Come d’improvviso, la nostrana opinione pubblica assieme a quelle di mezza Europa, sembra essersi dimenticata del famigerato Covid. I dati sulla pandemia vengono oramai frettolosamente e disinteressatamente snocciolati, l’emergenza sanitaria sembra squagliarsi dinnanzi all’avvicinarsi di una stentata stagione primaverile…Fine dello stato d’emergenza dunque? Fine delle paure e ritorno ad una sia pur difficile, normalità? Manco per nulla. Parafrasando un antico detto: “morta un’emergenza se ne fa un’altra”. E così, con una sollecitudine senza precedenti, i nostri non-eletti governanti ci hanno amorevolmente trasbordato verso un’altra ed ancor più esiziale emergenza: quella bellica.
L’Italietta del peloso buonismo, l’Italietta pacifinta e così lesta nel condannar le altrui magagne, quell’Italietta sempre pronta ad incensare e magnificare “la Costituzione più bella del mondo”, ebbene quell’Italietta si è, d’improvviso trasformata in un paese dal cipiglio serioso ed aggressivo, animato da un linguaggio politico becero e massimalista. Erettasi a paladino delle (altrui…) libertà, senza badar a cavilli, distinguo, dettati giuridico-istituzionali, considerati ormai alla stregua di oggetti da anticaglia, la nostra Italietta ha deciso di mostrare i muscoli, tirando fuori fior di quattrini per fornir armi al regime-fantoccio di Zelenski ed al contempo, spalancando le porte (ed i cordoni della borsa…) ad un afflusso di migranti senza precedenti, dalle zone del conflitto.
Il tutto per dare un colpo al cerchio ed uno alla botte, ad una classe politica totalmente asservita ai diktat di un mainstream eterodiretto da Oltreoceano, ma anche per mostrare di non aver rinunciato al proprio volto buono, anzi buonista, facendo incetta di futuri cittadini italiani, sicuramente destinati ad ingrossare le fila del mercato di esseri umani, destinati a lavoro servile, prostituzione e criminalità. In tutto questo, la cosa che lascia maggiormente stupiti, è la criminale idiozia con cui l’Europa tutta e l’Italia in particolare, si stanno avviando alla propria cosciente, autodistruzione. Alla base di tutto questo sta un particolare, forse sfuggito ad una pubblica opinione distratta dai propri conati di buonismo, ovverosia che a nessuno è mai e poi mai, venuta l’idea di chiedere alla Federazione Russa, se voleva entrare a far parte della Comunità Europea.
Eppure, se andiamo a ben vedere, la Russia, dal punto di vista geopolitico e geoeconomico, riveste una importanza che né l’Ucraina, né i piccoli stati baltici, né altri attori dell’Europa orientale, rivestono. La Russia si estende su una superficie che ricopre una bella porzione del nostro pianeta, è caratterizzata da immensi spazi e da numerose risorse naturali. Con l’Italia, in particolare, il grande paese vanta una consolidata tradizione di fiorente interscambio economico e commerciale, nel quale rientrano anche, quelle forniture di gas, di cui oggi tanto si parla. Non solo. La Federazione Russa rappresenta un vero e proprio ponte geostrategico tra Europa ed Asia, un suo ingresso nella Comunità Europea, avrebbe rappresentato un grandioso rafforzamento di quest’ultima, nella veste di vero e proprio blocco continentale.
Ed invece cosa ti fa, la tremebonda Europetta di Bruxelles? Senza esitazione alcuna, cerca di cooptare tra le proprie fila, tutta una serie di paesi alla Russia limitrofi, nell’ambito di quella che, senza troppi eufemismi, altri non è che un a manovra di accerchiamento del grande paese. Alla base di tutto questo vi sono, fondamentalmente due motivi, strettamente interrelati. Il primo, di ordine più immediato, riguarda la ragion d’essere dei vari gasdotti, colleganti la Russia al resto d’Europa e che gli Usa hanno sempre visto come un pugno nello stomaco ai propri interessi geoeconomici. Pertanto, la recente e masochistica mossa tedesca di chiudere i rubinetti del gasdotto “nordstream”, è stata vista dall’amministrazione Usa come una vera e propria manna dal cielo, un viatico ad una massiccia esportazione del gas americano verso l’Europa, chiaramente venduto a prezzi che nulla avrebbero a che fare con quelli russi…
Il secondo motivo, di ordine più generale, rientra in una più generale impostazione geopolitica e geostrategica, che vede il ripetersi di quello che sembra essere una costante della storia occidentale da quattro secoli a questa parte. Il tentativo da parte delle potenze “talassocratiche”, Gran Bretagna prima e Stati Uniti poi, di esercitare un diretto dominio sul “kontinentalblock” eurasiatico, ovverosia su quell’immenso continuum continentale, che va dall’Irlanda a Vladivostock, denso di popoli, culture e tradizioni che, senza timore, si può tranquillamente affermare, hanno letteralmente dato luce al mondo. Dall’assalto ai galeoni spagnoli che, dalle Americhe venivano carichi d’oro, con la pirateria dei vari Sir Francis Drake, passando per l’attacco all’impero napoleonico, sino all’eliminazione degli Imperi Centrali e successivamente, del ruolo nel mondo dell’Europa intera, a seguito dei due conflitti mondiali, le potenze “talassocratiche”, Gran Bretagna prima, Usa in seguito, hanno sempre cercato di impedire il prevalere di una qualsivoglia potenza continentale in Europa, al fine di mantenere il proprio predominio geopolitico ed economico sull’Occidente prima, e sul mondo intero in seguito.
Nello specifico, gli Usa nell’ ordine mondiale bipolare, venutosi a costituire nell’immediato dopoguerra, hanno potuto consolidare le proprie posizioni ed il proprio modello socio-economico, (quello liberal capitalista), a discapito di un sempre più obsoleto e sclerotizzato modello sovietico. La stessa caduta del Muro di Berlino, sembrava aver spalancato le porte a quella che, Francis Fukuyama avrebbe definito “la fine della Storia”, ovverosia l’uniformazione dell’intero orbe terracqueo al modello liberista capitanato dagli Usa che avrebbe, pertanto, determinato la fine di qualunque competizione geopolitica o geostrategica che dir si voglia.
Invece, l’emergere di nuove realtà come la Cina, nel ruolo di “competitors” nei riguardi degli Usa, accompagnati dalla rinascita del ruolo di potenza continentale della Russia, ora non più sospinta da una stantia ideologia bolscevica ma, piuttosto da uno spirito che ci riporta con la memoria ad autori slavofili come Nicolaj Sergeevič Trubeckoj (1890-1938) e Lev Gumilëv (1912-1992). Fautori questi ultimi, di un acceso eurasismo, proprio in contrapposizione allo smaccato atlantismo di quei gruppi di potere finanziario, strettamente legati alla potenza talassocratica Usa. E pretesto migliore non poteva venire se non dall’annosa questione ucraina e dal suo passaggio, da una politica estera di neutralità ad un riposizionamento smaccatamente filo globalista, espresso dal desiderio di fare il proprio ingresso nella Nato.
Il che, avrebbe significato una forma di minaccia e di condizionamento geostrategico, da potersi esercitare in qualsiasi momento, nei confronti della Federazione Russa, verso la quale è da sempre esistito da parte del mondo “occidentale” un atteggiamento di snobistica demonizzazione. Quello che dovrebbe essere un rapporto di proficuo partenariato tra est ed ovest dell’Eurasia, quella che poteva trasformarsi un a importante area di influenza sulle scelte di geopolitiche ed economiche a livello globale, è stata, invece, trasformata in un’area di frizione e scontro tra due realtà che, da questo scontro, usciranno solamente più indebolite.
Il tutto, a vantaggio della potenza Usa e dei centri di potere finanziario ad essi collegati. L’intera vicenda è poi condita da una quanto mai faziosa ed unidirezionale narrazione, che vede nell’Ucraina l’unica, innocente, vittima sacrificale, dimenticando che, dal 2014 in poi, anno del colpo di mano filo occidentale a Kiev, le regioni russofone del Donbass e del Donetsk sono state sottoposte da parte del regime ucraino, ad un vero e proprio genocidio, con tanto di bombardamenti al fosforo ed altre consimili amenità, che si stima abbiano portato a ben 18.000 morti tra la popolazione civile di quelle zone.
Ora, chiarito il quadro, l’intervento militare russo assume ben altra valenza, rispetto a quella offertaci dai media embedded. Non di aggressione, bensì di un quanto mai disperato tentativo di uscire dall’accerchiamento Nato, si tratta. Tant’è che, una delle precondizioni poste da Putin all’esecutivo ucraino, era proprio quella della neutralità. Precondizione che, nelle ultime ore, sembra esser stata accettata dalla Presidenza Zelenski, nel nome di una mossa dalla forte carica mediatica e propagandistica ed anche, molto probabilmente, visto l’elevato costo in termini di distruzioni e vittime che, la resistenza alle truppe russe sta comportando.
Il disegno globalista va facendosi sempre più palese, in tutti i suoi risvolti. Lo stato di emergenza globale sanitaria prima, ora quello per gli eventi bellici ucraini, fanno parte di un unico disegno volto a comprimere ed intimidire le opinioni pubbliche occidentali, al fine di aver le mani slegate, per infliggere il colpo finale all’ultimo ostacolo rimasto, al progetto di dominio su scala globale di Lor Signori: la Federazione Russa. In tutto questo, forte permane lo sconcerto, di fronte alla miopia ed alla malafede di una classe politica imbelle che, priva di qualsiasi forma di legittimazione popolare e totalmente asservita ad interessi ben lontani da quelli della gente, sta portando avanti una vera e propria tabella di marcia “contra salus populi”.
A questo punto, di fronte ad aumenti di prezzi, inflazione, crisi economiche e conseguente generale immiserimento, a fare la differenza, sarà l’esasperazione popolare. Quali che siano, le modalità e quali i tempi perché questo avvenga, è difficile dirlo, ma stiamo già sulla strada giusta. Il malcontento e la coscienza di quanto sta accadendo, sono oggi, più che mai, presentabili a livello epidermico, tra la gente. Quella gente della quale, Lor Signori, si sono dimenticati ed alla quale dovranno, prima o poi, pagare un prezzo salato.
UMBERTO BIANCHI
foto copertina: web