Articolo a cura di Nicole Ledda dell’Associazione culturale Zenit
Sant’Anna è una frazione di Stazzema, sita sull’Appennino toscano, ad oltre 600 metri sul livello del mare, un altro mondo praticamente. Questi monti sono a ridosso del mare, una bellezza da togliere il fiato e Sant’Anna pare una sorta di anfiteatro che abbraccia con la vista tutta la zona che va da Pisa a La Spezia. Queste terre sono belle e maledette, in quanto hanno particolarmente sofferto lo sbarco alleato in Italia. I tedeschi per proteggere l’Italia settentrionale da bombe, hot dog e democrazia innalzarono la Linea Gotica, Gotenstellung, nome altisonante voluto dallo stesso Hitler. Tale fortificazione si estendeva da Apuania (le attuali Massa e Carrara ) fino a Pesaro ed è stato l’ultimo baluardo tedesco e della Repubblica Sociale, rappresentando in questo lasso di tempo, fino alla resa, il miglior esempio di quella che in gergo si chiama “vittoria difensiva”. Le nostre terre recano ancora oggi innumerevoli resti delle trincee. Chi vive qui, ha un forte senso di appartenenza e anche chi non ha fede politica, si schiera dinanzi alle 60.000 vittime civili; non a caso Toscana ed Emilia sono note per essere “rosse”.
Essere nato in questi luoghi, esser fiero di aver questo sangue e amare follemente questi monti e questo mare, per chi scrive queste righe e spero per chi legge, questi non sembrano motivi validi per schierarsi con la massa che mistifica i partigiani, che proprio di queste terre hanno fatto il teatro principale delle proprie angherie. Oggi 12 agosto si celebrano i martiri dell’eccidio di Sant’Anna, una delle pagine più buie e poco conosciute della nostra storia più recente. Questo borgo viene sfruttato in nome dell’antifascismo, ma noi vogliamo raccontarvi la storia che si basa sulle testimonianze dei pochissimi reduci, senza allinearci alle fantasiose ricostruzioni che purtroppo hanno invece preso piede.
Un eccidio questo, non solo evitabile, ma beffa delle beffe, passato alla storia come fascista. Questo borghetto è nascosto tra le alture e per raggiungerlo è necessaria una camminata in salita di almeno due ore, per questo motivo la popolazione contava quattrocentocinquanta abitanti, fino all’otto di settembre, da quel momento cominciarono ad arrivare gli sfollati e con essi anche i partigiani. Inizialmente gli sbandati erano soltanto dieci e non abitarono mai la città, ma la presidiavano dall’alto, preferendo scendere solo per imporre la propria presenza. In nemmeno un anno superarono le duecento unità, dando vita alla brigata 10bis Garibaldi. Se fino a quel momento i partigiani vivevano nascosti, nel giugno cominciarono con gli attacchi a valle e in pianura: agguati, scontri, provocazioni, assassinii degli iscritti al PNF o in casa davanti ai familiari o sui monti dove venivano tenuti prigionieri. Le reazioni delle camicie nere furono rare e i tedeschi finché non furono oggetto dello stesso trattamento, non si intromisero.
Toccate le truppe tedesche, la reazione non si fece attendere e data l’impossibilità di espugnare quei nascondigli naturali ed impervi che le nostre terre offrono, affissero sul portone del sagrato di sant’ Anna, l’intimazione ad abbandonare il paese durante il rastrellamento, tutti coloro che fossero rimasti sarebbero stati considerati partigiani o protettori degli stessi. Allontanatesi le truppe, gli sbandati strapparono il manifesto, affiggendone un altro che ordinava di non abbandonare le case per nessuno motivo. La trappola era dunque pronta e la macchina ben oliata. Gli stazzemesi non lasciarono il borgo, non sapevano d’esser le vittime sacrificali dell’odio cieco, rosso e vigliacco. I partigiani fuggirono e gli innocenti furono sterminati al posto loro. Una sorta di via Rasella dell’Alta Versilia ma ben più infame, perché i partigiani tornarono a rastrellamento finito per derubare i corpi senza vita e razziare le abitazioni ormai fantasma. Nessuno si cura di dar voce alle pochissime testimonianze dei reduci, se così fosse si smonterebbe il falso mito dei collaboratori neri, in quanto l’unica spia delle S.S. fu un ex compagno di origine polacca che conosceva perfettamente i luoghi dei nascondigli degli sbandati. “Onore e gloria ai partigiani” e sono riusciti ad inculcarlo per bene nell’immaginario comune, contro ogni logica soprattutto in chi abita queste zone. Quegli stessi partigiani che abusarono dell’onestà della popolazione, provocarono in ogni modo le rappresaglie tedesche senza pietà alcuna per i civili, usati come pedine. Gli stessi partigiani che la storia ci ha consegnato come eroi “ora e sempre resistenza” ti ripetono giovani ed anziani, quasi automaticamente, qui è un infamia provare a raccontare la verità. Il subdolo gioco della resistenza ci ha consegnato questa italietta serva, che da oltre settant’anni fa dell’antifascismo un vanto e non una piaga.
Questi non sono i nostri padri, siamo figli di altri giorni. Il primo passo verso la rivoluzione è quello di diffondere la realtà storica dei fatti, quello di difendere ciò che siamo stati malgrado tutto, e ciò che vogliamo orgogliosamente essere, malgrado tutti, senza aver mai paura d’esser soli, senza vergogna. Andare controcorrente, in questo senso, è una missione alla portata di tutti, affinché le nostre non siano solo belle parole, è una missione che non ammette resa. È una questione di dignità, è una questione d’amore.
14 Comments