Avevo avuto modo di conoscere il pensiero di A. Dugin, già molti anni fa, attraverso, la lettura di alcuni suoi testi “minori”. Mi è invece recentemente capitato di trovarmi tra le mani il suo “La Quarta Teoria Politica”, che, del Dugin-pensiero costituisce un po’ la summa ed il manifesto ideologico. Un testo corposo, ma al contempo molto scorrevole, che ho avuto il modo di leggere in davvero poco tempo. Motivo centrale della sua intera narrazione, il definitivo superamento delle tre grandi narrazioni ideologiche del Novecento e che egli identifica nel Liberalismo, nel Marxismo e nel Fascismo, delle quali egli denuncia insufficienza ed incompletezza, incapaci di dare una risposta esaustiva a quelle che sono le grandi problematiche dell’uomo odierno, cominciando proprio dal suo rapporto con la Post Modernità che, dell’Era Globale rappresenta la attuale ed apicale fase.
Nel fare questo, Dugin si scaglia anzitutto proprio contro l’ideologia liberale, nella quale egli identifica la causa scatenante di quell’iperliberismo che caratterizza la Post Modernità. Quella stessa ideologia liberale viene, a sua volta, proprio superata dalla Post Modernità e dall’iperliberismo di cui sopra, proprio in nome della superfetazione di quel principio individualistico di cui Dugin denuncia a chiare note la distorsiva incapacità. Difatti i cosiddetti “diritti dell’individuo” altro non sono che la “false flag” sotto la quale si nasconde la volontà di distruggere qualsiasi legame comunitario e qualsiasi istanza superiore, in grado, questo sì, di conferire pienezza e dignità all’individuo. Il Liberalismo, pertanto, a detta di Dugin finisce con il superare sé stesso, in quanto limitante barriera ideologica, per lasciar pieno spazio ad uno sfrenato individualismo e per farsi così, esso stesso, “stato di fatto” che sovrintende l’intera realtà sociopolitica, perdendo così quel carattere di ideologica parzialità, che ne aveva sinora fatto, una tra le tante ideologie del panorama politico occidentale.
La Post Modernità, facendo del Liberalismo (o post liberalismo che dir si voglia…) il proprio nume tutelare, procede in direzione di un’azione omologatrice a livello globale, intesa ad affermare un unico parametro socio economico rappresentato da una spinta alla finanziarizzazione dell’economia mondiale, accompagnata dalla conseguente “liquidificazione” e relativizzazione di tutte le istanze ed i punti fermi spirituali, imperniata proprio su quello sfrenato individualismo a cui abbiamo poc’anzi accennato. L’idea di un tempo finalistico ed unilineare, volto alla finalistica affermazione di un unico modello di sviluppo (tempo “monotono”, citazione dal testo, sic!) è, a detta di Dugin, una caratteristica principe della Modernità che accomuna in un unicum, le tre grandi narrazioni ideologiche di quest’ultima, ovverosia, Liberalismo, Marxismo e Fascismo. Pertanto, anche verso le ultime due narrazioni ideologiche, in quanto prodotto della Modernità, il Nostro nutre la medesima diffidenza che nutre nei riguardi del Liberalismo.
Al fine di affrontare e vincere l’alienante presa dei tentacoli della Post Modernità è, quindi, necessario pervenire alla creazione di un nuovo parametro ideologico, rappresentato da quella Quarta Teoria (o Quarta Via, sic!) Politica, in grado di porsi definitivamente “oltre” le tre grandi categorie sociopolitiche, che sovrintendevano le narrazioni ideologiche novecentesche, ovverosia: l’individualismo di matrice liberale, il classismo di matrice marxista, il nazionalismo ed il razzismo di matrice fascista (o nazista che dir si voglia…). A fare da motivo-guida spirituale per la nuova ideologia, sarà quel “Da-Sein/Esser-ci” di heideggeriana memoria, qui inteso come consustanzialità e compresenza tra l’uomo e l’Essere, inteso come sostanza significante dell’intera realtà.
Nell’affermare l’idea di una modalità di pensiero tesa alla “verticalità”, intesa quale anelito verso l’Assoluto, Dugin sembra in qualche modo, voler ripercorrere in senso inverso, la strada indicata dal filosofo esistenzialista ed allievo di Heidegger, Karl Jaspers. Questi, nella sua descrizione del fenomeno dell’ “Età Assiale dell’umanità”, sembra volersi far fautore di un modello umano prevalentemente incentrato su uno iato di individualistica introiezione, rispetto ad un altro basato invece su una quasi totale coincidenza tra pensiero individuale ed una superiore dimensione ontologica, di matrice “parmenidea” ( a dirla con Heidegger, sic!) e la cui conseguenza sarebbe rappresentata da un perfetto afflato tra dimensione individuale e dimensione comunitaria.
Nell’esercitare la propria radicale critica alla Modernità, Dugin prende spunto dall’esperienza della “Konservative Revolution/Rivoluzione Conservatrice” germanica che, a cavallo tra gli anni ‘20 e ‘30 del secolo passato, si fece fautrice di una linea di pensiero eterodossa ed i cui principali rappresentanti, da Hugo Von Hofmannstahl ad Armin Mohler, da Moeller Van Den Bruck a Carl Schmitt, da Ernst Junger allo stesso Heidegger, a detta di Dugin, si fecero fautori di una serrata critica alla Modernità. A questi autori, Dugin associa anche i teorici russi e tedeschi del Nazional-Bolscevismo quali Nikolaj Ustrialov o Ernst Niekisch, non senza associare a questa carrellata di personalità, la figura del teorico russo “bianco” Ivan Ilyin, il cui pensiero avrebbe, in seguito, ispirato l’azione dell’attuale presidente russo Vladimir Putin. Prendendo pertanto spunto da questo panorama ideologico, Dugin si fa fautore di un radicale “Conservatorismo” da opporre risolutamente ad una Modernità, a suo dire, fonte e scaturigine di tutti i nostri problemi.
Nel presentarci l’impianto ideologico della sua Quarta Teoria Politica, il Nostro fa una capatina anche tra quelli, tra i pensatori della seconda metà del passato secolo, non appartenenti ad un’area “conservatrice”, come il francese Gilles Deleuze, di cui, da un lato, critica l’idea di pensiero “rizomatico”, fluido, relativistico ed in continua mutazione ma, dall’altro, sotto sotto, ne riprende il concetto di un impianto ideologico, quale quello della Quarta Teoria, aperto a tutte le possibilità e gli apporti contenutistici, per evitare una ricaduta nel rigido ideologismo finalizzato novecentesco. Pertanto, da un punto di vista meramente geopolitico, contrapponendosi all’unilinearità del dominio Usa, si fa fautore di uno scenario “multipolare”, ovverosia costituito da una molteplicità di attori geopolitici differenti, che si riflette altresì in una apertura alla molteplicità delle tradizioni spirituali dei vari popoli, di contro ad un livellatore Pensiero Unico liberista.
Russia, Cina, India, Iran, ma anche il resto di quel mondo che non è Occidente, tornerebbe a far sentire la propria voce sul proscenio della storia, trovando la propria via, secondo quella che è la propria peculiare identità. E guardando all’aspetto più attinente alla sfera spirituale e religiosa, il credo cristiano-ortodosso di Dugin, non impedisce a quest’ultimo di superare in modo deciso, la stessa unilinearità spirituale monoteista, (che dell’attuale Globalismo costituisce l’antefatto storico…sic!), in direzione di un’apertura alla possibilità di coesistenza di più tradizioni spirituali. Lo stesso credo cristiano-ortodosso del Nostro è da questi interpretato quale manifestazione nel presente di quella Tradizione Primordiale, qui caratterizzata da quella originaria matrice indoeuropea che dovrebbe informare di sé l’intera “oikumene” eurasiatica. Ed anche qui, non possiamo non notare come Dugin stia compiendo nei riguardi del monoteismo di matrice cristiana, una vera e propria operazione di ermeneutica filosofica, dal sapore quasi sofistico, conferendo una valenza non proprio in linea con le direttrici del pensiero di quest’ultimo.
Ci troviamo di frontea ad un testo denso, innovativo, quindi, che sicuramente offre dei non indifferenti stimoli di riflessione. Dugin guarda sì con occhio critico la Post Modernità, ma fa anche suoi alcuni spunti di pensiero di quest’ultima, cominciando proprio dal tema di quell’ apertura al molteplice che ha nel pensatore francese Gilles Deleuze, il suo principale cantore. Difatti, se da una parte Deleuze ci prospetta la “fluidità” di un pensiero instabile, “rizomatico”, dall’altra in scritti come “Mille Piani”, apre alla possibilità della coesistenza di più piani, più modalità di manifestazione dell’Essere, di contro alla soffocante unicità del modello capitalista. D’altronde, non va dimenticato che Deleuze fu il primo autore nel dopoguerra, ad operare una vera e propria rivalutazione degli scritti di F. Nietzsche, interpretato quale cantore di un superamento di quegli umani limiti, mediante la possibilità di espletare la nostra azione attraverso, non uno, ma i mille piani che costituiscono quella realtà, per l’appunto da questi intesa, come un dispiegarsi di una molteplicità di aspetti.
Secondo poi, il radicale rifiuto della Modernità, alla quale il Nostro risolutamente contrappone quel radicale “Conservatorismo”, sulla natura del quale occorrerebbe un momento soffermarsi. Nel riferirsi alla germanica “Konservative Revolution” quale ispiratrice della sua idea di Conservatorismo, Dugin ci dice che essa altri costituisce se non una radicale opposizione a quella Modernità, della quale egli stesso contesta duramente i fondamentali. Ora qui bisognerebbe fare molta attenzione, perché la radicale contestazione della Modernità “sì et si”, rischia di portarci nel binario morto di uno sterile nostalgismo antimoderno, anch’esso senza via d’uscita, in quanto autoreferenziale “memento” di tempi passati. Andrebbe ricordato che, il percorso del pensiero “non conforme” occidentale, trova le proprie scaturigini all’alba di quella Modernità Illuminista, di cui inizialmente condivide un percorso, coniugato all’insegna della centralità dell’ “Io” e del suo rapporto con la realtà, così come accade con Vico, Goethe, Herder, Schilling, Holderlin, salvo poi distaccarsene per portare avanti un’idea “altra” della Modernità, così come prospettato da tutto un filone di autori che va da Schopenauer, passando per Stirner e Nietzsche, sino ad arrivare alle istanze di Bergson e del Futurismo di Marinetti e delle Avanguardie Novecentesche.
Pertanto, quello di “Conservatorismo” sic et simpliciter rischia, in questo caso, di trasformarsi in un termine, che circoscrive l’ampio e variegato percorso di un pensiero non conforme, ad un solo aspetto che ne limiterebbe e contraddirebbe, in tal modo, la portata di elemento di rottura.
Ciononostante, la Quarta Teoria Politica mantiene ben salda, la propria valenza di elemento di rottura rispetto alle altre narrazioni ideologiche. A tal fine, va riconosciuta come positiva e salutare la rottura sia con l’ideologia marxista che con quella fascista, in tal modo ripudiando qualsiasi tentativo di dare nuova linfa e dignità a modelli oramai sorpassati dei quali, però, il Nostro cerca di recuperare quelli che possono costituire degli aspetti positivi. Nel caso del Marxismo, l’idea di emancipazione sociale dallo sfruttamento, al pari del senso di radicamento comunitario ed identitario che sta alla base dei nazionalismi fascisti o populisti che dir si voglia. Pertanto, quello di Alexander Dugin è un contenitore ideologico ancora aperto, in attesa di tutti quei nuovi apporti che non possono che venire da una realtà umana ed intellettuale sempre più variegata ed aperta, espressione di quella Molteplicità di piani della realtà, di quella “Complessità” che ora più che mai, deve sempre più far sentire la propria voce, di contro alla alienante e monocorde narrazione del Pensiero Unico Globale.
Umberto Bianchi
BIBLIOGRAFIA: A. DUGIN-LA IV TEORIA POLITICA-ASPIS 2020
- JASPERS-ORIGINE E SENSO DELLA STORIA-HOEPLI
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