Adriano Romualdi
Rispetto al mondo greco. il mondo romano ci presenta una spiritualità più secolarizzata. La tradizione olimpica assume qui una fisionomia più terrestre, una vocazione politica e organizzatrice.
Ciò vale almeno per il periodo più importante della storia romana. che cade nell’epoca di “civilizzazione” della civiltà antica (250 a. C. · 450 d. C.) mentre la storia greca vi occupa la fase della vera e propria “cultura” (950-250 a. C,).
Vi é. certo, una Roma delle origini, col suo Olimpo incombente dall`acropoli dei Monti Albani; col re sacrale derivante la sua tradizione dal re del bosco nemorense. Vi è la Roma dell’antico calendario, tutta penetrata dalla ritualità dei giorni e degli anniversari, mescolante il terrestre con il cosmico e l’utile con il sacro. Vi é la Roma che col culto del fuoco si connette ai primordi indeuropei e che coi suoi flamini ci offre un parallelo con l’antico ordine bramanico:
‘’Parecchi indizi convergenti lasciano supporre che la scienza sacra dei Romani. come quella degli Indiani e degli Iranici, ponesse in parallelo, e per conseguenza in rapporto, la gerarchia delle funzioni sociali (magia. guerra. fecondità) e la divisione verticale del mondo (cielo, superficie della terra e sottosuolo). Questa corrispondenza appare ancor più significativa se si noti che anche a Roma dei colori simbolici — gli stessi che in India e in Iran — sono connessi alle due prime funzioni sociali: i flamini si distinguono per il bianco (il berretto del dialis in particolare e detto albogalerus), e il rosso é il colore del paludamentum del generale come pure della veste del rex. di Romolo…
Giove, Marte. e Quirino sono dunque i patroni delle tre funzioni sociali che costituiscono in India l’ appannaggio e l’essenza delle tre caste arya: onnipotenza magica e giuridica, forza guerriera, fecondità».(George Dumézil. Jupiter. Mars. Quirinus. Torino I955. pagg. 67-69).
Ma già in questi primi tempi la sacralità oscilla in un dominio meno aereo di quello della speculazione religiosa greca e ha un colorito più terrestre.
ll simbolo ne è Decio Mure. che, si vota agli Dei sul campo di battaglia perché essi. esauditi dal sacrificio del console — diano la vittoria allo stato romano. La religiosità romana ha sfondo squisitamente politico.
Ancor più della greca. essa si origina dalla famiglia per identificarsi nello stato come in una famiglia più grande e più sacra. Tutte le forze del sangue e della tradizione vengono disciplinate per una evocazione finale in cui le potenze delle gentes maturano a forze metafisiche.
Con grandi e romane parole Cicerone ha celebrato nel Somnium Scipionis il servizio dello stato: “Di quanto accade sulla terra, nulla al Signore Iddio che governa il mondo è più grato di quelle unioni o società umane fondate sul diritto, che si chiamano stati. I loro duci e salvatori. partiti da queste stelle, qui fanno ritorno… Sappi dunque che tu sei un dio, se è un dio chi sente, chi ricorda, chi provvede, chi cosi regge e modera il corpo cui é preposto, come il Signore Iddio questo universo”.
Nel mondo romano, il divino non si contrappone all’umano, ma si svolge da esso per un processo di maturazione della personalità per cui il destino del singolo assurge a fatum. Ciò ha ben colto un Altheim quando ha contrapposto la genialità “demonica” di un Annibale — folgorante ma transeunte — con la genialità lentamente maturante in provvidenza d’uno Scipione.
Non solo per quel sussurrare d`una sua prossimità agli Dei (si racconta che i cani del Tempio di Giove non abbaiassero al suo avvicinarsi), ma per la capacità di incarnare le sorti del popolo romano e captare le forze provvidenziali della storia.
Ciò preparava alla successiva interpretazione della religiosità romana.
Tratto da Sul problema di una Tradizione europea, Edizioni di Vie della Tradizione, Palermo 1996