UN VECCHIO SENZA PIETA’
Mao era profondamente dispiaciuto di non aver potuto realizzare i suoi sogni planetari. Egli non si preoccupava minimamente per le spaventose perdite umane e materiali che la sua inclinazione distruttrice aveva inflitto al suo popolo. Più di 70 milioni di cinesi morirono, in tempo di pace, per causa sua e tuttavia era del suo destino che egli si lamentava.
Versava lacrime ogni volta che parlava di qualcuno che poteva collegarlo alla passata gloria e agli insuccessi del presente, fino a guardare i film di propaganda del suo stesso regime.
I suoi collaboratori videro spesso il suo viso inondato di lacrime ” come se queste scendessero da una fonte “, disse uno di essi. L’impietosirsi di se stesso, cosa alla quale Mao era sempre stato incline, fu, nei suoi ultimi giorni, la sola emozione che provava quest’uomo senza pietà.
Mao fu peggio di Stalin. Il lettore ne sarà convinto dopo aver portato a termine l’implacabile requisitoria biografica di Jung Chang e Jon Halliday, dal titolo ” Mao, l’histoire inconnue “ Ed. Gallimard, 835 pagine, 28 Euro.
Questa copia, formata da una cinese emigrata e da uno storico inglese, ha lavorato una decina di anni alla demolizione del culto dell’eroe della Rivoluzione Culturale.
Archivi inediti e testimonianze originali permettono loro di dipingere un ritratto ricco di dettagli e aneddoti del dittatore cinese.
Non è solo una macabra contabilità che fa di Mao Tse-Tung un mostro più orribile di Josif Stalin. Gli autori gli attribuiscono la responsabilità di ” almeno 70 milioni di persone “
Mao non aveva nemmeno la scusa del fanatismo ideologico. Contrariamente a Stalin, nel quale si mescolavano convinzioni comuniste e sete di potere, il dirigente cinese non conobbe che una “fede tiepida“.
Il comunismo non è stato altro che lo strumento della sua ambizione. Mao sviluppò molto presto un profondo disprezzo del popolo.
” La natura degli abitanti del nostro paese è l’inerzia. Essi riveriscono l’ipocrisia e si accontentano di essere schiavi e di mentalità gretta “, confessò Mao ad amici suoi nel 1917.
” A mio parere, in Cina, gli operai non soffrono veramente di cattive condizioni materiali “, afferma nel 1920.
Il presunto difensore delle masse contadine non aveva più alcuna considerazione per la gente di campagna.
Inoltre Mao era ancora più insensibile di Stalin. La crudeltà del tiranno russo non escludeva un certo sentimentalismo.
Fu molto colpito dal suicidio di sua moglie Nadia. Niente di tutto questo con Mao. Che si trattasse della fame del suo popolo o di disgrazie familiari, egli non provava alcuna pena.
L’unica eccezione nasce dal suo affetto per la madre. Tuttavia il suo vertiginoso egoismo lo porta a sospendere di farle visita quando sta per morire in quanto non sopportava di ” vederla soffrire “.
Mao non è stato ne un agitatore rivoluzionario, ne un grande capo militare.
Questo ” maestro dell’intrigo ” deve la sua riuscita al suo talento manovratore, eccellente nell’arte della doppiezza.
Sacrificò senza il minimo scrupolo numerosi seguaci nella feroce lotta per prendere il controllo del Partito Comunista Cinese (PCC).
Poichè i rivoluzionari iniziarono a diffidare di questo cinico, detestato dalle proprie truppe, a partire dal 1924 Mao fu espulso dal Comitato Centrale con l’accusa di essere un ” opportunista di destra “, per poi tornare in auge più tardi dopo aver messo gli stessi rivoluzionari sapientemente gli uni contro gli altri.
Nel corso della sua ascesa in seno al partito, egli si appoggiò in permanenza ai sovietici, osando disobbedire a Stalin quando gli faceva comodo, ma è grazie a Mosca che Mao divenne il capo del comunismo cinese.
La vera storia della sua conquista del potere è ben lontana dal racconto fiabesco che riuscì a far bere a mezzo mondo.
Le prime ” zone rosse “ furono il teatro di scene di terrore e di saccheggio che non avevano niente a che vedere con un qualsiasi sollevamento popolare.
I comunisti che dominarono la regione dello Jiangxi agli inizi degli anni 30, vi lasciarono un così cattivo ricordo che il PCC non contava un solo membro quando il Partito si riaffermò nel 1949.
In quanto alla leggendaria Lunga Marcia di Mao, merita di essere considerata come un mito.
Non solo il Grande Timoniere si lasciò tranquillamente portare per quasi tutto il tempo, ma alcuni episodi famosi furono inventati.
Gli autori stabiliscono che la traversata eroica del ponte sul fiume Dadu, compiacentemente narrata da Edgar Snow, è una favola.
Altri documenti d’archivio rivelano che il nazionalista Chang Kai-Chek favorì la fuga dei ” rossi ” nella speranza di riavere suo figlio, a quel tempo nelle mani dei sovietici.
Una volta al potere Mao da il via libera alla sua megalomania.
Senza esitare decide di affamare il popolo per i fabbisogni del suo programma di armamenti. Durante il periodo del tragico ” Grande Balzo in avanti “, la carestia era tale che numerosi casi di cannibalismo furono segnalati. Tuttavia non importava niente. Mao diceva: ” il potere politico è il potere di opprimere gli altri “.
E’ l’efficacità del comunismo come strumento di dominio e sistema di giustificazione della violenza che lo affascinava.
” E’ meraviglioso! Meraviglioso! ” così si estasiava quando si riportavano le brutalità subite da qualche nemico di classe.
Se è riuscito a sottomettere la Cina, Mao ha fallito nel suo progetto più folle.
” Presto o tardi metteremo in piedi un Comitato di controllo planetario e stabiliremo un piano comune per la Terra “, afferma nel 1958.
Egli era convinto che il suo paese aveva la capacità di dominare il mondo.
Contrariamente ai responsabili sovietici, i loro omologhi di Pechino non avevano paura di usare l’arma nucleare e disponevano di una numerosa popolazione per occupare vasti territori.
Nel 1957, davanti alla conferenza internazionale dei partiti comunisti, Mao sognò ad alta voce un conflitto mondiale dove la metà dell’umanità sarebbe stata uccisa, ma grazie al quale ” tutta la terra sarebbe diventata socialista “.
Mao si augurava i peggiori cataclismi per calmare la sua sete malvagia di potenza, mentre, per tutta la sua vita, non faceva altro che curare i suoi piccoli confort personali.
TRATTO DA: L’EXPRESS del 29.06.06 (Eric Dupin)
Traduzione a cura di: Gian Franco Spotti