11 Ottobre 2024
Almerigo Grilz Don Chisciotte Punte di Freccia

Almerigo come Don Chisciotte…

di Mario M. Merlino


Sono stato, ormai un paio d’anni fa, al piccolo cimitero di Anguillara, sulle rive del lago di Bracciano. Vi sono sepolte Palmira ed Elena, gemelle: la prima per un incidente d’auto mai chiarito; l’altra per uno di quei mali che non perdonano. Di Palmira ho visto solo una foto che Leda conservava con religiosa pietas accanto a quella di Riccardo. Dicono che si volessero bene. Elena la conobbi diverso tempo dopo, in piazza Tuscolo, ai tavolini all’aperto del bar Valentini. Fu una frequentazione fugace. Ancora dopo altro tempo ne ho avuto notizia. Allora mi sono fatto portare dove stanno insieme, ho comprato una lattina di birra. Ne ho bevuto un sorso e il resto del contenuto sul bianco freddo marmo.
Oggi, 13 aprile, Almerigo Grilz avrebbe compiuto sessant’anni. Non potendo cavalcare Ronzinante, si armò di macchina fotografica, un paio di occhiali neri, un cappellaccio e via per il mondo, là dove i mulini a vento conoscono il combattimento, la morte.  Nelle isole filippine in Afghanistan nel Mozambico…lontano fisicamente dall’Italia per inseguire un sogno d’avventura che lo rendeva estraneo a questo nostro paese. Un paese che tacitava o relegava ai suoi margini poche bande di un terrorismo senza speranza e forse, ormai, anche senza ideale.

Gian e Franco si recano in Mozambico, decisi a recuperare ciò che resta di Almerigo. Seguono le tracce del suo passaggio, del corpo che i guerriglieri della Renamo hanno portato con loro. Hanno fortuna. Un vecchio soldato, che aveva partecipato agli scontri con i ribelli, indica loro una quercia ai cui piedi è stato sotterrato. S’è fatta notte, il fuoco li riscalda e gioca con le loro ombre. Hanno corti badili per scavare il terreno, una cassetta in legno. No. Pur giunti apparentemente tanto determinati, no, sanno che egli resterà lì. Ognuno giace là dove ha incontrato la morte perché ogni luogo ove si combatte, quando si è consapevoli e lo si è liberamente scelto, appartiene dell’Idea… Stappano una bottiglia di vino, ne versano una parte sul tronco rugoso brindano a quell’eterno ‘Presente!’ che trasforma in comunità i vivi ed i morti.
Anche Ernesto Guevara, divenuto famoso come ‘ il Che’ per l’intercalare tipico dell’argentino, prima di andarsi ad inforestare nella jungla boliviana, scrive nell’ultima sua lettera di essere montato di nuovo sul cavallo di Don Chisciotte. Ed anche lui se ne va per il mondo, con il basco e la stella a cinque punte, ‘a cercar la bella morte’… Che, poi, utilizzasse le categorie linguistiche del marxismo e che forse fosse anche modesto come capo di un piccolo gruppo di sprovveduti ed esaltati guerriglieri, conta ben poco.
Qui non mi interessa mettere in risalto le diverse barricate ideologiche, le molteplici contrapposizioni militanti, i referenti storico-culturali. (E, confesso, mi interessano sempre meno tout-court!). Ciò che mi conta è rendere la vita un grande sogno, un ideale (che è altra cosa dall’ideologia e dintorni), un essere contro e avvertire ogni confine, anche quello più distante ed esteso, premessa di un universo concentrazionario.
Sulle insegne di Guglielmo il Taciturno spiccava il motto: ‘non occorre riuscire per perseverare né sperare per intraprendere’… E, allora, rispetto ad un sì o ad un no; di fronte alla vittoria e alla sconfitta; alla dialettica che vuole la vita ad versus la morte; beh, birra o vino nello zaino per la buona battaglia e un brindisi comunque e nonostante tutto. Come quel mercenario di Lucera che nel tascapane ha ‘solo una bottiglia e un’oncia di tabacco’.

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