12 Ottobre 2024
Controstoria

A proposito di “EUROFASCISMO” – qualche appunto

di Alfonso De Filippi

“Il Fascismo duro è sempre stato paneuropeo. Il tema dell’unità dell’Europa è già molto importante negli anni 30. A condizione che sia una “buona Europa”, non l’Europa dei mercanti, non l’Europa dei finanzieri o dell’internazionale comunista… un’Europa virile, eroica, bianca…” Zeev Sternhell “La Destra alla conquista delle coscienze?” in “Diorama Letterario”Aprile 1989.

Il Griffin è, a parere di chi scrive, uno dei più interessanti storici attuali del fascismo, “logicamente” “antifascista”, usa frammischiare considerazioni di molto interesse ad accuse e deplorazioni nei confronti dei movimenti e dei regimi “nazional rivoluzionari” d’anteguerra caratteristici della più becera retorica antifascista (“Nonostante la sua cronica debolezza a livello di movimenti parlamentari ed extra parlamentari, la vitalità del fascismo come forza ideologica e come fomentatore di odio razziale non mostra segni di declino”“A fascist century” pag 175. Tuttavia lo si legge sempre con interesse (1). Riguardo alla sua definizione del “fascismo” possiamo riportare quanto segue

“L’esistenza oggi giorno, di una vasta area di consenso accademico, un’area con confini dichiaratamente molto confusi, ci porta a dire che il miglior approccio al Fascismo consiste nel considerarlo una forma di Nazionalismo antiliberale e, in ultima analisi anticonservatore, genuinamente rivoluzionario e interclassista. Come tale è un’ideologia profondamente legata alla modernizzazione e alla modernità, che ha assunto una considerevole varietà di forme esterne per adattarsi al particolare contesto storico e nazionale in cui è apparsa e che per articolare il suo corpo di idee, i suoi slogan e la sua dottrina ha attinto da una vasta gamma di correnti politiche e intellettuali, di destra e di sinistra, antimoderne e promoderne. Nel periodo fra le due guerre esso si è manifestato soprattutto nella forma di un “partito armato” guidato da un elitè che cercava, per lo più senza riuscirvi, di creare un movimento populista di massa attraverso uno stile politico liturgico e un programma di politiche radicali che prometteva di superare la minaccia del socialismo internazionale, di porre fine alla degenerazione che affliggeva la nazione a causa del liberalismo e di determinare un rinnovamento radicale della sua vita sociale, politica e culturale come parte di quella che molti immaginavano fosse, per la civiltà occidentale, l’inizio di una nuova era. Il principale mito mobilitante del Fascismo, destinato a condizionare la sua ideologia, la sua propaganda, il suo stile politico e le sue azioni, è la visione dell’imminente rinascita della nazione dalla decadenza.”Roger Griffin “Il nucleo palingenetico dell’ideologia del”Fascismo generico”“ in A. Campi “che cosa è il Fascismo?”(Ideazione, Roma,2003, pag. 97 e segg.)

Nella sua prefazione a “A fascist Century” ( un altro noto storico dei fascismi Stanley G.Payne così esplica la posizione del Griffin (XVIII) “Fin da quando emerse nell’ onda della prima guerra mondiale, il fascismo può venire con profitto, concettualizzato come una forma specificatamente moderna di “millenarismo”secolare, edificato culturalmente e politicamente,non religiosamente,come un movimento rivoluzionario centrato sulla “rinascita” di un determinato popolo (sia che esso venga percepito sul piano nazionale,etnico culturale o religioso) tramite il riordino totale di tutte le energie collettive ritenute “pure” verso la meta di una utopia di cui la realizzazione è possibile;un nucleo ideologico implacabilmente ostile al sistema rappresentativo democratico e al materialismo socialista, all’egualitarismo e all’individualismo oltre e qualsiasi specifico nemico visto come estraneo o in opposizione a tale programma.,”E’stato notato come le definizioni del Griffin consentano di inserire,contrariamente all’opinione di vari storici, anche il Nazionalsocialismo tedesco nel “genus “dei fascismi.
Dunque possiamo definire il “fascismo” come un conato di rivolta contro quello che viene avvertito come un processo di decadenza fomentato da forze ostili alla sopravvivenza di un popolo.
Ricordiamo le parole di P.Drieu La Rochelle “Sono diventato fascista perché ho misurato i progressi della decadenza in Europa, ho visto nel fascismo il solo strumento capace di frenare e di contenere questa decadenza”(“Bilancio”in N.R.F. genn.1943, citato in “Idee per una Rivoluzione degli Europei”Volpe, Roma, 1969, pag.67) e quelle di Adriano Romualdi “Il fascismo nel suo significato europeo fu. la coscienza profonda della decadenza cui andava incontro l’Europa e la volontà di porvi rimedio con mezzi totali e violenti”(“Julius Evola,l’uomo e l’opera”Volpe,Roma,1968,pag.26)(2)
Ora, essendo innegabilmente la società in cui viviamo in innegabile decadenza, possiamo chiederci se sia possibile un’ulteriore rivolta contro codesta decadenza e se tale ipotetica rivolta non possa essere che, in un qualche modo, necessariamente”fascista” D’altra parte, come scriveva Giorgio Locchi “L’Essenza del Fascismo”Ed. del Tridente, La Spezia 1981, pag.11-12 “Horkheimer .venuto dal marxismo e divenuto infine apostolo di un neo-giudaismo astratto, riconosceva in fin di vita che “la rivoluzione può essere soltanto fascista” giacché soltanto il fascismo vuol totalmente capovolgere il”sistema di valori”esistente…”
Oggi si parla, soprattutto all’estero, di “Eurofascismo”, di un “Fascismo” cioè che supera il nazionalismo per agire a livello europeo in una Europa vista come un’unica comunità. 
“L’Eurofascismo è una dottrina moderna, nata nel XX Secolo che si oppone a ideologie legate a fasi storiche ben circoscritte e superate: Il marxismo è ottocentesco, la liberaldemocrazia americana addirittura settecentesca. Mentre il fascismo è per contro una dottrina che per un verso rivendica le radici del passato europeo, anche le più antiche, per un altro cerca soluzioni nuove e più moderne per proiettare la civiltà europea nel futuro: il fascismo è insieme tradizionalista e futurista e la liberaldemocrazia ingessata sulle elaborazioni scaturite dalle rivoluzioni massoniche americana e francese, non può tollerarlo.”Marzio Gozzoli “I legionari della Fortezza Europa” (Ass. Arcangelo Michele, Borghetto Lodigiano, 2010)
Ci limitiamo qui, come già detto, a una rassegna del saggio del Griffin “Europe for the Europeans, Fascist  Myths of the European  New Order 1922-1992”rileggendo il quale chi scrive ha anche ripreso l’agile ma “denso” volumetto di Erik Norling “Eurofascismo” (Nueva Republica, Spagna.2006, era preannunciato un secondo volume dedicato al periodo post-1945 che, per quanto ci risulta, non è mai uscito. Come altri “pezzi”di chi scrive anche questo vuol essere più che uno studio vero e proprio una raccolta d’indicazioni e stimoli per riesaminare un certo passato e rielaborare quanto vi si può trovare ancora di utile in vista del presente e, soprattutto, dei problemi che incombono.
A pag.135 leggiamo”Sebbene nel periodo tra le due guerre, le forme dominanti del Fascismo e del Nazismo, entrambe forme di un nazionalismo mirante alla rinascita di una nazione, perseguirono interessi nazionali a scapito  di quelli internazionali, nulla nell’ideologia fascista, vietava, come principio, la possibilità di alleanze con altre nazioni con analoghe aspirazioni palingenetiche. In effetti,…, alcun filoni del fascismo tra le due guerre erano attivamente interessati a sormontare la decadenza causata dallo status quo nel suo insieme, non solo in una singola nazione, ma attraverso un processo di rinascita in termini pan europei o anche occidentali. In effetti, dal 1945, questo fascismo ecumenico, o”Eurofascismo” lungi dal rimanere marginalizzato, è confluito nel nucleo centrale del pensiero della destra estrema”.
Nel suo percorso storico, riguardo all’Italia il Griffin parte dall’impresa di Fiume quando il D’Annunzio volle tentare di promuovere una sorta di lega dei popoli oppressi, prosegue con il mutamento di opinioni di Mussolini che dopo aver dichiarato di non considerare il Fascismo “merce d’esportazione”, convenne che molti dei principi del movimento da lui creato e dello Stato che tentava di edificare fossero applicabili anche in altri paesi.
Al allargare le visioni di Benito Mussolini, secondo il Griffin, concorsero certamente le sue preoccupazioni per il destino della Razza Bianca nel suo insieme, ricordiamo che il Duce ebbe, profeticamente, a chiedersi in un articolo apparso nel 1931 su “Il Popolo d’Italia”se tale razza fosse destinata a prossima morte. Come scrive (pag.139) ciò “dimostra che il Fascismo ufficiale aveva una dimensione sia sovranazionale sia razzista anche prima del Patto dì Acciaio con la Germania.”. (3.)
A proposito della “svolta”razzista del Regime Fascista è qui interessante riportare quanto scrive Francesco Germinario in “Fascismo e antisemitismo-progetto razziale e ideologia totalitaria” (Laterza, Bari, 2009, pag67) “ il fascismo … sembrava salvaguardare la sua precedente impostazione nazionalistica, ma la collegava comunque a una strategia politica che si decantava in una prospettiva internazionale e di ben più ampio respiro, in cui la politica era declinata in termini di razza: una volta salvata la nazione dalla decadenza, compito ulteriore del fascismo diveniva quello di fare in modo  che la nazione rinnovata agisse da punto di partenza per un rinnovamento appunto razziale del continente europeo .” Considerazioni che mi pare si affianchino a quelle del Griffin ( e del sottoscritto).
E ritorniamo al Griffin. Sotto l’influenza del demografo Richard Korherr e di Oswald Spengler, (cfr R.Korherr “Regresso delle nascite-Morte dei Popoli”con prefazioni di B. Mussolini e O. Spengler, Libreria del Littorio, Roma.1928) il Duce si convinse che la civiltà occidentale nel suo insieme stava attraversando un periodo di profonda crisi profetizzata dal Nietzsche, analizzata dallo Spengler che era esplosa con la Guerra Mondiale e con il caos che ne era seguito. L’Europa democratica gli appariva condannata e destinata a essere sostituita, se voleva salvarsi da una altra “fascista o fascistizzata” che potesse liberarsi dalla morsa dei due materialismi quello comunista russo e quello capitalista nord americano.
A pag.140 il Griffin scrive, riferendosi ad un altro importante storico. “Anche James Gregor (4) sottolinea l’importanza della dimensione internazionale della “Terza Roma”mussoliniana nel suo “The Ideology of Fascism” ricordando che già nel 1935 dei teorici del Fascismo vagheggiavano una “federazione pan europea di nazioni fasciste” che avrebbe dovuto funzionare –tramite un “direttorio poliarchico; e che nel 1942 l’idea di un “consorzio” europeo di nazioni fasciste unite in un “Regime europeo di unione federale”era diventato un luogo comune della Letteratura politica fascista.” Il Griffin non manca di ricordare anche le iniziative volte alla creazione di una sorta di”internazionale fascista” riguardo a cui non possiamo che rimandare agli interessantissimi libri di Mario Cuzi (4) in ultimo, per quanto riguarda la nostra Patria, il nostro ricorda quanto era scritto nei famosi”18 punti”di Verona.
Sul piano delle “internazionali nere”,per quanto riguarda là Germania nazional socialista Possiamo citare dallo studio di Erik Norling “Eurofascismo” (pag.45):”Uno dei primi tentativi tedeschi di propaganda europeista prima dello scoppio della guerra,fu attuato dal Ministero della Propaganda, che finanziò la organizzazione di ……. Hans Keller,la Internationale Arbeitsgemeinschaft der Nationalisten o Comunirà di Lavoro Internazionale dei Nazionalisti..”Una sorta di risposta ai CAUR italiani.
D’altra parte “… soprattutto i movimenti fascisti stessi avevano una sensibilità fortissima per i vicendevoli legami di parentela, ed erano inseriti in un molteplice rapporto di mutua assistenza, di reciproca influenza e di dipendenza.” Ernst Nolte “I tre volti del Fascismo”Sugar, Milano, 1966, pag.28
 “…l’universalismo fascista non fu mera propaganda, né un semplice episodio, dal momento che unì i singoli movimenti e regimi fascisti europei soprattutto nel rifiuto comune del liberalismo, della democrazia e del comunismo. Nonostante i contrasti che derivavano soprattutto dal nazionalismo radicale e dalle diverse radici autoctone dei singoli movimenti fascisti, la pretesa di creare in Europa una nuova civiltà influenzò la percezione di sé e lo stile politico del fascismo” A.Bauerkamper “Il Fascismo in Europa 1918-1945”Ombre Corte, Verona, 2009 pag.125.
Per quel che riguarda la Francia, oltre all’impegno dei vari capi “collaborazionisti”, il Griffin si sofferma, naturalmente, sulla figura di Pierre Drieu La Rochelle, ancor oggi un maestro, “Ossessionato dalla decadenza della civiltà europea”(pag.151), egli aveva visto la Seconda Guerra Mondiale come “una lotta per preservare’egemonia dell’Europa, l’unica sorgente di una sana cultura.”.Come ricordava il Norling (pag.104) in ultimo Drieu fece un bilancio negativo dell’avventura collaborazionista-europeista lamentando che i “fascismi, nonostante le loro promesse non erano saputi andare oltre un europeismo embrionario, risultando incapaci di realizzare una vera unità continentale”: purtroppo in ciò c’è del vero.
Per quel che riguarda le visioni europeistiche dei movimenti fascisti degli altri paesi europei, il Griffin nota a pag.146 “Il punto di partenza per una comprensione dell’internazionalismo fascista fuori dall’Italia è il riconoscere che il senso di una crisi della civilizzazione era ben lungi dall’essere confinato alla terra di Dante. Così in Gran Bretagna (pag.148) Oswald Mole “ancor prima del conflitto, fondeva l’imperialismo britannico con una visione pan europea del fascismo che anticipava alcuni degli sviluppi del periodo post-bellico”. In generale “Sia che fossero delle servili imitazioni o dottrinariamente originali, più genuini movimenti fascisti nel periodo tra le due guerre condividevano l’opinione che i problemi che essi cercavano di risolvere nella vita delle rispettive nazioni fossero solo manifestazioni locali di una più ampia crisi, una crisi della civiltà stessa”(pag.149) .“L’ambizioso progetto di una “nuova civiltà” fu corroborato nel corso degli anni Trenta dalla trasformazione del fascismo in fenomeno internazionale, in seguito al diffondersi di movimenti e di regimi con aspetti simili e affini al fascismo italiano”Emilio Gentile “Il Fascismo in tre capitoli”(Laterza, Bari, 2010, pag. 49)
Dedichiamoci però, soprattutto, alla Germania nazionalsocialista.
“Sebbene basato principalmente sulla biologia, il razzismo nazista non era nazionalista: l’argomento biologico rappresentava infatti una difesa geopolitica di tutti i popoli ariani ed implicava quindi un europeismo in nuce.           Oltre che un aspetto socio- economico, l’europeismo avrebbe dovuto avere anche una dimensione geopolitica: esso era cioè una concezione dell’organizzazione sociale alternativa al capitalismo ed al comunismo(“terza via”)”R. Eatwell “Fascismo Verso un modello generale”(Pellicani, Roma, 1999, pag.80 .)
Lo stesso Eatwell in  “Fascism a History” (Pimplico, London, 2003) pag188 ha scritto“Vi era sempre stato nel Nazismo un filone che era europeo più che nazionale, sebbene in un certo senso, tale antitesi sia falsa dato che molti nazisti vedevano la Germania come il leader naturale dell’Europa. Ma vi era anche un aspetto più genuino dell’europeismo nazista…” Pag. 193 Hitler “….mirava a un nuovo ordine europeo più che alla rinascita della Germania-  Una Europa Ariana che sarebbe stata in grado di superare i mali gemelli del comunismo sovietico e del capitalismo americano”.
Il Griffin —tratta in particolare degli aspetti europeistici che prese la propaganda germanica durante il conflitto, esprimeva essa sentimenti autentici o era solo uno “trucco”per arruolare collaborazionisti? Comunque(pag.152) nel suo”secondo libro”(riproposto come “Politica Nazional socialista” Ed.Thule Italia, Avellino 2010) “il futuro Fuhrer sottolineava la necessità per l’Europa di diventare un baluardo contro la penetrazione degli Stati Uniti, già visti da lui nel duplice aspetto di super-potenza e di cittadella della decadenza ebraica, in questo, in ultima analisi, Hitler si dimostrava un europeista…”.Vari ideologi del nazional socialismo ritenevano che il loro movimento possedesse la chiave per superare una crisi che riguardava non solo la Germania, ma tutta l’Europa. Nell’inverno 1925-1926 Gregor Strasser, Joseph Goebbels e altri esponenti elaborarono una bozza di programma (peraltro respinta da Hitler alla conferenza di Bamberga del 1926) che, nel campo della politica estera, auspica
va “gli Stati Uniti di Europa come lega delle nazioni europee con uno stesso sistema di misura e di moneta”.D’altra parte in quel periodo Gregor Strasser indicava la minaccia che incombeva sull’Europa da parte del mondo negro africano e della Cina. Lo stesso Rosenberg indicava al Nazional Socialismo la missione di salvare l’Europa “da se tessa”. Alcuni storici non mancano di riconoscere (pag.153) che “molti dei più alti gerarchi del Nazionalsocialismo credevano sinceramente che la rigenerazione della Germania fosse indissolubilmente legata a quella dell’intera Europa. Essi si vedevano come” i portatori dell’ordine e dell’armonia in un continente sprofondato nel caos e nella decadenza e come gli instauratori di un ordine post-liberale”. Che tutto ciò non fossero solo parola lo dimostra la trasformazione della Waffen SS in un vero esercito europeo un fenomeno certo -ben noto ai nostri lettori, riguardo al quale rimandiamo all’ancor valido testo di H.W Neulen “L’Eurofascismo e la Seconda Guerra Mondiale “(Volpe ed. Roma, .1982) a pag.7 si può leggere;“Dal 1940 in poi il piccolo nazionalismo statale della maggior parte dei fascismi si trasformò progressivamente in un nazionalismo pluralista dai grandi spazi e pertanto, soprattutto a partire dal 1943, il nazionalfascismo si convertì in Eurofascismo “Il testo del Neulen è interessante soprattutto qui per quel che riguarda una certa ambiguità rimasta, purtroppo, nella politica “europea” del Reich.
Da parte sua, parlando della “dottrina dei grandi spazi” elaborata nella Germania nazional socialista scrive Mario G.Losano in “La geopolitica del Novecento”(B.Mondadori, Milano, 2011, pag.63 che essa può venire interpretata anche “come teoria continentale in vista di una possibile unificazione europea, quasi antesignana dell’Unione Europa, ma sottoposta all’egemonia della Germania.” Si parlò anche, allora, di una “dottrina Monroe”per l’Europa.
“Riorganizzata su base razziale e dominata dalla Germania, l’Europa sarebbe diventata lo strumento della volontà nazionalsocialista di dominare il mondo. Tutte le scelte d’ordine tattico e persino le soluzioni di carattere provvisorio, come il mantenimento delle nazionalità europee, la divisione dell’URSS in territori coloniali da adibire a questo e quello scopo e la delimitazione delle rispettive sfere d’influenza dell’Italia e della Germania, restarono subordinate al concetto fondamentale di un’Europa, nuova potenza mondiale di fronte alla quale agli Stati Uniti non sarebbe rimasto altro da fare che dichiararsi vinti” AA VV “Dizionario dei Fascismi” (Bompiani, Milano, 2002, pag. 460.)
“..la guerra del nazionalsocialismo era la guerra per l’indipendenza e l’unità dell’Europa contro gli imperialismi russo e americano e.., quale ne fosse il prezzo , essa avrebbe conservato all’Europa  e all’uomo bianco il suo posto nel mondo.”A. Romualdi “Il Fascismo come fenomeno europeo” (Edizioni de L’Italiano,s.a.i.pag. 184)(6)
Ritornando al libro del Norling possiamo citare alcune iniziative del Reich in senso europeo: il Congresso degli Scrittori Europei dell’ ottobre 1941, quello degli Studenti e Combattenti europei  tenutosi a Dresda nella primavera del 1942.(nello stesso anno si tenne a Venezia un congresso dei giornalisti europei che ebbe un seguito a Vienna nel giugno 1943).Il Congresso dei Lavoratori Europei tenutosi a Berlino nell’ottobre 1943, quello sulla politica sociale  tenutosi a Bad Slazbrunn nell’aprile 1944 e soprattutto il Congresso della Gioventù Europea del settembre 1942 tenutosi a Vienna sotto la presidenza di Baldur von Schirach in cui si fondò una Lega Europea dalla Gioventù.
Sul piano economico (Griffin pag.154) un “Gruppo di Lavoro Europeo” formulò piani per una unione economica sotto la guida tedesca: una altra iniziativa fu quella della “Società per la Pianificazione Europea e la Macroeconomia di un teorico che andrebbe forse riscoperto Werner Daitz. Nel 1942,inoltre,il Ministero degli Esteri di J.Von Ribbentrop formò un “Comitato per la Ristrutturazione dell’Europa”,cosa non infrequente nel Reich varie organizzazioni, talvolta rivali, si occupavano separatamente di uno stesso problema!
Sul piano propagandistico bisogna infine ricordare riviste diffuse in più lingue come “Signal”, “La Svastica” e, titolo destinato a gran fortuna, “Giovane Europa”, a quest’ultima, specialmente, purtroppo attualmente introvabile, collaborarono autori di tutta Europa.
Purtroppo, uno dei più gravidi di conseguenze negative dei molti, troppi, errori del Reich fu quello di non essere mai uscita la propaganda nazional socialista, dal vago riguardo appunto al “Nuovo Ordine” che si sarebbe dovuto instaurare in Europa dopo l’eventuale vittoria dell’Asse, di non aver mai reso pubblico un qualche “documento” che potesse contrastare la fin troppo famosa “carta” degli anglo-americani. Inoltre è fin troppo facile obiettare che le relative, aperture in senso”europeo”del Reich siano aumentate dopo l’attacco all’Unione Sovietica e abbiano avuto in crescente incremento man mano la situazione militare peggiorava, ci si può chiedere se avrebbero potuto esserci se la Germania fosse passata di vittoria in vittoria. Divenne necessario presentare la lotta contro i Sovietici come una difesa per tutta l’Europa anche, e non solo, per trovare volontari per il fonte orientale. E’lecito chiedersi quanto vi fosse di sincera conversione e quanto di strumentale. Rimandiamo, comunque alle bellissime pagine di Maurice Bardeche (“Che cosa è il fascismo”Volpe, Roma, 1980, pag.124 e segg,) “L’evoluzione del fascismo durante la guerra è sfuggita a quasi tutti gli osservatori assilati di condannare e incuranti di una storia precisa. Al principio della guerra, il fascismo è nazionalista, arrogante … Afferma il trionfo di una certa qualità umana su una certa mediocrità umana; oppone questo trionfo a tutti i lamenti; non promette niente e non si preoccupa neppure che lo si ammiri e che lo si prenda come modello. In seguito, il carattere gigantesco della guerra e la comparsa di due poli formidabili del tempo moderno….. hanno fatto sì che i fascisti prendessero  coscienza della fragilità del fascismo e anche della fragilità de
l suo significato. Allora il governo di Hitler parla di Europa, l’addita come un avvenire, una ricompensa, una riabilitazione. Non importa molto che egli sia sincero o che cerchi di ingannare .Presso i combattenti e presso coloro che vivono il fascismo, l’idea fascista acquista un nuovo contenuto… che non aveva mai avuto prima.    Prima i fascisti sanno che il loro combattimento è mortale e la loro difesa disperata…… Sanno anche che l’idea dell’unità dell’Europa non è soltanto un tema di propaganda; è un’unità necessaria, la sola via di salvezza tra i due mostri che compaiono…(Gli USA e l’URSS, oggi di mostri ne è rimasto uno solo e non è detto che fosse proprio il “meno peggio”N.d.C.)… Non ha nessuna importanza che Ribbentrop e che Goebbels mentano, che sognino ancora annessioni ed egemonia. L’idea fascista cambia e prende una forma definitiva in coloro che saranno domani proscritti e condannati.”
Comunque “Occorrerà dirlo: sotto la svastica, nella fornace della guerra, aveva cominciato a nascere un’Europa diversa. Quisling, il capo del governo fascista di Norvegia, la prefigurò in un discorso del 1942 “L’Europa, stretta fra i due colossi che le sono cresciuti accanto, si troverà in pericolo se non sarà unita in una stabile federazione di libere nazioni.”Un’Europa “di libere nazioni”, però “unita”. Ovviamente, Quisling è divento sinonimo della vergogna collaborazionista” Maurizio Blondet”Complotti II”(Il Minotauro, Milano, 1996, pag. 44.    “Riorganizzata su base razziale e dominata dalla Germania, l’Europa sarebbe diventata lo strumento della volontà nazionalsocialista di dominare il mondo. Tutte le scelte d’ordine tattico e persino le soluzioni di carattere provvisorio, come il mantenimento delle nazionalità europee, la divisione dell’URSS in territori coloniali da adibire a questo e quello scopo e la delimitazione delle rispettive sfere d’influenza dell’Italia e della Germania, restarono subordinate al concetto fondamentale di un’Europa, nuova potenza mondiale di fronte alla quale agli Stati Uniti non sarebbe rimasto altro da fare che dichiararsi vinti” AA VV “Dizionario dei Fascismi” (Bompiani, Milano, 2002, pag. 460.)
Com’è noto molti videro in quella del 1945 una disfatta non solo della Germania ma di tutta l’Europa, oggi, anche oltre atlantico, la si considera una sconfitta di tutta la Razza Bianca, sono considerazioni note ai nostri lettori..
Passato al periodo post 1945 il Griffin ricorda l’influsso che ebbe non solo in Italia, Julius Evola, per lui si trattava di edificare “un impero europeo basato sull’affermarsi di una nuova gerarchia che avrebbe guidato un’alleanza di quelle nazioni che avessero ritrovato il principio organico dello stato”(pag.157).Possiamo rimandare il lettore alle indispensabili pagine di “Gli Uomini e le Rovine”
Su di un piano europeo sarebbe impossibile dimenticare la figura di Francis Parker Yockey autore non solo di “Imperium”ma anche del “Proclama di Londra” e fondatore di un purtroppo, effimero Fronte di Liberazione Europeo (tale denominazione venne poi ripresa in un analogo sfortunato tentativo in anni più recenti).Yockey considerava che la civilizzazione occidentale fosse ormai giunta a uno stadio in cui il concetto di nazione aveva perso significato: unica prospettiva rimanente era quella di un’unità imperiale europea.
Riguardo, sempre, all’Italia vengono, poi, ricordate alcune iniziative. a livello europeo del vecchio MSI, su cui sarebbe interessante sentire qualche superstite protagonista, nonché figure come Adriano Romualdi e Giorgio Franco Freda.
Altro grande personaggio che ebbe una qualche influenza sul neofascismo europeo fu Oswald Mosley il quale, rigettando l’ormai obsoleto nazionalismo, lanciò l’idea della”nazione Europa”.A lui facevano, in un qualche modo, eco in Francia Maurice Bardeche e in Germania Arthur Erhard che diede vita al periodico “Nation Europa”. E si potrebbero fare molti altri esempi. Ricordiamo che il Mosley all’inizio degli anni sessanta del secolo scorso tentò di costituire un Partito Nazionale Europeo in cui avrebbero dovuto confluire movimenti italiani, tedeschi e belgi oltre che al suo Union Movement .
Il Griffin passa poi a dare uno sguardo ai vari tentativi di creare delle “internazionali neofasciste” o comunque “di destra”; a chi scrive interessò molto a suo tempo il Nouvel Ordre Européen guidato dallo svizzero G.A. Amaudruz. (al suo fianco, alla fondazione del NOE vi era, tra gli altri, anche il francese Rene Binet, una figura su cui varrebbe senz’altro la pena ritornare (7).Né andrebbero dimenticati i tentativi di Jean Thiriart, dello svedese Per Enghdal e di tanti altri che dedicarono la vita alla salvezza dei popoli europei .Un cenno viene fatto dal Griffin anche alla Nuova Destra di Alain De Benoist (a pag.38 del libro leggiamo “Un tema ricorrente della Nuova Destra è che l’Europa potrebbe superare la sua presente decadenza rivitalizzando la sua eredità indo-europea..”. E’quello che sulle tracce di Giorgio Locchi possiamo definire “Rigenerare la Storia”. Purtroppo, col passare degli anni il De Benoist ed i suoi paiono aver annacquato progressivamente il loro “discorso” che, in tal modo, è diventato sempre meno interessante.
.Il Griffin nota anche come tali tendenze, per lui tutte riconducibili al”fascismo”( e talvolta ci si chiede se egli non riconduca al “fascismo”anche chi non se lo merita!)si siano estese .dopo la “caduta del muro”anche all’ex impero sovietico. Tra l’altro egli ricorda(pag.174) che in vista di elezioni europee Horia Sima successore di Codreanu alla testa della Guardia di Ferro ebbe, (nel 1989)ad esortare gli europei a fare la “scelta giusta”. Quella sbagliata –sosteneva- avrebbe voluto dire che l’Europa sarebbe entrata nel Terzo Millennio come una società multi razzial
e e multi nazionale,destinata prima o poi ad essere sommersa dal diluvio afro-asiatico. E temiamo proprio che questo sia il[i]
[i] destino del nostro continente!
Chi scrive non cesserebbe di deplorare soprattutto il fatto che le c.d. estreme destre europee non siano riuscite a costituire un gruppo efficiente al parlamento europeo e  abbiano spesso ripiegato su un più o meno sterile “piccolo nazionalismo”.Tipico è il caso di quei movimenti nazionali che vorrebbero rigettare l’Euro per un ritorno alle vecchie monete.
 Oggi, mentre i segni della decadenza degli Stati Uniti si fanno sempre più evidenti, l’ombra della Cina non cessa di espandersi  e le masse del Terzo Mondo continuano a penetrare nel territorio europeo,  dovrebbe essere chiaro per tutti che solo una Europa unita il più strettamente possibile, potrebbe forse garantire una qualche possibilità di salvezza per i nostri popoli.-Ultimamente si è visto alcuni gruppuscoli riprendere, sebbene con molte confusioni e controproducenti estremizzazioni, l’idea di una “Europa Impero” e persino di un “Occidente Impero”, ed anche su questo varrà la pena ritornare. O si riuscirà a creare un’Europa il più strettamente unita possibile, il più bianca possibile, rimodellata per quanto possibile sul trinomio Sparta, Roma, Prussia, oppure, nel migliore di casi, bisognerà combattere contro un nemico ormai penetrato all’interno di quella che avrebbe dovuto essere la “fortezza bianca” europea.
A meno che non si voglia dare definitivamente ragione a Chi il 26 Febbraio 1945 ebbe a dire:  “Io sono stato l’ultima speranza dell’Europa. L’Europa non poteva essere unificata per effetto di una riforma volontariamente concertata. Non poteva venire conquistata con il fascino e con la persuasione:per poterla prendere bisognava violentarla. L’Europa può essere costruita soltanto su rovine. Non su rovine materiali, ma sulla rovina congiunta degli interessi privati, delle coalizioni economiche, sulla rovina delle idee ristrette, dei particolarismi superati e dello stupido spirito di campanile. Bisogna fare l’Europa nell’interesse di tutti e senza risparmiare nessuno”
ALFONSO DE FILIPPI
NOTE
(1)   Il Griffin in una intervista riportata in questo volume narra che tra gli episodi che lo spinsero a dedicarsi alla studio del “fascismo”(e dei fascisti) fu l’aver incontrato nel 1981 in una taverna di Genova uno sconosciuto che incominciò a parlargli avendo visto che stava leggendo un libro di storia. Costui poi gli fece vedere un libro che aveva con sé dicendogli che esso spiegava quali forze fossero realmente dietro gli accadimenti storici. Si trattava de la” Rivolta contro il Mondo Moderno”di Julius Evola. Chi scrive ha frequentato le taverne genovesi, per un certo periodo ha ritenuto che la “Rivolta….”fosse sufficiente a spiegare la storia universale, ma non ricorda di aver avuto tale incontro !
(2)   Il Fascismo “.. ha ridestato l’Europa alla coscienza della sua decadenza, l’ha armata di fanatismo contro le idee e gli istinti della dissoluzione”A. Romualdi “Il Fascismo come fenomeno europeo”  pag. 135.
(3) A pag.138 si trova questa interessante considerazione sull’evoluzione politica di Benito Mussolini “..vi è una documentata evidenza che mostra che il punto di svolta verso una forma nazionalistica di socialismo non fu alla  vigilia dell’intervento italiano (nella Prima Guerra Mondiale) ma già nel 1907quando, in parte sotto l’influenza de “La Voce” egli si convinse di essere un Homo  novus di tipo  Nietzschiano, chiamato a chiamare alla vita  una nuova nazione come parte del processo di quella trasmutazione dei valori necessari alla rigenerazione dell’intero Occidente”
 (4)Edizione italiana: James A Gregor”L’ideologia del Fascismo”Ed del Borghese, Milano, 1974, è una vera idiozia,  una delle tante, che questo testo fondamentale non sia stato più riproposto al “campo nazionale”italiano.
(5) Cfr Marco Cuzi “L’Internazionale delle Camicie Nere”(Mursia, Milano, 2005)e dello stesso “Antieuropa- Il Fascismo universale di Mussolini”(MeB, Milano,2006).“Già partire dalla metà degli anni venti il progetto di una Internazionale fascista aveva cominciato a prendere forma nelle teste dei funzionari fascisti, che  vedevano nella diffusione dei loro principi”un segno del primato italiano nel mondo””H.Woller “Roma,28 ottobre 19
22 L’Europa e la sfida dei Fascismi”Il Mulino, Bologna, 2001, pag.188
(6) Un nemico di taglia Domenico Losurdo “Nietzsche, il ribelle aristocratico”(Bollati Boringhieri, Torino, 2002, pag 841e segg. ) scriveva :“ancora all’immediata vigilia dello scoppio della seconda guerra mondiale, un testimone diretto del nazismo- proviene dalle sue file-(H. Rauschning) sottolinea il pathos “paneuropeo” di questo movimento, che, in nome già della “affinità razziale”, a lungo insegue l’idea dell’”alleanza con l’Inghilterra” e con altri paesi coi quali pure avrebbe finito con l’impegnarsi in uno scontro mortale. Un inno all’”uomo europeo” scioglie Rosenberg, e quest’inno Goebbels continua ad intonarlo mentre i paesi europei sono impegnati in una lotta mortale l’un contro l’altro. Il fatto è che il Terzo Reich continua ad atteggiarsi ad autentico rappresentante della civiltà e della storia dell’”uomo europeo” e dell’aspirazione all’unità dell’Europa. Particolarmente espressiva, da questo punto di vista, è la figura di Himmler: egli “rimase: sempre dell’idea che l’autorità, in Europa, dovesse appartenere ad un’elite razziale organizzata in squadre di SS, prive di legami di nazionalità.”.Non si comprende nulla dell’irresistibile ascesa di Hitler, se non si tiene presente il bilancio al tempo stesso geopolitico e ideologico da lui tracciato della catastrofe del primo conflitto mondiale: bisognava porre fine a quella sorta di guerra di secessione che aveva dilaniato i popoli di civiltà superiore, attraverso un’opportuna delimitazione delle sfere di influenza coloniale e civilizzatrice, bisognava ricostruire l’unità in primo luogo dei popoli nordici……,in modo da fronteggiare congiuntamente la minaccia barbarica rappresentata sia dalla rivolta delle “razze inferiori” sia dalla rivoluzione promossa dai bolscevichi; essi stessi legati, da affinità razziale o elettiva, ai popoli di colore; la liquidazione di questi pericoli avrebbe posto fine una volta per sempre al ciclo sovversivo che da lungo tempo infuriava in Occidente, sventando il pericolo del suo tramonto e anzi gettando le basi per una sua rinascita e il superamento delle sue lacerazioni.” …. “Nel corso della seconda guerra mondiale, non mancano ideologi del Terzo Reich che invitano le popolazioni dei paesi occupati a superare le meschinità e i provincialismi dei conflitti nazionali per collocarsi dal punto di vista dell’”Europa unita”; e nel far ciò si richiamano a Nietzsche”.
(7) A proposito del NOE, in un famigerato centone antifascista si poteva leggere  “Richiamandosi, oltre che all’Europa di Hitler, ai miti del sangue, alle teorie di Nietzsche sul superuomo e a quelle del Bachofen sul contrasto tra le “civiltà telluriche” e quelle”“olimpiche”, il Nuovo Ordine Europeo conosce un certo successo fra il 1955 e il 1961, specialmente fra i giovani neo-nazisti che sognano di Ordini, di Iniziazioni, di Aristocrazie e di civiltà Solari. In Italia, per questo motivo, vengono rispolverate le opere di Julius Evola:…”Angelo Del Boca e Mario Giovana “I Figli del Sole -Mezzo secolo di nazifascismo nel mondo” Feltrinelli; Milano, 1965 pag. 132. D’altra parte chi scrive si chiede spesso se non varrebbe la pena di ripartire dalle posizioni della corrente dei “Figli del Sole” (Cfr. Giuseppe Parlato prefazione a Stefano Fabei “I Neri e i Rossi”Mursia, Milano, 2011, pagg.XV-XVI)
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