10 Ottobre 2024
Esoterismo

I simboli segreti della Mille e una Notte: la Conoscenza nascosta – Stefano Mayorca

Il sapere, le sue implicazioni di ordine simbolico e la sua dottrina segreta sono celati all’interno di edifici, testi, monumenti che ne custodiscono il volto primigenio e ne preservano l’immagine occulta e riposta che non deve e non può essere dissacrata dalla mentalità profana, che altrimenti ne violerebbe l’essenza più intima e sacra. La sua autentica veste, il corpus dottrinale che costituisce il cuore e il centro di ogni manifestazione trascendente ed ermetica, è racchiusa nello scrigno prezioso che gli antichi iniziati hanno creato per difendere il patrimonio sapienziale dalle spire del volgo, dalla corrente volgare e contaminante. Così, quasi nascosto, questo
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tesoro di Conoscenza assoluta è stato smembrato, suddiviso e inserito in ambiti apparentemente inusuali affinché chi sa ed è in grado di decifrarne l’anima secretata, disveli i simboli e prosegua l’opera di conservazione e di parziale diffusione. Divulgazione che deve essere diretta a coloro che si dimostrino degni di raccogliere il testimone di tale immane eredità. Il mistero della morte e dell’ignoto che ne segna le dinamiche oscure e sconosciute sembra condizionare la vita degli esseri umani, e a nulla vale una religione che non è capace di fornire risposte, ma sulla paura dell’inconoscibile ha costruito il suo impero. Il sapere tenta di indicare il cammino, rischiara il sentiero buio, ma i quesiti possono essere compresi solo da colui che conquista faticosamente la sua evoluzione, da chi non si accontenta di semplici verità a buon mercato, ma deve lottare per capire, e capire per crescere.

 

Il mistero nel Mistero: appunti di frammenti perduti

Le misteriose atmosfere dell’Oriente fascinoso e arcano non devono trarre in inganno con la loro ridda di suoni, colori, leggende, racconti che rasentano il fantastico. Non bisogna lasciarsi sviare da quella magica malia che sembra avvolgere le mente sconvolgendo i sensi, ma guardare oltre, al di là delle facili considerazioni, più avanti dell’orizzonte limitato che certe storie pregne di visioni e di fantasia fanciullesca paiono veicolare. Dietro la fiaba si annida l’allegoria che tutto circonda di mistero e addita la meta altissima da raggiungere. Chi non si ferma di fronte alla superficie ingannatrice dell’oceano cartaceo fatto di pura apparenza, vedrà infine la Luce, contemplerà il volto segreto del Dio occulto che dimora in ciascun uomo illuminato e progredito, sentirà il vero Amore privo di egoismi pervadergli l’animo. E proprio un racconto antico dai contorni magico-fiabeschi è il guardiano di una soglia proibita, oltre la quale è situato il mondo riflesso che risplende al di là dello specchio. Si tratta di una fantasmagoria di storie meravigliose: Le Mille e una Notte. Attraverso questo mezzo di realizzazione si opera il viaggio, l’avventura che consentirà di sollevare il velo polveroso dei luoghi comuni e guiderà alla scoperta della Verità. Saliamo sul magico tappeto volante e prepariamoci a partire. La prima stesura delle Mille e una Notte tradotta in francese si deve a Antoine Galland, che nel 1713 eseguì una traduzione abbastanza fedele dell’originale. Un’opera che ha conquistato tutti, che è penetrata nei cuori dei semplici e in quelli delle persone maggiormente complesse ed erudite. Basti pensare al celebre scrittore Stendhal, il quale, stregato dal fascino sensuale emanato dai racconti della bella Shahrazàd, così scriveva: “Le Mille e una Notte che io adoro occupano più di un quarto della mia testa”. L’arabista Silvestre de Sacy fu il pioniere che nel 1817 diede inizio alle ricerche storiche mirate a fare luce sulla genesi di questo capolavoro. Già nel 1814, a Calcutta, e successivamente a Bulàq, nel 1835, facevano la loro comparsa in Oriente le prime edizioni del testo in arabo, fino ad allora diffusi esclusivamente mediante manoscritti. Le origini del testo, i primi frammenti e le prime testimonianze relative alla sua esistenza ed a una sua forma letteraria già compiuta risalgono ai secoli IX-X. Non a caso gli storici arabi citavano una raccolta di favole persiane conosciuta come Hazàr afsane (Mille racconti), che con ogni probabilità iniziava con la storia di Shahrazàd e dei due re traditi dalle rispettive sovrane e consorti. Nel XII secolo, a quanto pare, la raccolta venne fissata nella sua forma e veste attuale, eccettuate alcune aggiunte inserite nei secoli successivi, nell’Egitto dei Mamelucchi. Le Mille e una Notte sono in realtà un’antologia di materiali narrativi di varia provenienza, in cui è possibile ravvisare però tre fonti letterarie o cicli principali: il ciclo indo-persiano (che risulta essere il più antico), quello denominato di Baghdàd e infine il ciclo egiziano riconducibile all’epoca dei Fatimidi e dei Mamelucchi.

Alì Baba e la caverna delle iniziazioni:

la metafora del mondo di sotto

 

Chi è che non ricorda la famosa formula magica pronunciata dal più celebre dei ladroni, Alì Baba, la mitica: “Apriti Sesamo”? Nella lingua originale suonava in questo modo: “Iftha Yà simsim”. La caverna che custodiva un tesoro inimmaginabile, invero, allude metaforicamente alle antiche iniziazioni misteriche che si svolgevano in cavità sotterranee. La storia di Alì Baba è circonfusa di simboli, di allusioni che permeano il racconto e rimandano a una cultura di ordine iniziatico. Come sappiamo Alì Baba era un povero taglia alberi che aveva sposato una donna povera quanto lui. Con il suo lavoro, dunque, doveva mantenere la sua sposa e i suoi figli. Baba aveva un fratello, Cassim, che inizialmente povero, in seguito aveva sposato la proprietaria di una bottega ben fornita, un magazzino colmo di ogni genere di mercanzia e di beni immobili, tutte cose che quest’ultima aveva ereditate qualche tempo dopo essersi accasata con Cassim. Un giorno, mentre Baba caricava il legname da vendere al mercato sui suoi tre asini, unico bene che possedeva, fu testimone di un evento prodigioso.Mentre si approssimava a tornare verso la sua dimora, infatti, scorse un gran numero di uomini a cavallo che avanzavano velocemente. Intuendo che si trattava di individui disonesti, dei ladroni, lasciò gli asini e si rifugiò sopra un grande albero i cui rami, a poca altezza da terra, si aprivano formando un circolo talmente fitto che lasciava libero solo un piccolissimo spazio. Baba si collocò nel mezzo, sicuro di vedere ciò che accadeva senza essere visto. Il ladroni, quaranta, tanti ne aveva contati, smontarono da cavallo e posarono al suolo delle pesanti bisacce. Quello che sembrava vestito con maggiore cura ed eleganza rispetto agli altri, il capo forse, si avvicinò ad una roccia posta in prossimità dell’albero sul quale stava Alì Baba, e dopo avere scostato alcuni ramoscelli pronunciò distintamente le seguenti parole: “Sesamo apriti!”. Ad un tratto si aprì una porta lasciando intravedere una profonda caverna, all’interno della quale i cavalieri si diressero. Dopo un certo periodo di tempo, i ladroni uscirono senza bisacce e il loro capo pronunciò nuovamente la parola d’ordine: “Sesamo chiuditi!”, e la pesante soglia di pietra si richiuse alle spalle degli uomini che montati di nuovo in sella ripresero il cammino. Alì Baba, sceso dall’albero, si diresse verso la caverna e formulata la frase fatidica vide schiudersi dinanzi a sé la roccia che celava la caverna. Al suo interno vi erano ricchezze favolose, monete d’oro, gioielli e altri tesori. La storia prosegue, ma noi ci fermiamo qui, è la caverna che ci interessa per le sue valenze iniziatiche. Qui, nelle viscere della Terra, dentro la caverna delle iniziazioni è celato il tesoro sapienziale costituito dal celebre motto alchimico VITRIOL, che gli alchimisti affermavano essere composto da una formula latina: “Visita interiora terrae, rectificando invenies occultum lapidem”, e cioè: “Visita le viscere della Terra, operando rettamente troverai la pietra nascosta, la Pietra dei Filosofi”. Ecco il vero tesoro, l’entrata nel tempio misterico, la possibilità di perire e rinascere penetrando nell’utero primordiale della Grande Madre. Il tema allegorico della discesa nelle regioni sotterranee è presente in tutti i culti iniziatici, ed era la prova più importante che l’iniziando doveva affrontare. Solo penetrando nel cuore segreto della Terra è possibile rivenire la Luce che tutto rischiara. Si tratta dell’antico e universale motivo del viaggio nel ventre della balena (la Terra), che fin dai primordi delle iniziazioni misteriche si ripete in mille varianti, come nel caso dello splendido Viaggio al centro della Terra, di Jules Verne. Con in mano la preziosa Pietra Filosofale si può riemergere dalla cripta iniziatica e proseguire il cammino. A questo allude il racconto di Alì Baba e i dei quaranta ladroni. Anche il sommo Dante Alighieri nella sua immortale opera, la Divina Commedia, ci parla della discesa nelle regioni infere finalizzata a trasmutare il neofita e a farlo rinascere trasformato, rinnovato. Questa l’allegoria della resurrezione cristica e di quella mitraica. La grotta simboleggia la cavità amniotica, il luogo dove si opera la nuova esistenza, la nascita che apporterà consapevolezza e conoscenza. In Egitto, la leggendaria Alkemy (Terra Nera), le iniziazioni volte ad ottenere la morte simbolica e la conseguente rinascita erano officiate in un luogo sotterraneo e buio, oscuro come l’Astrale. Qui il futuro iniziato veniva condotto nella parte più profonda e nascosta, e adagiato in un sarcofago che veniva sigillato ermeticamente. Per tre giorni giaceva in uno stato di trance, poi il grande sacerdote lo traeva fuori e lo riportava alla luce. La visione connessa con la trasmutazione subita (morte simbolica) veniva trasferita al grande sacerdote, l’unico che era autorizzato ad ascoltare il racconto del viaggio e della totale trasmutazione che il neofita aveva subito. Anche nei Misteri Orfici la discesa nei regni infernali di Persefone – divinità intimante connessa con i Misteri Eleusini – la regina dell’Oltretomba sposa di Plutone, signore del regno infero, rivestiva notevole importanza. Il viaggio alle radici dell’Io, quindi, rappresenta da sempre l’incontro con l’ignoto, con la morte della parte profana e volgare a favore della parte sottile, la veste di luce che deve conferire la trasformazione, la Nigredo Alchemica o fase al Nero dell’Alchimia.

Aladino e la Lampada meravigliosa:

il segreto dell’Ermete interiore

 

Non meno nota la storia di Aladino, il figlio del sarto Mustafà e del Genio della Lampada. Aladino, scapestrato adolescente, morto suo padre era sempre più dedito alla vita sconclusionata e ai giochi con i suoi coetanei. Il padre aveva fatto del tutto per insegnargli la professione, ma senza risultato, per questa ragione sua madre era stata costretta a chiudere la bottega del defunto consorte e a vendere i ferri del mestiere per poter tirare avanti. Un giorno, nella vita di Aladino e di sua madre fece la comparsa un ipotetico fratello dello scomparso Mustafà, un uomo ricchissimo, noto come il mago africano. Il resto lo conosciamo, Mayorca 3il perfido mago conduce Aladino fra due monti non molto alti e simili tra loro, separati da una valle piuttosto stretta e qui, dopo avere bruciato uno strano profumo, fece tremare la terra. Subito dopo si aprì nel terreno una profonda fenditura che lasciava intravedere una pietra di un piede è mezzo circa di profondità, posata orizzontalmente con un anello di bronzo sigillato nel mezzo che serviva a sollevarla. Il mago ordina ad Aladino di alzare la pietra, il ragazzo obbedisce e la pone da una parte, sorpreso di possedere tanta forza. Levata che fu apparve una caverna di tre o quattro piedi di profondità, con una porta e diversi gradini per scendere. L’uomo sfila dal suo dito un anello e lo affida al ragazzo dicendo che si tratta di un potente amuleto, quindi lo istruisce sul da farsi. Gli dice che deve penetrare nella grotta dove si trova un grande ambiente a volta, in cui sono ubicate tre stanze in successione (il tre è un numero dalle profonde valenze iniziatiche). Ed ecco che ancora una volta al centro del racconto si palesa una caverna, con gli ovvi simbolismi che precedentemente abbiamo già espressi. La cosa interessante sono i gradini, la porta, l’anello e la lampada. I gradini, in effetti, rappresentano i differenti gradi iniziatici, i gradini dell’altare, l’ascendere e il discendere dell’animo che penetra nella terra e sale verso il cielo, come nel caso della Scala sognata dal biblico Giuseppe, che alludeva, tra le altre cose, al ciclico eterno divenire. La porta, invece, simboleggia la soglia dei Misteri al di là della quale è custodito il Tempio iniziatico. Configura anche le finte porte che ritroviamo nelle tombe egizie, etrusche e romane, scolpite o semplicemente dipinte. Queste configuravano la discesa agli inferi e la capacità da parte del defunto di uscire ancora una volta alla luce del giorno, processo trasmutativo che nei papiri egizi viene definito il ritorno a casa. L’anello è l’elemento più significativo in tale contesto, l’oggetto magico per eccellenza, il suggello che lega l’iniziato alle arti magiche. Esso ci riporta alla mente la superba saga di Tolkien, Il Signore degli Anelli e le valenze occulte e simboliche che l’autore della storia dipana con sapiente maestria. La lampada, infine, incarna l’illuminazione interiore, il lampo ermetico che dona sapienza. Allude anche all’Ermete interiore, il Nume che dimora nell’uomo illuminato, il Maestro o Adam kadmon cabalistico. La lampada può essere messa in relazione con la Nona Lama dei Tarocchi, l’Eremita, che viene rappresentato con una lanterna in mano, volta a rischiarare le tenebre interiori e a disperdere il pensiero profano e superstizioso. Il Genio della Lampada è l’ente che il mago evoca, il Genio Planetario o più esseri che abitano nell’invisibile e che il potere del mago materializza e richiama di fronte a sé. Come si evince dietro la trama fantastica si cela ben altro. Le Mille e una Notte, con il loro potente incantamento, suscitano straordinarie emozioni, rimandano ai cieli notturni d’Oriente di un blu cobalto intenso, trapunti di stelle brillanti come diamanti. Ci parlano delle corti d’amore, dove la sensualità non è mai tiepida ma è un fuoco che arde e divora, che accende i sensi in un sussulto amoroso, lo stesso che il mago prova quando si unisce con la parte femminea che è in lui, il medesimo che sente quando cerca la Luce, unica ineguagliabile via di realizzazione.

(articolo di Stefano Mayorca apparso sul G.D.M. 431, ottobre 2007- I Libri del Casato Editore, Siena)

2 Comments

  • antonio 18 Dicembre 2015

    Complimenti per tutti gli articoli!

  • antonio 18 Dicembre 2015

    Complimenti per tutti gli articoli!

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