E’ difficile essere italiani oggi. Amare il proprio Paese e doversi vergognare ogni volta e sentire il disgusto e la rabbia montare per lo spettacolo offerto dai nostri governanti. Sentirsi isolati in Europa e nel mondo, ma non per essersi contrapposti agli altri, ma per la scarsa o nulla considerazione che gli altri hanno di noi. E assistere allo spettacolo di una classe dirigente che mantiene una vocazione al servilismo e per la quale la politica è solo interesse, trasformismo e ipocrisia dietro lo schermo di una verbosità retorica e vuota. Da oltre 74 anni abbiamo politici che si compiacciono di essere degli sciuscià, lo sono dal ‘43 degli americani, ora vi hanno aggiunto l’Unione Europea e scodinzolano ogni volta per le briciole che gettano loro tedeschi e francesi ovvero la Commissione UE. Gente votata a servire il nemico straniero e a servirsi del padrone straniero per mantenere il proprio potere nel Paese.
Le vicende politiche più recenti hanno dimostrato l’attitudine levantina di interi gruppi parlamentari e l’abbandono plateale nell’azione politica di ogni ritegno, di ogni limite, di ogni decenza. L’obiettivo del tornaconto personale è stato elevato a ragione ultima e giustificazione di ogni imbroglio e di ogni gattopardesca giravolta, senza che si invochi più neppure la parvenza di un ideale, un valore per cui battersi, qualcosa da salvaguardare, così svilendo l’arte del governare a puro esercizio del potere con l’utilizzo dell’intrigo e del doppio gioco, dando risalto alle astuzie più meschine piuttosto che alla coerenza e alla dignità.
A rendere ancora più indigeribile e nauseante questo quadro ci sono poi la viltà, il conformismo e l’ipocrisia di tutto il mainstream mediatico e intellettuale del Paese, che tende a sedare e cloroformizzare ogni reazione, giustificando e coprendo ogni abiezione dietro il paravento mieloso e stucchevole di un buonismo peloso imposto come pensiero dominante, criterio unico di ogni valutazione e alibi per porre in essere qualsiasi arbitrio. Ma ovviamente è l’arbitrio dei più buoni, di quelli che fanno tutto per amore.
E infatti chi potrebbe essere contrario alle ragioni della vita, al dovere di salvare ogni essere umano tanto più se naufrago in mare? Chi non accoglierebbe un fuggiasco da una grave calamità o da una guerra? Chi non sfamerebbe una donna o un bambino? Chi non proteggerebbe qualcuno dal pericolo di violenze o torture?
Con questo talismano dei buoni sentimenti e delle ovvietà la sinistra però s’è posta un obiettivo diverso, cioè favorire un’immigrazione senza freni, riaprire i porti, accogliere tutti e azzerare nei fatti i decreti sicurezza emanati dal precedente governo. Dietro alla cortina di un umanitarismo stucchevole e di maniera, riproposto immutabile e ossessivo dalla propaganda progressista, siamo nuovamente alle prese con gli sbarchi senza controllo, con gli arrivi indiscriminati, con i traffici delle ONG e con la ripresa in grande stile del business dell’accoglienza e il conseguente sperpero del denaro degli italiani. I vecchi problemi si ripresentano uguali: sicurezza, lavoro, assistenza sociale, case e scuole, aiuti e sostegni da limitare per gli italiani perché occorre favorire gli immigrati, ridando fiato alla vecchia gestione dell’accoglienza e della redistribuzione sul territorio degli allogeni.
Per mascherare questa realtà s’è fatto ricorso alla complicità delle cancellerie franco tedesche, favoleggiando di un nuovo corso europeo nelle politiche di collocamento degli immigrati, confondendo volutamente i regolari con gli irregolari, quelli sbarcati autonomamente con quelli raccolti in mare, rilanciando generiche disponibilità ma lasciando ogni decisione alla libera volontà degli Stati europei. E’ un plateale imbroglio e ben presto le conseguenze ne saranno evidenti. E ben presto sarà nuovamente smascherato quello che è solo il tentativo della sinistra globalista e antinazionale di sfruttare l’immigrazione, sia economicamente sia come grimaldello per spezzare l’unità sociale e sovvertire l’identità etnica del popolo italiano, col pretesto cinico dei buoni sentimenti, in nome della solidarietà umana e dell’amore.
E qual è l’oggetto più immediato e totalizzante dell’amore se non un figlio, un bambino, una creatura indifesa e docile che s’affaccia alla vita?
I bambini sono immediatamente catalizzatori di attenzioni e tenerezze, sono il centro degli affetti famigliari, sono il miracolo della vita che si perpetua, sono la ricchezza e il futuro di una Nazione. La tutela dei bambini è da sempre iscritta nelle leggi naturali e ha dato vita, nei secoli, a forme di protezione garantite dalla legge dello Stato.
Per questo, in determinate e particolarissime situazioni, quando la vita, la salute e la sicurezza lo impongono, un bambino può essere addirittura allontanato dalla propria famiglia e sottratto a quei genitori la cui condotta pregiudizievole non sia idonea a garantirne gli interessi primari.
Addirittura la legge assicura la protezione dei minori consentendo l’intervento di un’autorità diversa dal giudice, quando vi sia il pericolo che quello stesso giudice non possa provvedere tempestivamente alla tutela del minore.
La pubblica autorità alla quale fa riferimento la norma sono i servizi sociali locali, che in presenza di una situazione di imminente pericolo possono provvedere all’affidamento familiare, cioè affidare il minore a chi, almeno temporaneamente, possa proteggerlo.
E’ evidente che se si instaura un circuito di interessi economici, sostenuti da complicità politiche e pregiudiziali ideologiche, tra assistenti sociali, famiglie affidatarie e comunità terapeutiche, per cui i minori sono solo un pretesto e un’occasione di sfruttamento e che, per questo, non ci si fa scrupolo di strapparli alle loro famiglie, tutto l’impianto eretto a protezione dei bambini viene stravolto e adoperato invece come strumento di malversazione. E’ quanto accaduto a Bibbiano, ma esteso anche in molte altre località, dove dietro l’apparenza della tutela, si svolgevano una tratta e un traffico di minori che venivano affidati a coppie omosessuali o rinchiusi in comunità di comodo. L’ideologia dei progressisti radical, in simbiosi con la politica del PD, ha partorito quest’altra mostruosità in nome dell’amore per i fanciulli.
Ma se l’amore è tutto e tutto dev’essere amore, cosa può esserci di più contrario all’amore stesso e tale da doversi perseguire senza esitazioni? Ovviamente, l’odio e chiunque lo diffonda. Perciò, guerra ai predicatori d’odio e a tutti quelli che si macchiano di comportamenti violenti, o meglio professano idee ispiratrici di potenziale violenza.
L’equazione a sinistra è semplice e lineare. I violenti sono i fascisti, gli omofobi, i razzisti, gli xenofobi, i tradizionalisti e i difensori della famiglia e della naturalità contro le derive LGBT. Contro costoro ogni ostracismo è lecito, anzi doveroso, ogni restrizione è auspicabile, ogni divieto è legittimo.
Se non se ne occupa lo Stato, ci sono le associazioni, i movimenti, l’Anpi e perfino i social media, che sono autorizzati a denunciare, schedare, pretendere iniziative liberticide e, infine, censurare e rimuovere ogni manifestazione e ogni esternazione di pensiero non conforme e non allineato ai canoni politicamente corretti imposti dalla vulgata radical e democratica. Si arriva così al plauso corale a seguito dei provvedimenti censori e arbitrari adottati contro movimenti identitari e sovranisti da un network come Facebook che raccoglie miliardi di utenti attivi mensili e che è stato al centro di controversie rispetto a un suo possibile utilizzo come mezzo di controllo e di acquisizione di dati sensibili, ma si erge a giudice della legittimità dei suoi fruitori divergenti e ostili alle imposizioni del sistema.
Ecco allora che si accetta e si giudica positivamente una cosa incredibile, cioè il fatto che una piattaforma privata, in violazione delle leggi e delle garanzie dello Stato, si arroghi un diritto di interdizione rispetto a formazioni politiche che concorrono liberamente alla vita democratica del Paese in cui questo privato opera.
E tutto questo con la giustificazione che quelle formazioni violerebbero degli (arbitrari) standard che descrivono cosa è e non è consentito su Facebook. Anche in questi casi, la motivazione è sempre quella del rispetto delle differenti sensibilità e la volontà di prevenire la creazione un ambiente di intimidazione ed esclusione.
In realtà, in tutti questi casi e in molti altri, non siamo di fronte a episodi singoli, ma a un’opera massiccia, diffusa e capillare di strumentalizzazione di tematiche umanitarie e di stravolgimento delle regole per imporre, col pretesto dei buoni sentimenti e dell’amore universale, una società concentrazionaria, un pensiero unico e una visione distopica del futuro per l’Italia e per l’Europa.
E a governare questo processo, istituendo nel campo della politica e della storia le categorie del bene e del male per stilare una classifica dei buoni e dei cattivi, dovrebbero essere quelli che dopo gli abomini di Hiroshima e Norimberga si sono associati a una sinistra degenerata e autopromossi a difensori della civiltà con la pretesa di portare ovunque la democrazia, anche a suon di bombe e guerre umanitarie.
Sono lupi travestiti da agnelli, cinici e fanatici e, francamente, accettare lezioni da chi si crede migliore e si arroga il diritto di giudicare gli altri, appare ipocrita e grottesco ancora prima che inaccettabile.
Enrico Marino