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25 Aprile 2025
Società

Una nobile professione – Ramingo

Difficile dire quale sia la professione più nobile esercitata dall’uomo. Qualcuno direbbe forse il medico, tutore della nostra salute e della vita. Io ritengo invece che le due più nobili professioni dei nostri tempi siano quelle del politico e del giornalista. Custode una della libertà dei cittadini, l’altra del loro diritto alla verità. Beni più preziosi della vita stessa. Sono tuttavia professioni delicate e fragili nella loro complessità, dalla salute cagionevole, soggette a vari malanni.

Proprio di questo discutevo pochi giorni orsono con un paio di amici. È infatti evidente che politici e giornalisti, con poche eccezioni, soffrono da tempo di una apparente coazione a mentire. Anche i medici mentono, ma la loro in fondo è una bugia a fin di bene, terapeutica, per evitare al paziente inutili ansietà. Ma a che scopo mentono politici e giornalisti?

Uno dei miei amici poneva come causa di ciò una patologia psichiatrica, la quale renderebbe fisiologicamente impossibile dire la verità. Giornalisti e politici sarebbero dunque malati, vittime di uno stato morboso. L’altro amico non era d’accordo e coglieva invece, in questa attitudine a raccontar frottole, un vizio morale. Citava in tal senso una nota giornalista televisiva, la quale rivendicava per sé la definizione di “professionista” dell’informazione. Secondo lui il nocciolo del problema sta proprio in questo termine – professionista – che andrebbe preso nel senso classico, tradizionale, che rinvia alla più antica professione del mondo.

Io ero perplesso, poco persuaso da queste spiegazioni, a mio parere semplicistiche. Ho replicato che queste due ipotesi, pur contenendo elementi oggettivi, peccavano di limitatezza di vedute. L’etica e la psicologia non sono in grado da sole di render conto della complessità del fenomeno in questione. Non ne capiscono la natura perché non colgono la dialettica trans-personale in cui si radica tale processo di sistematica falsificazione della realtà.

Prendiamo ad esempio il contenuto delle importanti testate giornalistiche. Osservando bene, vedrete che tutte, fatte salve superficiali differenze di stile e di forma, affermano le stesse identiche cose. Perché questa piatta omogeneità? È per non creare dubbi e disorientamento nell’opinione pubblica la quale, leggendo versioni contraddittorie e interpretazioni contrastanti, si sentirebbe smarrita e potrebbe pensare che qualcuno non riporti fedelmente la realtà dei fatti.

In tal modo i giornalisti offrono alla gente una comunicazione solidale e compatta, certa e rassicurante. Voi direte: e che ne è della verità? Questo è il punto essenziale. Infatti, come la stessa fisica moderna ci insegna, la realtà di un oggetto osservato è condizionata dall’atto con cui lo osserviamo. Perciò, quando Pilato chiese “cos’è la verità?” non ebbe risposta. Immaginate un uomo: visto da dietro mostra il deretano, mentre visto davanti mostra il volto. Se due giornalisti, guardando da posizioni diverse, dovessero uno dire che è un culo e uno dire che è una faccia, la gente crederebbe che almeno uno di loro mente, e perderebbe la fiducia nei media. È quindi essenziale per i giornalisti mettersi d’accordo su quello che è necessario dire per non creare confusione e diffidenza in chi legge.

A tal fine esistono delle agenzie ad hoc che inviano alle redazioni notizie già filtrate e commenti già saggiamente predisposti, da cui vengono espunti tutti i vari e differenti punti di vista meno uno, scelto secondo criteri di economia e di opportunità. Il giornalista, ultimo anello della catena, non può che aggiungervi ad libitum, se vuole, un tocco personale, senza però modificarne il senso. Può apparire spiacevole dover rinunciare alla propria autonomia di giudizio, ma questo sacrificio è imposto dall’etica professionale.

Qui uno dei miei amici mi ha obiettato: “è inevitabile vi siano punti di vista diversi. Scambiare un culo per una faccia può esser deplorevole, ma almeno ci dice che si tratta di un uomo, il che non è una totale falsità. Tutt’altra cosa è scambiare un uomo per un pollo o viceversa, come tanti giornalisti fanno normalmente”.  Questa obiezione evidentemente dimentica quanto già detto sulla relatività dei nostri giudizi. Ovvero, implica l’idea che tra un culo e una faccia vi sia una differenza di minor conto di quella che corre tra un uomo e un pollo. Ma questi sono pregiudizi obsoleti, che non possono certo influenzare un moderno professionista dell’informazione.

Il caso dei politici è analogo, anche se professionalmente e umanamente più complesso. Forse voi siete tra quelli che si dilettano di pittoreschi dibattiti parlamentari, quegli agoni in cui politici a Destra e a Sinistra (mere denominazioni spaziali) si fronteggiano come gladiatori nell’arena, in un susseguirsi di schermaglie verbali, battute sarcastiche o feroci, assalti e difese, rumorose contestazioni e inutili richiami al sereno dibattito, al decoro delle istituzioni ecc.. Spettacolo triste, che può divertire solo l’uomo comune, ignaro delle sottostanti dinamiche e del travaglio che agita il cuore del politico.

Dobbiamo a tal fine esaminare il senso reale e la natura di questo scontro tra gli schieramenti politici e capire che è questo costante e faticosa dialettica tra Governo e opposizione, minoranze e maggioranze, a tenere in vita l’organismo democratico. Sono queste forze, interagendo tra loro, a formare i due polmoni grazie ai quali la democrazia respira. Sono loro gli organi dai quali la vita dello Stato trae l’ossigeno necessario al proprio metabolismo.

È dunque radicalmente sbagliato considerarle forze in antitesi e in lotta tra loro, poli di un dualismo insanabile e conflittuale. Solo un equivoco può farci credere che l’opposizione persegua scopi e progetti diversi dalla maggioranza. Entrambe cooperano a un unico fine, indipendentemente dal fatto, come per i nostri polmoni, d’essere una a destra e una a sinistra. A prescindere dalla loro apparente doppiezza morfologica e ideologica, sono parti complementari di un’unica entità, fondate su una salda unità di intenti.

Come ogni struttura fisiologica, anch’esse sono soggette a leggi inviolabili. In altri termini, ciò significa che sono entrambe vincolate a un destino, ossia a un copione già scritto, che è loro compito recitare con scrupolosa serietà e credibile convinzione. La natura ha in questo caso assegnato alla maggioranza il ruolo più ingrato. È suo compito prendere le decisioni più impopolari – tagli alla sanità, alle pensioni, alla scuola, aumento di tasse e sanzioni ecc. – esponendosi a critiche, attacchi e recriminazioni d’ogni sorta.

Molto più gratificante è il ruolo dell’opposizione, i cui esponenti possono protestare con veemente passione e mirabile ars oratoria, assumendo toni indignati e moralistici, fingendo di scandalizzarsi per le iniziative del Governo a danno dei cittadini più indifesi e vulnerabili e a vantaggio di pochi privilegiati.

Ma la natura ha un andamento ciclico. Così, dopo mesi o anni di accesi dibattiti, i problemi irrisolti determinano un cambio di Governo e un ribaltamento di ruoli. Il compito più faticoso passa in tal modo all’opposizione, che deve cominciare a dissimulare e a dir cose palesemente stupide, motivando e giustificando decisioni che ognuno sa essere disoneste e indifendibili. Così la precedente maggioranza, diventata opposizione, potrà ora dar prova di grande integrità morale e di disinteressata sollecitudine per gli interessi dei cittadini.

Certo, è facile criticare il politico, se restiamo alla superficie delle cose, senza cognizione delle loro cause profonde, ignorando quanto sia logorante tale professione. Perché, come ha detto qualcuno, “il potere logora chi non ce l’ha”. E di fatto il politico non ha oggi alcun potere. È solo una pendula appendice di consorterie ai cui ordini deve sottostare, costretto a fare la sua parte all’interno di una fittizia, ingannevole dialettica. Deve mostrare muscoli che non possiede, facoltà decisionali che non gli appartengono.

Opposizione e maggioranza sono solo pedine mosse da oscure dinamiche, forzate a recitare una commedia, a rappresentare sul palcoscenico della politica personaggi ora vili, meschini e corrotti, ora nobili, generosi e intrepidi, come patetiche marionette tirate qua e là da rigidi fili, secondo una trama che altri hanno deciso. Forse di notte sognano d’esser dittatori, liberi di decidere senza cercar consensi, senza dover ubbidire a nessuno.

E invece eccoli lì, presi nella rete di maggioranza e opposizione, destra e sinistra, Bene e Male, tesi e antitesi senza sintesi. Sembrano uccelli intrappolati che agitano rumorosamente le ali e strillano senza poter volare. Solo uno sciocco, guardandoli, potrebbe invidiarli, mentre si dibattono in quella gabbia invisibile in cui la democrazia li ha rinchiusi. Infelice e immutabile destino cui il politico presto si rassegna con grande senso del dovere. Al punto che non sa immaginare o desiderare altra vita che quella. Vita fittizia, dove tutto – i gesti, le parole, le emozioni – è così tragicamente finto. Vita venduta, prostituita per amore del prossimo. Perché, come dice Baudelaire, “ogni amore è prostituzione”.

Pensiamoci dunque due volte prima di pontificare sulla corruzione dei giornalisti e dei politici. Se mentono è perché la loro professione, come quella del medico, lo esige. Perciò fingono, come “vere professioniste”, di trarre piacere dal loro lavoro. Ma se togliessimo loro la maschera dell’arroganza, dell’aggressività, della spocchia che abitualmente indossano, vedremmo il volto di un clown triste, un Pierrot il cui volto è segnato da una smorfia di impotente dolore, forse disgusto di sé stesso.

Il politico e il giornalista sanno di non potersi sottrarre alla loro condizione di schiavi benestanti, strumenti passivi di quelle forze, ben al di sopra della politica e del giornalismo, che attraverso di loro governano e manipolano la società. Per questo sono ormai fisiologicamente assuefatti al servilismo e alla menzogna. Se provassero a respirare aria di libertà, di verità, morirebbero all’istante, come uccisi da un gas tossico.

V’è solo un’eccezione alla regola. È quando politici e giornalisti accusano altri politici o giornalisti di dire falsità. In questo caso dicono la verità. Ma lo fanno solo per dar più forza alle proprie bugie, senza l’intenzione d’essere sinceri. È questa precauzione che salva loro la vita.

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