1 – Lei è tra gli organizzatori del tour italiano del filosofo russo Aleksandr Dugin: vi aspettavate tanta ostilità da parte della cultura ufficiale?
Più che tra gli organizzatori collaboro da diverso tempo con il Prof. Dugin su diversi progetti di natura metapolitica. La “Guerra Culturale”, poichè di tale si tratta, è caratterizzata da tre fasi:
– la prima è determinata dal Silenzio su ogni iniziativa promossa;
– la seconda fase è caratterizzata dal pubblico riconoscimento del nemico e le prime azioni si caratterizzano attraverso la diffamazione ed il tentativo di “ridicolizzazione e/o insulto” dell’avversario;
– la terza fase estremamente più complessa si sposta sul piani verticali e si affaccia all’ingresso della post-modernità e muta sia nei terreni di scontro che negli attori.
2 – È un’impressione di molti che le critiche a Dugin sia avulse dal suo pensiero, cioè chi lo denigra probabilmente non ha mai letto un suo libro: è della stessa opinione?
Non sono completamente d’accordo. Credo che la maggioranza degli attacchi siano partiti propriamente dalla lettura delle opere, magari non dalla completa comprensione del pensiero del Prof. Dugin, ma sicuramente dalla percezione della pericolosità che il suo pensiero possa produrre. Oltre a focalizzare il presente il pensiero di Dugin rappresenta la stella polare per posizionarsi negli scenari ed anche nei conflitti che la distruzione della modernità produrrà.
3 – Al di là delle farneticazioni neo-illuministe, quale elemento rende, secondo lei, il pensiero di Dugin intollerabile per l’intellighenzia globalista?
Il pensiero di Dugin è devastante nella misura in cui non si rivolge al passato per affrontare il futuro e introduce il concetto del “Soggetto Radicale” , quale protagonista “centrale” nella post-modernità, sganciato cioè dalla distruzione di tutto ciò che esiste nella modernità.
4 – Tanta ostilità, ma soprattutto tanto sostegno e tanti lettori: è sorpreso?
Non più di tanto … il conflitto culturale in atto è uno scontro inevitabile all’interno di uno spazio geografico e spirituale quale è il territorio italiano. Siamo dinanzi ad un fase che non ha nulla a che fare con il caos ma più propriamente è una fase di interregno, per dirla con Gramsci, in cui la “Storia intesa come organismo vivente” (1) chiama forze contrapposte ad uno scontro “epocale” e quindi sono ovviamente poco sorpreso.
5 – Milano, Roma, Reggio Calabria e poi Udine: la marcia non si ferma?
Sono 15 tappe e siamo solo alla nona: forme e sostanza sempre diverse tra loro, temi diversi tra loro, verticalità diverse tra loro, progetti diversi tra loro, già intrapresi o magari appena formulati. La marcia non può arrestarsi per il semplice motivo che si è oltrepassato il punto di non ritorno…
Nota: 1 – Espressione del filosofo Emanuele Franz, utilizzata più volte nei suoi articoli e nei suoi libri.
Intervista a cura di Luca Valentini per la Redazione di EreticaMente