13 Novembre 2024
Società

Al capezzale dell’occidente (I^ parte) – Roberto Pecchioli

Il declino dell’angolo di mondo che siamo abituati a chiamare Occidente è sotto gli occhi di tutti. Sono lontani i tempi in cui lo storico britannico J.M. Roberts proclamava il trionfo dell’ occidente nel fortunatissimo omonimo pamphlet (1985). E’ sfumata nel ridicolo l’idea della fine della storia per vittoria definitiva del modello liberaldemocratico dell’americano Francis Fukuyama. Si moltiplicano i testi la cui tesi è la fine o la sconfitta epocale dell’occidente. Pensiamo a L’autodistruzione dell’Occidente di Eugenio Capozzi, centrato sul declino etico della nostra civiltà, o Il capolinea dell’Occidente del giornalista americano Paul Craig Roberts, una raccolta tematica di articoli proposta dalla coraggiosa editrice Passaggio al Bosco, volta a dimostrare un declino irreversibile in termini valoriali, economici, politici.

Dovremmo aggiungere – era la fine del secolo XX – opere come La chiusura della mente americana di Allan Bloom sul degrado degli studi negli Stati Uniti, l’opera di Christopher Lasch (L’io minimo, La cultura del narcisismo, La ribellione delle élite) e il sulfureo La cultura del piagnisteo di Robert Hughes, primo atto d’accusa contro il politicamente corretto e il vittimismo, armamentari privilegiati della cultura della cancellazione e dell’ideologia woke. Buona parte di questa letteratura non è di orientamento reazionario o conservatore, il che rende impossibile catalogarla come catastrofismo ideologico e nostalgia passatista.

Suicidio occidentale di Federico Rampini –di provata fede progressista, per decenni corrispondente dagli Usa di Repubblica – esprime lo stesso pessimismo da posizioni fortemente atlantiste. La sua è una volgarizzazione del giudizio espresso a suo tempo da Arnold Toynbee: le civiltà muoiono per suicidio, non per omicidio. La formula dello storico britannico è celeberrima, debitrice in parte della lezione di Oswald Spengler ne Il tramonto dell’Occidente. L’ingegnere tedesco prestato agli studi storici fu il primo a tematizzare le fasi di ascesa, sviluppo, declino e morte delle civiltà, esaminate come veri e propri organismi viventi. Fu il francese Paul Valéry a scoprire che le civiltà sono mortali, come gli individui che vi appartengono. Spengler fu influenzato dalla distinzione tra cultura e civiltà (kultur/zivilisation) introdotta dalla sociologia tedesca del suo tempo, la prima legata alla fase ascendente, la seconda al tempo del declino.

Ultimamente Rampini ha pubblicato Grazie, Occidente con tanto di punto esclamativo, un saggio che sembra un accorato epitaffio, l’elogio funebre pronunciato ai piedi di un cadavere. Sorprendono i titoli di due capitoli: “Perché possiamo dirci superiori” e “La fortuna di essere atlantisti”. Il primo viene perdonato al suo autore in nome della lunga milizia progressista, che lo metterebbe al riparo dal suprematismo di cui sono intrise le sue argomentazioni, tra le quali spicca “ la superiorità dell’Occidente è nei fatti. Gli altri ci hanno semplicemente copiato “. Sconcertante esercizio di volontà di potenza nell’epoca del suo contrario. Quanto alla dubbia “fortuna” di essere atlantici – ovvero appendici degli Usa, la colonizzazione sino alla sussunzione del nostro continente nella categoria di Occidente è, al contrario, la causa efficiente del tracollo dell’Europa umanista e cristiana.

Che il declino sia frutto di un suicidio volontario, perpetrato sotto molteplici aspetti – la cultura della cancellazione è solo l’ultimo – è nei fatti . Ne sono conferma le conclusioni dello storico francese René Grousset, contemporaneo di Toynbee. “Nessuna civiltà viene distrutta dall’esterno senza essersi innanzi tutto essa stessa deteriorata, nessun impero viene conquistato dall’esterno senza essersi precedentemente autodistrutto. E una società, una civiltà non si distruggono con le proprie mani che quando hanno cessato di capire la loro ragione d’essere, quando l’idea dominante intorno alla quale si erano dianzi organizzate diventa loro estranea”. Una tesi ripresa dal recentissimo, fondamentale La sconfitta dell’Occidente di Emmanuel Todd, il cui nucleo teorico è centrato sulla decomposizione delle élite bianche protestanti di ascendenza anglosassone negli Stati Uniti (WASP), che ha trascinato in quello che l’antropologo e storico francese chiama stadio zero della civiltà le classi dirigenti europee, incapaci di esprimere una visione distinta da quella d’oltreoceano.

Manca, nel pur magistrale lavoro di Todd, l’analisi dell’ odio di sé occidentale – l’oicofobia corrosiva, suicidaria denunciata da Roger Scruton e Alain Finkelkraut, che ribalta ogni giudizio, volge in negativo ogni idea, evento storico, principio civile della nostra gente. Todd sfiora, ma non analizza sino in fondo il ruolo dirompente dell’immigrazione extraeuropea nel nostro continente e della Babele etnica (e culturale) che ha cambiato il volto degli Usa nell’ultimo trentennio. Tace sull’ideologia gender, prigioniero della neolingua quando parla con toni positivi di “matrimonio per tutti”, anziché di nozze omosessuali e bolla severamente l’ “omofobia”, ma è acuto nell’individuare il punto di non ritorno dell’occidente ultimo nell’ideologismo folle, menzognero della teoria transessuale, secondo la quale un uomo può diventare donna e viceversa. Si tratta del distruttivo trionfo dell’idea sulla realtà, il rifiuto pervicace di ciò che è in nome del desiderio e della volontà prometeica, malata, di negare la natura.

Con un’autorevolezza infinitamente minore, la tesi di chi scrive, esposta ne Il principio verità, in uscita per Nexus Edizioni, è più radicale: la crisi di civiltà che ci sta portando al suicidio, all’estinzione e al nichilismo di massa è collegata al declino della verità, ossia la disconnessione tra la realtà fattuale e chi la osserva (adaequatio rei et intellectus). Con la formula di G.B. Vico, criterio di verità e fondamento di vera conoscenza è la convergenza del vero con il fatto; il ribaltamento concettuale in atto nega l’esistenza della verità disconoscendo la realtà; porta alla crisi, a una cultura terminale stanca, estenuata, nemica dell’ordine naturale, giunta al punto di non ritorno. Esempi raccapriccianti sono la banalizzazione della morte procurata , definita “ buona” (questo significa eutanasia) le cui punte avanzate sono in Canada – dove si può essere soppressi per povertà – Belgio e Olanda, in cui anche i minori e i depressi possono chiedere e ottenere la gelida morte di Stato, nonché la recente legge tedesca che consente di scegliere il “genere” oltrepassando il sesso naturale con un semplice atto amministrativo modificabile ogni anno. Incredibile è la norma che permette a bimbi di cinque anni (!!!) di indicare il proprio sesso/genere.

In Germania vige una legge che permette di scegliere o rifiutare i parenti, senza riguardo ai legami di sangue. La realtà fatta a pezzi, la natura negata, l’infanzia piegata all’ideologia. L’evidenza della crisi del modello occidentale è conclamata. L’anamnesi e la diagnosi conducono ad una prognosi infausta. Una delle aporie (problemi le cui possibilità di soluzione risultano annullate in partenza dalla contraddizione che contengono) è che le cause della malattia occidentale sono considerate dalla cultura dominante meriti, prove di civiltà, elementi positivi, punti di forza. Tutt’ al più se ne deprecano blandamente alcune conseguenze, per ideologia, pigrizia concettuale, per non contraddire il mito fondante del progresso (il nuovo è sempre meglio dell’antico). Nel secolo XIX Donoso Cortés coniò al riguardo l’espressione – divenuta proverbiale in area ispanofona – innalzare troni alle cause e forche alle conseguenze. Le masse adorano idee, progetti, comportamenti, principi di cui deprecano gli effetti.

Un esempio è la distruzione della famiglia naturale (chiamata spregiativamente tradizionale) in nome di autonomia e libertà: ci si impegna a disgregarne anche le vestigia nello stesso momento in cui si lamenta la perdita di valori, il vuoto di sentimenti, la solitudine, l’assenza di obiettivi elevati, la facilità con cui avanzano mode e dipendenze. L’uomo contemporaneo è emotivo, eppure si meraviglia che le masse agiscano in maniera irrazionale: innalziamo la ragione che vince l’antiquata religiosità per consegnarci alle più varie superstizioni o credenze. “Ogni civiltà ha la tendenza a credersi eterna”, scrive il filosofo francese Roger Pol Droit. “Nessuna, tranne la nostra, prevede la sua fine.“ Noi la assaporiamo con voluttà, desideriamo la nostra dissoluzione. E’ la velenosa oicofobia, il rancore contro ciò che siamo stati e siamo, il desiderio di recidere le radici. Per consegnarci alla capitolazione.

Lo storico Michel De Jaeghere, ne Gli ultimi giorni dell’impero romano, considera la denatalità la causa primaria della fine di Roma. Dopo la “peste antonina” del II secolo ci furono la crisi economica, l’insicurezza, la violenza diffusa a scoraggiare le nascite. Le famiglie erano fragili e poco feconde. Il concubinato divenne la norma, il divorzio frequente, la mortalità elevata. Le province di frontiera avevano una densità di popolazione bassissima; per questo esercitavano sui barbari un’attrazione irresistibile. La perdita della religiosità si tradusse in spopolamento. Si arrivò a reclutare i barbari nell’esercito, a donare loro delle terre. Le tasse aumentavano costantemente perché i censimenti certificavano la diminuzione costante della popolazione. Le analogie con il presente sono impressionanti. L’impero non aveva più una popolazione sufficiente, quindi meno risorse per affrontare lo sforzo della difesa del territorio e delle frontiere. Già durante il regno di Nerone il poeta Lucano descrisse la desolazione dell’Italia in cui “pochi abitanti vagano per le strade deserte di antiche città”.

L’istituzione familiare crollò e all’apogeo della potenza romana il divorzio era una pratica comune sotto l’influsso dei costumi ellenistici. Si difussero vari metodi contraccettivi; Galla – scrisse Marziale – vuole essere soddisfatta ma non vuole figli. Nel Satyricon di Petronio si dice : nessuno cresce bambini perché se si hanno degli eredi non si viene invitati ai banchetti, né agli spettacoli, si è esclusi da ogni piacere e si vive in tristezza tra la feccia. “Nel II secolo l’aborto, che fino ad allora veniva praticato per far sparire bambini nati da amori clandestini, si estese nell’ alta società. L’infanticidio di una creatura non riconosciuta dal padre non era punito dalla legge. L’omosessualità era diffusa”. La storia si ripete. La crisi familiare e demografica era “lo specchio di un disincanto, il frutto di un materialismo che portava a ritenere la famiglia una forma di schiavitù, il bene comune una chimera e la felicità di vivere senza obblighi come il fine supremo dell’esistenza. “ Si stima che il tasso di fecondità delle famiglie aristocratiche non fosse superiore a 1,8 figli per donna, di pochissimo superiore all’1,5 dell’Europa di oggi.

Eppure i sintomi che annunciavano la caduta dell’Impero si erano manifestati chiaramente ai contemporanei, che rifiutavano di crederci, continuando a praticare i (dis) valori che li stavano distruggendo. La conseguenza fu la fine per implosione. Nella seconda parte tracceremo il quadro statistico delle criticità – economiche, educative, valoriali, geopolitiche e storiche – che definiscono la disfatta dell’occidente, la terra del tramonto.

5 Comments

  • Sette 4 Novembre 2024

    In questo articolo mi pare che si faccia confusione tra evento naturale e scelta ponderata.
    Ovvero, si sovrappone la “crisi dell’Occidente” come risultato della Peste Antonina e la “crisi dell’occidente” come risultato della “Cancel Culture”.
    Sono due cose del tutto diverse e perfino antitetiche.
    Io non posso scegliere se invecchiare o meno, invecchio e basta.
    Non posso più fare le cose che facevo dieci anni fa.
    Posso scegliere se mangiare il porco o il tofu, posso scegliere se vestirmi da uomo o da donna.

    Lo “Occidente” sceglie di non educare o di dis-educare i giovani in modo che siano ignoranti e incapaci di ragionare, cosi da ottenere masse facilmente manipolabili. Quando scrivo “sceglie” devo anche pensare “chi”. Quale elite è stata prodotta dallo “Occidente” nei secoli che ha il progetto di dominare il mondo e di rifarlo secondo un proprio progetto? La Massoneria. Quindi direi che la Massoneria apolide o sovranazionale ha lavorato almeno a partire dagli Anni Sessanta del Novecento ma probabilmente fino dalla Società delle Nazioni, per creare una umanità incolta, “media”, uniforme e nello stesso tempo perennemente in conflitto perché frammentata in infinite sette, combriccole, movimenti, gruppi. Una umanità senza memoria, che si deve reinventare ogni giorno in base a quello che gli viene somministrato dai “media”. Una umanità di eterni adolescenti.

    Non c’è stata nessuna “crisi epocale” ad abbattere lo Occidente e nemmeno è un suicidio. Piuttosto è il risultato di un progetto di ingegneria sociale che la maggior parte, tutti, non vedono e che nello stesso tempo assimila e asservisce tutti quelli che ci trovano un vantaggio o una soddisfazione. Pensiamo agli insegnanti, che sono gli esecutori e si prestano alle esecuzioni per la triste tutela statale. Pensiamo a tutti gli impiegati nella “editoria”, in senso lato, che ugualmente si prestano per dare le direttive giornaliere alle masse, in cambio di una carriera all’interno del “sistema”.

    Lo Occidente non è in crisi e volendo basterebbe guardare indietro. Il fatto è che lo Occidente è stato sostituito dal “Globale”, popolato dallo “Uomo Unico” del famoso “meticciato”, che poi, detto e ridetto, è un fenomeno connaturato alla società coloniale. In sostanza lo Occidente ha creato gli USA, la Massoneria ha preso gli USA e prima ha sperimentato li, poi ha esteso il progetto a tutto il mondo. In sostanza l’idea del “Globale” sarebbe di rendere tutto il mondo uguale agli USA. Non è difficile.

    I problemi che vediamo non dipendono dal fatto che siamo colonizzati culturalmente dagli Americani o che siamo subordinati politicamente ed economicamente. Dipendono dal fatto che la Massoneria Apolide, che include Massoni di qualsiasi parte del mondo e che stipendia professori, artisti, criminali, politici, chiunque gli sembri utile, applica il suo modello ovunque, indifferentemente.

    Non è una idea nuova. E’ una idea che esisteva nei primi racconti di Fantascienza che appunto immaginavano l’umanità del futuro. Per fare un esempio noto a tutti, la Federazione di Star Trek.

    In conclusione, non è la fine dell’Occidente ma è il “post-Occidente” che potremmo anche vedere come un Super-Occidente. Certo, un Super-Occidente ridotto al minimo comune denominatore di una massa di automi dipendenti da una elite di “illuminati” super-umani ma il fatto è che il pecoraio in culo al mondo già adesso sogna di andare in giro con le scarpe da tennis e il cappelletto da scemo, lo scemofono in mano, che è la divisa con cui arrivano i nostri “profughi” e la divisa che indossano a Mosca o a Gaza, ovunque nel mondo.

  • le_marquis 6 Novembre 2024

    Quella Occidentale è una Società che reca nel proprio nome il segno del proprio destino, irrefutabile.
    Non che agli altri modelli non tocchi la medesima sorte, diciamo che l’Occidente ha avuto un lungo cammino di esperienze per acquisire questa consapevolezza di sé.

    Potremmo star qui fino a sera discettando del momento (che generalmente coincide con l’apogeo + qualche secondo) in cui hanno iniziato a lavorare i germi del declino: la Massoneria internazionale citata nel commento di Sette, la Società delle Nazioni, il diffondersi della cultura della No-Vita… La sostanza non cambia. E, probabilmente, più che di una competizione fra tali fattori, si tratta di un concorso di cause, dato dall’altrettanto irrefutabile circostanza che è l’invecchiamento, la perdita di vigore della nostra (beneamata?) Società.

    L’Autore dell’articolo cita Grousset, e rinvia a Todd, per ricordarci che le “civiltà non si distruggono con le proprie mani che quando hanno cessato di capire la loro ragione d’essere, quando l’idea dominante intorno alla quale si erano dianzi organizzate diventa loro estranea”.

    Quello è il momento in cui trovano legittimazione, audience e spazio per affermarsi, direi seguaci, idee che fino a poco prima sarebbero state non solo tabù, ma vissute come fattori infettivi, respinte e sconfitte dagli anticorpi della Società ancora sana, vigorosa, fedele a se stessa.

    La pluralità di istanze, teorie e modelli, tutti ritenute di pari dignità, che confliggono l’uno con le altre e tutte insieme con il principio fondante di quella civiltà sortisce bensì l’effetto di annullare il principio verità (e la crisi pandemica di 4 anni fa ha dato una grande spallata a tale principio); ma ne genera un altro, a mio avviso, anche più grave. Da tale fascio di forze contrastanti non può che derivare una profonda entropia sistemica. Il cui risultato è, balisticamente, l’annientamento del tutto (fa quasi impressione che la fisica applicata alla storia sia spiegata meglio in un romanzo tutto sommato neanche ben fatto che in tanti saggi filosofici – rif. Origin, di Dan Brown, 2017).

    Il trionfo del Melting Pot, si potrebbe dire: che, a furia di stare nel Pot, ha “melted” tutti i suoi ingredienti un una sola, imbevibile, dimenticabile zuppa.

    Non possiamo che sperare che abbiano ragione le filosofie orientali (altro nome-presagio, almeno questo, ottimista) e coloro che ne studiano i filoni, nel pensare che alla fine di una civiltà non possa che far seguito una sua rinascita, un nuovo ciclo, che al Kali Yuga faccia seguito il Sathia Yuga, che si avverino l’Eterno Ritorno e la ciclicità della Storia. Anche se non saremo lì ad assistervi, né noi né i nostri figli.

    Saluti da un Abendlander!

    • Otto 6 Novembre 2024

      “Non possiamo che sperare che abbiano ragione le filosofie orientali (altro nome-presagio, almeno questo, ottimista) e coloro che ne studiano i filoni”

      Con tutto il rispetto, le “filosofie orientali” sono una montagnetta di illusioni e quella moda fa parte della propaganda che la Massoneria ha diffuso alla fine degli Anni Sessanta del Novecento proprio come parte del meccanismo che sminuisce e nega lo “Occidente”. A parte che gli schiavi devono “sperare”, qui si tratta di educare i ragazzi invece di mettergli in mano uno scemofono e con quello dagli la patente di “adulti”, uno stato che non raggiungeranno mai perché, torno a dire, la Massoneria ha anche inventato la categoria dei “Giovani” e il “Giovanilismo” per cui a quarant’anni si è ancora “ragazzi”.

      Il futuro è il presente, per via della famosa “fine della storia”.
      Se vogliamo sbloccare il macchinario dobbiamo semplicemente ritornare indietro a quando i nostri avi andavano in giro per il mondo ad insegnare tutto a tutti. Senza andare troppo indietro, si tratta di togliere di mezzo tutte le assurdità degli Anni Settanta.

      • le_marquis 10 Novembre 2024

        Con tutto il rispetto, anche no. O, almeno, non del tutto.

        Definire “montagnetta di scemenze” le filosofie orientali è possibile solo dove si abbia a criterio il movimento new age (come il riferimento agli anni Sessanta/Settanta farebbe pensare): ma confondere l’età dell’Acquario con i Veda è come scambiare una brocca d’acqua per un invaso naturale, absit iniuria verbis.

        Fare affidamento sulla fine della storia per attualizzare ogni cosa fa chiedere ove sia la differenza con l’uomo senza passato, che tutto (ri)-formula nell’attuale, nell’immediato. Sa, quasi, di sindrome di Stoccolma. E di nichilismo basale.

        Collegare i mali del mondo allo scemofono (definizione di cui mi avvarrò, riconoscendone il credito) può andare bene – ricordandoci, però, che i giovani li abbiamo educati noi seniores (avremo dimenticato qualcosa? il dubbio appare legittimo, è il fondamento della ricerca – a meno di avere già tutte le risposte, ed allora bisogna assumerne la responsabilità), e che i contenuti nello (=accessibili dallo) scemofono stesso qualcuno deve pure averli creati. E’ un giovane, questo qualcuno? lo abbiamo educato noi (vedi sopra); è un non più giovane, quale che sia la scala metrica che si vuole utilizzare? non abbiamo saputo gestirlo.

        La Massoneria come sinonimo di un trasversale organismo di influenza può essere; in senso proprio, andrebbe provato, argomentato, quantomeno. Altrimenti, siamo alla Spectre di 007, va bene per un film di cui si cessa di avere memoria subito dopo i titoli di coda. La capacità della M. di influenzare direttamente le singole vite discende dallo spazio che si è disposti a lasciarle – nessuno può farci più male di quanto gli concediamo – e siamo dacccapo con le capacità educative.

        Sorvolo sulla speranza degli schiavi – basta dire che se loro “devono”, i liberi “possono”. Ed in questa scelta di libertà sta tutta la differenza.

        Alle volte, la conta degli alberi fa perdere di vista la foresta.

        Il tutto, come sempre, IMHO

  • UnUomo.InCammino 6 Novembre 2024

    A casa segnalai più volte una conferenza di Barbero nella quale, lo storico comunista, illustrata ciò che può essere considerato inizio ufficialw, evidente, del collasso dell’impero romano, l’inizio delle invasioni, ad Adrianopoli, nel 378.

    Qui trovo altre informazioni importanti.

    A proposito della “disconnessione tra la realtà fattuale e chi …”: l’ostilità per la leggi della fisica, per la biologia, per la storia per i principi dell’ecologia è una patologia sempre più diffusa e grave tra i progressisti.

    Se tutto ciò che è reale è razionale, per dirla alla Hegel, siamo in una demenza progressista di massa, secondo la quale ogni credenza più assurda, cretina, viene fatta principio per un mondo al contrario. È l’irruzione, lo in-naturale, che viene imposto con furia settaria, con volontà di eliminare il passato e il senso, il raziocinio a cui erano arrivati gli avi con errori, tentativi, correzioni, e conseguenti apprendimento e comprensione.

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