di Maurizio Rossi
Attraverso il magistero di Adriano Romualdi abbiamo avuto il privilegio di poter unire la nostra anima con quella più profonda e remota dell’Europa, ancestrale patria continentale delle nostre genti. Attingere alle sue energie sempre preziose e sempre presenti, alle sue potenti radici spirituali, culturali, etniche e politiche che si incarnarono compiutamente in quella lunga marcia della rivoluzione europea che segnò in maniera indelebile il secolo trascorso.
Scrisse in proposito Romualdi, riconfermando gli imperativi di una lotta millenaria:
“Il primo dovere è quello di lottare per la restaurazione dell’Ordine. Non questo o quell’Ordine particolare, questa o quella formula politica contingente, ma l’Ordine senza aggettivi, l’immutabile gerarchia dei poteri spirituali all’interno dell’individuo e dello Stato che vede in alto quegli ascetici, eroici, politici e in basso quelli meramente economici ed amministrativi. Per la creazione di questa Rangordnung, della rinnovata gerarchia dei ranghi auspicata da Nietzsche, si sacrificarono gli uomini dei movimenti nazionali travolti nella catastrofe del 1945. Oggi, spenta l’estrema luce del rogo che consumò con l’Europa stessa l’ultima élite politica del nostro continente, grandi ombre, vasti silenzii calano sempre più fitti sul crepuscolo dell’Occidente.”
Sono trascorsi quarantasette anni da quel fatale 12 agosto 1973 che annunciò la tragica scomparsa di Adriano Romualdi, la sua infausta e prematura morte. Un incidente automobilistico cancellò l’esistenza terrena di una magnifica figura, azzerò la voce di un severo maestro di vita e di pensiero.
Una personalità già nota per la sua inespugnabile coerenza e la sua altrettanto ferma intransigenza. Appena quarantasette anni ci separano da quella sciagura, eppure sembra che sia trascorsa una eternità, tanti infatti sono stati i cambiamenti, le metamorfosi e gli avvenimenti che nella buona e nella cattiva sorte, soprattutto nella cattiva, hanno segnato questo segmento di storia contemporanea. Le nazioni e i popoli non sono più costretti a respirare la mefitica atmosfera partorita dagli scenari della guerra fredda, quella plumbea stagione che tra le pieghe di una stagnazione consolidata permise nonostante tutto di intravedere timidi spiragli ricchi di aneliti di cambiamento e allo stesso tempo carichi di aspettative che vennero però all’indomani della caduta della “cortina di ferro”, irrimediabilmente disattese lasciando il campo europeo indifeso di fronte all’offensiva del progetto universalistico e mondialistico dello sradicamento dei popoli portato fino alle estreme conseguenze dal liberalismo nella cultura e nel costume e dalla plutocrazia capitalistica nel pervertimento delle economie nazionali.
Proprio contro questa minaccia, contro lo sfiguramento del volto dell’Europa, fagogitata all’interno di una babele di raccolta mondiale degli sradicati e dei cosmopoliti, si volsero le precise riflessioni di Adriano Romualdi che già allora misero in guardia nei confronti della desertificazione morale e spirituale che sarebbe emersa dagli scenari futuri del post guerra fredda, anche nei confronti di quelli che sarebbero stati provocati dal post-marxismo, facendo puntualmente riferimento all’enorme pericolo che una Europa sempre più estenuata avrebbe corso. Ovvero di quando le culture europee sarebbero state dissolte in nome del cosmopolitismo, a quando tutti gli uomini sarebbero stati omologati e a quando tutti i valori fondanti di una civiltà più che millenaria sarebbero stati cancellati dall’individualismo liberale, dal materialismo edonista, dalla deformazione dell’anima, dall’indifferenzialismo razziale, dal perbenismo borghese.
Romualdi pose l’accento sulla impellente necessità che i migliori europei, quelli di buon sangue, si facessero promotori di una Weltanschauung rivoluzionaria e tradizionale che recuperasse e valorizzasse tutti quegli aspetti qualificanti e importanti che avevano caratterizzato e identificato le precedenti esperienze nazionalpopolari, affinché si venissero poi a delineare le condizioni per l’emergere di una Weltanschauulicher Stosstrupp, una truppa d’assalto nel campo della visione del mondo, innervata dalla Tradizione, dal legame di sangue, dalla potenza dello spirito.
L’ approdo fideistico che una certa sinistra progressista ha manifestato poi nel corso del tempo nei confronti degli Usa e in particolar modo nei confronti dell’americanismo, della sua democrazia, della conturbante American Way of Life, non poteva che essere la conferma finale del legame che era sempre esistito fra il marxismo e il liberalismo, della comune matrice riscontrabile tanto nel marxismo cosmopolita come nel capitalismo globale altrettanto cosmopolita.
Occorrevano allora riferimenti certi e potenti per sostanziare la lotta, come Evola, Nietzsche, Platone.
Proprio Platone l’assertore della vita come totalità di anima e corpo, della predominanza dei valori politici sull’organizzazione economica e della totale subordinazione della stessa ai bisogni della comunità, colui che fu il promotore di severe misure eugenetiche volte alla salute del popolo e di una particolare concezione qualitativa dell’educazione e della selezione nell’ambito di una visione totalitaria dello Stato, venne a giusta ragione presentato da Romualdi come il precursore ideologico dei movimenti nazionalpopolari del ventesimo secolo, ponendosi coerentemente nel solco tracciato a suo tempo da Hans Friedrich Günther.
Si deve soprattutto ad Adriano Romualdi il merito di avere contribuito in maniera determinante a riscrivere il linguaggio politico, spostandolo dalla scala nazionale a quella europea, assumendo un vasto respiro continentale. Infatti da allora la rivendicazione di un nazionalismo europeo interpretato quale vettore di una terza forza da contrapporre agli equivalenti imperialismi occupanti rappresentati dagli Usa e Urss caratterizzò un nuovo esaltante percorso militante.
Adriano Romualdi era fermamente convinto che il secondo conflitto mondiale avesse decretato la fine dei nazionalismi sciovinisti delle piccole patrie, inaugurando invece la nuova fase dei nazionalismi continentali. Forte di questo convincimento, la sua profondità ideologica e culturale volse la sua attenzione principalmente al nazionalsocialismo.
In sostanza, per Romualdi, proprio a partire da Adolf Hitler e dal nazionalsocialismo, soprattutto a seguito dell’invasione americana del continente europeo, lo scontro non sarebbe più avvenuto fra singole nazioni, bensì fra continenti. Fu quindi l’occasione decisiva per l’Europa di recuperare quella centralità che le era stata sottratta dall’irruzione sulla scena mondiale delle superpotenze americana e sovietica.
Per Adriano Romualdi il nazionalsocialismo aveva rappresentato una salutare e drastica rottura con le vecchie e superate concezioni diplomatiche e le anguste visioni della politica estera che avevano segnato le passate stagioni delle nazioni europee, da quel momento in poi si sarebbe inaugurata una nuova stagione geopolitica fondata sulla ferma convinzione che ebbe Adolf Hitler, ovvero, che nell’epoca della costituzione degli smisurati spazi continentali rappresentati dagli Usa e dall’Urss si dovesse necessariamente ragionare in termini di grandi spazi geopolitici di potenza, quindi solamente i vasti orizzonti di un Grossraum europeo avrebbero potuto salvaguardare il perdurare di determinate specificità storiche e spirituali.
Con Adriano Romualdi, l’immagine geopolitica dell’Europa e il mito dell’Europa tornarono alla luce in tutta la loro potenza attraverso la scienza delle radici e delle origini arcaiche indo-europee, con la consapevolezza che la stessa concezione della civiltà dell’Europa non doveva più avere solamente un mero valore storico e folcloristico, bensì essere l’espressione viva di una spiritualità arcaica e solare, di un sentimento della vita che si traduceva in una prospettiva ideale e agonistica, di simboli e di personalità aventi un carattere innato e non acquisito, qualità che erano proprie del primordiale universo ariano. Sempre a tal proposito, Adriano Romualdi tornò a riproporre l’affascinante motivo dell’arianesimo come il baricentro dell’idea rivoluzionaria di un nuovo nazionalismo europeo fondato sul sangue e sul suolo, sulla ereditarietà dagli ascendenti, come un irrinunciabile riferimento per quelle che lui connotava come le superstiti energie europee spiegando che:
“Con l’idea ariana non intendiamo soltanto un sano senso di appartenenza alla razza bianca, ma l’accettazione consapevole dei valori in cui prende forma la tradizione indo-europea nella storia della civiltà. È esistita un’unità spirituale che andava dalla germanica Islanda all’India ariana, un’unità che lascia la sua potente impronta in monumenti epici come l’Iliade, il Mahabharata, il Nibelungenlied. All’interno di questa unità fiorirono la Grecia e Roma, i valori aristocratici, qualitativi, agonistici del mondo classico. La consapevolezza di questa tradizione di sangue e di spirito, la sua contrapposizione a forme di religiosità semitica infiltratesi al tramonto del mondo classico, e che tornano oggi a manifestarsi come forze dissolutrici, potrebbe essere di grande importanza per la definizione di una visione del mondo specificamente europea.”
Un mito europeo che si legò alla consapevolezza dell’inevitabile crepuscolo dell’occidente, un crepuscolo che pesava come un macigno, già preannunciato da Oswald Spengler e da una vasta letteratura della crisi, spesso di origine germanica, ben conosciuta e studiata da Adriano Romualdi e che lo aveva portato ad individuare nel modo più pregnante quello che i movimenti fascisti europei e soprattutto il nazionalsocialismo dovevano all’opera di Nietzsche, ovvero ad una presa di coscienza storicamente nuova, la coscienza dell’avvento fatale del nihilismo e cioè dell’imminenza della fine della Storia. Il cristianesimo come progetto mondano propagandato da una chiesa sempre più secolarizzata, democrazia, liberalismo e capitalismo, marxismo e comunismo appartenevano tutti complessivamente e indistintamente al campo unitario dell’egualitarismo, del cosiddetto umanesimo.
Le loro filosofie ed ideologie potevano nel particolare differire e porsi anche in temporaneo contrasto fra loro, ma in sostanza nell’insieme obbedivano al medesimo sistema di valori.
Adriano Romualdi aveva ritrovato infine il principio dell’azione nel sistema di valori propugnato da Nietzsche, e il destino comune nell’immagine trascinante dell’uomo nuovo che andasse al di là della dell’inevitabile fine della storia cui ci avevano biblicamente condannano duemila anni di egualitarismo e di umanesimo.
Contro questo aberrazione si era levato forte l’appello di Adriano Romualdi rivolto a tutti i “buoni europei” affinché si risvegliassero dal torpore e tornassero ad abbracciare la battaglia dell’orgoglio europeista attraverso la coscienza un nuovo nazionalismo militante europeo che, rinnovando le arcaiche e ancestrali radici culturali e popolari dell’Europa delle origini indoeuropee, trovasse le motivazioni superiori per giustificare e legittimare davanti alla Storia la sua superiore azione politica di rettifica e di riordinamento.
Maurizio Rossi