L’uomo formica
È noto che secondo alcuni l’uomo discende dalla scimmia. A questa idea palesemente assurda – è evidente che, nonostante alcune affinità superficiali, l’uomo e la scimmia non si somigliano affatto – io oppongo la teoria assai più plausibile che l’uomo discenda dalla formica. Noi infatti viviamo e lavoriamo come formiche nelle nostre città formicaio, come loro ci combattiamo in guerre sanguinose, sfruttiamo e macelliamo gli altri animali esattamente come le formiche fanno con gli afidi. Le affinità sono tali da non lasciare dubbi.
‘Discendere’ dalla formica va preso in senso letterale. L’uomo rappresenta infatti, rispetto alla formica, una forma di vita inferiore. Le formiche dispongono di una organizzazione sociale molto più efficiente della nostra e molto più rispettosa dell’ambiente. V’è stata quindi un’involuzione, al contrario di quanto dice la scienza comune.
Anche il confronto con gli altri animali evidenzia il regresso verificatosi nell’uomo. Non solo essi sono superiori a noi nell’adattarsi alle difficoltà naturali, ma si dimostrano immuni da una quantità di difetti psichici e morali che ci affliggono. Il luogo comune secondo cui l’uomo dispone di un’intelligenza superiore si smonta fatalmente quando si consideri che l’intelligenza è la capacità di risolvere problemi. L’uomo possiede semmai una specie di anti-intelligenza che lo porta a creare problemi a se stesso e al resto del mondo.
Il paradosso del pulcino
(In un negozio di animali)
La mamma: che amore questo pulcino!
Il bambino: lo voglio! Lo voglio! Lo chiamerò Pulcinella.
La mamma: se fai il bravo te lo compro.
(La sera a cena)
La mamma: finisci il pollo!
Il bambino: non ho più fame…
La mamma: se non lo mangi non ti compro il pulcino.
L’anima
Quello che rende l’uomo superiore agli altri animali non è l’intelligenza ma l’anima. Per questo è giusto mangiare gli animali. Cibarsene vuol dire concedere loro il privilegio di trasformarsi da volgare carne ovina, bovina ecc. in nobile tessuto umano. Transitando nelle viscere di un essere spiritualmente superiore, assimilati dai suoi succhi gastrici, partecipano anch’essi della sua anima immortale. Sarebbe come se noi venissimo mangiati da un Dio. Ogni uomo sarebbe felice di vivere come un maiale, nel buio, tra gli escrementi, legato a una catena fino al giorno in cui un coltellaccio lo sgozza, se premio di quella lunga agonia fosse l’essere infine divorato da un Dio, diventando lui stesso divino.
Ma cos’è l’anima? È il nostro pensiero. Io penso dunque sono, l’animale non pensa dunque non è. Questa è la nostra dignità di uomini. E la donna pensa meno dell’uomo, quindi è meno di lui. Anche certe razze pensano meno di altre, quindi sono meno. Perciò in tempi passati giustamente si privavano le donne e certe razze inferiori di diritti riservati ad altri.
Dialogo platonico tra usignoli
1° usignolo: tu dunque non credi che gli uomini abbiano un loro linguaggio, come noi?
2° usignolo: non si può certo definire linguaggio quella serie di borbottii disarmonici che emettono.
1° usignolo: dunque tu non credi neppure che abbiano un’anima come noi?
2° usignolo: se l’avessero, volerebbero, come noi.