocronologia avrebbero dovuto introdurre nella nostra visione del passato, non abbiamo visto praticamente nulla. Se prendete in mano un qualsiasi libro, che sia un’opera divulgativa o un libro di testo, dalle elementari all’università, e peggio ancora se andate a considerare la produzione mediatica di documentari, per non parlare della cinematografia, vedrete che si continuano a raccontare le stesse favole mediorientali a base di Egitto, Mesopotamia, Mezzaluna Fertile e via dicendo.
Al potere che controlla sia il sistema “dell’istruzione” sia quello “dell’informazione” non interessa la realtà delle cose, il confronto con i fatti, ma solo quali favole siano più comode e tranquillizzanti per controllare la gente.
Un altro aspetto importante delle ricerche di Renfrew ha riguardato l’identità dei costruttori di megaliti. Su chi fossero che hanno eretto i grandi complessi megalitici nelle Isole Britanniche, in Bretagna, sulle coste atlantiche dell’Europa, un po’ tutto il nostro continente, esiste un’annosa controversia. Secondo alcuni, si sarebbe trattato di una misteriosa popolazione pre-celtica poi sommersa dall’arrivo dei Celti. Diversa l’opinione di Renfrew, non erano pre-celti, ma proto-celti, ossia diretti antenati dei Celti protostorici e storici.
A lungo, data l’assenza di testimonianze scritte, la questione sembrava impossibile da decidere, ma con il nuovo secolo e millennio, la tecnologia dei droni ha permesso di individuare nell’Europa orientale e centrale un gran numero di antichissime strutture circolari a terrapieno che gli archeologi hanno battezzato roundel (termine che in inglese non significa altro che cerchi), ed è visibile il loro passaggio a strutture megalitiche man mano che è invalso l’uso di inserire pietre erette sul perimetro dei terrapieni. Il passaggio dal roundel al circolo megalitico vero e proprio è ben rappresentato dal circolo di Gosek in Germania, Queste strutture si evolvono diventando sempre più complesse man mano che ci si sposta da est verso ovest.
E’ proprio lo stesso movimento che troviamo riguardo alle popolazioni celtiche, le cui sedi più antiche si trovano nell’Europa centrale e orientale, il sito di cultura celtica più antico conosciuto, è ad esempio quello di Hallstatt in Austria, per poi spostarsi nella Gallia e nelle Isole Britanniche.
Il parallelo fra le due cose è troppo perfetto per essere una coincidenza, quindi che dire, Renfrew aveva ragione.
Io vi ho più volte citato un testo, uno dei pochi superstiti della biblioteca virtuale andata persa con la formattazione del dicembre 2018, l’ultima volta è stata nell’articolo Il sangue e l’oro pubblicato da “Ereticamente” lo scorso 18 novembre, Il grande inganno, nel quale l’autore, che si firma Prassard ci svela uno dei segreti che stanno nel cuore dell’economia mondiale, la Federal Reserve americana, deputata all’emissione del dollaro, nonostante il nome scelto apposta per far pensare a un ente governativo, è in realtà una banca privata. Attraverso essa un ristretto numero di azionisti oligarchi controlla l’economia degli USA e ne decide la politica, e poiché il dollaro è forzatamente imposto come unica moneta delle transazioni internazionali, di fatto controlla l’economia dell’intero pianeta.
Io ho evitato di rivelarvi chi si celava dietro lo pseudonimo di Prassard. Nelle nostre democratiche e liberissime democrazie è pericoloso esprimere opinioni controcorrente, e lo è ancora di più rivelare fatti che possono mettere in imbarazzo il sistema. Adesso che è andato avanti e nulla può più nuocergli, non ho difficoltà a rivelarvi che Prassard era in realtà Gian Paolo Pucciarelli.
Il grande inganno è in sostanza un estratto del libro di Pucciarelli Segreto Novecento. Non so per quale ragione ma per un libro è più facile sfuggire agli zelanti censori della democrazia rispetto a un testo breve, forse per i loro cervelli da cyborg la lettura di un testo lungo risulta troppo faticosa.
Il libro in questione ha una gamma di sottotitoli che poi corrispondono al titolo dei saggi che lo compongono, “L’inconfessabile storia del potere dal XX secolo al terzo millennio”, “Perché il capitalismo “monopolistico” creò e sostenne l’U.R.S.S.”,“Il debito perpetuo e il controllo dell’economia mondiale all’ombra del mito della democrazia”.
Che la democrazia sia, più che “un mito” come la definisce Pucciarelli, una favola, una sceneggiata volta a dare al popolo l’illusione di contare qualcosa, mi pare una cosa talmente ovvia che non mi pare valga nemmeno la pena di parlarne.
Un aspetto più sorprendente dei fatti che rivela questo libro, è piuttosto il fatto, incredibile, ma reale e ben documentato, che i capitalisti di Wall Street con generosi aiuti economici, hanno alimentato e sostenuto la finta Rivoluzione russa (in realtà quello di Lenin fu un golpe militare) e l’oppressivo regime bolscevico che ne era nato, quando in teoria il comunismo avrebbe dovuto rappresentare per il sistema capitalistico il nemico per eccellenza.
Forse – ipotizzo – l’instaurazione di un regime comunista sanguinario e fallimentare, è stata vista come un mezzo per distogliere in tutto il mondo milioni di lavoratori da qualsiasi idea di socialismo.
Noi non possiamo non raccogliere il testimone di coloro che ci hanno preceduti, e proseguire la loro staffetta, anche se il fardello di chi resta diventa sempre più gravoso.
Ma, secondo la bella metafora di Gianantonio Valli, occorre caricarsi lo zaino sulle spalle e portarlo avanti. Prima o poi, il deserto finirà.
NOTA: nell’illustrazione, a sinistra Gianantonio Valli, al centro uno scorcio di Stonehenge, il più iconico dei monumenti megalitici di cui si è occupato Colin Renfrew, a destra il libro di Gian Paolo Pucciarelli.