12 Ottobre 2024
Filosofia Tradizione

Ascesi filosofica e rivelazione del sè

“La scissione è la fonte del bisogno di filosofia”

G.W.F. Hegel, Differenza fra il sistema filosofico fichtiano e schellinghiano.

“La filosofia è la considerazione esoterica di Dio”

G.W.F. Hegel, Enc. Sc. Fil.

 

di Giandomenico Casalino

Io e Mondo, Io di fronte al Mondo, Io sono colui che guarda il Mondo! Restando in tale dimensione della coscienza sopravviene la convinzione, falsa (anche se vera in relazione a quel livello..), che Io sono “qualcosa” di reale che è di fronte al Mondo, altrettanto reale, ma “altro” dall’Io. Affinché si esca dalla trappola del “due” (dualismo) è necessario il “tre” (che è come dire “l’uno”); è necessario che emerga, nasca, sussista (inizialmente per …immaginazione) il terzo occhio, sarebbe a dire Qualcuno che guarda tanto l’Io che guarda il Mondo, quanto il Mondo che è guardato dall’Io.

Ma dov’è, cos’è questo “tre”?

Proviamo a giungervi per gradi di conoscenza. Sappiamo che la pupilla del nostro occhio è uno specchio che riflette

Casalino 1 l’immagine di chi la guarda, per cui l’autentica realtà non è l’occhio-Io-Soggetto che riflette, ma la Verità come Mondo che si specchia nell’occhio; quindi l’Io è un’immagine, qualcosa di irreale, di riflesso, di transeunte: c’è solo quando la Verità del Mondo “ti” guarda… Pertanto, se immaginiamo (ed è il primo “momento”) di guardare il nostro occhio, cioè il nostro Io, dall’esterno e di guardare quell’occhio nella sua pupilla, vedremmo la nostra immagine riflessa, come una piccola persona; in quel preciso istante entreremmo in un altro livello del Sapere e ciò per pura conseguenzialità sillogistica: non è quell’immagine piccola la realtà, non è l’Io il Vero, ma, come è accaduto con la Verità del Mondo, lo è quel “terzo occhio” che guarda il “primo” occhio-pupilla che lo riflette. Il “terzo occhio” si specchia nell’Io come vi si specchia la Verità del Mondo, quindi il “terzo occhio” è la Verità del Mondo che è il Sé. Tutto il processo verso il Sapere; che è (anche) il sapersi essere solo e soltanto Sé, consiste in una… immaginazione?

Certamente no! La fisica è metafisica e, quindi, ci viene incontro l’evento che accade quando noi guardiamo la nostra immagine riflessa nello specchio e guardiamo il nostro occhio riflesso nello specchio e vediamo la nostra immagine piccola, riflessa nella pupilla dell’occhio riflesso; in immediato abbiamo la piena e totale consapevolezza che noi siamo il Sé che si riflette nell’Io; che l’Io è solo un’immagine che, pertanto, non è mai reale se non per illusione, per ignoranza, sarebbe a dire quando non vediamo la nostra immagine riflessa nello specchio; talchè, se è necessario tale grado del processo e cioè guardare il proprio occhio riflesso nello specchio, ciò significa che è necessario che il Sé guardi l’Io come sua immagine, il che vuol dire che l’Io deve prendere coscienza che è sempre stato solo e soltanto il Sé, il Mondo: il Vero non è l’immagine riflessa nell’occhio, ma ciò che la causa. Infatti, nell’immaginazione creatrice, secondo Henry Corbin, il Sé è l’Angelo quale volto del Dio che è un “io alla seconda persona” e cioè l’alter ego celeste dell’uomo: è ancora l’uomo, ma nello stesso tempo non è più solo l’ uomo ! Se l’Atman è il Sé , il nous, ed è il Pensiero e se il Pensiero è l’Essere e l’Essere è il Pensiero, allora la conoscenza che va oltre non è quella che afferma (come innanzi abbiamo detto) che la Verità del Mondo si specchia, si riflette nell’occhio e che, pertanto, essa sola è il Vero.

Infatti, andando ancora al di là di tale stato della Conoscenza, dopo che il Sé si è rivelato poiché l ‘Io è svanito, si giunge al Sapere che l’Atman, il nous, che è il Sé-Pensiero-Mondo, nella sua più intima Verità, guarda Sé medesimo nello specchio-Mondo, nella sua dimensione manifesta e vi vede la sua immagine riflessa così come in quel primo momento il Sé, ancora non del tutto consapevole dell’essere Mondo, vedeva nella pupilla solo la sua piccola immagine. Ciò vuol dire che, come il Sé è il solo Vero e l’Io è un suo riflesso, così il Sé è il solo Vero e il Mondo è un suo riflesso; ma vuol dire anche che il manifesto è vero nella sua dimensione apparente, nel senso che è vero limitatamente a ciò che appare all’occhio (ed è il primo stato della coscienza di cui abbiamo già trattato). Il Sé è il negativo, la sua è la teologia apofatica, ad esso si giunge, esso si rivela solo per negazione, esso non è visibile e non è afferrabile, non è conoscibile se non divenendo Sé; è esperienza del Pensiero, è vita del Pensiero, esso è Pensiero Cosmico, quindi esso è l’Immanifesto che si riflette nel manifesto e così appare come manifesto medesimo; come Sé che si riflette nel Mondo-specchio.

Il vero Essere, pertanto, ad un livello ancora oltre e più alto del Sapere, non è l’immagine che appare nel Mondo-specchio-occhio, ma ciò che genera, causa, determina, “desidera” ardentemente l’immagine; il vero Essere non è quindi il manifesto bensì l’Immanifesto che ne è la Causa.

Nel lessico indoeuropeo l’Immanifesto ed il manifesto sono detti lo Invisibile ed il visibile, con significati semanticamente del tutto differenti, poiché la spiritualità della cultura degli Arii (dalla Germania alla Grecia e Roma e da queste all’India vedica) non può pensare il non essente, cioè il non manifesto, non può pensare il vuoto, il nulla, poiché il nulla non è, quindi non può pensare il falso che equivale ad affermare che il Tutto non è il manifesto oppure che tutto ciò che è manifesto non è il Tutto. La polarità indoeuropea é altra: Tutto è manifesto e contiene, consiste nella complessità di Invisibile e visibile; non vi è una Possibilità, anche remota, che si manifesti “qualcosa” che, allo stato attuale, è immanifesta, poiché il Tutto è Reale ed Attuale e ciò che è non può non essere, mentre tutto ciò che può essere, già è da sempre!

Se affermiamo, pertanto, che la polarità è quella che appare nel Tutto manifesto, che è ab aeterno, per lo effetto la distinzione è tra il manifesto, essere-esistenza, attuale, nella dimensione dell’Invisibile ed il manifesto, essere-esistenza, attuale nella dimensione del visibile.

Comprendere la radicale differenza che sussiste tra le due prospettive equivale a tematizzare da un lato la natura dell’acosmismo del Tutto che si annulla, si annichila nell’Uno, non come Attualità ma come Possibilità Infinita ed è il pensiero di Guénon, come di tutte le culture orientali, e dall’altro la realtà dell’Uno che è il Tutto, che è nel Tutto e dei Molti che sono Uno che è già qui, presente, da sempre, nella sua luminosa attualità, perché è il Pieno che viene dal Pieno e che dà il Pieno, è l’Essere che viene dall’Essere e dà l’Essere, è Atto che viene dall’Atto puro e crea Atto: il Mondo come Idea è Atto!

Tali sono le ragioni filosofiche per cui alla polarità non indoeuropea di Immanifesto-manifesto, è da contemplare quella di Invisibile-visibile.

***

É necessario, dopo aver pensato intorno al Sé ed alle tematiche connesse, acquisire la consapevolezza (è sempre, infatti, problema di “consapevolezza” nel senso di Mente, serenamente cosciente e convinta poiché Sa…) che dalla dottrina del Sé o, meglio, dalla rivelazione del Sé, e nel momento della stessa, si giunge per l’effetto alla dottrina dell’Intero e quindi alla dottrina del Medesimo. É quasi inevitabile che ciò accada! Quando l’Io varca la soglia che, nella sua irrealtà lo “separa” dal non-Io e cioè dal Mondo, l’Io entra nel Mondo, non è più spettatore di uno spettacolo, di una “rappresentazione” a lui esterna, ma egli stesso è parte di quello spettacolo che non è più tale, atteso il fatto che non vi è più alcuno spettatore; la “rappresentazione” non c’è più, anzi non c’è mai stata, poiché è sempre e da sempre “presentazione” del Mondo a sé stesso, il che vuol dire del Sé a sé stesso.

Hegel, nella sua tematizzazione della differenza sussistente tra Vorstellung e Darstellung, ha focalizzato essenzialmente tale discorso, che è fondamentale per comprendere la natura teosofico-iniziatica del suo Sapere, o meglio del percorso di esperienza del Pensiero-Essere che egli indica.

Noi sappiamo, avendolo già trattato nelle pagine che precedono, che nella dottrina del Sé, esso è chiamato il terzo occhio che guarda l’Io (che non c’è più come tale) il quale guarda il Mondo ed il Mondo che guarda quell’Io; pertanto il Sé guarda l’Intero, l’Essere e sappiamo anche che il Sé, guardando l’Intero nel suo occhio, (la phýsis nella Filosofia Ermetica è il Drago e gli occhi del Drago sono gli occhi della Natura, del Mondo) vi si riflette: il Sé si riflette nell’occhio del Mondo (il Drago) e nella sua pupilla vi vede Sè stesso come persona, (Purusa, dicono i Veda) come Soggetto Cosmico. Tale è il processo di Pensiero per realizzare la consapevolezza che dalla dottrina del Sé si giunge alla dottrina dell’Intero, nella dimensione però Visibile dello stesso.

Non possiamo, giunti a questo stato, non evidenziare la necessità della presenza della massima attenzione vegliante, da parte del lettore, nei confronti del Logos, effettuale alla Verità sopradetta, che ci apprestiamo ad esplicitare.

Nel momento in cui diciamo che la dottrina del Sé introduce alla conoscenza del Tutto come Intero, però nella dimensione Visibile dello stesso, ciò significa, alla luce della polarità Invisibile-visibile, che il Sé è, in tale stato della coscienza, l’immagine riflessa nell’occhio del Mondo. Il Mondo è, pertanto, l’unica immagine visibile del Sé, poiché è riflessa nel suo occhio; ma visibile da chi se non dallo stesso Sé?

Tale è la ragione per cui, in termini mitico-religiosi, Apollo (il Sé) guarda sé stesso riflesso nel Mondo, vedendovi la sua immagine temporale (che è Dioniso) come Divenire e Platone chiama tutto ciò, cioè il Tempo come Mondo che diviene, immagine mobile dell’Eterno.

Qual’è, pertanto, la causa dell’immagine se non il Sé? Poiché sappiamo che il Sé è la Mente, il Pensiero, sempre nella dimensione Cosmica, possiamo affermare che il Sé, come Principio del Mondo, è l’Intero nella dimensione dell’Invisibile! Il Pensiero-pensante è l’Invisibile come tale, visibile solo nel suo… riflesso che è il Mondo come suo causato, visibile cioè nel suo Pensiero-pensato, in quanto Pensiero di se stesso! Il sapere che il Pensiero è uguale all’Essere, Atman è Brahman, e questo è l’Intero, ci conduce all’ulteriore consapevolezza che il Pensiero o Sé o Atman è l’Intero nella dimensione dell’Invisibile, in quanto Archè o Principio; mentre l’Essere è l’Intero nella dimensione del visibile, in quanto phýsis. Il che equivale a dire che il Pensiero, la Mente (Manas in sanscrito, Mens in latino) è il Sé Invisibile e l’Essere Phýsis è il Sé visibile.

Giunti a questo stadio dell’esercizio dello Spirito, siamo già nell’Intero, nella Non-dualità; non siamo però pervenuti ad essere l’Intero: ciò fa riferimento alla differenza radicale che sussiste tra il pur fondamentale passo compiuto nell’entrare nell’Intero e quello successivo di essere l’Intero, e tale problema dello Spirito è in relazione alla necessità ulteriore di ricordare, rammentare di essere (e di esserlo sempre stato…) Immagine microcosmica dell’Intero, quindi una delle dimensioni (corrispondenza magica Astro-Nume-Metallo) del Medesimo.

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