di Michele Rallo
Lo aspettavano tutti: dopo il terremoto delle ultime politiche, dopo il boom del grillismo, dopo il governo delle larghe intese propiziato dal Quirinale.., dopo tutto questo, è finalmente arrivato il primo minitest elettorale: Roma e dintorni. L’interpretazione che di questo test danno la maggior parte dei media è — a modo loro — rassicurante. Cresce l’astensione, ma i partiti dovranno fare il loro dovere per “riavvicinare la gente alla politica”; il PD non registra l’atteso tracollo, quindi si può andare avanti con il governo Letta; il PDL non registra l’attesa avanzata, ma nessuno ne fa un dramma; batosta anche per la Lega, ma la cosa può tornare utile per renderla più malleabile; infine, a mo’ di golosa ciliegina sulla torta — straperde Grillo, che — a detta delle veline del “politicamente corretto” — pagherebbe così il fio per non aver accettato la mano tesa del PD.
Provo a dare una interpretazione un po’ più realistica di questo minitest. Prima considerazione: gli italiani contrari all’attuale gestione della politica e dell’amministrazione sono sempre di più; ma — per fortuna della classe politica — invece di votare “contro”, hanno la dabbenaggine di non votare, favorendo così i soliti noti. Seconda considerazione: nella cordiale disfida fra PD e PDL, vince il primo. Perché? Perché ha amministratori più capaci, più credibili, spesso anche meno avvezzi a favorire gli amici e gli amici degli amici. La Lega ha perso l’autobus per trasformarsi da asfittica Lega Nord in una grande Lega Nazionale. L’onesto Maroni si è arroccato in una battaglia egoistica di retroguardia (“prima il Nord”), non rendendosi conto che, anche al Nord, sono sempre in meno a credere in una prospettiva sostanzialmente separatista.
E vengo alla ciliegina sulla torta: la “tramvata” dei grillini. Grillo ha perso innanzitutto per un problema di credibilità di certi candidati sindaci senza arte né parte. La gente, talora, ha preferito un maneggione ex-democristiano ma che sa far funzionare la complessa macchina di un Comune, ad un giovane di belle speranze ma di nessuna esperienza. Ma il Cinque Stelle ha perso anche per motivi politici. Certamente, degli elettori di sinistra lo hanno abbandonato per il mancato sostegno a Bersani; così come degli elettori di destra lo hanno abbandonato per le contumelie a Berlusconi. Essenzialmente, però, ha perso consensi perché è stato incapace di diventare il “partito alternativo” che gli italiani attendevano e attendono: non un partito di destra né di sinistra, ma “avanti”. Certamente non un partito che delega le sue scelte ad un pugno di frequentatori dei social network, e nemmeno un partito che dà il meglio di sé quando si parla della diaria dei parlamentari. Ma un grande partito “populista”, con una classe dirigente all’altezza della situazione e che affronti innanzitutto i grandi temi al centro delle preoccupazioni degli italiani: il fallimento dell’ euro e dell’Unione Europea, il ricatto della speculazione finanziaria internazionale, il ritorno ad una piena sovranità politica, economica e monetaria, come invertire la spirale della miseria impostaci dalle “regole” dell’Europa e della globalizzazione, come arginare una ondata migratoria che ha assunto dimensioni non più sostenibili, come sconfiggere una criminalità che si fa ogni giorno più minacciosa.
Nota di Ereticamente
Ringraziamo l’Autore e il periodico Social (Settimanale indipendente di Trapani) per la gentile concessione