Lettera aperta ad Alberto Angela
Egregio Dottore,
mi permetto di scriverVi a seguito della puntata di “Ulisse” avente per oggetto lo sbarco angloamericano di Nettunia del 22 Gennaio 1944, andata in onda sul “noto” canale RAI 3, il 18 Aprile 2015. Mi sento in dovere di scriverVi prima di tutto come Italiano (nel senso mazziniano del termine) e poi come ricercatore, per non sembrare, prima di tutto, uno zelante professorino intento a “fare le pulci” al Vostro programma. So benissimo che errare è umano, ma sono anche convito che perseverare sia diabolico, caro Dottore!
Il mio intervento si rende necessario anche perché la Vostra redazione si era pure interessata a un mio studio sull’evento storico in questione (Lo sbarco di Nettunia e la battaglia di Roma) e mi sento in dovere di esternarVi pubblicamente le mie riflessioni. Infatti, nonostante un nuovo approccio nell’elaborazione del programma, con immagini a colori e il largo utilizzo di figuranti, che rappresentano una bella novità in linea con le esigenze televisive di oggi, l’intera ricostruzione storica sprofonda nel “vecchiume”, riproponendo la consueta vulgata antifascista e anti-italiana come ci veniva propinata a scuola negli anni ’80, dimenticando l’enorme progresso degli studi storici di questi ultimi anni, che tendono a superare le versioni di comodo politicizzate.
Durante tutta la trasmissione mai una volta è stata citata la Repubblica Sociale Italiana, né i suoi reparti che vennero schierati in difesa di Roma in quella Primavera del 1944, al fianco dell’alleato germanico. E questo è quanto meno sospetto. Vorrei sapere se Voi (o chi Vi scrive i testi) siete un ignorante, nel senso almirantiano del termine, ossia ignorate l’esistenza della RSI e delle sue Forze Armate, oppure la censura ideologica che è stata fatta corrisponde ad un preciso piano di epurazione politica di un passato scomodo che non era il caso di ricordare, per lasciare inalterata l’impostazione pedagogica dell’intera puntata. Infatti, sul fronte di Nettunia furono impiegati il fior fiore dei reparti della Repubblica Sociale Italiana, penso agli Aerosiluranti, ai barchini della Xa
Flottiglia MAS, ai reparti di terra come il Battaglione Paracadutisti “Nembo”, il Reggimento Paracadutisti “Folgore”, il Battaglione SS Italiane, il Battaglione “Barbarigo” della Decima MAS, il I Battaglione M “IX Settembre”, senza dimenticare i ragazzi della 5a Compagnia Studenti Volontari Romani (Granatieri di Sardegna) e quelli dei Battaglioni del Genio dell’Esercito Nazionale
Repubblicano. Nulla, tutto ciò è “dimenticato” nelle oltre due ore di trasmissione in cui ci si dilunga su episodi marginali della guerra e si fantastica sulla Resistenza (che a Roma fallì completamente il suo compito). Si parla dell’inumana deportazione degli Italiani di religione israelita residenti a Roma (16 Ottobre 1943), ma ci si dimentica la deportazione (più numerosa) dei Carabinieri (che servivano lo Stato Nazionale Repubblicano di Mussolini), avvenuta sempre nella Capitale il 7 Ottobre precedente. Si parla dell’attentato di Via Rasella e della drammatica rappresaglia delle Fosse Ardeatine dimenticando di citare le Convenzioni internazionali di guerra e le disposizioni relative alla legittima reazione di un esercito regolare attaccato da illegittimi belligeranti quali erano i partigiani. Non si cita mai la parola comunismo – che fu la fede della stragrande maggioranza dei partigiani – probabilmente per non disturbare l’impostazione politica della trasmissione dove le parole più usate sono “libertà” e “liberazione”, termini politici e non storico-militari. Caro Dottore, probabilmente Voi continuate ad ignorare la situazione storico-politica di quell’Italia. Eppure il sospetto che tale terminologia sia riconducibile ad un impostazione pedagogica di stampo antifascista sarebbe dovuto nascere solamente ascoltando le parole dei “popolari” testimoni di quel tempo da Voi riportate. Mentre Voi parlavate pomposamente di “libertà” e “liberazione” ad ogni occasione, i testimoni parlavano di voglia di pane, di cioccolata e i Comandanti angloamericani di occupazione. Altro che “libertà” e “liberazione”! Dimenticate forse il famoso detto malapartiano che solo gli schiavi sentono il bisogno di essere liberati?
Ma dove si giunge al paradosso è nella camminata al Cimitero Militare di Guerra USA di Nettuno dove sono stati ricordati i numerosi cognomi italiani presenti sulle croci, dedicando un – giusto – pensiero ai figli degli immigrati italiani che vennero mandati a combattere contro quella che era la loro vera Patria. Anche in questo caso si dimentica di dire che si trattava nella stragrande maggioranza di coscritti di leva, che combatterono contro l’Italia fin dal 1942, in Africa Settentrionale e in Sicilia. Caro Dottore, bastava fare pochi passi e raggiungere il Campo della Memoria di Nettuno, il Sacrario del Caduti della RSI, per comprendere che v’era un altro tipo di Italiano che non si vergognava di essere tale (come quelli dell’U.S. Army; cfr. razzismo statunitense). Italiani che, volontariamente, rimasero al fianco dell’alleato germanico per continuare a combattere per l’onore d’Italia. Così come molti giovani di Nettunia corsero – volontariamente – ad arruolarsi sotto le bandiere della Repubblica Sociale Italiana per un sincero e generoso, quanto straordinario, amor di Patria. Probabilmente sono parole che suonano noiosamente retoriche a chi ha parlato degli scontri del 9-10 Settembre 1943 a Roma, dimenticando di dire che a guidare gli insorti v’era il Gen. Gioacchino Solinas dei Granatieri, una fascista che tale rimase anche successivamente, aderendo alla RSI insieme a tanti altri soldati protagonisti dei quelle giornate (altro che “combattenti per la libertà” come li avete etichettati).
Così sono stati dimenticati anche alcuni episodi-simbolo – certamente marginali nel contesto di quell’immane conflitto, ma comunque da citare – come le uccisioni da parte dei soldati statunitensi di alcuni civili di Nettunia, dello stupro e del successivo massacro della giovane diciassettenne Giulia Tartaglia, la vicenda del Brigadiere dei Carabinieri Salvatore Pitruzzello (primo caduto della RSI sul fronte di Nettunia). Invece ci si è dilungati sul papà di un cantante dei Pink Floyd, omettendo di dire – ovviamente – che probabilmente a spazzare via il Plotone britannico di cui faceva parte non furono i Germanici, ma i Paracadutisti italiani del Battaglione “Nembo” che, in quei giorni e in quel settore, travolsero le linee inglesi, mettendo in fuga numerose unità nemiche.
Si parla dell’accoglienza riservata dai romani agli Statunitensi che occupavano l’Urbe, dimenticando – o ignorando? – quello che avveniva nelle stesse ore quanto non pochi franchi tiratori fascisti presero le armi e bersagliarono, insieme ai soldati germanici, le truppe nemiche. Ci furono ben tre giorni di combattimento e la First Special Service Force subì perdite scottanti, più di quelle ricevute in un mese di impiego al fronte di Nettunia (dove, tra l’altro, si vide opposta al Battaglione “Barbarigo” della Decima MAS). Ma non solo. L’euforia dei primi giorni scomparve presto e in molti venne ripensato totalmente l’atteggiamento verso quelli che erano semplici soldati stranieri. Ma non vorrei sembrare fazioso. Per questo, a Voi che avete più volte pronunciato la parola “libertà” come sommo desiderio della popolazione italiana – dimenticando, ancora una volta?, il famoso motto tutto italiano “o Fanza o Spagna, purché se magna” – preferisco ricordare le parole di Corrado Barbagallo che su “L’Avanti!”, quotidiano socialista, nell’Estate di “liberazione” del 1944, così descriveva la situazione nella Capitale: “Sarà forse una esagerazione; sarà forse un fenomeno di ipersensibilità, ma è certo che tutti sentono che, oggi come oggi, a un anno di distanza dalla caduta del Fascismo, la nostalgia di quel passato è più diffusa che non fosse alla vigilia del climaterico 25 Luglio 1943. […] Molti di quelli che un tempo si dicevano suoi fedeli sono passati al campo opposto, e alcuni vi lavorano anche con profitto. Invece ha avuto luogo inattesa fioritura fascista nella massa degli indifferenti di un tempo. […] Moltissimi di quelli che sono malcontenti dell’andamento delle cose attuali […] sono stati all’improvviso colpiti da nostalgia fascistica, e anelano a ritorno di quel passato che, se non ottimo, (essi esitano ad affermarlo) fu migliore dello stato presente. […] Questa folla variopinta costituisce un esercito, disposto spensieratamente a inalberare i colori del fascismo. Che gli si dia una guida, un capo, un organo di propaganda, ed essa si affretterà ad applaudire e a seguirli”. Dov’è la “voglia di libertà” caro Dottore? Dove sono i suoi “liberatori”? Ecco, a conclusione di questa lunga e opportuna lettera non posso non citare dell’Agente del FSS britannico Norman Lewis che, nel Settembre 1944, aveva già compreso la drammaticità della realtà italiana: “Comunque […] sono arrivato alla conclusione che, in cuor suo, questa gente [italiana] non deve poterne proprio più di noi [Angloamericani]. Un anno fa li abbiamo liberati dal Mostro Fascista, e loro sono ancora lì, a fare del loro meglio per sorriderci educatamente, affamati come sempre, più che mai fiaccati dalle malattie, circondati dalle macerie della loro meravigliosa città, dove l’ordine costituito non esiste più. E alla fine, cosa ci guadagneranno? La rinascita della democrazia. La fulgida prospettiva di poter un giorno scegliere i propri governanti in una lista di potenti, la cui corruzione, nella maggior parte dei casi, è notoria, e accettata con stanca rassegnazione. In confronto, i giorni di Benito Mussolini devono sembrare un paradiso perduto”. Ma come è possibile? E tutto quello che avete sostenuto inoltre due ore di programma?
Probabilmente, questo non interesserà Voi, ne la Vostra redazione, ma mi è sembrato giusto evidenziarlo per correttezza storica e dignità di Patria. Parole emblematicamente mai pronunciate durante la Vostra trasmissione.
Pietro Cappellari
Nettuno, 19 Aprile 2015
BIBILOGRAFIA ESSENZIALE:
P. Cappellari, Lo sbarco di Nettunia e la battaglia di Roma, Herald Editore, Roma 2010
P. Cappellari, Nettunia, una città fascista 1940-1945, Herald Editore, Roma 2011
P. Cappellari, I Legionari di Nettunia. I caduti della Repubblica Sociale Italiana di Anzio e Nettuno 1943-1945, Herald Editore, Roma 2009