Porfirio, discepolo di Plotino, fu il più accanito nemico della neonata religione cristiana, che senza mezzi termini definitiva “empia e atea contro i costumi dei padri“, come testimonia in “Discorsi contro i Cristiani”, l’opera che fu bruciata dai cristiani perchè stava mettendo in dubbio tutte le convinzioni e le credenze dei fedeli. La critica di Porfirio è incentrata su:
- il Vecchio Testamento di cui nega l’autenticità;
- gli errori degli evangelisti che affermano dottrine di un dato profeta testamentario, che in realtà sono state enunciate da altri profeti, caratterizzandosi per una contraddizione nella loro narrazione evangelica. Ciascuno di loro, infatti scrisse la passione in maniera differente e non corrispondente dagli altri.
In merito, si può riferire come in Marco 15,36 viene scritto che al crocifisso venne offerta una spugna imbevuta d’aceto… Matteo 27, 33-34 dice: “Giunti sul luogo detto Golgota, gli diedero da bere del vino mischiato con fiele; ma, assagiatolo non lo volle bere“.
In Matteo 27,46 leggiamo: “E, verso l’ora nona, Gesù gridò a gran voce: “Elì, Elì, lamà sabactàni?”, cioè: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”, mentre in Giovanni 19, 29-30, si narra: “Vi era lì un vaso pieno d’aceto; posero perciò una spugna imbevuta di aceto in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. E dopo aver ricevuto l’aceto, Gesù disse: «Tutto è compiuto!». E, chinato il capo, spirò”. Infine, in Luca 23, 46 leggiamo: “gridando a gran voce, disse: Padre, nelle tue mani rimetto lo spirito mio”. Se dunque non si può descrivere in maniera uniforme come il Cristo morì, se ne deduce una narrazione falsata che non depone favorevolmente circa il fatto che gli stessi Evangelisti abbiano potuto affermare verità attendibili anche a riguardo del resto.
Porfirio, inoltre, nota anche che in Giovanni 19, 33-34 viene scritto: “Venuti però da Gesù e vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua.”, ma questo lo ha detto solo lui, perciò egli si fa testimone di se stesso come scritto in Giovanni 19,35, reputando gli altri apostoli “gente zotica e miserabile”.
Critica San Pietro definendolo la negazione personificata della logica e della coerenza e che propone “una dottrina falsa e menzognera”, per “le sue pessime qualità”, sottolineando che Gesù si rivolge a lui con queste parole: “Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!.” , mentre in passo successivo scrive:”E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa. A te darò le chiavi del regno dei cieli.” Con questi due passi Porfirio vuole sottolineare che Gesù vuole consegnare il suo regno a Pietro che lui stesso chiama Satana!
Il neoplatonico, pertanto, rifiuta di credere nella resurrezione di Cristo, considera la pratica del battesimo immorale, la comunione paragonata al cannibalismo, così come il simbolismo del chicco di senape, viene arbitrariamente ripreso dai ben più antichi testi upanishadici dell’India. Nella Chandogya Upanishad leggiamo: “Più piccolo di un grano di riso, di un grano d’orzo, di un grano di senape, di un grano di miglio, di un nocciolo di grano di miglio: questo stesso Sè che è dentro il mio cuore è più grande della terra, più grande dello spazio, più grande del cielo, più grande di tutti i mondi.”. Anche l’eucarestia come gesto iniziatico non appartiene al Cristianesimo, ma se ne appropriò dagli scritti di Zoroastro quando disse: “Chi non mangerà il mio corpo e non berrà il mio sangue in modo da confondersi con me e io con lui non avrà la salvezza.” Viene sottolineata la mistificazione dei miracoli compiuti da Apollonio di Tiana, sacerdote del Nume della medicina Asclepio e confermati da Massimo l’Egeota, dal filosofo Damide e dall’ateniese Filostrato che scrisse la “Vita di Apollonio di Tiana”, mentre da parte dei cristiani quelli che si attribuivano a Gesù venivano confermati da Paolo e Pietro, che venivano definiti falsi, incolti e impostori.
L’imperatore Giuliano, sulla scia di Porfirio, definì il nuovo culto che andava ad affermarsi come l’ateismo della malvagità giudaica, caratterizzata dalla vita leggera e corrotta dall’indolenza e volgarità, che si aveva l’arroganza di autodefinirsi la religione migliore.
Altre critiche analizzarono la Trinità, l’ambiguo comportamento di Eva, ponendosi alcuni interrogativi circa l’apparente limitazione del potere divino che, nella Genesi, sembra quasi impotente dinanzi al male e alla sua manifestazione. E il serpente che discorre con Eva, di quale lingua diremo che fece uso? Come può il Sommo Bene onnipotente e onnisciente, l’essenza della bontà, della bellezza e della verità non poter distinguere il bene dal male, vietando che venne colto proprio quel frutto appeso all’albero della conoscenza aurea nel paradiso, simile al pomo d’oro sull’albero che cresceva nel giardino delle Esperidi? Infatti, esso rappresenta l’elemento solare dorato, è la conoscenza assoluta, il Bramhan – Atman indù, il cui morso per Adamo simboleggiò l’assunzione della verità, quale qualità unica del Divino. Il serpente, pertanto, fu piuttosto il benefattore, che non il nemico del genere umano… ed a Dio potrebbe darsi, perciò, nome di geloso. Quando, infatti, Egli vide l’uomo partecipe della conoscenza, affinchè non gustasse dell’albero della vita, lo scacciò dal paradiso, con queste precise parole: “Ecco che Adamo, col conoscere il bene ed il male, è divenuto come uno di noi. Purchè adesso non tenda la mano all’albero della vita, e non ne mangi, nè viva in eterno.” e lo espulse dal paradiso. Oltre a ciò, ebbe a temere che, prendendo parte alla vita, l’uomo diventasse da immortale a mortale: questo è segno di uno spirito anche troppo invidioso e maligno.
Il Divo Giuliano, poi, confrontò la Genesi con il Timeo di Platone. Il primo afferma:
“A principio Iddio fece il cielo e la terra. Era la terra invisibile e senza forma, e tenebre erano sopra l’abisso, e lo spirito di Dio si moveva al di sopra dell’acque. E Dio disse: “Sia la luce”, e la luce fu. E Dio vide la luce, quanto è bella. E Dio separò a mezzo la luce e le tenebre. E Dio chiamò la luce giorno, e le tenebre notte. Così fu la sera, e fu il mattino: e formarono un solo giorno. E Dio disse: “Sia il firmamento in mezzo alle acque”. E il firmamento Dio lo chiamò cielo. E Dio disse: “Raccolgasi l’acqua, che è al disotto del cielo, in una sola massa, e l’asciutto compaia”. E così fu. E Dio disse: “Germogli la terra erba di pascolo e legno da frutti”. E Dio disse: “Sieno gli astri nel firmamento del cielo, che servano ad illuminare la terra”. E Dio li pose nel firmamento del cielo a regolare il giorno e la notte.“
Il secondo invece afferma:
“Il cielo tutto o il mondo – o se c’è altro nome che meglio gli convenga, con questo chiamiamolo – fu esso sempre, senza aver avuto alcun principio di creazione? oppure fu creato, traendo origine da qualche principio? Fu creato. Infatti, è visibile e tangibile ed ha corpo: e tali cose sono tutte sensibili; e le cose sensibili, che si comprendono dall’opinione per mezzo della sensazione, abbiamo visto che appartengono al divenire ed al nascere… Così dunque, secondo il ragionamento della probabilità, conviene dire che questo mondo è proprio un animale vivente, intelligente, creato dalla provvidenza di Dio.“
Ora soffermiamoci un atto su quale discorso tiene Dio presso Mosè, e quale presso Platone. Sempre nella Genesi è scritto:
“E Dio disse: “Facciamo l’uomo ad immagine e somiglianza nostra. E domini sui pesci del mare e sui volatili del cielo e sulle bestie e su tutta la terra e su tutti i rettili che strisciano sopra la terra”. E Dio fece l’uomo; lo fece ad immagine e somiglianza di Dio: li fece maschio e femmina, dicendo: “Crescete e moltiplicatevi, e riempite la terra, e rendetevi padroni di essa. Comandate ai pesci del mare e ai volatili del cielo e a tutte le bestie e a tutta la terra”.»
Nel Timeo invece è scritto:
“O Dei figli di Dei, le opere di cui io sono creatore e padre, rimarranno, per volontà mia, indissolubili. È ben vero che ogni cosa legata può sciogliersi, ma ciò che è stato ben congegnato e bene si regge, volerlo disfare è da malvagio. Poichè dunque voi siete stati creati, non siete immortali nè indissolubili del tutto: tuttavia, non sarete disciolti nè vi toccherà fato di morte, perocchè vi aiuti la volontà mia che è legame anche più grande e più saldo di quelli onde foste legati quando nasceste. Ora, udite che cosa io vi scopro. Ancora tre specie di schiatte mortali rimangono da generare, e, finchè queste non sieno generate, il mondo sarà incompiuto: cioè, non avrà in se stesso tutte quante le specie di animali. Ma se queste da me fossero create e da me ricevessero la vita, sarebbero senz’altro eguali agli Dei. Affinchè invece esse sieno mortali e, nello stesso tempo, il Tutto sia effettivamente un tutto, adopratevi voi, secondo la vostra natura, alla produzione di questi animali, imitando l’attività mia quando generai voi. In quanto a quella parte di loro che merita di essere assimilata agli Immortali, e che infatti è chiamata divina, e domina in chi, fra essi, sempre segua la via tracciata dalla giustizia e da voi: questa la seminerò io, e ve la darò, per versarla in essi. Pel rimanente, voi, alla parte immortale combinando la mortale, preparate questi animali, generateli, date loro il nutrimento perchè crescano, e, quando periscono, di nuovo accoglieteli in voi.”
Infine, Giuliano afferma che, se dunque tutte queste cose, che sono le più importanti ed apprezzabili, si son fatte senza una provvidenza superiore e veramente divina, a che scopo onorare e venerare un Dio che non provvede niente? Se non si curò nè della vita, nè dei caratteri, nè dei costumi, nè delle buone leggi, nè della costituzione civile, ha forse diritto di reclamare onori dagli uomini? Vedete a quale assurdità conduce la vostra superstizione!!!