11 Ottobre 2024
Intervista

Arte e Alchimia: Ereticamente intervista Laura Spedicato

La nostra intervista a Laura Spedicato, prof.ssa di Arte ed affermata pittrice, di origine pugliese, ma residente a Padova, dove è nota per il suo ammirevole impegno nella ricerca della simbolica esoterica.

1 – Sei protagonista in questi giorni di una esposizione pittorica a Padova incentrata sul rapporto tra Arte e Alchimia? Di che tipo di evento si tratta nello specifico?

Alchimia è un’esposizione collettiva che festeggia i dieci anni di attività dell’associazione culturale Artemisia di Padova. Diciannove artisti che, nonostante le modalità tecniche differenti, sono accomunati dall’atto creativo che è anche atto alchemico, chiaramente non nel senso più specifico del termine che riguarda gli “addetti ai lavori”. La collettiva ha sede nella “cattedrale” dell’Ex Macello di Padova.

Un luogo particolare per l’uso fatto in passato, il sangue e la carne , la vita e la morte, la luce che proviene dalle ampie vetrate, l’imponenza di un percorso tre le colonne per cui ricorda appunto una cattedrale. Tuttavia le strutture interne in ferro , i ganci appesi, ci riportano al limite tra antico e moderno. Una cattedrale dell’Arte. Le cattedrali sono legate all’alchimia e qui si presenta come trasmutazione attraverso il fuoco interiore, un afflato d’ispirazione. A volte è un processo consapevole, altre volte prevale l’intuizione, quindi la modellazione dell’argilla, il fuoco che fonde i metalli, l’idea che emerge dal caos astratto quando ritorna ordine.

 

2 – Arte e Alchimia presuppongono entrambi la maestria di saper manipolare la materia: quale, secondo te, la reale relazione tra questi due ambiti della conoscenza?

L’opera è il risultato fisico, evidente, materico di un pensiero. Attraverso delle manipolazioni, delle sostanze, dei processi di trasformazione il pensiero diventa reale, il potenziale trova una sua costituzione. Arte e Alchimia sono due ambiti apparentemente a sé solo in epoca recente. L’Alchimia è considerata nei tempi correnti, con il contributo del positivismo incorruttibile, alla stregua di cialtroneria o al più di un’antenata pseudomagica di una chimica primitiva dimenticandone il senso più profondo di percorso che procede appunto equilibrando gli aspetti esteriori, ma anche interiori della materia e dell’alchimista. Eppure più la scienza empirica si evolve, più le due visioni necessitano di incontrarsi. La parola Arte, dal canto suo, in periodi recenti, ha acquisito un alleggerimento, uno svuotamento, ha iniziato ad accorpare tutto in modo generico ed ha assunto un senso impalpabile, non definibile, distratto. Ricordando che l’arte è il mestiere che si conosce e i cui segreti di esecuzione sono il tesoro del maestro possiamo invece tranquillamente dire che l’Alchimia stessa è un’Arte, anzi è l’Ars Regia. La generalizzazione ha in parte fatto perdere il senso profondo e concreto della parola Arte, del fare arte, creare per riallacciarsi al senso dell’esistenza attraverso lo studio e l’applicazione di principi, la pratica delle virtù. Cosa cerca in fondo anche l’Alchimia attraverso le sue fasi, il suo “solve et coagula” se non il capire il senso profondo dell’esistenza dell’uomo?

 

3 – L’Alchimia può seguire due vie, una interna e spirituale, una esterna e di laboratorio: a quale la tua tecnica pittorica si avvicina maggiormente?

Riallacciandomi a quanto detto sopra “ studio e applicazione”. Ogni aspetto della vita è duplice e il maestro d’arte, per la natura del suo lavoro, si trova in un certo senso a fare da trait d’union tra le due vie, quella interna e spirituale e quella esterna e laboratoriale. Se da un lato la prima appartiene in modo più specifico alla mia natura femminile, quindi più congeniale, dall’altro io opero con la materia, la trasformo, sperimento le possibilità, modifico la superficie pittorica per ottenere qualcosa di nuovo, di altro, anche se ancora distante dall’alchimia in senso stretto, ma ci sto lavorando. L’unione tra Arte e Alchimia è ben visibile ad esempio nella splendida chiesa di San Severo a Napoli, esempio di applicazione armonica di conoscenza e creazione. Sopra la porta del mio studio ho un piccolo olio su tela dove ho riprodotto un dettaglio dell’opera “L’alchimista” di Pietro Longhi, più precisamente un libro aperto su due pagine. Su una pagina sono presenti i sette simboli dei corpi celesti ( due colonne e in alto al centro in sole) e sull’altra, in ordine, il percorso virtuoso dell’alchimista: tempus, frequentia, patientia, sapientia, virtus, intelligentia. Quindi prima di entrare nel mio laboratorio, per accendere il mio athanor, rileggo e dopo opero.

 

4 – Nelle tue produzioni artistiche è molto presente il dato mitico: quanto la narrazione epica si connette con l’esoterismo e la rappresentazione artistica?

Il mito raccoglie le parole e le trasforma in parola, sono <<veicoli di grandi verità meritevoli di essere ricercate>> ricorda la Blavatsky nella sua Iside Svelata. Il mito estrinseca attraverso un racconto orale, poi scritto ed infine disegnato e su diversi livelli di lettura. Nella trasmissione orale la parola risuona nella gabbia toracica, mente e suono sono un tutt’uno, in un collegamento diretto. La lettura attraverso la forma scritta facilita, ma distrae dato che l’occhio esterno deve seguire segni tracciati. L’opera artistica è successiva poiché è interpretazione, legge il mito filtrandolo attraverso un’esperienza interiore prima ed esteriore poi, passando per intuito e conoscenza tecnica dall’idea alla forma. Ne “Il limite della forma” riprendo il mito di Diana e Atteone dalle metamorfosi di Ovidio filtrato anche attraverso la visione di Klossowsky, cercando di catturare un istante, l’attimo in cui il demone si avvicina ad Atteone e la forma della dea, sfiorata dalla luce della luna, diventa percettibile. Così Atteone supera il velo che costringe l’uomo nel suo stato. La dea è posta al centro di una Tetraktys alchimica dove prende forma e acquista finalmente sostanza. O forse è l’uomo che perde un po’ della sua?

 

5 – Una donna artista ed esoterista ci mostra il Cosmo tramite una lente interpretativa rispetto alle consuete ermeneutiche: Iside, anche nell’arte, è davvero madre e amante della Natura?

La donna-sacerdotessa che si pone come tramite tra cielo e terra, l’Assunta del Tiziano, la stella a otto punte che sovrasta l’altare di Rosslyn, “Ciò che è in alto è come ciò che è in basso e ciò che è in basso è come ciò che è in alto”il femminile che si muove tra due mondi. La mediatrice legata all’astro argenteo, ma creatrice al tempo stesso, colei che ricompone una forma esistente e contemporaneamente ne rende possibile l’avvento di una nuova. In lei si evolve e si sviluppa la potenziale aspirazione, in lei prende consistenza, in lei l’opera si compie, ritornando nel ciclo eterno. Colei che mette insieme, che unisce, che regola. Più del pittore, la donna e l’arte sono similari proprio per la funzione di mediatica, Il Ponte, Die Brücke, tra due dimensioni, quella reale e quella apparente. Proprio per questo la donna ha la possibilità di legare gli elemneti, intuire il mistero della vita e della morte. Questa funzione, che va oltre la semplice divisone di genere, è descritta in “Visione di un equilibrio possibile”, olio su tela di 180x100cm, una figura che riprende la Temperanza, la Giustizia, l’Afrodite in trono . Nel mio lavoro non è presente solo progettazione, studio, esecuzione, ma vi è una componente intuitiva molto forte che solleva il Velo Isiaco per rendere visibile un concetto, è una una volontà, quasi un atto di fede che non si può ripetere. In parte è mia, è cosciente, consapevole, in parte è un soffio che parla al mio occhio e guida la mia mano.

Intervista a cura di Luca Valentini

 

 

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